La Chiesa Cattolica, i profughi e i criminali di guerra nazisti
Un libro da leggere: Pier Luigi Guiducci, Oltre la leggenda nera. Il Vaticano e la fuga dei criminali nazisti, Mursia, Milano 2015

Nel 1945, al termine della Seconda Guerra Mondiale, e in anni successivi, l’Europa fu segnata da un movimento di profughi che scapparono da territori che erano stati luoghi di bombardamenti, di battaglie sanguinose, di eccidi di massa, di rappresaglie su vasta scala, di nuove occupazioni… Diversi testi storici, per motivi vari, hanno preferito focalizzare l’attenzione sulle strategie belliche e, successivamente, sulle battaglie finali, sugli atti di resa incondizionata, e – in ultimo – sul nuovo disegno geopolitico. Tutto ciò, se può essere spiegato sulla base dei radicali cambiamenti che si verificarono in Europa (e non solo), incominciando dalla contrapposizione Est-Ovest (e dalla successiva «cortina di ferro»), merita – però – di essere integrato con una serie impressionante di dati che riguardano il movimento dei profughi.

Milioni di persone dovettero, infatti, abbandonare in condizioni tragiche luoghi a loro cari. Erano cittadini che provenivano dalla Cecoslovacchia, dall’Ungheria, dai Paesi Bassi, dalla Romania, dalla Polonia ed ex territori del III Reich, dall’Unione Sovietica e territori annessi, dalla Jugoslavia, dalla Francia.

In tale contesto, la Chiesa Cattolica e le grandi organizzazioni umanitarie (ad esempio l’UNRRA e l’IRO) furono gli unici enti in grado di accogliere e di assistere i tanti disperati che cercarono aiuti ovunque. Si delineò, in particolare, una duplice situazione sulla quale permane a tutt’oggi una non chiarezza in più testi storici:

1) da una parte emerse in modo esplosivo la lunga fila di soggetti (molti dei quali divenuti apolidi) che decisero di dirigersi verso territori considerati sicuri (l’Italia in particolare, per i suoi porti ove erano attraccate navi in partenza per Paesi d’oltreoceano); questi disperati bussarono alle porte dei conventi, delle parrocchie, degli istituti religiosi e chiesero la carità di acqua, pane, la possibilità di dormire per terra, dei servizi igienici, medicine…;

2) il gruppo dei criminali di guerra: questi individui possedevano soldi, oggetti preziosi, sapevano muoversi perché potevano contare su conoscenze e alleanze (sorte già prima della guerra e negli anni del conflitto). Si spiega così perché, dalle ricerche effettuate, sia stato possibile ricostruire i loro spostamenti attraverso alberghi, pensioni, case private, masi.

Il quadro storico qui delineato è stato studiato per dieci anni dal professor Pier Luigi Guiducci, docente di Storia della Chiesa presso il Centro Diocesano di Teologia per Laici (Istituto «Ecclesia Mater», Pontificia Università Lateranense), e presso altri Atenei romani. Il suo interesse per l’argomento in oggetto ebbe una svolta decisiva sul piano del lavoro scientifico quando cominciarono a circolare pubblicazioni (a volte romanzi) ove i più alti esponenti della Chiesa Cattolica e altri ecclesiastici vennero messi sotto accusa per presunte operazioni di sostegno a criminali di guerra in fuga. L’Autore, che già in un precedente volume (Il Terzo Reich contro Pio XII. Papa Pacelli nei documenti nazisti) aveva dimostrato che non ci fu alcuna simpatia di Pio XII verso il nazionalsocialismo e che non si attuarono azioni a sostegno del regime in sé, si attivò per verificare – una ad una – tutte le fonti citate da vari scrittori, per consultare archivi di più Nazioni, per ascoltare testimoni del tempo ancora in vita, e per individuare nuovi centri documentari.

