Aspetti di storia del pensiero contemporaneo
Le idee emergenti. Le conseguenze sui comportamenti

Nell’attuale periodo sono diverse le correnti di pensiero che riprendono e sviluppano in chiave moderna varie scuole filosofiche.[1] Tali posizioni coinvolgono di fatto una molteplicità di soggetti, e influiscono sui comportamenti quotidiani, sui vissuti. Questi orientamenti trovano nei media una cassa di risonanza.[2] In tale contesto, specie in Occidente, alcune idee sembrano avere un seguito significativo. Sono quelle del soggettivismo, del relativismo e del sincretismo.


Il soggettivismo nella storia

La corrente di pensiero del soggettivismo[3] trova la sua genesi in tempi trascorsi. Un riferimento iniziale può essere individuato nell’insegnamento dei sofisti[4] (V secolo avanti Cristo). Per tali pensatori era da ritenere vero solo ciò che appare tale a una riflessione personale. Per Protagora[5], in particolare, non esisteva una verità assoluta, ma molteplici verità. Il soggettivismo si sviluppò in seguito in più ambiti (sociale, culturale, politico, religioso).[6] In tale orientamento si possono individuare dei passi ove emergono alcuni aspetti: 1) i percorsi dell’autocoscienza;[7] 2) la propria razionalità come strada di conoscenza;[8] 3) le scelte soggettivistiche accentuate come affermazione di un io libero e pensante. In tale contesto, si avvertì di conseguenza la necessità di: 1) separare l’individuo (entità autonoma) dalla massa (distinzione tra l’io e il tutto), il singolo dal collettivo; 2) sostenere le proprie convinzioni anche accettando svantaggi; 3) disapplicare norme e dottrine ritenute condizionanti il libero pensiero.[9]


Il soggettivismo in epoca moderna

Il soggettivismo, nelle sue diverse espressioni, trasse quindi origine dalla figura dell’essere pensante, dall’identità del soggetto agente, e dalle potenzialità dell’«homo faber».[10] Come in ogni corrente di pensiero si usa distinguere un soggetivismo moderato, un soggettivismo accentuato, e un soggettivismo di tipo radicale. Specie negli ultimi due tipi di soggettivismo l’insistenza sulla centralità dell’io mostra di seguire un «modus operandi»  che attua un disormeggio dai vincoli di unitario sviluppo. In pratica, ogni soggetto elabora un tipo di ricerca e di scelte etiche con modalità autoreferenziali, e senza interesse a operare confronti con le verità oggettive (sia a livello di ragione che di fede). Lo spirito umano, in tal modo, si presenta nella forma: dell’io trascendentale di I. Kant (1724-1804); dello spirito assoluto di G. W. F. Hegel (1770-1831); dell’umanità di A. Comte (1798-1857); del superuomo di F. Nietzsche (1844-1900); della classe operaia di K. Marx (1818-1883); dello stato liberaldemocratico di J. J. Rousseau (1712-1778).

Tale apporto filosofico «crea», alla fine, la verità. Quest’ultima, stabilisce quello che è vero e quello che non lo è, ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è iniquo, ciò che è diritto e ciò che è arbitrario. Inoltre, considerando il fatto che lo spirito umano vive nel tempo, la verità che stabilisce cambia con le epoche e le circostanze.

In tale contesto, nell’attuale periodo, si preferisce in più casi non far riferimento a una idea di verità, ma usare piuttosto varie espressioni: cambiamento, progresso, consenso, desiderio, sentimento, emozione. Si arriva così, non potendo arrivare alla verità, a dei comportamenti che rimangono meno sensibili ai contenuti della ricerca umana (e alle sue evidenze), e che si limitano a un «facere» legato a esigenze quotidiane, e a un ordinario «modus vivendi».[11]


Gli effetti del soggettivismo

Nella storia di questa corrente di pensiero, i soggettivisti radicali vennero talvolta ritenuti degli avversari (perché contestatori) e, in certi casi, dei nemici (perché non obbedienti). Non tardò di conseguenza l’ora del confronto-scontro. I vertici di varie istituzioni, infatti, videro in tale corrente un tentativo di alterare un ordine costituito. Il marxismo, a esempio,  analizzando ogni aspetto della vita sociale, pose le premesse per evitare gli scogli dell’oggettivismo[12] e del soggettivismo. Per tale dottrina, la concezione materialista[13] della politica è il risultato del superamento dell’oggettivismo e del soggettivismo nella lotta di classe.

