Uragano Katrina
New Orleans: protezione deficitaria

L’uragano, definito pure ciclone tropicale, è un fenomeno atmosferico che si origina in mezzo all’oceano a seguito delle condizioni termiche che si verificano durante la stagione calda (estate e autunno); non a caso, nei Caraibi lo chiamano «hurican», vale a dire il Dio del Male delle loro credenze religiose.

A seguito delle elevate temperature, una notevole volumetria di acqua salata evapora per poi si condensarsi a generare energia termica; e l’acqua, ritornando alla superficie oceanica, la trasmette alle correnti d’aria che iniziano a ruotare a velocità pazzesca attorno a un centro (l’occhio del ciclone, in cui si attiva una situazione di quasi irreale tranquillità, con assoluta assenza di vento e piogge) e seguendo un andamento a spirale. Quando l’uragano è partito, si sposta velocemente sull’oceano o sulle coste della terra emersa, combinando i disastri sulle persone e sulle cose che il definirli catastrofici, infernali, apocalittici può essere addirittura riduttivo.

Proprio in base alla velocità del vento, nel 1969 è stata ideata la «Scala del vento dell’uragano Saffir-Simpson» dal nome dei due scienziati americani Herbert Saffir e Robert Simpson: è suddivisa in 5 categorie, con velocità misurate a partire da 119 a 252 chilometri orari o più, considerando i danni che le stesse possono provocare. La rotazione del vento attorno all’occhio è in senso antiorario nell’emisfero boreale e il contrario in quello australe.

Gli uragani sono tutti violenti, tanto che gli studiosi di solito li battezzano con nomi, per meglio ricordarli nell’avvenire quando capita di parlarne. Fra i cinque peggiori ricordati nella storia degli Stati Uniti, il più violento fu «Katrina», che combinò un sacco di guai a partire dal 23 agosto 2005; infatti, lo è stato sia per il numero di vittime che ha causato, sia per i danni economici che hanno comportato penosi riscontri in tutto il Paese. Si era formato nell’area dell’arcipelago delle Bahamas, nell’Oceano Atlantico, per spostarsi nell’area del Golfo del Messico e raggiungere l’estremità meridionale della penisola della Florida, come uragano di categoria 1. Nella sua corsa, accompagnata di poderosi scrosci di pioggia, si diresse verso Ovest Nord-Ovest, imperversando sulle coste del Mississippi e dell’Alabama, combinandovi distruzioni, grazie anche alle forti mareggiate attivate, come categoria 3 , e quando, il 29 agosto, giunse nella Louisiana, nel territorio di New Orleans, si era già rinforzato a categoria 5.

La città era stata fondata sugli argini orientale e occidentale del delta del più grande e maestoso fiume del Nordamerica, il Mississippi, e a Sud su quelli del Lago Pontchartrain, in un territorio caratterizzato da una superficie del suolo discontinua, con terrapieni e avvallamenti, e che, fra l’altro, è mediamente a circa un metro e ottanta centimetri sotto il livello del mare e, pertanto, protetto da argini e muri di sostegno nei confronti del fiume e del lago.

L’uragano imperversò sulla città e sui suoi dintorni in modo terrificante, con violenti venti abbondantemente al di sopra dei 200 chilometri all’ora e piogge battenti, investendo e abbattendo le abitazioni, facendo rotolare le automobili come palle da biliardo, interrompendo tutte le linee elettriche e causando, con la furia delle onde, la rottura di più di cinquanta argini e di molti muri di sostegno, attivando i conseguenti allagamenti, che interessarono non meno dei quattro quinti dell’intera città, con l’acqua fino ai tetti delle case più basse. E qui molte persone rimasero bloccate nelle soffitte, negli abbaini e sopra i tetti per giorni, in attesa degli aiuti che tardavano ad arrivare.

Il sindaco della città Ray Nagin, che era stato informato del pericolo incombente, diede l’ordine alla popolazione di allontanarsi nel più breve tempo possibile e, stando ai dati in possesso, non meno dell’80 o 90% delle persone evacuò prima che Katrina giungesse. Però, il resto rimase in città, e fu proprio per questo che il numero delle vittime che, alla fine, si dovettero piangere fu altissimo (1.833). Infatti, l’ordine di evacuare non fu rispettato da oltre 150.000 persone che decisero di restare, sia perché non intendevano andarsene dalla città, sottovalutando la pericolosità dell’uragano in arrivo, o non volendo abbandonare a se stesse le loro case a disposizione degli sciacalli, sia perché non avevano i mezzi per andarsene.

