Il Commissario Capo di Pubblica Sicurezza Francesco Saverio Cacace
Un poliziotto nella Roma nazista

Tra il 10 settembre 1943 e il 4 giugno 1944 Roma subì l’occupazione delle truppe tedesche. Divenne, di fatto, la retrovia del fronte di Cassino. In questa fase temporale diverse persone, di ogni età e ruolo sociale, parteciparono a progetti di protezione dei perseguitati del tempo, «in primis» gli Ebrei. Oltre quest’ultimi, erano ricercati dal regime del tempo anche i renitenti alla leva, i partigiani, e coloro che non si erano presentati ai centri TODT[1] per lavorare alle costruzioni difensive della Wehrmacht. Nel gruppo di resistenti figurano anche sacerdoti, commissari di Pubblica Sicurezza, il responsabile dell’ufficio stranieri della Questura di Roma, Dottor de Fiore[2], il comandante della Polizia Fluviale Tiberina, Maresciallo Lucignano[3]. Nel quartiere San Lorenzo, in particolare, rimane significativa l’interazione tra il Padre Raganella, dei Giuseppini del Murialdo, e il commissario capo di Pubblica Sicurezza Dottor Cacace. Questa è la loro storia.


Padre Libero Raganella c.s.i.

Don Raganella (1914-1990) nasce nel quartiere romano di San Lorenzo, in una famiglia operaia. Il padre, Giusto, tranviere socialista anarchico, lo chiamò Libero. La zona, in quel tempo, era un’area di operai, collocata tra le Mura Aureliane e il cimitero del Verano. In questo territorio il ragazzo frequentò l’Opera Pio X e la parrocchia dell’Immacolata, affidata ai Padri Giuseppini del Murialdo fin dalla sua costruzione (1909). Nel complesso edilizio era attivo l’oratorio, la scuola elementare e la «Spes», società ginnico-sportiva. Qui, Libero percorse il proprio cammino vocazionale. Entrò poi nella congregazione di San Giuseppe[4], studiò nei seminari dei Giuseppini (tra il Veneto e il Piemonte), e completò la sua formazione a Roma, presso la Pontificia Università «San Tommaso d'Aquino», conosciuta anche come «Angelicum».

Padre Libero Raganella

Foto di Padre Libero Raganella

All’inizio del 1939 iniziò a svolgere la sua attività, in qualità di insegnante, presso la già citata Opera Pio X. Mentre stava iniziando il suo impegno tra i giovani, l’Italia entrò in guerra (10 giugno 1940). Libero fu ordinato sacerdote il 30 giugno 1940 dall’allora vicegerente, Monsignor Luigi Traglia.[5] Diverse furono le tragedie che segnarono la cronaca del tempo. Lunedì 19 luglio 1943, San Lorenzo (e altri quartieri) subì un bombardamento alleato. La zona venne lacerata da drammi. Fu pure colpita la casa dei bambini di Via dei Marsi, fondata da Maria Montessori[6], e venne distrutto l’orfanotrofio di Via dei Sabelli (restarono uccisi 78 bambini e sei suore).[7] Padre Libero operò per soccorrere i feriti, benedire i morti. Si arrampicò sugli edifici lesionati per recuperare qualche masserizia ancora utile. Organizzò le partenze della popolazione, consigliò gli sfollati, mantenne i contatti con le autorità civili e religiose.

Le tragedie non terminarono. Oltre nuovi bombardamenti su Roma, avvenne un dramma legato alle persecuzioni anti ebraiche. All’inizio della giornata di sabato 16 ottobre 1943, i Tedeschi dettero inizio a un’operazione di rastrellamento di Ebrei. Questi, dovevano essere poi internati e trasportati in un lager di sterminio.[8] Mentre era in corso la razzia, Don Libero riuscì a nascondere più Ebrei presso le Monache Cistercensi di Santa Susanna. Il suo impegno a favore dei perseguitati per motivi razziali proseguì fino alla fine del Secondo Conflitto Mondiale.[9] La sua «rete» coinvolse, oltre i Padri Giuseppini, le Suore di Maria Consolatrice[10], le Clarisse Missionarie Francescane del Santissimo Sacramento[11], le Figlie di Maria Santissima dell’Orto[12], l’Istituto delle Suore Dorotee[13]... Unitamente a ciò, Padre Raganella protesse anche partigiani, militari alleati, soldati italiani ostili alla Repubblica Sociale Italiana[14], e persone che avevano ignorato i richiami del regime in cerca di forza lavoro. Per concretizzare le sue azioni utilizzò più volontari, ed ebbe la copertura del commissario capo di Pubblica Sicurezza del Commissariato di San Lorenzo: il Dottor Francesco Saverio Cacace.[15]

