Amelia Earhart
Aviatrice coraggiosa e spericolata

Amelia Earhart è stata un’abile aviatrice americana, che divenne famosa perché fu la prima donna pilota ad attraversare in aereo l’Atlantico e il Pacifico. Era brava e spericolata e divenne nota a tutti per la sua passione per il volo e per i risultati e le soddisfazioni che questo le procurava; e non a caso tentò, sempre come prima donna, di effettuare la circumnavigazione del mondo, purtroppo perdendo la vita nella titanica impresa.

Era nata in Texas, nella città di Atchinson, il 24 luglio 1897, dalla coppia Amy Otis Earhart ed Edwin Stanton, che l’anno successivo mise al mondo la sorella Muriel.

La sua vita, da bambina prima e da adolescente poi, trascorse senza scossoni, nell’assoluta normalità, fra Kansas, Iowa, Minnesota, Illinois, finché, quando era diciannovenne si trasferì in Pennsylvania, dove studiò presso la Ogontz School of Filadelfia. Un paio di anni dopo raggiunse la sorella Muriel in Canada, dove partecipò a un corso di preparazione relativo al pronto soccorso per curare i soldati feriti in guerra, presso lo Spadina Military Hospital di Toronto; quindi divenne infermiera presso la Columbia University di New York. Durante la sua permanenza in Canada ebbe modo di conoscere degli aviatori e il mondo degli aerei le entrò nel sangue.

Nel 1920 fece il suo primo volo, dopodiché seguì le lezioni di Mary Anita «Neta» Snook Southern, allora famosa come aviatrice pioniera e detentrice di molti primati, e da quel momento il volo fu la passione della sua vita, tanto che nel suo venticinquesimo compleanno acquistò un biplano Kinner Airster. E, nel 1922, raggiunse la quota di 14.000 piedi (4.267 metri), diventando la prima donna a raggiungere tale quota. Ma i problemi familiari la obbligarono a disfarsene, vendendolo. Intanto, i genitori si separarono e Amelia seguì la madre e la sorella nel Massachussets, dove trovò lavoro, e nel tempo libero partecipava a manifestazioni di volo. Poi, nel 1928, l’anno dopo che Charles Lindbergh aveva attraversato l’Oceano Atlantico in solitaria, l’editore George Putnam convinse la Earhart a partecipare a una nuova traversata come prima donna a effettuarla, però come passeggera. Infatti, ella era con altri due membri dell’equipaggio (il pilota Wilmer Stults e il meccanico Lou Gordon) e il suo compito era quello di tenere il diario di bordo. Tuttavia, quando atterrarono nel Galles, il 17 giugno 1928, Amelia divenne un simbolo, con la dimostrazione che le donne potevano essere alla pari con gli uomini.

L’8 aprile 1931, con un autogiro Pitcairn PCA-2, stabilì il record mondiale di altitudine, raggiungendo i 5.613 metri.

Nel 1932, con il finanziamento dell’erereditiera Amy Phillips, dietro la proposta dell’editore George Palmer Putnam, fece la traversata dell’Oceano Atlantico in solitaria, cinque anni dopo quella di Lindbergh, meritandosi la Distinguished Flying Cross dal Congresso degli Stati Uniti.

La casa editrice Putnam pubblicò i suoi tre libri 20 Hrs. 40 Mins: Our Flight in the Friendship (20 ore 40 minuti: Il Nostro Volo in Amicizia, del 1928), The Fun of it (Il Divertimento) e Last Flight (L’ultimo Volo), entrambi nel 1932. Intanto, Earhart e Putnam si sposarono, ma lei mantenne il cognome da nubile e l’unione fu impostata su una posizione paritaria.

Putnam, da bravo uomo d’affari, aveva fiutato giusto, facendo diventare la moglie una stella di prima grandezza. E anche la moda si interessò a lei, che aveva iniziato a disegnare, per la «Ninety-Nines», vestiti particolarmente dedicati alle donne aviatrici. Nel 1932, disegnò per loro pantaloni con cerniere e grandi tasche. Intanto caldeggiava le donne a interessarsi dell’aviazione e a entrare a farne parte. E pure la rivista «Vogue» le diede ampio spazio, con resoconti sulla sua attività e sulla sua perseveranza nell’indurre le donne a una vita piena di attività, soprattutto indirizzandole verso il volo.

