La Reggia di Portici e i Borbone
Arte, bellezza e piaceri nella Napoli del Settecento

Le delizie napoletane, ossia le Ville Vesuviane

La Reggia di Portici è stata voluta dal Re Carlo V di Borbone per soddisfare i suoi mille svaghi. Da questi agi e piaceri nascerà il Miglio d’Oro, ossia ville di delizie realizzate intorno alla Reggia di Portici dalla nobiltà napoletana desiderosa di primeggiare sui blasonati vicini costruendo residenze sempre più belle e scenografiche.

Nonostante l’indubbia bellezza di queste ville, la Reggia di Portici rimane unica nel suo genere e, se avrete il piacere di leggermi, ve la farò scoprire.


Sole, mare, natura, il Vesuvio e la Reggia di Portici

«Napoli è un paradiso, tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso, non mi riconosco quasi più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo: o sei stato folle fino a qui, o lo sei adesso.

Se i Napoletani non vogliono saperne di lasciare la loro città, se i loro poeti decantano con iperboli esagerate la felicità della sua posizione, bisognerebbe scusarli, anche se nei dintorni sorgessero due o tre Vesuvio in più» (Goethe, 1787).

Come spesso succede, quando uno ha un monumento vicino a casa spesso non lo visita o lo fa molto di rado, cosa sbagliata, così per rimediare alla mia pecca, animata da un bel sole caldo sono andata a visitare la Reggia di Portici.

Lo confesso, è stato un duro colpo, ho improvvisamente realizzato che il tempo passa (uffa!), perché l’ultima volta che la visitai era possibile vedere solo il suggestivo scalone e un paio di stanze.

Oggi, invece, si visita tutto il piano nobile e i giardini, ovviamente alcune stanze sono «off limits» in quanto sono usate dalla Facoltà di Agraria, ma qualche vetrina botanica scappa sempre di vederla.


La Reggia di Portici: originalità architettonica e suggestive vedute

Decorazioni sulle pareti e sulle volte

Decorazioni sulle pareti e sulle volte dello scalone a due braccia con dipinte illusorie prospettive architettoniche, molto barocche

Re Carlo V di Borbone scelse Portici per costruire una delle sue numerose residenze (le altre due più importanti sono Capodimonte e Caserta) perché, oltre al clima mite, al mare bellissimo, al Vesuvio imponente, aveva il porto del Granatello ed era attraversata dalla strada Regia delle Calabrie, importante via di comunicazione che collega tutto il Sud Tirrenico; un paradiso in terra a pochi chilometri dalla caotica Napoli.

Come residenza regale, la Reggia di Portici impose subito il suo stile architettonico e le sue soluzioni decorative che si riassumono nell’artificiale integrazione tra architettura, paesaggio e natura, ovvero soluzioni architettoniche per ammirare a ogni passo il mare e il Vesuvio incorniciati da una lussureggiante natura abilmente manipolata per inebriare i sensi dei regali ospiti e dei loro illustri visitatori.

In breve tempo i giardini divennero dei veri e propri osservatori botanici (nell’Ottocento a Portici verrà fondata la Facoltà di Agraria) realizzati secondo i dettami della cultura illuministica napoletana che trasformò normali giardini in vere perle agronomiche, fu superata così l’idea dell’«horto conclusus» medievale.

Carlo di Borbone decise di dare a tutta la zona esenzione fiscale come sito reale, estesa anche ai nobili che costruirono le loro residenze vicino alla Reggia di Portici – tale privilegio continuò durante il decennio francese e dopo la restaurazione –, e per dedicarsi subito all’arte venatoria e all’archeologia, da poco era stata scoperta l’antica Ercolano, decise di acquistare alcune ville già esistenti preferendo unificarle piuttosto che ricostruire tutto «ex novo», tale scelta spingerà l’architetto Antonio Medrano a trovare originali soluzioni architettoniche.