Sul versante religioso, il soggettivismo radicale respinse – in talune vicende – contenuti base della dottrina cattolica. Dalle prese di distanza (soggettivismo politico) si passò anche a un’avversione (soggettivismo dottrinale). Ne seguirono delle ore critiche che finirono per generare polemiche, contrasti accesi, separazioni. In tali contesti la gerarchia rispose confermando il principio del libero arbitrio (Dio ha creato l’umanità libera), ma rimarcò anche l’aspetto dell’ubbidienza al magistero del Papa e dei Vescovi (i fedeli sono chiamati – su temi che riguardano la fede e la morale – a seguire i dettami dell’autorità gerarchica).[14]


Alcuni esempi

Nel progredire del tempo i principi del soggettivismo accentuato vennero applicati a più realtà. Si diffusero in ambito sociale, culturale, politico e religioso, in una logica di svincolo da qualsiasi elemento ritenuto «condizionante».

1) Il riformatore tedesco Martin Lutero[15], a esempio, affermò che i fedeli devono essere liberi di interpretare da soli le Sacre Scritture, con l’aiuto dello Spirito, senza necessità di ricorrere ai Vescovi e ai sacerdoti. In pratica: ognuno può leggere, comprendere e commentare (anche davanti a un’assemblea di fedeli) un passo biblico seguendo quello che la propria mente suggerisce. Tale tesi, nel più ampio contesto del conflitto con la Santa Sede, costituì anche una strada per non dipendere dai vertici ecclesiastici del tempo. Fu così sottratta un’attenzione primaria alla Patristica, alla Tradizione e al Magistero. Nell’esperienza luterana, però, e in situazioni a questa collegate, tale orientamento si rivelò in più casi debole. Con l’aumento delle diverse interpretazioni delle Sacre Scritture si svilupparono infatti nuove aggregazioni di fedeli intorno a un proprio capo spirituale. Queste, talvolta, svilupparono anche un’autonomia politica operando divisioni.

2) Sono poi da ricordare i sostenitori del soggettivismo etico. Tali persone continuano a sostenere nell’attuale periodo la non esistenza di verità assolute, e il fatto che tutta la moralità è soggettiva. Tale pensiero viene talvolta indicato come soggettivismo morale.

3) Anche in area pedagogica mosse dei passi nel Settecento (con qualche sviluppo successivo) una tendenza ove l’educazione doveva essere intesa come sviluppo autonomo dell’individuo e non come mera azione estrinseca e imposta dall’educatore.  Nella sua forma più radicale, il naturalismo pedagogico insisteva quindi sull’autoeducazione e sulla spontaneità di una crescita. Tale tesi, comunque, venne presto sostituita da un orientamento moderato: l’autonomia dello sviluppo non doveva intendersi come semplice spontaneismo, ma come processo orientato e accompagnato da una struttura ambientale di ordine sociale, psicologico e didattico.[16]

In definitiva, il sapere acquisito nei secoli può essere criticato, modificato, migliorato e approfondito, ma rimane comunque un patrimonio dal quale tutti possono attingere. È una base dalla quale è astorico prescindere.[17]

4) Altre espressioni del soggettivismo accentuato continuano a ritrovarsi nell’opinionismo (invece di una dialettica che si sviluppa all’interno del mondo della cultura, esistono tante voci che trasmettono opinioni), e nel moralismo (il voler attribuire prevalente o esclusiva importanza ad astratte considerazioni di ordine morale).


Alcune linee costanti nei soggettivisti

Il procedere delle diverse espressioni storiche segnate da un soggettivismo di tipo accentuato emerge con frequenza anche nell’attuale periodo. Ciò avviene ogni volta che l’io pensante e il sé storico accentuano un radicalismo di posizione, celandosi in genere dietro generiche espressioni di autonomia. Tale «modus operandi» segue, a ben vedere, delle affermazioni guida:

1) non esiste una realtà oggettiva, da intendere come indipendente rispetto al soggetto che la percepisce;[18]

2) la realtà è singolare e concreta. Tutto ciò restringe, relativizza, condiziona e neutralizza l’universale nel particolare, e l’astratto nel concreto. Si perdono in tal modo i valori universali (speculativi e morali);

3) non esistono giudizi oggettivi, disinteressati, distaccati;

4) esistono giudizi soggettivi, che riflettono gli interessi del singolo, le sue aspirazioni.