Nel 1935, Earhart, nella qualità di «Membro della Facoltà in Visita» («Visiting Faculty Member») presso la Purdue University, oltreché di consulente per il Dipartimento dell’Aeronautica, si adoperò un volta ancora per consigliare le donne ad avvicinarsi al mondo del volo.

Quello stesso anno, Amelia venne a sapere che un gruppo di commercianti hawaiani aveva offerto il premio di 10.000 dollari a chi avesse per primo volato in solitaria da Wheleer Field a Honolulu, nelle Hawaii, a Oakland in California, e accettò la sfida: partì e giunse alla meta dopo aver percorso 3.870 chilometri in 18 ore.

Poi, andò da Los Angeles a San Francisco e, ancora, da Mexico City a Newark nel New Jersey.

All’inizio del 1936, secondo la Earhart era giunto il momento di tentare di effettuare la circumnavigazione del mondo, seguendo la rotta equatoriale, forse la più difficile, lunga ben 47.000 chilometri, per cui ci si doveva attrezzare nella maniera giusta. La Purdue University si prese l’onere di finanziare l’impresa e nel luglio 1936 fu costruito dalla Lockheed Aircraft Corporation, con sede a Burbansk in California, il bimotore con una sola ala Lockheed L-10 Electra, con le modifiche da lei suggerite, fra cui le variazioni nella fusoliera allo scopo di consentire l’inserimento di un serbatoio per il carburante al di fuori della norma. Lei definì il suo aereo come «laboratorio volante» e lo posteggiò dove era stato costruito, cioè al Mantz’s United Air Services, proprio di fronte allo stabilimento della Lockheed a Burbank. Ma non fu mai usato come laboratorio, perché il giro del mondo era una forma pubblicitaria che aveva solamente lo scopo di raccogliere materiale e interessare il pubblico, per invogliarlo ad acquistare il libro dedicato all’impresa, che avrebbe scritto.

Così, dopo due anni dal volo dalle Hawaii alla California, decise. Si organizzò con Frederick J. Noonan, pilota esperto, che aveva volato sul Pacifico, e che la seguì come navigatore e copilota.

Il primo tentativo fu effettuato il 17 marzo 1937: l’aereo partì da Okland, destinazione Honolulu, con a bordo, oltre a Noonan, Harry Patting e Paul Manz della Lockeed. Ma si presentarono problemi alla lubrificazione del mozzo dell’elica, per cui fu necessario soprassedere per fare le riparazioni del caso. Dopo tre giorni, sembrava che tutto fosse a puntino e ci fu la partenza per atterrare poi nell’aeroporto della Marina Statunitense di Luke Field presso Ford Island a Pearl Harbour e tre giorni dopo ripartì, con a bordo Earhart, Noonan e Manning, ma l’aereo fece un brutto testacoda. La meccanica dell’incidente non è chiara, perché mentre un giornalista asseriva di aver visto scoppiare un pneumatico, ci furono altri che ritennero che si fosse trattato di una brutta manovra del pilota. In ogni modo, non si poteva tentare di fare un volo come quello in programma in quelle condizioni, per cui il velivolo fu inviato via mare alla casa madre a Burbank, per le necessarie riparazioni.

Mentre queste procedevano, i coniugi si diedero da fare per procurare fondi e per pubblicizzare ulteriormente l’impresa «in fieri». Essa prevedeva di circumnavire il globo da Occidente a Oriente e incominciò con un volo, non pubblicizzato, da Oakland a Miami, dove la Earhart annunciò pubblicamente il suo progetto di circumnavigazione del mondo. Noonan fu il solo membro dell’equipaggio della Earhart per questo secondo volo. Partirono da Miami il 1º giugno e, dopo diverse fermate in Sud America, in Africa, in India e nell’Asia Sud-Orientale, puntarono alla Nuova Guinea, dove atterrarono a Lae il 29 giugno. Erano a buon punto, avendo già volato per circa 35.000 chilometri sui 47.000 previsti.