Con riferimento alle sue opere umanitarie Don Libero non accettò riconoscimenti, respinse benefici economici offerti dopo la guerra dagli Inglesi[16], e non volle essere iscritto ad associazioni partigiane. Rimase prete per tutti.


Il Commissario capo di Pubblica Sicurezza Francesco Saverio Cacace

Il Padre Raganella ebbe modo di conoscere il commissario capo Francesco Saverio Cacace (53 anni) in un incontro richiesto dallo stesso dirigente. Di quest’ultimo si conoscono diversi dati. Il suo fascicolo si trova depositato presso l’Archivio Centrale dello Stato.[17] Nacque a Napoli, il 25 maggio 1890, da Alfonso Cacace e Concetta Malatesta. Laurea in giurisprudenza. Il 16 settembre 1919 fu nominato vice commissario di Pubblica Sicurezza in prova. Il 19 ottobre 1919 venne assegnato al commissariato romano di Magnanapoli. Commissario aggiunto nel 1928. Commissario nel 1935. Commissario capo nel 1941. Durante l’occupazione nazista a Roma diresse il Commissariato di San Lorenzo la cui sede si trovava in Via Tiburtina 120.[18] Lavorarono con lui il commissario aggiunto Dottor Giuseppe Noviello, e il vice commissario Dottor Luigi Donnetti. Con altri dirigenti e funzionari della Pubblica Sicurezza fece parte di quella resistenza silenziosa che si oppose alle violenze naziste e fasciste.[19] Dopo altri incarichi, Cacace divenne in ultimo vice questore nel 1949. Non è noto il giorno della sua morte.


L’incontro Cacace-Raganella

Nel 1943 il Dottor Cacace ebbe un incontro riservato con Padre Raganella dopo alcuni fatti avvenuti nell’Urbe. Il 9 settembre 1943 il Re aveva lasciato Roma. Il 10 era avvenuta l’occupazione dell’Urbe da parte dei Tedeschi. Il colloquio tra il sacerdote e il capo commissario si trova descritto nel Diario del religioso.[20] Il religioso annotò, tra l’altro, quanto ricordava del discorso del Dottor Cacace.

«La situazione non è tale come molti si illudono. I Tedeschi stanno facendo affluire a Roma altri reparti, e così in tutta Italia. Degli Alleati non si sa più nulla. Non si sa più chi deve dare ordini dopo che il Re e Badoglio sono andati al Sud, e gli unici che sanno quello che vogliono sono i Tedeschi. Roma è in balia dell’esercito germanico e, quando fra poco tempo saranno in forze sufficienti e avranno preso il comando assoluto in ogni parte, incominceranno a farsi sentire, daranno certamente una caccia spietata a quanti saranno sospettati di non nutrire sentimenti di sudditanza verso di loro, e quanti si sono messi in vista dopo la caduta del fascismo saranno ricercati a uno a uno e, Dio ce la mandi buona, se non succederanno cose peggiori».[21]