Moltissimi, vistisi in difficoltà, si rifugiarono nel Centro Congressi e nello stadio Louisiana Superdome, ma purtroppo, l’affollamento e la carenza di cibo e acqua, e la mancanza di cure mediche li misero in difficoltà; solamente dopo un paio di giorni si iniziarono i soccorsi. Intanto, la città era in preda al caos, con morti per la strada, furti, saccheggi, violenze contro le donne e omicidi. Facendo il censimento dei morti (si ritiene che la cifra di 1.833 sia esatta), si appurò che la stragrande maggioranza era formata da gente poverissima e in particolare da discendenti di Africani, scatenando rimostranze contro il Governo Centrale, per le differenze che si evidenziano quando ci sono gravi problemi, mettendo sulla graticola il Presidente George W. Bush e le istituzioni e costringendo il capo dell’Agenzia per la Gestione dell’Emergenza Federale (FEMA) Michael Brown a dare le dimissioni per le critiche mordaci che erano state fatte nei suoi confronti.

L’uragano continuò la sua corsa e fece gravi danni pure in Georgia, Pennsylvania e Virginia, dove, finalmente, si estinse.

Il primo giorno di settembre, la folla che si era radunata nei centri sopra ricordati fu trasferita nello stadio Astrodome di Houston, nel Texas. Intanto, giunsero i rifornimenti con militari e arrivò pure la Guardia Nazionale con il compito di mettere ordine, contrastando tutto quanto si stava verificando nel campo dell’illegalità, e per iniziare la pietosa opera di riconoscimento e della raccolta delle vittime; nel frattempo, il Corpo Militare degli Ingegneri si stava adoperando per tappare le falle che si erano aperte negli argini e cinque giorni dopo si poté iniziare l’opera di prosciugamento delle aree allagate.

Facendo i conti finali, risultò che le vittime accertate, come ricordato più sopra, furono 1.833, mentre i danni materiali furono quantizzati in circa 150 miliardi di dollari fra beni pubblici e privati. Lo spostamento della popolazione interessò circa un milione di persone e la disoccupazione guadagnò circa 400.000 unità; la quasi totalità di queste si allontanò dalla città per non tornarvi più.

Tutto il mondo si commosse alle disgrazie capitate agli Stati Americani ricordati e offrì il proprio aiuto, partecipando alle spese, di cui non meno di 600 milioni provennero da cittadini statunitensi; anche Paesi notoriamente poveri come il Bangladesh e lo Sri Lanka vollero dare il loro contributo alla ricostruzione di New Orleans, sollevando sorpresa – se si vuole – ma soprattutto ammirazione da parte del resto del mondo.

Nel 2006, il Corpo Militare degli Ingegneri diede il suo parere in merito alla situazione degli argini quando furono colpiti dall’uragano: ebbene, si trattò di una critica veramente mordace, giacché era stato riconosciuto che il sistema di protezione degli argini contro gli uragani lo era solamente di nome. E proprio per evitare nel futuro il ripetersi di quanto era successo per colpa dell’uragano Katrina, il Congresso autorizzò e finanziò un vero – questa volta – sistema per ridurre il pericolo per almeno cento anni, con la previsione della costruzione di più di 500 chilometri di argini e muri di sostegno, di 73 stazioni di pompaggio e di 3 chiusure del canale controllate da pompe. C’è da sperare che, con un tale sistema di difesa, non si verifichi più un disastro come quello che avvenne nel 2005.

Certo è che, con quanto si sta verificando a proposito dei fenomeni atmosferici che si presentano oggi, frutto delle pessime condizioni atmosferiche prodotte da situazioni ambientali sempre peggiori, è probabile che non sia consigliabile abbassare la guardia, perché si può ritenere che non ci si possa attendere qualcosa di buono nel futuro, anche prossimo.

(Non ho inserito nel testo ciò che la notizia dei due Paesi poveri, che hanno voluto aiutare la gente di New Orleans, ha simpaticamente suscitato in me, come Ferrarese: il fatto mi ha fatto ricordare il detto che circola nella nostra città: «San Ruman [piccola chiesa romanica] l’ha fat la carità al dom [la grande cattedrale]», per dire come possa capitare che il poveretto si tolga il pane dalla bocca per donarlo ad altri.

(luglio 2023)

Tag: Mario Zaniboni, uragano Katrina, New Orleans, uragano, ciclone tropicale, hurican, occhio del ciclone, Scala del vento dell’uragano Saffir-Simpson, Stati Uniti, 2005, Ray Nagin, George W. Bush, Michael Brown, Corpo Militare degli Ingegneri.