Ovviamente alla più prosaica voglia di cacciare, dedicarsi all’archeologia e ai più disparati piaceri da Re, la tradizione ha voluto affiancare un intervento del destino per la scelta di costruire tale Reggia in questo ameno posto: tutto partì, secondo tradizione, da una battuta di pesca al tonno interrotta da un’improvvisa tempesta, il Re, la Regina Maria Amalia e tutto il loro seguito ripararono nella rada del Granatello, la Regina si innamorò subito di questo posto e il Re decise di soddisfare la richiesta della sua giovane sposa. Ipotesi suggestiva ma non vera.

L’architetto Antonio Medrano iniziò i lavori nel 1738 ma fu subito sostituito nel 1741 dall’architetto Antonio Canevari. Questi, per prima cosa, costruì i due lunghi corridoi per agevolare il passaggio tra i due blocchi residenziali senza attraversare la strada; ogni corridoio poggiava su tre ampie arcate che permettevano il passaggio con relativo pedaggio lungo la strada Regia delle Calabrie delle merci e delle persone prima di entrare a Napoli.

Tali corridoi collegavano i due blocchi residenziali con i relativi giardini perché, da buon Re, Carlo V scelse di avere il doppio panorama, da un lato il Vesuvio, quindi montagna e caccia, dall’altro il mare, il Golfo e le isole e la pesca; tra il 1738 e il 1740 fu acquistata la villa del principe Santobono, lato montagna, quella del conte di Palena, quella dei Caramanico e Mascabruno per avvicinarsi al mare. Nel 1742 fu acquistata quella d’Elboeuf per avere l’accesso diretto al mare con il porto del Granatello.

Allegoria

Allegoria della Verità e delle Virtù

Grazie a questa scelta architettonica la Reggia di Portici non ha una facciata principale tipicamente settecentesca, originale soluzione che verrà ripresa dal Vanvitelli per la Reggia di Caserta, ma ha tanti giochi prospettici molto originali perché si incrociano due assi prospettici principali, mare-Vesuvio-strada principale, che sarà alla base dell’asse su cui verranno costruite tutte le ville del Miglio d’Oro; facciata principale più rigorosa sul fronte strada, quella interna più movimentata e originale con giardino rivolto verso il mare o verso il Vesuvio.

Il terrazzo è l’altro elemento originale ideato da Canevari e ripreso in tutte le ville vesuviane. Egli ne realizzò due per ammirare entrambe le vedute, uno semicircolare rivolto al mare dal quale si dipanano due rampe a tenaglia che raggiungono il livello del parco, l’altro, invece, unisce i due corpi di fabbrica. Con queste originali scelte architettoniche rinnovò il panorama architettonico dominato dal gusto tardo-barocco.


La Reggia di Portici e il suo piano nobile

La visita guidata alla nobile residenza borbonica inizia dal palazzo che fu dei Caramanico, dove il suo piano nobile è stato scelto da Re e dalla sua famiglia per soggiornare. Essendo un palazzo già esistente è stato adattato alle nuove esigenze e qua troviamo un altro elemento originale, si viene accolti non da un grande scalone frontale come lo troviamo negli altri palazzi borbonici coevi, ma da uno scalone laterale a due tese di marmo rosso che portava all’appartamento reale; il palazzo lato Vesuvio ospitava soprattutto gli ambienti di servizio.

L'Aurora nella seconda anticamera

L'Aurora nella seconda anticamera della Reggia di Portici

Le decorazioni degli appartamenti reali iniziarono negli anni ’40 e terminarono sul finire del Settecento, rinnovarono il programma figurativo che condizionò tutte le decorazioni delle ville del Miglio d’Oro.

Le decorazioni del piano nobile furono affidate nel 1743 a Giuseppe Bonito, affrescò molti ambienti dell’appartamento lato mare, ma oggi sopravvive solo la Visitazione, 1757, affresco che ricopre tutta la volta della Cappella Reale ed è l’unica scena sacra presente nella Reggia; si trova negli appartamenti della Regina.

Altri elementi originali sono stati ideati dallo scenografo di Corte Vincenzo Re, Parmigiano venuto a Napoli al seguito del Re Carlo di Borbone. Tra il 1748 e il 1750 applicò le sue doti nelle decorazioni dell’atrio e della Scala Reale decorandoli con false architetture barocche le cui suggestioni dovevano dare la sensazione di uno spazio dilatato e la presenza di spazi contigui.

