Pietre della fame
Fratello, ricordati...

Considerata la siccità che da qualche tempo mette in difficoltà gli approvvigionamenti idrici (alternata alle «bombe d’acqua» che affliggono le popolazioni ormai con la certezza che di consuetudine si tratterà e non più di emergenza) non è difficile notare qualcosa che, per anni e anni, era rimasto nascosto sotto l’alto spessore d’acqua dei fiumi o dei laghi che lo copriva.

Ma in tempi passati quasi sicuramente non si era evidenziata una penuria del liquido così comune sulla faccia della Terra come è sottolineato dal riscaldamento globale che ossessiona le popolazioni, soprattutto quelle che vivono in climi aridi sotto l’implacabile canicola, sempre più in difficoltà.

E allora, ecco le cosiddette «pietre parlanti» o «pietre della fame», che i nostri antenati ponevano sulle sponde dei fiumi in secca. Loro lo facevano per due ragioni: una pratica, per documentare i bassi livelli di acqua raggiunti quando le piogge stentavano a mostrarsi, e una didascalica, per spiegare agli uomini gli effetti drammatici della siccità.

La pietra della fame più antica, tra quelle ritornate provvisoriamente alla luce, si trova nei pressi della cittadina di Děčín; risale al 1616 ed è considerata il più antico «segnale», vale a dire un vero punto di riferimento idrogeologico dell’Europa Centrale. Si trova lungo le rive dell’Elba, che nasce proprio nella Repubblica Ceca e il cui corso è lungo 1.091 chilometri.

La più famosa della serie invece – come riporta uno studio del 2013 – è quella che «spiega» gli effetti del grande caldo: cattivo raccolto, penuria di cibo, innalzamento dei prezzi e carestia; con effetti tragici soprattutto per la gente più povera. Un’iscrizione tedesca sulla medesima pietra, visibile 126 giorni all’anno a causa di una diga, dice invece: «Quando mi vedi, piangi» («Wenn du mich siehst, dann weine!»). Ed è in buona compagnia con altre pietre che hanno inciso frasi come: «Abbiamo pianto – Piangiamo – Piangerai» («Wir haben geweint – Wir weinen – Du wirst weinen»); oppure: «Chi mi ha visto una volta, ha pianto, chi mi vede adesso piangerà» («Wer mich einmal gesehen hat, hat geweint, wer mich jetzt sieht, wird weinen»). Più sibillina è la scritta: «Oggi più di ieri» («Heute mehr als Gestern»).

Ed effettivamente, a leggere le ultime pubblicazioni dei ricercatori, c’è ben poco da stare allegri: uno studio pubblicato recentemente rivela che nei prossimi decenni, per effetto del riscaldamento globale, le ondate di calore saranno sempre più micidiali, soprattutto alle latitudini tropicali e subtropicali e, in misura più contenuta, anche in Europa.

Forse questo, in un’economia globale e più industrializzata come quella europea, avrà minori conseguenze automatiche, come nei secoli scorsi, sull’alimentazione (pur non risparmiandone le qualità nutrizionali). In ogni caso, il messaggio che ci viene da queste pietre del passato è quanto mai attuale e non andrebbe sottovalutato.

Nei secoli passati (così come oggi), quando le rocce affioravano, i cittadini cominciavano a preoccuparsi, perché la siccità avrebbe portato fame e carestie. Le «pietre della fame» sono incise con delle tacche che segnalavano il basso livello raggiunto dal fiume, insieme all’anno corrispondente. Fin dal XV secolo, servivano a ricordare gli anni della siccità, quando ancora non esistevano stazioni meteorologiche.

Storicamente, la più antica iscrizione ancora visibile, come ricordato più sopra, risale al 1616, in una pietra che si trova vicino alla città di Děčín, per cui si ritiene che sia il primo segnale idrologico in tal senso dell’Europa intera. Sulla stessa, visibile per circa quattro mesi l’anno, è scolpita la frase: «Wenn du mich siehst, dann weine!» È un ammonimento, essendo la sua traduzione: «Se mi vedi, poi piangi!» La più famosa del gruppo è quella che riporta tutti i danni che si possono verificare per carenza di acqua, dal raccolto magro alla scarsità di cibo, dai conseguenti aumenti dei costi alla correlata povertà. Ma ci sono testimonianze che parlano di incisioni datate 1417, e poi, ricorrentemente, attraverso i secoli, fino ai giorni nostri.

Le pietre della fame non si trovano solo nel letto del fiume Elba, ma anche nei fiumi Reno, Mosella e Weser. I messaggi che sono stati incisi esprimono tutti lo stesso concetto che si è visto più sopra. Come dire che, quando le scritte potevano essere lette, il livello del fiume era così basso da poter prevedere anni duri e difficili, segnati dalla fame.

Secondo fonti d’archivio, nella città di Pirna (in Germania) doveva esserci una roccia che riportava incisa la linea di siccità dell’anno 1115, ma la sua posizione è oggi sconosciuta. Le pietre della fame non si trovano solo nel letto del fiume Elba, ma anche nei fiumi Reno, Mosella e Weser. I messaggi che sono stati incisi esprimono tutti lo stesso concetto: «Abbiamo pianto – Piangiamo – Piangerete», oppure «Chi mi ha visto una volta, ha pianto – Chi mi vede ora, piangerà». Come dire che, quando le scritte potevano essere lette, il livello del fiume era così basso da poter prevedere anni duri e difficili, segnati dalla fame.

Una delle cosiddette «pietre della fame» esposte dal basso livello dell’acqua nel fiume Elba si vede a Děčín, Repubblica Ceca, giovedì, 23 agosto 2018. Il basso livello dell’acqua causato dalla recente siccità ha esposto alcune pietre del letto del fiume le cui apparizioni nella storia hanno fatto sì che le persone si preparassero ai problemi. Sono conosciute come le «pietre della fame» e sono state scelte in passato per registrare i bassi livelli dell’acqua.

Questi scritti, che vengono dal passato, ci mettono sull’avviso che, pur non essendo stato previsto che cosa sarebbe stato combinato dalle generazioni successive tanto da mettere a repentaglio la sopravvivenza della vita sul pianeta, è opportuno stare attenti al nostro comportamento, giacché conseguenze irreversibili sono dietro la porta: invero, non fra secoli, bensì entro i prossimi decenni, si dovrà far fronte agli effetti derivanti dal riscaldamento globale, che porterà scoppi di calore sempre meno sopportabili e forse letali nelle aree tropicali e subtropicali, per giungere anche alle latitudini dell’Europa e dell’America Settentrionale, se pur con minore intensità.

Le pietre della fame, posate nei tempi passati, hanno una attualità sorprendente e, se si vuole, pericolosa. La loro verità ricorda il saluto bene augurante – si fa per dire – scambiato fra i membri dell’Ordine dei Frati Trappisti, fondato nel 1140 dall’Abate de Rancè in Francia: «Fratello, ricordati che devi morire». Parafrasando, si potrebbe interpretare come un «guarda che, se non ti comporti bene, questa sarà la tua fine», anche se, nel caso dell’ambiente, l’irreversibilità sembra – insisto, SEMBRA – che non sia ancora pervenuta. Ma stiamoci tutti attenti!

(marzo 2024)

Tag: Mario Zaniboni, pietre parlanti, pietre della fame, Děčín, Repubblica Ceca, Elba, riscaldamento globale, ricorda fratello.