L’Ucraina e il nazismo
Breve sintesi della storia ucraina ai tempi dell’occupazione nazista

Tra le giustificazioni addotte dalla propaganda russa per l’invasione dell’Ucraina del febbraio del 2022 vi sarebbe quella di «denazificare» il Paese governato – a suo dire – da una cricca di nazisti. In realtà, simile visione è decisamente errata come prova la vittoria di un Presidente di origine ebraica, Vlodymyr Zelensky, e gli scarsi risultati elettorali ottenuti dall’estrema destra. È paradossale, tuttavia, vedere chi ha preso sul serio queste accuse, citando a riprova di ciò persino l’atteggiamento tenuto dagli Ucraini durante la Seconda Guerra Mondiale, visti «in toto» come collaborazionisti dei nazisti.

È vero che inizialmente il Terzo Reich giocò sull’alleanza con i nazionalisti ucraini aprendo contatti con l’OUN[1]; ed è anche vero che l’arrivo dei nazisti nei territori dell’Ucraina non dovette essere inizialmente visto con sfavore da gran parte della popolazione che mal sopportava il dominio sovietico che negli anni passati aveva adottato politiche che avevano causato la morte di milioni di persone (basta pensare all’Holodomor). Si verificò quindi un ampio collaborazionismo con gli occupanti[2], e molte persone giunsero persino a cooperare all’Olocausto (alcuni massacri ebbero luogo ancora prima che i nazisti iniziassero le operazioni di sterminio). Una delle più tremende stragi ebbe luogo il 29-30 settembre 1941 a Babyn Jar, in cui furono uccisi in due giorni oltre 30.000 Ebrei.

Occorre tuttavia ribadire che ciò rappresenta solo un lato della medaglia, e non si può non ricordare anche che l’Ucraina diede un fondamentale appoggio alla lotta contro il nazismo perché milioni di Ucraini combatterono negli eserciti alleati al punto da rappresentare – dopo quella russa – l’etnia maggioritaria presente all’interno dell’Armata Rossa. Molti Ucraini diedero inoltre un importante apporto per la salvezza degli Ebrei, rischiando anche la propria vita (lo Yad Vashem ha assegnato il titolo di «Giusto» a oltre 2.600 persone di origine ucraina, rappresentando la quarta nazionalità per numero di Giusti).

Dopo aver occupato l’Ucraina, i Tedeschi provvidero a smembrare lo Stato in varie zone, e il comportamento da questi tenuto nei confronti della popolazione variò in base alle aree: in Galizia, il Governatore Otto Wächter decise di favorire la cultura ucraina col proposito di contrastare i Polacchi: venne perciò permessa la formazione di un comitato nazionale ucraino, furono aperte numerose scuole di lingua ucraina e venne persino creata una formazione armata ucraina (la divisione SS Galizia) comprendete circa 30.000 uomini, che venne impiegata in vari fronti contro gli eserciti alleati e i partigiani.[3]

Totalmente diverso fu invece il comportamento tenuto nei territori del «Reichskommisariat» governato dal gerarca Erich Koch dove venne applicata una spietata politica di sfruttamento delle risorse: «Il nostro lavoro è quello di sottrarre all’Ucraina tutti i beni di cui possiamo impadronirci… Mi attendo da voi la massima severità nei confronti della popolazione indigena» dichiarò Koch. Per nutrire l’esercito e la Germania, i nazisti non esitarono a sequestrare il raccolto ucraino, affamando le città vietando l’importazione di cibo: simile politica provocò una grave carestia a Kiev nel 1941 che causò la morte di decine di migliaia di persone. Fu inoltre applicata una spietata politica di repressione tanto che, durante l’occupazione nazista, si contarono 700 città e 28.000 villaggi distrutti, e circa 7 milioni di Ucraini persero la vita. Inoltre, gran parte dei lavoratori civili deportati in Germania era di origine ucraina e questi, considerati una razza inferiore in quanto Slavi, furono sottoposti a misure discriminatorie e costretti a vivere in dure condizioni: vennero inseriti in baracche recintate con filo spinato, nutriti con cibo insufficiente ed erano obbligati a indossare un bracciale con la scritta «Ost» («Est»).

Secondo l’ideologia nazista, gli Ucraini erano infatti destinati alla schiavitù o allo sterminio[4]: Koch li definiva «popolo di negri», Göring pensava di doverne uccidere ogni uomo al di sopra dei 15 anni, Himmler raccomandava di sterminarne tutti gli intellettuali; e i piani di colonizzazione nazista per l’Est prevedevano lo scomparsa del 65% di Ucraini. Queste concezioni razziste posero un freno alle politiche di collaborazione che i nazisti avevano precedentemente intrapreso con i leader indipendentisti ucraini: Stepan Bandera, capo dell’OUN-B, venne arrestato e inviato nel campo di concentramento di Sachsenshausen dopo che i suoi seguaci ebbero a proclamare nel 1941 la nascita di uno Stato Indipendente Ucraino. Anche formazioni militari ucraine, inizialmente permesse dai Tedeschi, che avevano combattuto contro iSovietici, vennero successivamente disciolte dal Terzo Reich i e i loro ufficiali arrestati.