In tale contesto, nelle realtà quotidiane, l’influsso del soggettivismo rende opaco e criticabile il pensiero comune, basato sulla generale condivisione di una verità oggettiva e universale.

Ci si può chiedere, a questo punto, se le forme più radicali di soggettivismo facilitano una democrazia a tutti i livelli. Nella «polis», infatti, serve una convergenza e sono necessari fini comuni. Ma esiste anche un altro interrogativo. Chi persegue un soggettivismo a oltranza può veramente comprendere le dinamiche che lo circondano? Sa inoltrarsi nelle leggi (non tutte conosciute) su cui poggia l’universo e lo stesso procedere umano?[19]


La salvezza

Tali domande non sono teoriche perché possono accompagnare verso un tema: quello che riguarda le tendenze a cancellare la «Salvezza» cristiana, e a preferire altre strade di liberazione da condizioni indesiderabili. Quest’ultimo orientamento esprime una linea accentuata. In realtà, la riflessione al riguardo non è semplice perché lo stesso concetto di «salvezza» dovrebbe essere chiarito in modo non ambiguo. Si riportano qui di seguito alcuni esempi che possono aiutare a meglio comprendere la complessità dell’argomento.

– Se si fa riferimento al mondo romano, in latino la parola «salvezza» è «salus», da cui proviene anche «salute».[20]

– La «salvezza» politica si configura quando si neutralizza un’oppressione, ci si libera da una dominazione, si favorisce un rinnovamento.[21]

– La «salvezza» psicologica avviene quando si elimina un condizionamento negativo, una dipendenza, un’angoscia esistenziale.[22]

– La «salvezza» da drammi climatici si realizza con programmi di monitoraggio, di aiuto immediato, di nuove politiche ecologiche.[23]

– La «salvezza» sul piano della salute delle persone è il risultato di atti medici riusciti, frutto di una ricerca continua e di studi interdisciplinari.[24]

Esistono, ancora, molte altre forme di «salvezza», ma è soprattutto in ambito religioso che la «salvezza» acquista dei connotati particolari. Facendo riferimento, a esempio, alla dottrina cattolica, il concetto viene applicato all’opera redentiva di Cristo. In tal senso, nel Disegno della Rivelazione, Gesù di Nazaret è il Salvatore perché con la Sua morte e risurrezione ha redento l’umanità dalla morte e dal peccato.[25]


Le posizioni critiche. L’autosalvezza

L’insegnamento in precedenza citato, però, non ha sempre trovato – sul piano storico – consensi. Nella corrente filosofica del materialismo, a esempio, la realtà viene presentata come derivante dalla materia, si risolve totalmente in essa. Tale orientamento, nell’interpretare gli eventi del mondo della natura e il corso della storia umana, ha costantemente sostenuto l’unico principio esplicativo della materia, rinunciando all’intervento divino, alla spiritualità dell’anima (e alla sua immortalità), al concetto di una provvidenza.

In tale contesto, nel soggettivismo accentuato, taluni considerano i contenuti morali cattolici e gli aspetti gerarchici della Chiesa come dei pesi, delle gabbie, dei soffocamenti di libertà. Da tale posizione deriva un secondo passo. La vera salvezza, si afferma, non proviene «dall’esterno», «dall’alto», da «vicari di Dio», ma è presente «all’interno» di ogni soggetto cosciente, pensante, volente. In definitiva, ci si orienta di fatto verso un’autosalvezza (è sufficiente modificare alcuni comportamenti per trovare la propria salvezza). Viene così respinto ogni insegnamento che riguarda il «peccato», la «Redenzione», il «Paradiso», e l’azione sacramentale.