Francesco Saverio Cacace

Foto del Vice Questore Francesco Saverio Cacace

La resistenza del commissario capo Cacace

Le parole del Dottor Cacace, trascritte da Padre Raganella nelle sue memorie, evidenziano una situazione critica. Diversi i fatti avvenuti. Il 23 settembre del 1943, alle ore 11.30, il comandante militare tedesco di Roma (Generale Stahel[22]) aveva fatto arrestare il Generale Calvi di Bergolo[23], genero di Vittorio Emanuele III.[24] Questi, era stato nominato dal Maresciallo Badoglio[25] (prima di allontanarsi), comandante della Piazza di Roma «Città aperta». Nel frattempo, il Tenente Colonnello delle SS Kappler[26] si era occupato dell’arresto del Generale Maraffa[27], capo delle forze di polizia militari, alle dirette dipendenze di Calvi. Inoltre, il capitano delle SS Priebke[28] aveva arrestato il capo della Polizia Senise[29], e il vicecapo Dottor Rosa.[30] Tutti erano stati deportati in Germania. Senise e Maraffa furono internati nel campo di concentramento di Dachau. In questo luogo di detenzione Maraffa morirà. Senise fu poi tradotto a Hirschegg, in Baviera. Vi rimase fino alla liberazione del campo a opera di truppe francesi. L’Urbe era ormai controllata dai soldati della Wehrmacht. In tale contesto si colloca l’apporto della Resistenza a Roma. Vi parteciparono a vario modo, anche alcuni dirigenti e poliziotti della Pubblica Sicurezza. Su questo punto, Padre Raganella, nelle sue memorie, annota quanto gli disse il commissario capo Cacace.

«Io ho aderito a un comitato clandestino[31] che tenta di organizzare in Roma una resistenza attiva e passiva ai Tedeschi. La mia qualità di commissario di Pubblica Sicurezza mi permette di essere utile in tanti modi. Si stanno reclutando persone di ogni strato sociale, che abbiano l’unica qualità della fidatezza e del coraggio. Lei [riferito a Padre Raganella] dovrebbe, qui in quartiere, come sacerdote, aiutare quelli che potrebbero essere ricercati dai Tedeschi.[32] Altri avranno incarichi diversi. Lei può contare sul mio aiuto ma, sia ben chiaro, se dovesse succedere qualche cosa, pubblicamente lei non sa niente di me, come io non saprei niente di lei. I nostri rapporti, esternamente, continueranno sullo stesso piano sul quale erano fino a ieri. Solo in privato essi avranno un nuovo aspetto. Per eventuali contatti tra me e lei, e tra lei e quelli del comitato, verrà sempre quell’uomo che lei ha già conosciuto. Il suo nome è Mario. Naturalmente il suo vero nome è un altro, ma è meglio che né lei, né nessun altro lo sappia. Questo è tutto. Si tenga pronto per ogni evenienza».[33]


L’interazione segreta Raganella-Cacace

Dopo il primo incontro, il commissario capo Cacace e Padre Raganella ebbero la possibilità di vedersi in diverse occasioni. Il religioso giuseppino nelle sue memorie fece riferimento a più situazioni: distribuzione di abiti civili a militari italiani[34], soldati inglesi da nascondere[35], azioni partigiane da coprire[36], inserimento di giovani nella comunità dei Padri Giuseppini per non farli trovare dai Tedeschi[37], avvisi agli antifascisti su segnalazione del Dottor Cacace[38], informazioni urgenti agli Ebrei e loro protezione[39], uso di carte annonarie e di documenti di identità falsi[40], liberazione di un giovane residente a Via dei Campani da una camera di sicurezza del Commissariato[41] e liberazione di reclusi dal carcere di Regina Coeli[42], monitoraggio di ronde fasciste e intesa con il Dottor Cacace[43], boicottaggio censimento e interazione con Cacace[44], ricerca di persone di cui non si ha notizie e accordo con Cacace[45], retate di fascisti da neutralizzare[46], acquisizione di avvisi da Cacace[47].

In tale contesto la situazione divenne sempre più critica. Annotò al riguardo Padre Raganella nelle sue memorie:

«Il commissario Cacace mi avverte che i Tedeschi e i fascisti sono infuriati per certi volantini clandestini che circolano per Roma incitando i cittadini alla resistenza passiva.[48] Hanno compilato l’elenco di tutte le tipografie di Roma, per individuare, con minuziose perquisizioni, dove vengono stampati. In quartiere ci sono tre tipografie, mi consiglia di avvertirle».[49]

Si ricorda, al riguardo, che l’11 settembre del 1943, il Feldmaresciallo Kesserling[50] aveva firmato un editto ove al punto 10 affermava:

«Le Autorità e le organizzazioni civili italiane sono verso di me responsabili per il funzionamento dell’ordine pubblico. Esse compiranno il loro dovere solamente se impediranno ogni atto di sabotaggio e di resistenza passiva contro le misure tedesche e se collaboreranno in modo esemplare con gli Uffici Tedeschi».[51]

