Friedrick Engels e l’analisi militare
Dal materialismo storico al materialismo dialettico

Frederick Engels nella sua attività giornalistica, divulgativa e politica fu anche il primo analista e storico militare. Nato nel 1820 a Bermen, una provincia della Renania, suo padre era il titolare di un’azienda che produceva prodotti tessili, la «Ermen and Engels». Nel 1842 si trasferì a Manchester a seguito del padre per aprire un altro stabilimento. Durante il viaggio fece una sosta a Colonia presso la redazione della «Rheinische Zeitung» dove conobbe Marx; da quell’incontro cominciò un sodalizio amichevole e intellettuale che si protrarrà per tutta la vita di Marx. A Manchester ebbe la possibilità di vedere con i propri occhi il processo storico, sociale ed economico della rivoluzione industriale e la conseguente dicotomia tra l’accrescimento dei beni di consumo e la precaria condizione della classe operaia. Il frutto di queste osservazioni empiriche sarà il saggio intitolato La condizione della classe operaia in Inghilterra, pubblicato nel 1844.

Negli anni successivi, Engels concentrò i suoi studi sulla storia e sulla costituzione degli eserciti nel corso della storia e sui conflitti bellici che andarono di pari passo con lo sviluppo del capitalismo e degli Stati moderni. Scrisse più di 200 saggi aventi per oggetto la materia militare, occupandosi di analisi storiche, tattiche e strategiche, che gli consentirono di porre le fondamenta per la costituzione di una disciplina scientifica «ex novo», ovvero l’«ars bellum» connessa allo sviluppo del materialismo storico.

Il metodo scientifico di Engels era quello di analizzare le varie teorie militari passate da Napoleone passando per Von Clausewitz e mettendole a confronto con lo sviluppo tecnologico e sociale. Fu determinante per questo interesse l’esperienza in prima persona di Engels del servizio militare nell’esercito prussiano nel biennio 1841-1842 e successivamente nel 1849 quando si arruolò volontario per sedare la rivolta del «land» del Baden contro il Governo Prussiano. Queste esperienze militari gli valsero l’appellativo di «Generale» tra i suoi sodali. Engels diede un preciso «collegamento» tra la militarizzazione e la politica economica nello sviluppo delle società. Grazie ai suoi studi sulla storia militare, divenne uno dei maggiori teorici militari del suo tempo. Ancora oggi le sue pubblicazioni di stampo pubblicistico di argomento militare sono ancora studiate nelle maggiori accademie militari in Corea del Nord e Venezuela. Lo stesso Marx ebbe contezza dell’impronta del militarismo sullo sviluppo del capitale e incoraggiò lo stesso Engels a scrivere un capitolo sulla storia militare nel primo libro del Capitale.

Ma la strategia e la tattica militare avevano anche un altro scopo: sia Engels che Marx erano dei militanti e attivisti politici, entrambi capirono che le guerre interstatali di allora fornivano delle lezioni per il futuro su come saper interpretare e cercare di teorizzare una lotta di classe.

Emblematici furono i testi come: Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, La Guerra Civile in America. In quest’ultimo articolo Engels fece un’analisi accurata sui primi otto mesi della Guerra Civile negli Stati Uniti, fase in cui i due eserciti erano in sostanziale situazione di stallo, dove nessuna delle due parti belligeranti aveva modo di prevalere sull’altra: «Il tipo di guerra che si sta svolgendo in America è davvero senza precedenti. Dal Missouri alla Baia di Chesapeake, un milione di uomini, piuttosto equamente distribuiti fra due parti ostili, si fronteggia ormai da circa sei mesi senza mai essere giunto a una sola azione generale».