Qualche sottolineatura

Tale orientamento, se da una parte spinge verso un io cosciente e operante non legato a insegnamenti dottrinali, dall’altra però appare debole quando si tiene conto di un vissuto complessivo. Esistono infatti, nella esperienza di ogni soggetto, delle ore liete, festose, gratificanti, ma rimangono pure dei momenti ove ci si scontra con la fragilità e il limite. Tutto ciò prosegue fino ad arrivare al termine di ogni cammino terreno. Si tratta di un «non ritorno» («decesso» infatti significa: «andar via»).

Può diventare allora utile superare degli estremi, e oltrepassare anche una generica linea positivistica, per «leggere» in termini diversi l’esistere di ogni soggetto e il suo finalismo.

1) Gli estremi sono a esempio: il fatalismo (l’essere umano rimane impotente), il nulla eterno[26] (la morte è la fine di tutto), il nichilismo (considerare aspetti essenziali nella loro nullità), la desertificazione sociale (assenza o accentuata povertà di positive relazioni umane). Tali orientamenti hanno accompagnato in taluni casi verso l’autodistruzione, la non-vita, il suicidio.

2) La linea che in termini moderni riprende un’idea del positivismo può essere riassunta così: ha valore solo ciò che si dimostra, seguendo le regole della scienza. Ne deriva la negazione di ogni affermazione dogmatica.

A questo punto, oltrepassate le posizioni estreme, le logiche del positivismo, l’onnipotenza dell’io, non pare difficoltoso muovere un primo passo. Si tratta di avvicinarsi a un «focus» centrato sul mondo interiore di ogni persona, sulla dimensione spirituale, sulla comprensione di realtà vitali non strette al caso, alla fortuna, al probabilismo.[27]


I soggettivisti e il relativismo

Nel procedere del tempo, però, diversi esponenti del soggettivismo a oltranza si sono resi conto che occorreva agganciare i propri orientamenti a delle «idee» capaci di riscuotere consensi. Tale situazione ha quindi favorito la corrente del relativismo, già presente in ambito storico. Questa, è centrata su un ragionamento in apparenza semplice che qui di seguito si riassume.

1) Non esiste  una realtà oggettiva e assoluta che può essere posta alla base di un procedere collettivo.[28]

2) Tutto si modifica tenendo conto di più variabili: la differenza tra persone, il mutamento delle culture (non sono quindi possibili giudizi di valore), la molteplicità dei vissuti esperienziali, le molteplici caratteristiche ambientali, le formazioni ricevute dal soggetto, i mutamenti sociali e politici, le continue ricerche religiose, i principi e i giudizi etici (non esisterebbe alcuna morale universale)…

3) Le tante diversità, quindi, non possono accompagnare verso certezze incrollabili. Nulla è stabile all’infinito. Tutto si trasforma, si presenta con molteplici volti.

4) In tal senso, la ricerca di una verità assoluta – è l’affermazione chiave – è un controsenso.

5) La «verità» è da considerare solo come un desiderio che proviene da un processo di auto rassicurazione, come un fatto che de-responsabilizza, come una nuova e pericolosa dominanza sulle menti umane, come un elemento di conoscenza transitorio. Respingere, quindi, tutto ciò che si presenta come «assoluto» rimane un’esigenza di libertà, e un netto rifiuto di qualunque «sottomissione».[29]


Alcuni effetti immediati

Nel contesto delineato, uno degli effetti più evidenti legati a un relativismo accentuato è costituito dal riemergere – di fatto – dello scetticismo moderno[30] (atteggiamento di incredulità, sfiducia), del criticismo (problema della conoscenza), dell’empirismo (l’esperienza è l’unico fondamento del conoscere) e del pragmatismo (visione realistica e pratica). Unitamente a ciò, si delinea una sottesa tensione a inserire un evidente «io dominante» e «guerriero» in processi auto-gratificanti, privi di aspetti ritenuti «disturbanti» (vicende umane di sofferenza, dolore).  Esiste poi un relativismo etico. Tale corrente di pensiero afferma che i principi morali (tutti o parte di essi) non hanno valore «di per sé». Secondo questa teoria, i concetti, i giudizi e i comportamenti morali sono tali per convenzione e quindi possono variare nel corso del tempo e, soprattutto, a seconda del contesto culturale di riferimento.