I risultati delle ricerche del professor Guiducci sono oggi pubblicati in un volume dal titolo: Oltre la leggenda nera. Il Vaticano e la fuga dei criminali nazisti (Mursia, 423 pagine, 2015, euro 22). In quest’opera l’Autore ha cercato di far comprendere quali erano i problemi dei profughi, le difficoltà che questi incontravano – ad esempio – davanti alle domande degli uffici dell’emigrazione:

1) qual era stata l’ultima residenza? (che cosa poteva rispondere l’apolide? e il cittadino di un luogo che non esisteva più perché eliminato dalle bombe?);

2) qual era la nuova residenza? Il profugo doveva indicare un luogo di un Paese a lui sconosciuto, doveva dimostrare di avere una richiesta di lavoro (inesistente), di avere soldi per un’autosufficienza economica (inesistente), di non avere parenti malati o segnati da impedimenti vari (problema difficile da risolvere per la presenza di anziani, di invalidi, di sofferenti mentali, di donne incinte…), doveva soprattutto presentare dei documenti di identità (che non aveva, o che aveva con durata limitata a brevi periodi)…

Esisteva, poi, una presenza pericolosa: quella degli speculatori e dei truffatori. Questa gente chiedeva molti soldi in cambio di documenti falsi, di testimonianze false, di alloggi precari, di cibo essenziale. Le autorità del tempo, formalmente, davano la caccia a questi sfruttatori ma con esiti fallimentari.

Nel caso dei criminali di guerra, e su questo punto il volume del professor Guiducci è molto chiaro, questi individui arrivavano in Italia già in possesso di documenti falsi. Avevano, dunque, una nuova identità. Avevano abbandonato i loro sottoposti. Si facevano talvolta accompagnare da moglie e figli piccoli (così da apparire una povera famiglia di profughi), si presentavano come falsi apolidi, come dei perseguitati dai «rossi», dai comunisti (e questo era un argomento «forte» quando si arrivò agli anni della «cortina di ferro»).

Nell’opera del professor Guiducci, poi, l’Autore accompagna il lettore (lo specialista, ma anche l’appassionato di storia) lungo una serie di dati che destano profonda impressione.

Con riferimento al movimento dei profughi esisteva una realtà ampiamente documentata in ambito amministrativo e politico: nessuno li voleva. Per l’Italia costituivano un alto costo (specie dopo il ritiro degli Organismi Internazionali di Assistenza). Erano visti come portatori di un enorme numero di problemi assistenziali. Erano guardati talvolta anche con preoccupazione perché, specie nei campi di accoglienza, scoppiavano rivalità tra profughi di Paesi diversi o di territori comunque diversi (Croati contro Serbi e viceversa).

Inoltre, gli organismi italiani, oltre ai profughi, dovevano farsi carico dei reduci, degli sfollati, dei malati non trasportabili e di quelli terminali, degli invalidi gravi e gravissimi, delle migliaia di orfani, di coloro che erano portatori di malattie contagiose…

Al contrario, con riferimenti ai criminali di guerra, tutte le più recenti ricerche realizzate in archivi di molteplici Paesi, hanno dimostrato l’esistenza di una rete di protezioni. Ampi sostegni arrivarono dalla Spagna di Franco, dall’Austria (patria di Hitler, di altri gerarchi, di responsabili della Shoah, di medici che operarono nella soppressione di handicappati, di futuri Presidenti del dopoguerra), dal Sud Tirolo (a forte presenza filo-germanica), dagli Stati Uniti (che accolsero nazisti per utilizzare le loro conoscenze tecniche e per le operazioni di intelligence nell’area sovietica), da Paesi dell’America Meridionale, dalla nuova Germania Ovest, dall’INTERPOL. Addirittura dagli archivi sono usciti documenti che attestano il proscioglimento di criminali di guerra giapponesi da ogni accusa in cambio di informazioni sulle armi batteriologiche.

Oltre a quanto esposto, il volume del professor Guiducci acquista particolare rilevanza con riferimento a tutti quei dati che smantellano le tante affermazioni «ad effetto», gli scoop «dell’ultimo momento», le «rivelazioni incredibili». L’Autore elenca tutta una serie di aspetti nodali. Dimostra ad esempio: il non coinvolgimento del Cardinale Siri di Genova nel processo della rat-line, il fatto che il prete croato Don Petranovic non era in buoni rapporti con l’Arcivescovo Genovese, che il prete croato Don Draganovic non operava nell’ombra visto che poteva utilizzare pure una jeep messa a sua disposizione dal Generale Clark, che il sacerdote Domöter operò in ambito assistenziale senza conoscere le vere storie dei suoi interlocutori, che l’ufficiale nazista Klaus Barbie (capo della Gestapo di Lione) non ebbe necessità di appoggi da ecclesiastici perché arrivò a Genova con una nuova identità, con documenti falsi forniti dagli Statunitensi con i quali collaborava da mesi.