Nel frattempo, proseguirono le irruzioni dei Tedeschi nelle case alla ricerca di resistenti. Scrisse al riguardo Padre Raganella:

«Continuano intanto le retate di giorno per le strade, e le sorprese notturne in casa dei sospetti. Di giorno appena compare qualche fascista o Tedesco funziona l’allarme e tutte le strade diventano deserte di uomini e giovani, rimangono solo donne, vecchi, bambini. Di notte, poi, bussano a vuoto alla porta delle case dei sospetti, perché già sono diventati uccelli di bosco. Con l’avvertimento del commissario, sono sempre in anticipo sull’arrivo dei ricercatori. Come farà, poi, il commissario a essere sempre preventivamente al corrente, questo proprio non lo so. Avrà pure lui dei buoni informatori in campo nemico. L’importante è che in quartiere non si sono verificati fatti incresciosi, nonostante l’attività indefessa dei Tedeschi e della banda Bardi e Pollastrini».[52]


Il primo bombardamento su San Lorenzo

Mentre il comando tedesco di Roma era impegnato a individuare molti ricercati, avvenne una tragedia: per la prima volta, i bombardieri alleati colpirono Roma (19 luglio del 1943). Il quartiere San Lorenzo subì molte devastazioni perché era vicino allo scalo ferroviario. Le bombe esplosero anche al Prenestino, Casilino, Labicano e Tuscolano. Nel bombardamento rimasero uccise circa 3.000 persone, mentre altre 11.000 restarono ferite. Persero la vita anche il Generale dei Carabinieri Anolino Hazon[53] e il Colonnello Ulderico Barengo[54], che avevano raggiunto l’area colpita per intervenire in aiuto della popolazione (oggi sono ricordati da una targa). Non era ancora cessato l’allarme che Pio XII[55], senza scorta, raggiunse in macchina il territorio devastato. La macchina del Papa venne subito attorniata dalla folla. Il Pontefice, comunque, riuscì ad arrivare fino a Piazzale San Lorenzo. Qui, pregò per i defunti e iniziò a sostenere aiuti anche economici a favore dei colpiti dal dramma bellico (tramite Monsignor Montini). Nel frattempo, il Ministero della Cultura Popolare (Minculpop) vietò ai giornali di riferire in dettaglio sulle distruzioni avvenute. Però, fu proprio la mancanza dei servizi primari (luce, gas, acqua e trasporti) a convincere i Romani che a San Lorenzo e al Prenestino erano avvenuti fatti molto più gravi di quelli riferiti dalla stampa del regime. Il primo, sommario rapporto sui danni fu quello dei Vigili del Fuoco (20 luglio 1943), trasmesso al Ministero dell’Interno.

Il 5 agosto 1943, la Regia Questura, ignorando ogni censura, inviò una dura lettera alla Prefettura e al Governatorato. Punti chiave furono i seguenti. 1) Dopo venti giorni lo scavo delle macerie non procedeva. 2) Strade impraticabili. 3) Assenza di disinfezione per la prevenzione delle epidemie («specie per il personale addetto all’estrazione delle salme dalle macerie»). 4) Mancanza di luce e gas. 5) Bombe inesplose non rimosse. 6) Rottami delle vetture tranviarie non spostati. 7) Costruzione di ricoveri nel giardino pubblico di Via Tiburtina, iniziati da altri sei mesi, procedono con lentezza e con pochissimi operai. 8) Rifugi inutili («la loro specie è soltanto di para schegge perché costruiti quasi al livello stradale e coperti a malapena di qualche mezzo metro di terra, per cui non rispondono alle necessità del momento in cui occorrerebbero ricoveri anti crollo e anti bomba»).[56]


L’azione dei poliziotti a San Lorenzo

Non è facile oggi per uno storico ricostruire esattamente ogni singolo intervento umanitario posto in essere a San Lorenzo. Questo vale anche con riferimento all’azione dei poliziotti. Si conoscono però alcuni dati.