I due piloti partirono a mezzanotte del 2 luglio da Lae, con il mezzo sovraccarico. La meta era la piccola e piatta isola Howland (si parla di un lembo di terra della lunghezza di 3 chilometri, larga 500 metri e con una quota massima di 3 metri sul livello del mare), da raggiungere dopo un volo di 4.113 chilometri. A seguire il volo dell’Electra era l’imbarcazione USCGC Itasca della Guardia Costiera Statunitense, ferma presso quell’isola, in costante contatto radio, e pronta a dare le direttive per giungervi, una volta che l’areo fosse giunto nelle vicinanze. L’ultima posizione rilevata fu vicino alle isole Nukumanu, a circa 1.300 chilometri dal decollo.

Amelia Earhart, mentre l’aereo si stava avvicinando all’isola di Howland, comunicò all’Itasca che, secondo lei, le erano sopra, a circa 300 metri di quota, ma che non riuscivano a vederla; aggiunse che il carburante era agli sgoccioli.

Ci fu tutta una serie di tentativi di contatti per radio e con il codice Morse, ma alla fine, sicuramente per cause tecniche, non ci furono scambi che portassero a un risultato positivo.

L’amara conclusione fu che l’Electra non giunse mai all’isola di Howland: era come se l’aereo e i due piloti non fossero mai esistiti.

La donna che, per prima al mondo, aveva tentato di compiere il giro del globo in aereo, aveva fallito e la notizia della scomparsa in un baleno fece il giro del mondo.

L’Itasca iniziò subito le ricerche, facendo riferimento a quello che era riuscita a capire (ben poco) dai frammenti di trasmissione radio della Earhart, senza venire a capo di nulla.

Intanto, il Presidente degli Stati Uniti Roosvelt diede l’autorizzazione a 9 navi e a 66 aerei di fare le ricerche a largo raggio, che poterono iniziare solamente dopo 5 giorni di viaggio per raggiungere la zona dalla quale erano giunte le ultime comunicazioni. Parteciparono alle ricerche idrovolanti, e anche navi di altri Paesi. Queste furono accurate ed estese per più di 600.000 chilometri quadrati, purtroppo senza risultati, finché il 18 luglio si decise di sospenderle.

E pure il marito Putnam della Earhart, alla fine di luglio, avviò delle ricerche con due navi, ma dovette accettare il fatto che l’aereo era introvabile. Egli divenne l’affidatario delle proprietà della moglie e, per poter pagare le spese sostenute nelle ricerche, chiese alla corte di Los Angeles di togliere i sette anni previsti per la dichiarazione di morte presunta: così, ottenutala, la Earhart fu legalmente dichiarata defunta il 5 gennaio 1937.

Come era da aspettarsi, cominciarono a girare le più disparate ipotesi relative alla triste scomparsa dei due piloti, in parte ragionevoli e in parte assurde, ma nessuna portò a conclusioni concrete. Forse, senza andare a inventare fantasiose ricostruzioni, la verità è semplice e amara; ognuno la pensi come vuole, per cui mi ci metto pure io, anche se sono convinto che siamo in tanti a pensarla in questo modo: forse, dopo aver volato sopra il punto dove, secondo loro, era l’Itasca, ma che probabilmente era spostato di qualche chilometro, alla fine il carburante finì; si tentò un ammaraggio, ma, se pure fosse riuscito, il peso dell’Electra più il carico non consentirono il galleggiamento e l’inabissamento fu la logica conseguenza.

Così, malgrado tutti i tentativi di ritrovare le tracce della Earhart e del collega, pur avendo rinvenuto qualche elemento che potrebbe portare a loro, i dubbi restano.

(settembre 2023)

Tag: Mario Zaniboni, Amelia Earhart, pronto soccorso, aviatori, aerei, Anita Southern, biplano, George Putnam, traversta Oceano Atlantico, autogiro, Ninety-Nines, Vogue, Wheleer Field-Oakland, Purdue University, Lockeed, Burbank, Noona, 35.000 chilometri, Howland, Itasca, Roosvelt, ipotesi.