L’orientamento citato, che segue più strade, perde forza propulsiva quando si verifica un fatto: la logica del relativismo non rafforza la coesione sociale. Se tutto è relativo, infatti, si deve pure accettare una precarietà permanente, una insicurezza esistenziale e relazionale, un timore (quando non paura) a progettare il domani.[31]


Il relativismo e il sincretismo

La corrente del pensiero relativista, scolorando «certezze» e ponendo dubbi, si è trovata comunque ad affrontare i processi di desertificazione relazionale, di opacità dei valori, di declassamento delle creatività. A questo punto, davanti a tali criticità, ha acquisito vigore un’altra corrente di pensiero denominata sincretismo. Si tratta di una posizione che ha cercato di individuare delle soluzioni condivise. Il sincretismo[32] trae origine dal tentativo di trovare una strada capace di armonizzare tra loro le differenze tra Nazioni, i contrasti religiosi, le contrapposizioni ideologiche. In concreto, il sincretismo pone al centro della riflessione una sua logica: il buono, il meglio, la verità, il mondo spirituale, è ovunque. Di conseguenza, il passo che si deve compiere è solo uno. Occorre estrapolare dalle diverse culture singoli aspetti positivi, elementi che facilitano una pace interiore, determinati itinerari di conoscenza, e unirli tra loro in un unico «messaggio» universale. In tal modo, questa è la tesi, si arriverà a ore di serenità, a un’armonia con se stessi, con gli altri, e con l’universo.

Tale orientamento è sembrato, in alcuni ambienti, un effettivo progresso: nuovi equilibri, superamento di tensioni. Nell’esperienza concreta, però, il sincretismo non pare facilitare le relazioni umane. Operando solo un soggettivismo di opzione, si elimina di fatto l’intero percorso storico compiuto da ogni popolo (processi di crescita a più livelli), le culture locali e regionali (usi, tradizioni, insegnamenti), le specifiche identità (singoli, gruppi, movimenti), i patrimoni religiosi (i cammini dello spirito, gli aspetti più significativi di ogni Confessione religiosa e della Chiesa Cattolica), e altro.

In pratica, con l’andar del tempo, la tensione a superare ostacoli con singoli aspetti capaci di ricevere consensi generalizzati, ha avuto effetti negativi. Ha aperto la strada a processi di impoverimento culturale, di debolezza nei contributi sociali, di svuotamento del dialogo filosofico. Nel sincretismo, in definitiva, pare consolidarsi la perdita di un elemento chiave nei rapporti umani: il rispetto per l’originalità e la diversità. In tal modo, si indebolisce la ricerca esistenziale con le sue salite, tentativi, impulsi, limiti. Inoltre, si sfoca la comprensione di aspetti che riguardano ogni realtà spirituale. Quest’ultima non può essere avvicinata unendo tra loro, in modo arbitrario, singoli elementi estrapolati dal loro contesto originario.[33]


Il rischio del disorientamento

Le correnti di pensiero in precedenza citate costituiscono delle tesi ma anche dei segnali sui quali riflettere. In un certo senso, guardando all’attuale periodo, sembra delinearsi una fatica a raggiungere un’identità personale e collettiva. Le stesse culture (e pseudo-culture) sono chiamate oggi ad affrontare più realtà articolate e talvolta contraddittorie: l’effimero e il duraturo, la cultura dell’immagine e il consumismo, il primato dell’immagine sulla parola, del gesto sul concetto, dell’emotività sulla razionalità, della sintesi sull’analisi. In tale contesto, però, accanto a possibili momenti di minore orientamento, si collocano anche i tentativi mirati ad acquisire delle bussole esistenziali.

In tale contesto, se è vero, da una parte, che gli eventi tragici del nostro tempo (dalle guerre ai genocidi ai drammi di un pianeta sfigurato) hanno motivato incertezze e orizzonti sfocati, è anche vero però che rimane in ogni ambiente una volontà di resistere alla tentazione del «non facere», dell’osservazione distante e sostanzialmente passiva. Questa resistenza all’inerzia e al fatalismo si basa sempre su un patrimonio di cultura, di reti sociali, e di progetti condivisi. Ciò costituisce un punto chiave. Qualsiasi promozione umana, infatti, non può essere sostenuta dal soggettivismo accentuato (a esempio, in campo economico) perché questo conduce, prima o poi, a continue forme di autoriferimento, a dinamiche di controllo, e all’isolamento degli interlocutori sgraditi. E non può neanche basarsi sul relativismo perché quest’ultimo, in assenza di dati oggettivi, oscilla tra posizioni fluide, mutanti e comunque orfane di reattività. In ultimo, lo stesso sincretismo appare come un bene vuoto. Per garantire un’apparente armonia si cancellano le diversità, si scolorano i patrimoni culturali e quelli di fede, e si accentuano messaggi di rassicurazione, figli a volte dell’equivoco e del doloso.[34]