1) Grazie all’Ufficio Storico dell’Associazione Nazionale della Polizia di Stato sono noti i poliziotti che morirono durante il primo bombardamento. Si tratta del Maresciallo Domenico Carpinteri (51 anni)[57], della guardia scelta Sebastiano Cavallo (45 anni)[58], e della guardia scelta Costantino Sbraga (50 anni).[59]

2) Esistono poi delle immagini che vennero pubblicate il 29 luglio 1943 dalla rivista francese «Semaine Heb domadaire illustré». Le foto ritraggono Pio XII circondato dalla folla. Osservando soprattutto quella pubblicata in copertina ci si accorge del berretto di un poliziotto (in alto, a destra). È la prova della presenza di membri della Pubblica Sicurezza sui luoghi del bombardamento. Tale azione delle forze dell’ordine è ancor più evidente in una foto che ritrae il Papa a San Giovanni dopo un secondo bombardamento alleato (13 agosto 1943) sui quartieri Appio-Tuscolano.

3) In tale contesto, oltre ai rapporti dei vari Commissariati sui fatti di San Lorenzo, sono pure da ricordare scritti di cittadini che ricordano l’azione dei poliziotti. Si riporta qui di seguito un esempio.

«Mentre i “Gatti neri” – così erano chiamati i pompieri – cercavano insieme a poliziotti[60] carabinieri e militari di tirare fuori dalle rovine persone ancora vive, si affacciava dapprima Vittorio Emanuele III che veniva preso ingiurie sassate e fatto fuggire, poi arrivava la Principessa di Piemonte Maria José ben accettata insieme a Papa Pio XII, in compagnia di quello che sarebbe stato poi il futuro Papa Paolo VI».[61]


Alcune annotazioni di sintesi

Dopo il Commissariato di San Lorenzo, il Dottor Cacace diresse altri presidi romani situati a Magnanapoli, Trevi, Colonna. In ultimo, fu responsabile dei servizi di Polizia presso l’Azienda Rilievo Alienazione Residuati (ARAR).[62] Nel suo «cursus» professionale arrivò al grado di vice questore. Il 1° febbraio del 1956 venne collocato a riposo, d’ufficio, per avanzata età e per anzianità di servizio, con il titolo ufficiale onorifico di questore. Studiando la sua figura e l’operato è possibile avere un’idea di ciò che costituisce una resistenza silenziosa (condannata da Tedeschi e repubblichini). Questo dirigente di Pubblica Sicurezza rimase all’interno del «sistema» così da poter essere informato sulle decisioni delle autorità del tempo. Con i dati acquisiti poté aiutare perseguitati e resistenti. Tale scelta accomunò il Dottor Cacace ad altri commissari di Polizia. Su questo punto è rilevante, a esempio, quanto attestato da Giacomo Debenedetti nel suo libro 16 ottobre 1943.[63] Oggi, nel migrare del tempo, si tende a relegare nell’oblio vicende legate a decenni trascorsi. Inoltre sono anche morti i testimoni del tempo. A San Lorenzo, in particolare, una fonte orale significativa fu legata al barbiere Gaetano Bordoni.[64] Malgrado ciò, la resistenza silenziosa a tutto ciò che è dominanza e violenza rimane di particolare attualità. Quando in certe ore, non è immediatamente possibile mutare una situazione ingiusta, la resistenza passiva rimane il primo passo da compiere. Si attua in tal modo una scelta di vita e di libertà.


Alcune indicazioni bibliografiche

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S. Falocco-C. Boumis, La Resistenza a Roma, Le Commari, Roma 2021

L. Fiorani, Roma città aperta 1943-1944, in: AA.VV., «Ricerche per la storia religiosa di Roma». 12. Chiesa, mondo cattolico e società civile durante la Resistenza, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2009, pagina 69

N. G. Franzella, Giornata della Memoria: la Polizia di Stato ricorda gli eroi silenziosi, Ministero dell’Interno, Ufficio Stampa, sito online, Roma 27 gennaio 2023

A. Majanlahti-A. Osti Guerrazzi, Roma occupata 1943-1944. Itinerari, storie, immagini, il Saggiatore, Milano 2010, pagine 32-33, 271