Nel 1855, Engels scrisse un saggio intitolato The Armies of Europe (traduzione: Gli eserciti d’Europa), nel quale venivano analizzati gli sviluppi tattici degli eserciti in Europa. Tramite il suo consueto metodo empirico, fece un’analisi comparativa, mettendo in relazione il progresso industriale bellico con quello civile. Una domanda che si pose era se la tecnologia militare trovasse beneficio da quella civile o viceversa. Engels concepì l’idea che la produzione industriale di massa standardizzata era stata essenziale per standardizzare la produzione industriale bellica. Proprio in questo caso si può ritenere che l’«ars bellica» entri a pieno titolo all’interno della concezione materialistica della storia. «Armamento, composizione, tattica e strategia dipendono, sempre, anzitutto, dal livello raggiunto dalla produzione e dalle comunicazioni. Gli eserciti hanno agito rivoluzionariamente l’insieme di un migliaio e il cambio del materialismo umano al soldato, anziché le “libere creazioni dell’intelletto” di condottieri geniali; nel migliore dei casi l’azione dei condottieri geniali si limita ad adeguare il modo di combattere alle nuove armi e ai nuovi combattimenti». Anche Marx, come lo stesso Engels, riteneva che lo sviluppo dell’esercito andasse di pari passo con quello delle forze produttive, come dimostra una sua missiva inviata a Engels il 25 settembre del 1857 dove gli porgeva i complimenti per la descrizione della voce Army appena inviata da Marx al «New York Tribune».

Non da meno era lo sviluppo della marina militare che era legata indissolubilmente allo sviluppo della cantieristica navale civile, dove l’Inghilterra, nella seconda metà dell’Ottocento, era la leader incontrastata: «Il Paese in cui la grande industria è maggiormente sviluppata ha quasi il monopolio della costruzione di tali navi. Tutte le corazzate turche, quasi tutte e la maggior parte delle tedesche sono costruite in Inghilterra; piastre di carene per ogni uso sono fabbricate qui solo a Sheffield. Delle tre aziende metallurgiche d’Europa che sono solo in grado di formare i cannoni più pesanti due sono in Inghilterra (Woolwich e Elswick) e la terza (Krupp) in Germania... La forza politica sul mare, basata sulle moderne navi militari, si presenta proprio mediante la potenza economica, l’alto sviluppo raggiunto dalla metallurgia...».

Nel 1858-1859 a Manchester si occupò della situazione italiana, in particolare della Seconda Guerra d’Indipendenza, tramite la redazione di una serie di articoli e saggi di carattere militare. Il più importante, tra questi, fu l’opuscolo intitolato Po e Reno, le cui osservazioni sul conflitto in corso venivano analizzate tramite lo studio della storia militare, geografica e morfologia del territorio italiano. Engels analizzò la campagna in Italia di Napoleone nel 1796-1797 e la Prima Guerra d’Indipendenza. Secondo il «Generale», il Po, come elemento orografico, rappresentava la chiave di volta a livello tattico-strategico per avere il controllo del territorio e determinare il conflitto: per l’Austria che attaccava da Nord, il fiume serviva a difendere l’ala destra dell’esercito. Per l’esercito piemontese e francese, proveniente da Est, il corso del Po, insieme ai suoi affluenti, costituiva una difesa naturale: «In Piemonte, un miglio sotto Casale, il Po piega il suo corso, fin qui volto a Est, scorre per tre miglia buone in direzione Sud-Sud-Est, poi volta di nuovo verso Est. Nella curva settentrionale confluisce da Nord verso la Slesia, in quella meridionale, da Sud-Ovest, verso la Bormida. Con questa si uniscono immediatamente prima della confluenza, proprio vicino ad Alessandria, il Tanaro, l’Orba e il Belbo, formando un insieme di linee fluviali confluenti a raggiera verso un punto centrale, il cui punto di incrocio è protetto dal campo trincerato di Alessandria». Secondo Engels, le due formazioni belligeranti, da una parte le armate franco-piemontesi, dall’altra quella austriaca, avevano diverse possibilità per venire allo scontro diretto sul territorio italiano se gli Austriaci avessero utilizzato il valico dello Stelvio per far convergere il grosso delle loro armate e da lì sarebbero discesi in Val Trebbia e Valtellina, e in quel caso avrebbero potuto sorprendere l’esercito franco-piemontese: «Dal Mare Adriatico fino al passo dello Stelvio, calcolato verso Occidente, ogni varco seguente conduce sempre più in giù al cuore del bacino del Po, ad aggirare perciò ogni posizione di un’armata italiana o francese, che si troverà più in avanti verso Oriente». Un altro terreno ipotetico di scontro sarebbe potuto essere stata la valle del fiume Isonzo, in modo particolare Engels individuò i paesi di Caporetto e Cividale del Friuli come possibili luoghi di battaglia: «La linea di confine dell’Isonzo viene subito aggirata dal primo varco di Caporetto e Cividale». L’Austria aveva un’ulteriore possibilità di attacco ed era la linea del Piave, nel caso gli Austriaci avessero deciso di superare il valico del Brennero e da lì, spingendosi verso Sud, si fossero diretti verso la gola del Brenta dove avrebbero trovato un ausilio nelle gole dell’altopiano del Grappa: «Il valico del Brennero aggira la linea del Piave per mezzo del varco del Pentelst da Brunneche a Cortina d’Ampezzo e Belluno, la linea del Brenta per mezzo della Val Sugana su Bassano...».