Non sorprende che simile politica finirà per portare gli indipendentisti ucraini a prendere le armi contro le truppe del Terzo Reich. Tracce di resistenza contro l’occupante nazista si ebbero già nel 1941, e nell’estate del ’42 si costituì l’Armata Nazionale Ucraina (UPA) che, oltre a combattere i Tedeschi, lottò anche contro i partigiani sovietici e, nell’Ucraina Occidentale, anche contro i partigiani polacchi.[5] La lotta partigiana causò forti difficoltà ai Tedeschi al punto che nel 1943 questi ultimi stimavano che circa il 60% dell’Ucraina Nord-Occidentale fosse sotto il controllo dei partigiani nazionalisti. Solo nel ’44 i nazisti, ormai sull’orlo della sconfitta, per tentare di fermare l’avanzata sovietica, decisero di giocare la carta della collaborazione con i nazionalisti ucraini (a tal proposito liberarono Bandera dalla prigionia[6]), ma la loro mossa sopraggiunse ormai troppo tardi per cambiare le sorti del conflitto.[7]

In definitiva, la concezione razziale nazista rappresentò un ostacolo insormontabile per conquistare il favore della popolazione ucraina, e anzi ebbe l’effetto di trasformare l’odio degli Ucraini verso i loro precedenti governanti in un odio ancora più grande verso i nuovi occupanti.


Note

1 L’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) sorse a Vienna nel 1929 e si proponeva l’obiettivo di costituire uno Stato Indipendente Ucraino, il cui territorio comprendeva all’epoca regioni sotto il controllo della Polonia, della Romania e dell’Unione Sovietica. Il movimento si dividerà successivamente in due fazioni: l’OUN-B con a capo Stepan Bandera, e l’OUN-M guidato da un ex ufficiale austriaco, Andrej Melnyk.

2 Il collaborazionismo spesso non fu dettato da motivazioni ideologiche quanto piuttosto materiali: un abitante urbano che non lavorava per i Tedeschi rischiava di morire di fame poiché questi ultimi controllavano le riserve alimentari; mentre un contadino che rifiutava di assecondare le richieste dei soldati del Terzo Reich poteva essere giustiziato assieme a tutta la famiglia.

3 Nonostante avesse preso le armi a fianco del Reich, il giudizio di Hitler nei confronti della divisione ucraina fu sprezzante al punto da dichiarare nel marzo del 1945 che «è un’idiozia armare una divisione ucraina che non è del tutto affidabile».

4 Vi furono anche funzionari nazisti come Alfred Rosenberg che auspicavano invece una collaborazione tra Tedeschi e Ucraini, ma i piani vennero ostacolati dalla dirigenza nazista, e nell’autunno del 1941 Hitler stesso intimò a Rosenberg – che si lamentava della politica adottata da Koch – di «non impicciarsi nell’amministrazione interna dei commissariati del Reich».

5 Questo conflitto fu segnato da enormi brutalità commesse nei confronti della popolazione civile sia polacca che ucraina della zona.

6 Stepan Bandera è visto da una parte della popolazione ucraina come un eroe nazionale, al punto che Viktor Yushchenko lo nominò «Eroe dell’Ucraina» nel 2010 (l’onorificenza verrà tuttavia successivamente revocata poiché formalmente Bandera non aveva la cittadinanza ucraina, requisito indispensabile per la premiazione). Il fatto che Bandera per la sua lotta indipendentista abbia trascorso un certo periodo in prigione sotto i Polacchi e i Tedeschi, per essere infine ucciso dai Sovietici, ha contribuito probabilmente a idealizzare la sua figura, mettendone in ombra i lati negativi come l’uccisione di membri ucraini facenti parte di altre organizzazioni rivali o il massacro compiuto dai suoi seguaci nei confronti della minoranza ebraica e polacca durante la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, la maggioranza di chi nella società ucraina esalta Bandera lo fa principalmente come simbolo di lotta contro i Russi, senza condividerne il programma politico.

7 Anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’UPA continuò a combattere i Sovietici in una lotta che perdurò fino a metà degli anni Cinquanta.


Bibliografia

Mark Mazower, L’Impero di Hitler. Come i nazisti governarono l’Europa occupata, Mondadori, Milano, 2008

Giulia Lami, Ucraina 1921-1956, CUEM Storia, Milano, 2012

Michael Burleigh, Il Terzo Reich. Una nuova storia, Rizzoli, Milano, 2003

Richard Overy, Russia in guerra 1941-1945, Il Saggiatore, Milano 2000.

(aprile 2024)

Tag: Mattia Ferrari, Ucraina, Nazismo, OUN, UPA, Stepan Bandera, Adolf Hitler, Babyn Jar, Otto Wächter, Erich Koch, Kiev, Hermann Göring, Heinrich Himmler, Terzo Reich, Andrej Melnyk, Alfred Rosenberg, Viktor Yushchenko, Ucraina e nazismo.