F. Manacorda, L’Italia lacerata. Storie di eroi e furfanti nel 1943-1945, SEAM, Roma 1998, pagine 209-215

M. Pazzaglini, San Lorenzo 1881-1981. Storia urbana di un quartiere popolare a Roma, presentazione di C. Aymonino,  Officina, Roma 1989

L. Piccioni, Un sacerdote e la guerra. Dal diario di Padre Libero Raganella un osservatorio su Roma occupata, in: AA.VV., «Ricerche per la storia religiosa di Roma». 12. Chiesa, mondo cattolico e società civile durante la Resistenza, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2009, pagine 267-286

L. Picciotto, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah. 1943-1945, Einaudi, Torino 2017, pagina 183

L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno. Ricordi dell’infanzia e «diario» di Roma in guerra, con introduzione e a cura di L. Piccioni, Bulzoni Editore, Roma 2003

A. Riccardi, L’inverno più lungo 1943-1944. Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma, Laterza, Bari-Roma 2008, pagine 3 e 11

M. Sanfilippo, San Lorenzo 1870-1945. Storia e storie di un quartiere, pagine 128-129.


Ringraziamenti

Direzione e Personale dell’Archivio Centrale dello Stato (Roma). Don Giovenale Dotta, Direttore Archivio Congregazione di San Giuseppe, Casa Generalizia (Roma). Signor Francesco Cauti Sancricca, Specialista in sistemi informatici (Roma). Commissario dottor Giulio Quintavalli, Ispettore Fabio Ruffini, Assistente Capo Luca Magrone, Relazioni Esterne, Settore Storico Ministero dell’Interno (Roma). Architetto Carlo Galeazzi, Direttore del sito «Roma Città Aperta» (Roma).  Dottoressa Irene Salvatori e Dottoressa Ilaria Colarossi, Museo Storico della Liberazione, Via Tasso (Roma). Dottoressa Livia Morganti, Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza (IRSIFAR). Dottor Massimo Gay, Responsabile Ufficio Storico Associazione Nazionale della Polizia di Stato (Roma). Dottor Fabrizio Gregorutti, Ispettore della Pubblica Sicurezza, Capo Redattore e Coordinatore del sito «Caduti Polizia» (Roma).


ALLEGATO 1: Lapide che a San Lorenzo ricorda il periodo dell’occupazione tedesca di Roma

All. 1

ALLEGATO 1

ALLEGATO 2: Pio XII a San Lorenzo dopo il primo bombardamento. Si intravede, in alto a destra, il berretto di un poliziotto. Copertina di «La Semaine». Numero del 29 luglio 1943

All. 2

ALLEGATO 2

ALLEGATO 3: Pio XII a San Giovanni. Si intravedono tre poliziotti alle sue spalle

All. 3

ALLEGATO 3

Note

1 OT, in tedesco «Organisation Todt». Compiti dell’impresa riguardarono la costruzione di strade, ponti e altre opere di comunicazione e difensive, a sostegno delle manovre militari tedesche, e per proteggere le linee di approvvigionamento.

2 Dottor Angelo de Fiore (1895-1969). Proclamato «Giusto tra le Nazioni».

3 P. L. Guiducci, Tutti gli ebrei del maresciallo Lucignano, in: «Avvenire», mercoledì 15 maggio 2019.

4 I suoi membri sono noti come Giuseppini del Murialdo.

5 P. L. Guiducci, Un monsignore durante l’occupazione tedesca di Roma, in: «Storia in Network», sito online, 2 maggio 2023.

6 Dottoressa Maria Montessori (1870-1952). Medico, specializzata in neuropsichiatria. Pedagogista.

7 C. De Simone, Venti angeli sopra Roma. I bombardamenti aerei sulla Città Eterna (19 luglio 1943 e 13 agosto 1943), Mursia, Milano 1993.