A conclusione del saggio, Engels dava la sua opinione politica sulla guerra che si andava combattendo. Egli riteneva che da parte del Regno di Sardegna perseguire il concetto del principio di nazionalità era una guerra più che legittima.

Karl Marx sempre più impegnato negli studi per gli scritti preparatori del primo libro del Capitale, chiese a Engels di compilare la redazione dei termini militari per il progetto dell’enciclopedia americana, che da qualche anno gli era stata affidata. Engels si occupò della redazione di tre termini militari tra il 15 settembre del 1857 e la prima metà di febbraio del 1858: «ARMY» («esercito») «BASTION» («bastione»), «BATTERY» («batteria»), «BERM» («berma»), «HEAD OF BRIDGE» («testa di ponte»).

In poco tempo, Engels osservò che la tecnologia militare si era sviluppata a tal punto che l’apparato militare era diventato un elemento imprescindibile per la sopravvivenza di uno Stato moderno, trasformando lo Stato stesso e i cittadini in una struttura militare vera e propria, dove il cittadino/suddito diventava a tutti gli effetti un militare: «L’esercito è diventato fine precipuo dello Stato e fine a se stesso; i popoli esistono solo per offrire e nutrire i soldati. Il militarismo domina l’Europa. La concorrenza dei singoli a impegnare ogni anno più denaro per esercito da un lato e consumi dall’altro, col servizio militare obbligatorio per tutti, favorisce tutto il popolo all’uso delle armi, rendendolo atto a devolvere a un certo momento la sua volontà alla casta militare che lo comanda».

Le tre categorie militarismo-capitalismo-stato, avrebbero portato a un possibile conflitto tra i Paesi più industrializzati per il controllo dei mercati economici: «La vittoria della violenza poggia sulla produzione di armi, e questa propria a sua volta sulla produzione in generale, quindi sulla “potenza economica”, sull’ordine economico, sul potere di disporre dei mezzi materiali». Le conseguenze di un conflitto bellico che sarebbe stato disastroso con la conseguente perdita di vite umane e di mezzi materiali, avrebbe condotto all’instaurazione di una società socialista: «Da otto a dieci milioni di soldati si danno la caccia l’un l’altro e, nel frattempo, spogliano l’Europa come uno sciame di locuste non ha mai fatto prima. Le depredazioni della Guerra dei Trent’anni condensate in tre o quattro anni ed estese all’intero continente; carestie, malattie, caduta universale nella barbarie, sia degli eserciti, sia del popolo, sulla scia di un’acuta miseria; irrecuperabile sconvolgimento del nostro sistema artificiale di commercio, industria e credito, destinato a sfociare in un fallimento universale; crollo dei vecchi Stati e della loro saggezza politica e commerciale al punto che le corone finiranno nelle fogne...».

(aprile 2021)

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