Il Re si fece aiutare da Crescenzo Gamba e Giuseppe Pansa, eseguì tra il 1744-1746 gli affreschi della sala delle Guardie del Corpo e della Prima e della Seconda Anticamera, si caratterizzano per la presenza di decorazioni scenografiche prospettiche che dovevano dare una illusoria dilatazione dello spazio rallegrato da rappresentazioni allegoriche.

Le allegorie delle prime due anticamere sono state dipinte da Gamba, nella prima anticamera, sala delle Guardie, si trova l’allegoria della Verità e si celebrano i meriti del governo di Carlo, infatti da un lato sono raffigurate le Virtù che trionfano e determinano la felicità, la prosperità della Nazione e dall’altro lato i Vizi, le Erinni e le divinità malevole, messe in fuga da putti alati in presenza della Verità «rivelata» dal tempo. Il secondo affresco ha meno intenti celebrativi e rappresenta l’Aurora, raffinata espressione della locale tradizione decorativa settecentesca.

Risalgono agli anni ’50 del Settecento le decorazioni dei gabinetti privati della Regina Maria Amalia a opera di Vincenzo Re e Crescenzo Gamba.

Influenzato dal gusto dell’esotico, molto in voga, Antonio Cipollo affrescò la sala detta del Biliardo, oggi si discutono le tesi, secondo una visione ingenua e fantasiosa della vita orientale, è un omaggio al gusto «chinoiseries» come lo si può ammirare a Capodimonte.

Durante il periodo murattiano il palazzo subì ristrutturazioni secondo il nuovo gusto neoclassico, in netto contrasto con le scelte barocche. I lavori iniziarono nel 1806 e terminarono nel 1814 e furono affidati all’architetto francese Etienne Cherubin Lacomte, ridimensionò gli ambienti e rinnovò le decorazioni dipingendo sopra agli affreschi borbonici; nonostante ciò, le decorazioni borboniche sopravvissero anche alle successive vicissitudini storiche come la Repubblica Napoletana del ’99, la Restaurazione con la relativa fine dei Borboni, l’Unità d’Italia e, in ultimo, dai numerosi danni provocati dalla Seconda Guerra Mondiale.

Il percorso si conclude nel parco superiore dove troviamo tutti gli svaghi da Re realizzati da Francesco Geri. L’ambiente è dedicato al gioco del pallone voluto da Ferdinando IV insieme al castello dove il Re si divertiva a svolgere esercitazioni militari.

Il fortino progettato nel 1775 dall’ingegnere militare Michele Andrena è dotato, tra l’altro, di una piccola cappella e torre d’osservatorio non visitabile, così come non si può ammirare il congegno della tavola muta, su modello francese, è un congegno meccanico che portava ai commensali le pietanze già pronte e liberava il Re e i suoi ospiti dalla presenza della servitù. L’unica cosa curiosa da visitare, a parte gli esperimenti botanici, è l’ossatura di una struttura di legno dove trovò riparo un elefante, dono esotico al Re Ferdinando IV.

Il Castello

Il Castello per le simulazioni di guerra

Con la visita al castello si conclude il giro alla Reggia di Portici, nonostante il parco sia stato pesantemente ridimensionato, rimane un bel polmone verde da apprezzare in una bella giornata di sole.

Articolo in media partnership con polveredilapislazzuli.blogspot.it
(gennaio 2021)

Tag: Annalaura Uccella, Reggia di Portici, Borbone, Napoli, Settecento, Carlo V di Borbone, Miglio d’Oro, ville di delizie, Vesuvio, Capodimonte, Caserta, porto del Granatello, strada Regia delle Calabrie, horto conclusus, Antonio Medrano, Maria Amalia, Antonio Canevari, Vanvitelli, Giuseppe Bonito, Vincenzo Re, Crescenzo Gamba, Giuseppe Pansa, Antonio Cipollo, Etienne Cherubin Lacomte, Francesco Geri, Ferdinando IV, Michele Andrena.