8 P. L. Guiducci,  Shoah a Roma. 16 ottobre 1943. Salvare gli ebrei, EDUCatt, Milano 2023.

9 Tra gli Ebrei presenti a San Lorenzo si ricordano anche i fratelli Lello (1919-2010) e Angelo Perugia. La famiglia abitava a Via degli Equi, 70. I Perugia il 16 ottobre 1943 scamparono al rastrellamento degli Ebrei grazie alla telefonata di un maresciallo di Pubblica Sicurezza che li avvertì del pericolo. Furono protetti da Don Libero Raganella. A seguito di ulteriori vicende (1944), tre fratelli Perugia morirono in un lager tedesco. Lello e Angelo riuscirono a sopravvivere. Confronta al riguardo: Intervista di Gigliola Colombo a Lello e Angelo Perugia registrata a Roma il 15 luglio 1987, su digital-library.cdec.it.

10 Via degli Etruschi, 13.

11 Via Vicenza, 33.

12 Via Tiburtina Vecchia.

13 Via dei Campani.

14 Repubblica Sociale Italiana. Istituita il 23 settembre 1943. Fu un’entità politica che operò fino all’aprile del 1945.

15 Confronta anche: P. Mattei, Padre Raganella, la speranza di Padre Libero. Storia del religioso giuseppino che trascorse quasi tutta la vita con la gente del quartiere romano di San Lorenzo, dove era nato, in: «30 Giorni», mensile, numero 8, 2009. Redazione, L’omaggio del quartiere San Lorenzo a Padre Libero Raganella, in: Romasette.it, 10 settembre 2010.

16 Si trattò di ricompense a coloro che avevano protetto soldati inglesi rimasti lontani dalle loro formazioni.

17 Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Dipartimento Pubblica Sicurezza, Personale fuori servizio, versamento 1973, b. 122.

18 Nella Piazza del Verano, ove oggi è posizionato il Commissariato di Polizia, esisteva nel 1943 la Casa dei Balilla.

19 Emma Castelnuovo (1913-2014), divenuta in seguito docente di matematica, ricordò in una intervista l’aiuto ricevuto da un commissario di Pubblica Sicurezza due giorni prima del 16 ottobre 1943 (razzia degli Ebrei Romani da parte di militari tedeschi). Questo dirigente, Dottor Puma, era il responsabile del Commissariato di Piazza Bologna. Avvisò, tramite il fratello, la famiglia ebrea dei Castelnuovo del pericolo imminente. Tale nucleo di perseguitati si salvò dall’arresto e riparò in casa di amici per un mese. Confronta al riguardo Conversazione con Emma Castelnuovo, in: «Lettera Matematica Pristem», trimestrale, numero 52, 2004, pagine 5-7.

20 Nel periodo 1969-1970 Padre Raganella cominciò la prima stesura delle sue memorie. Si tratta di dieci taccuini a quadretti, rilegati a spirale, con copertine in cartoncino. Vi si trovano i ricordi dell’infanzia (primo taccuino e qualche pagina del secondo), e il «Diario» relativo al 1943-1944 (dal II taccuino alle prime pagine del IX), già contrassegnato dal titolo: Un anno nella vita (19/7/1943-4/6/1944). Infine, senza soluzione di continuità, un’ultima parte di riflessioni circa eventi, sia pubblici che privati.

21 Questo brano si trova pubblicato in: L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno. Ricordi dell’infanzia e «diario» di Roma in guerra, con introduzione e a cura di L. Piccioni, Bulzoni, Roma 2003, pagina 138.

22 Generale Reiner Stahel (1892-1955).

23 Conte Giorgio Carlo Calvi di Bergolo (1887-1977).

24 Vittorio Emanuele III (1869-1947).

25 Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio (1871-1956).

26 Tenente colonnello delle SS Herbert Kappler (1907-1978).

27 Generale Riccardo Umberto Maraffa  (1890-1943).

28 Capitano Erich Priebke (1913-2013).

29 Prefetto Dottor Carmine Senise (1883-1958). Nel 1943 cessò dall’incarico di capo della Polizia. Lo sostituì il Dottor Renzo Chierici.

30 Prefetto Dottor Salvatore Rosa. Ispettore generale. Nel 1943 cessò dall’incarico di vice capo della Polizia. Lo sostituì il Dottor Francesco Sepe.