Anche sul Vescovo Austriaco Hudal vengono forniti nuovi dati scoperti nel suo archivio romano di Via dell’Anima: polemizzò con Alfred Rosenberg, massimo esponente dell’ideologia nazista, contestò le condizioni in cui vivevano gli internati del tempo (inclusi bambini ebrei), protesse Ebrei all’interno del collegio ove viveva e partecipò alla stesura della lettera (poi consegnata al comandante nazista di Roma) per fermare il rastrellamento del 16 ottobre 1943 nell’Urbe.

Nel volume Oltre la leggenda nera si trovano pure riferimenti a quegli alti prelati francesi e argentini che si mossero guardando con viva preoccupazione alle vicende francesi. Con l’arrivo degli Alleati si scatenò, infatti, nel Paese transalpino una violentissima serie di esecuzioni sommarie che produsse migliaia di morti. Lo stesso Generale De Gaulle condannò tali esecuzioni illegali nelle sue memorie.

Non mancano, inoltre, nel volume delle puntualizzazioni sui documenti rilasciati in bianco dall’Argentina. Studiando, infatti, gli archivi degli Organismi di Assistenza è emerso un dato molto chiaro: gli operatori umanitari del tempo erano nell’impossibilità di effettuare delle programmazioni in tema di imbarchi per l’America Meridionale perché il flusso dei profughi era improvviso, incostante, con dei totali di persone in partenza molto diversi da periodo a periodo. Se si seguivano le vie ordinarie, con iter amministrativi applicati a singoli richiedenti, le lettere di risposta provenienti d’oltreoceano arrivavano dopo molti mesi (e questo costituiva un problema nel problema).

Il professor Guiducci, infine, fa comprendere un dato sul quale molti autori hanno glissato: non si può parlare di criminali in fuga «nascosti» da religiosi perché questi individui giravano liberamente per le strade di città, di paesi e di aree portuali. Nessuno era celato dentro quattro mura. Tutti potevano, con i documenti falsi, interagire con le popolazioni locali (specie quelle tedesche e filo-germaniche).

In definitiva, l’opera del professor Guiducci riconduce l’attenzione di specialisti e di appassionati di storia a delle evidenze precise:

1) occorre fare attenzione ai falsi documenti. Ad esempio, un rapporto che faceva riferimento a una riunione segretissima svoltasi a Parigi il 10 agosto del 1944, e sul quale si basano molti testi di «Odessa», si è rivelato un falso;

2) esiste una differenza tra opinione personale e dato storico. L’opinione personale può colpire ed emozionare, ma non è un dato storico. Quest’ultimo è tale se è accompagnato da un preciso riscontro (con riproduzione in allegato del documento o con citazione della fonte);

3) è importante evitare le polemiche. Queste conducono alle contrapposizioni, ai «bracci di ferro», a frasi talora violente, aggressive. Occorre lasciar perdere le tensioni e proseguire nello studio congiunto dei documenti;

4) l’opera umanitaria della Santa Sede, dei comitati di assistenza, e quella delle Chiese locali rivela un intervento articolato e preciso. Soprattutto, dallo studio dei documenti pubblicati o comunque consultabili, emerge l’enorme divario esistente tra una domanda di assistenza che proveniva da milioni di persone e le effettive risorse di cui disponeva la Chiesa Cattolica. Malgrado ciò, in un momento nel quale in molte amministrazioni non si sapeva che fare dei profughi e degli internati (mandarli indietro? tenerli in Italia? consentire l’imbarco?), la voce di Pio XII e quella dei Vescovi non si rivelò debole. Ai poteri del tempo si chiesero scelte chiare: processi per i criminali, rimpatrio dei prigionieri, assistenza ai civili cercando di assecondare i loro desideri. Ciò comportò un alto investimento economico ma permise di stringere sempre di più il cerchio delle esecuzioni sommarie, delle vendette, dei nuovi eccidi.

(luglio 2015)

Tag: Carlo Mafera, Italia, Seconda Guerra Mondiale, Chiesa Cattolica, profughi, criminali di guerra nazisti, Pier Luigi Guiducci, Vaticano, Pio XII, Papa Pacelli, Terzo Reich, Shoa, Cardinale Siri di Genova, Don Petranovic, Don Draganovic, Domöter, Klaus Barbie, Vescovo Austriaco Hudal, Alfred Rosenberg, Roma, opere umanitarie della Santa Sede.