Alcune considerazioni di sintesi

Davanti a talune forme di confusione, di incertezza, che sembrano caratterizzare la rete sociale, si osservano anche dei passi che intendono passare indenni tra le paure legate all’incerto e le ansie motivate da cronache venate da violenza e dominanza. Sono tentativi mirati a rafforzare l’io debole.

1) Al riguardo, i messaggi di riuscita sociale paiono trovare nell’attuale periodo un uditorio sensibile. Si spiegano così, a esempio, gli slogan che promettono in tempi sempre più rapidi, risultati scolastici, successi nel lavoro, guadagni sicuri.

2) Permane poi in taluni ambienti l’attesa per una Nuova Era («New Age»). In tale tendenza trova accoglienza il misticismo e lo spiritualismo, il pensiero positivo.

3) Non mancano poi anche fughe nel fantasy. Qui, nell’azione dei protagonisti sono trasferiti i desideri, le aspettative e le stesse emozioni degli spettatori. In tal senso, il soggetto che vince è un segno di speranza. Il gruppo che supera gli ostacoli rimane la rappresentazione di un traguardo idealizzato.

4) Esiste, comunque, in un contesto dai molti volti, anche una corrente di pensiero che sostiene un nuovo umanesimo. Tale orientamento, oltrepassa gli estremi dell’io guerriero e quelli dell’eroismo di celluloide per recuperare il valore della vita e della persona, il senso più profondo della storia, e il finalismo di un cammino.[35]

Il valore persona prende le distanze da trionfalismi di parte e da salvezze provvisorie per porre interrogativi base: chi è la persona? Quali sono le sue dimensioni? Perché ogni soggetto scopre continuamente delle novità in sé e nello stesso mondo che lo circonda? Qual è il rapporto tra la persona e le realtà terrene e cosmiche?

Questi interrogativi non spingono verso logiche meccanicistiche (tutto è regolato da leggi), o verso visioni che guardano senza osservare. Suggeriscono piuttosto di rileggere la storia dell’umanità con altri criteri. Non è infatti una legge economica o la forza di un nazionalismo trionfante che possono spiegare la crescita globale dell’«homo viator». La chiave di lettura non si trova lì.

In tale contesto la ricerca si avvicina – passo dopo passo – alle origini e al finalismo di un cammino. Al riguardo, rimane debole l’idea di una umanità che procede nel buio (la stessa intelligenza rifiuta tale asserto). E non si può neanche accogliere la visione della vita di un uomo e di una donna che assomiglia ai tempi d’uso di un mezzo meccanico (oggi funziona, domani si guasta).

Se tutto fosse così, perché esiste l’intelligenza? Perché le persone sanno individuare realtà che superano il materialismo? Perché ogni essere umano può arrivare a osservare quanto costituisce la la trascendenza? Perché la mente umana sa percepire un disegno cosmico ove si può scoprire l’Assoluto di Dio?

Forse, per qualche dubbioso, il «Dio-rifugio» è sempre preferibile al freddo delle solitudini esistenziali. Ma anche questa scelta, priva della ricerca di un incontro, può rimanere claudicante. Per il rischio di fughe all’indietro. Ma soprattutto per il non compimento di passi in avanti.