31 Non è chiaro a quale comitato si faccia riferimento. Sul piano storico, il 9 settembre 1943 si formò a Roma il Comitato Centrale di Liberazione Nazionale (prima riunione il 16 ottobre 1943). Furono attivi anche i nuclei di «Bandiera Rossa», e i Gruppi di Azione Patriottica (GAP). I GAP avevano suddiviso la città in zone. La V zona includeva: Macao, Monte Sacro, San Lorenzo, Tiburtino. Per estensione, vennero denominate GAP anche le meno numerose unità partigiane cittadine socialiste e azioniste (Nota del Redattore).

32 Frase evidenziata in grassetto dall’Autore del saggio per la sua significatività.

33 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagine 138-139.

34 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 131 e seguenti.

35 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 126 e seguenti.

36 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 143 e seguenti.

37 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 149 e seguenti.

38 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 153 e seguenti, pagina 156 e seguenti, pagina 225.

39 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 158 (famiglia ebrea residente a Via dei Volsci), pagina 159 (famiglia ebrea residente in Via degli Ausoni e poi in Via Sant’Erasmo), pagina 159 (fratelli Perugia, Dottor Muller, altri Ebrei tra i quali due commercianti di stoffe), pagina 160 (Ebrei nascosti nel collegio dei Giuseppini ad Albano, presso le suore di Via Vicenza, e nel monastero di Santa Susanna).

40 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 161.

41 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 168 e seguenti.

42 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagine 202-210.

43 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagine 179-199.

44 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagine 196-197 e seguenti.

45 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 226.

46 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagine 234-235.

47 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagine 250-251 e 254.

48 Espressione evidenziata in grassetto per la sua significatività (Nota del Redattore).

49 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 162.

50 Feldmaresciallo Albert Konrad Kesserling (1885-1960).

51 L’editto di Kesserling è stato riprodotto anche nel libro: C. Capponi, Con cuore di donna. Il Ventennio, la Resistenza a Roma, Via Rasella: i ricordi di una protagonista, Il Saggiatore, Milano 2009.

52 L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno..., pagina 163. Gino Bardi e Guglielmo Pollastrini furono per un breve periodo capi di una milizia irregolare con sede a Palazzo Braschi. Furono in seguito condannati per i reati commessi.

53 Generale Azolino Hazon (1883-1943).

54 Colonnello Ulderico Barengo (1896-1943).

55 Eugenio Pacelli (1876-1958; Venerabile). Eletto Papa nel 1939. Il suo Pontificato durò fino alla morte.

56 G. L. Naso, Memorie di guerra. I bombardamenti del ’43 a Porta Maggiore, Portonaccio e delle officine di Prenestina, ATAC, Roma 2013, pagina 82.

57 Nato a Floridia (Siracusa) il 19 maggio 1892. La ricerca storica sul Maresciallo Carpinteri si deve all’ispettore capo Vincenzo Marangione.

58 Nato a Vizzini (Catania) il 19 maggio 1898.

59 Nato a Tivoli (Roma) il 20 febbraio 1893. Colto di sorpresa dall’incursione nemica, la guardia scelta Sbraga cercò rifugio all’interno della Caserma di Polizia «Smiraglia», ma venne ucciso da una bomba caduta a poca distanza da lui. Secondo i documenti ufficiali dell’epoca il suo corpo venne letteralmente polverizzato dall’esplosione. Notizie fornite dal nipote e omonimo.

60 Riferimento evidenziato in grassetto per la sua significatività.

61 I miei post di Riccardo Massaro, la storia in pillole/history in pills. 19 luglio 1943, San Lorenzo Roma. https://www.facebook.com/1422448788022355/posts/1103-19-luglio-1943-san-lorenzo-romafino-a-10-anni-fa-in-zona-casal-bertone-a-ro/2084760971791130/.

62 Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’ARAR si occupò di vendere i beni e i materiali bellici confiscati al nemico o abbandonati dall’esercito alleato.

63 Einaudi Editore, Torino 2001, pagina 25.

64 Signor Gaetano Bordoni (1932-2013).

(agosto 2023)

Tag: Pier Luigi Guiducci, Francesco Saverio Cacace, Roma nazista, 10 settembre 1943, 4 giugno 1944, fronte di Cassino, Maresciallo Lucignano, quartiere San Lorenzo, Giuseppini del Murialdo, Padre Libero Raganella, bombardamento su San Lorenzo, 19 luglio 1943, resistenza silenziosa.