La Prima Rivoluzione Industriale: aspetti sociali, economici e tecnologici
Nel corso del Settecento, molte innovazioni permisero la realizzazione di un sistema produttivo più rapido ed economico di quello del passato; ma non vi furono solo conseguenze positive

È nell’Inghilterra del XVIII secolo che si verificheranno quei mutamenti che cambieranno per sempre la storia dell’umanità dal punto di vista della produzione dei beni e della loro distribuzione, che per millenni avevano seguito sistemi artigianali incentrati sulle competenze di «trasmissione» familiare dove la «bottega» era un punto di riferimento per l’acquisto di prodotti e manufatti di ogni genere, il cui tratto distintivo era anche l’originalità della merce sulla quale confluivano ingegno, esperienza, capacità manuale e sapiente uso di macchinari (forse rudimentali se si va piuttosto indietro nel tempo, o più perfezionati, a mano a mano che le tecniche progredivano) di chi possedeva un’attività commerciale. Ma nel giro di alcuni decenni tutto cambierà: certo i prodromi di questi cambiamenti vanno ricercati in una serie di concause che vedranno unirsi nuove scoperte, spostamenti di masse, creazione dei primi opifici (poi fabbriche), nascita di nuovi agglomerati urbani, nuovi sistemi produttivi. Dalle campagne iniziarono a confluire verso le città schiere di individui (perderanno ben presto nella nuova realtà questa «caratteristica») che diventeranno operai. Dove alloggiarli però? Non c’erano spazi sufficienti per sistemare i nuovi arrivati e quindi fu necessario creare nelle periferie schiere di minuscole abitazioni che permettessero almeno il riposo notturno, perché di questo si trattava: infatti l’intera giornata era dedicata al lavoro nelle fabbriche e questi «alloggi» erano spazi angusti e malsani.

Ma per capire meglio questo periodo dobbiamo partire prima di tutto dalle già citate «nuove scoperte» che modificheranno totalmente i sistemi di produzione. Fondamentale fu l’invenzione della macchina a vapore di Newcomen perfezionata poi da Boulton e Watt che avrebbe appunto rivoluzionato il modo di produrre energia, che per secoli si era basata sulla forza umana e animale: era la spinta affinché poi, nata dall’esigenza primaria di risolvere il problema delle infiltrazioni nelle miniere, questa macchina potesse essere volta a una miriade di applicazioni, anche perché le modifiche apportate da Watt permisero un consumo minore di carbone e un riutilizzo del vapore attraverso un condensatore che manteneva il cilindro caldo, senza perdita di pressione. Ed ecco che venne applicata subito con grande successo per pompare l’acqua nelle saline e poi fu usata nelle distillerie e nelle ferriere, ma è col brevetto che Watt presentò nel 1781, in cui descriveva i modi per trasformare il movimento alterno del bilanciere in uno rotatorio, che la macchina poté essere impiegata per ogni esigenza industriale.

Il periodo della Rivoluzione Industriale viene contrassegnato anche da un’altra scoperta che incrementò poi la produzione tessile e cioè la «spoletta volante» o navetta (in inglese «flying shuttle»), un congegno inventato nel 1733 da John Kay per consentire la tessitura automatica; consisteva appunto in una navetta di legno di forma affusolata che contiene una spoletta dove è avvolto il filato: la spoletta viene lanciata da un lato all’altro dell’ordito da un apposito congegno posizionato sul porta-pettine di un telaio da tessitura e, correndo velocemente, srotola il filato della trama collocandosi dall’altro lato del telaio da dove verrà rilanciata alla battuta successiva. Questo nuovo sistema consentì di effettuare in pochi secondi un lavoro che richiedeva un tempo molto maggiore e necessitava della presenza di due tessitori.

Non dimentichiamo che siamo nel periodo dell’Illuminismo in cui si pensa che niente possa fermare l’ingegno umano e infatti questo è anche il periodo di altre numerose invenzioni (che troveranno applicazione nelle nuove fabbriche, sempre più specializzate) come il tornio per la filettatura delle viti, la pressa idraulica e strumenti e utensili di ogni genere.

Per tutto questo occorrevano comunque le cosiddette «materie prime» e per l’Inghilterra non era certo un problema: infatti si era arricchita con la costituzione di un Impero coloniale e possedeva una flotta commerciale in grado di soddisfare le sue importazioni ed esportazioni e per tutto il secolo il capitale fu liberamente disponibile a un interesse basso e per lo più costante che, unitamente a un eccellente sistema bancario, offrì agli industriali l’appoggio di cui avevano bisogno.

Torniamo alla nuova ma, in questo caso, «non eccellente» situazione dei lavoratori cui prima si era accennato: oltre alle precarie condizioni relative agli alloggi, essi erano esposti anche a un certo «inquinamento» (termine forse un po’ troppo moderno ma così era), visto che vivevano di giorno all’interno e di notte in prossimità delle fabbriche; in questo periodo venne usata pesantemente anche la manodopera dei bambini dato che avevano il «vantaggio» di poter entrare in luoghi inaccessibili per i lavoratori adulti e di adoperare le loro piccole mani con maggiore precisione in alcuni macchinari o realizzare piccoli manufatti (questo purtroppo ci ricorda eventi di una «Storia» più recente a noi e che vorremmo cancellare come vergogna dell’Umanità), inoltre essi non avevano la forza per ribellarsi agli ordini loro impartiti e quindi il lavoro minorile era un «bene» altamente richiesto dagli industriali dell’epoca ma, a lungo andare, l’impiego di fanciulli in tenera età ebbe una «contropartita» in termini di degrado sociale dato che ne derivava poi un gruppo di individui che non possedevano alcuna capacità se non quella di eseguire una sequenza di azioni ben specifica imparata nelle fabbriche durante la loro infanzia e incapaci quindi di trovare una diversa dimensione lavorativa e una consapevolezza di individui capaci di inserirsi in un contesto differente ed ecco perciò che questi volgevano a volte anche verso la criminalità e la delinquenza «tout court».

Quindi in conclusione possiamo dire che, nonostante le innovazioni, le scoperte, l’industrializzazione, questa Rivoluzione tolse all’uomo, che diventava solo operaio e lavoratore, parte della sua umanità rendendolo quasi una «macchina» il cui scopo consisteva nel produrre quanti più beni possibili; e anche se non si volesse guardare in maniera nostalgica alla vita rurale o delle attività commerciali e artigianali autonome, dove era possibile vedere poi il «prodotto finito» del proprio sforzo, possiamo dire che chi passò più o meno repentinamente da questo «modus vivendi» alle fabbriche, vide poi le proprie condizioni di vita nettamente peggiorate anziché migliorate. Si dovranno aspettare ancora molti anni prima che si introducessero politiche di «welfare» che garantissero un minimo di benessere e situazioni lavorative umanamente più accettabili all’interno delle fabbriche, sino a permettere poi la costituzione di associazioni e sindacati a tutela degli operai.

(marzo 2020)

Tag: Marina Ardita, prima rivoluzione industriale, Inghilterra, fabbriche, macchina a vapore, agglomerati urbani, spoletta volante, Illuminismo, materie prime, ferriere, lavoro minorile, prodotto finito, welfare, Newcomen, Boulton, Watt.