Alcune indicazioni bibliografiche

L. Alici, Filosofia morale, La Scuola, Brescia 2011

M. Ambrosini, Scelte solidali. L’impegno per gli altri in tempi di soggettivismo, Il Mulino, Bologna 2005

E. Angehrn, Il principio della soggettività e l’ambivalenza del moderno, in: V. Vitiello (a cura), «Hegel e la comprensione della modernità», Guerini e Associati, Milano 1991, pagine 15-33

Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), Spe salvi, LEV, Città del Vaticano 2007

L. Cortella, La filosofia contemporanea. Dal paradigma soggettivista a quello linguistico, Laterza, Bari-Roma 2023 (ristampa)

S. d’Ippolito, Elementi di filosofia moderna, EDUSC, Roma 2017

P. Di Giovanni, La storia della filosofia nell’età contemporanea, Franco Angeli, Roma 2023 (3° ristampa)

C. Fabro, La crisi della ragione nel pensiero moderno, a cura di M. Nardone, Forum Editrice, Udine 2007

M. Moschini, Teorie del soggetto. Soggettività, identità, coscienza nel pensiero moderno e contemporaneo, Orthotes (Nocera Inferiore; SA) 2019

J. Ratzinger, Relativismo problema della fede, in:  «Il Regno-Documenti», 784/1 (1997), pagine 51-56

J. Ratzinger, Sul significato dei valori religiosi e morali nella società pluralistica, in: «L’elogio della coscienza. La verità interroga il cuore», Edizioni Cantagalli, Siena 2009

J. Ries e L. E. Sullivan (a cura), Metamorfosi del sacro. Acculturazione, inculturazione, sincretismo, fondamentalismo, Jaca Book, Milano 2009

Soggettivismo, in: «Dizionario di filosofia», Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma 2009.


Note

1 Tra le molte pubblicazioni confronta anche: T. Andina, Filosofia contemporanea. Uno sguardo globale, Carocci, Roma 2013. M. Richard, Storia del pensiero contemporaneo. Le grandi correnti, Borla, Roma 1979.

2 Al riguardo confronta anche: E. Giannetto, Sguardi sul pensiero contemporaneo. Filosofia e scienze per cambiare il mondo, Libreriauniversitaria.it, Limena (PD) 2018. G. Vattimo, Addio alla verità, Booklet Milano Editore, Milano 2009.

3 Si accentua l’io razionale e volente.

4 Confronta anche: M. Bonazzi, I sofisti, Carocci, Roma 2007.

5 Protagora (490 avanti Cristo-415/411 avanti Cristo).

6 Soggettivismo, in: «Dizionario di filosofia», Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 2009.

7 Tra i diversi contributi studi confronta anche: L. Forgione, L’Autocoscienza. Un problema filosofico, Carocci, Roma 2011.

8 Tra i molti studi confronta anche: Razionalità, in: «Dizionario di filosofia», Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma 2009.

9 Confronta anche: N. Abbagnano, Storia della filosofia. Volume 1. «La filosofia antica, la patristica, la scolastica», UTET, Torino 2017. G. Cambiano, Storia della filosofia antica, Laterza, Bari-Roma 2009.

10 Con questa espressione si intende la persona artefice di realizzazioni.

11 Tra i vari contributi scientifici confronta anche: AA.VV., Quid est veritas? Hommage a Jonathan Barnes, a cura di M. Bonelli e A. Longo, Bibliopolis, Napoli 2000. G. Cambiano-M. Mori, Storia della filosofia contemporanea, Laterza, Bari-Roma 2014. L. Cortella, La filosofia contemporanea. Dal paradigma soggettivista a quello linguistico, Laterza, Bari-Roma 2020. M. Mori, Storia della filosofia moderna, Laterza, Bari-Roma 2005.

12 Ogni concezione filosofica fondata sull’esistenza oggettiva della realtà, indipendentemente dall’attività percettiva e conoscitiva del soggetto.

13 Nella concezione filosofica del materialismo, l’unica realtà che realmente esiste è la materia e tutto ciò che deriva dalla sua continua trasformazione.

14 Confronta anche: Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Placuit Deo ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della salvezza cristiana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2018.

15 Martin Luther (1483-1546). Operò una separazione dalla Chiesa Cattolica (scisma luterano). Sul soggettivismo di Lutero confronta anche: J. Lortz, La Riforma. Storia della Riforma in Germania, volume 1, Jaca Book, Milano 1971, pagina 23. Esistono comunque sull’argomento molti altri contributi. A esempio: G. Beschin, ‎F. Cambi, ‎L. Cristellon (2002), E. Ballabio (2005), e altri.

16 Confronta anche. J. J. Rousseau, Emilio o dell’educazione, 1762.

17 Rimanendo su confronti generali vedi anche: la critica hegeliana al soggettivismo (Silvio Valerio Schirinzi, 2021); la critica dialogica al soggettivismo moderno (Clemente Sparaco, 2013).

18 Su tale tematica confronta anche: S. Valesini, Vedere il mondo in modo oggettivo è impossibile, in: «La Repubblica», 12 giugno 2020.

19 In tema di soggettivismo confronta anche l’introduzione a: Responsabilità in tempo di soggettivismo, in: «Note di Pastorale Giovanile», 3 maggio 1977. B. Esposito, La risposta cristiana al soggettivismo etico e giuridico, in: «SETTIMANA News» (sito online), 30 maggio 2018.

20 Confronta anche: I. Simonelli-F. Simonelli, Archeologia concettuale della salute. Uno sguardo analitico, Franco Angeli, Milano 2020.

21 Tra le molte pubblicazioni in merito confronta anche: M. Corselli, M. Weber. Salvezza e rigenerazione politica, Carlo Saladino Editore, Palermo 2011.

22 Su questo tema esistono varie ricerche. Confronta anche: G. Prandi, L’uomo che non muore. Religione naturale e psicoanalisi, Armando Editore, Roma 2013.

23 Su questo aspetto confronta anche: U. Beck, La metamorfosi del mondo, Laterza, Bari-Roma 2017.

24 Confronta anche: G. Piccolo, Salute o salvezza. Il dilemma dei nostri tempi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2021.

25 Confronta anche: B. Mondin, Gesù Cristo, salvatore dell’uomo, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1993.

26 Confronta anche Ugo Foscolo, poesia Alla sera.

27 Tra i molti studi confronta anche: H. De Lubac, Il mistero del soprannaturale, «Opera Omnia», sezione IV: Soprannaturale, volume 11, Jaca Book, Milano 2017.

28 A esempio, l’essere umano per Alexis  de Tocqueville (1805-1859) non è un possessore di verità, è solo un cercatore di verità. Confronta M. Baldini, Il liberalismo, Dio e il mercato. Rosmini, Bastiat, Tocqueville…, Armando Editore, Roma, pagina 77.

29 Sul tema della «verità» esistono molti contributi. Confronta anche: AA.VV., L’uomo alla ricerca della verità. Filosofia, scienza, teologia: prospettive per il terzo millennio, Vita e Pensiero, Milano 2005.

30 G. Paganini, Le novità dello scetticismo moderno, da Montaigne a Bayle, in: AA.VV., «Storia della civiltà europea» – 71, a cura di U. Eco, EncycloMedia Publishers, ebook, 2014.

31 Tra le diverse pubblicazioni confronta anche: G. De Rosa, Il relativismo moderno, in: «La Civiltà Cattolica», quaderno 3.726, volume III, 17 settembre 2005, pagina 455 e seguenti. J. Ratzinger, Senza radici. Europa, relativismo, Cristianesimo, Islam, Mondadori, Milano 2004, pagine 97-122.

32 Sincretismo, dal greco «synkretismos»: confederazione alla maniera cretese. Il termine è composto da «syn» («insieme») e «Krete» («Creta»), che indicava l’unione dei Cretesi, in genere poco concordi tra loro, contro un nemico comune.

33 Tra le diverse pubblicazioni confronta anche: Insegnamenti di Benedetto XVI, I-VI/2, 2005-2010, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006-2011. E. Morin, Lo spirito del tempo, a cura di A. Rabbito, Meltemi Editore, Roma 2017.

34 Tra i molti studi confronta anche: D. Cravero, La società dell’immagine e il disorientamento dei giovani, in: «Note di Pastorale Giovanile», 3 marzo 2013.

35 Tra le molte pubblicazioni confronta anche: M. Mantovani, Con Mounier ed oltre Mounier, verso un nuovo umanesimo, in: «Nuova Umanità», XXVIII, 2006/1, 163, pagine 107-124.

(ottobre 2023)

Tag: Pier Luigi Guiducci, pensiero contemporaneo, soggettivismo, autosalvezza, relativismo, sincretismo, Chiesa Cattolica.