Sonnino, 18 luglio 1819
La progettata distruzione di un paese pontificio per motivi di ordine pubblico e l’intervento di San Gaspare Del Bufalo

Il Pontificato di Pio VII, al secolo Luigi Barnaba Chiaramonti (Cesena 1742-Roma 1823), ebbe una forte rilevanza di natura religiosa e politica, nell’ambito delle straordinarie vicende che videro il Santo Padre prigioniero di Napoleone fino al punto di essere spettatore dell’incoronazione effettuata «manu propria» dall’Imperatore, e protagonista di un lungo braccio di ferro con Parigi culminato nel rifiuto dei Vescovi Francesi di nomina governativa, e nella vicenda del primo matrimonio di Bonaparte con Giuseppina Beauharnais, annullato per consentirgli di convolare a nuove nozze con Maria Luisa d’Asburgo. Il Papa, che era un benedettino di comprovata osservanza alla Regola, rivolse attenzioni prioritarie alle questioni di fede, avendo promosso un atteggiamento prevalentemente moderato anche nella gestione degli affari pubblici; avendo preso le distanze, in specie dopo il Congresso di Vienna e la restaurazione dello Stato Pontificio, dagli esponenti della vecchia guardia, con particolare riguardo ai Cardinali Bartolomeo Pacca e Agostino Rivarola; e avendo affidato buona parte delle funzioni istituzionali al Segretario, Cardinale Ercole Consalvi, che aveva avuto un ruolo importante nel conclave concluso con l’elezione dello stesso Pio VII (1800) e che si distinse per opzioni egualmente moderate, sebbene con talune eccezioni significative.

Tra quest’ultime si deve ricordare la lotta, talvolta senza esclusione di colpi, che il Segretario di Stato intraprese nei confronti del brigantaggio: un fenomeno endemico che condizionava negativamente buona parte del territorio pontificio, tanto da costituire una sorta di potere autonomo in concorrenza con quello del Papa e dei suoi Ministri. Si trattava di una delinquenza «tradizionale» con estorsioni, sequestri di persona, e caratteri notevolmente diversi da quelli che alcuni decenni più tardi avrebbero caratterizzato la lunga insorgenza del Mezzogiorno dopo l’Unità, motivata da pregiudiziali legittimiste in difesa del Trono e dell’Altare, e contestualmente, dal rifiuto degli aggravi fiscali, della coscrizione obbligatoria e della giustizia sommaria, sintetizzabile in misura icastica nelle 14.000 vittime del primo decennio «sabaudo» dopo la fine del Regno Borbonico di Francesco II e dell’indomabile Regina Maria Sofia.

Duecento anni or sono, l’azione contro i briganti disposta dal Consalvi ebbe un momento di straordinaria visibilità nel provvedimento con cui si prevedeva la distruzione integrale di Sonnino, un paese del basso Lazio che era diventato un covo di malfattori distintosi tristemente per avere coinvolto una quota molto ampia dei suoi abitanti e per avere dato i natali a uno dei fuorilegge più conosciuti, il famoso Antonio Gasbarrone (1793-1882). L’iniziativa, che avrebbe dovuto essere seguita dal trasferimento forzoso delle famiglie in altri Comuni dello Stato Pontificio, venne effettivamente realizzata con la distruzione di 39 case, parecchie delle quali erano semplici casupole; poi prevalsero più miti consigli, in specie per l’intervento decisivo di Don Gaspare Del Bufalo (1786-1837) che aveva già fondato la grande Congregazione missionaria del Preziosissimo Sangue, e che sarebbe stato beatificato da Pio X agli inizi del Novecento, mentre Pio XII lo avrebbe proclamato Santo nel concistoro del 1954, anche per il nobile atteggiamento assunto nei confronti di Napoleone col celebre rifiuto di sottomissione (non posso, non debbo, non voglio) che gli valse l’arresto e alcuni anni di carcere duro fino al trionfale rientro a Roma dopo la caduta dell’Imperatore.

A ben vedere, il successo della moderazione costituì un evento ragionevole: infatti, la distruzione degli edifici non avrebbe potuto costituire un deterrente risolutivo a fronte di un fenomeno largamente diffuso che aveva tratto origine dalla miseria, dall’ignoranza e dalla protesta contro le vessazioni baronali. Al contrario, radere al suolo l’intero abitato sarebbe stato incomprensibile anche nella cultura dell’epoca.

Oggi, il Comune di Sonnino fa parte della provincia di Latina con una tranquilla popolazione di circa 7.000 unità, ma lo scorrere del tempo non ha annullato la memoria storica dell’editto promulgato dal Cardinale Consalvi che del resto, se non altro per la sua natura straordinaria, era già stato oggetto di ricordi significativi, come quelli di Giacomo Leopardi nello Zibaldone e di Giuseppe Gioacchino Belli nei Sonetti romaneschi. Non a caso, la storia del brigantaggio nei distretti meridionali dello Stato Pontificio è stata riproposta anche in tempi recenti: fra l’altro, nel corso di un’importante mostra documentaria tenutasi nel 2013 presso l’Archivio di Stato di Frosinone, quando venne ricordato – con espressione decisamente icastica – che contadini e pastori dell’epoca di Pio VII si distinguevano dai propri armenti «soltanto per la loquela».

È inutile aggiungere che le vicende di due secoli or sono sono rimaste vive nella memoria storica di Sonnino con particolare riguardo all’azione risolutiva di Don Gaspare, che non si sarebbe limitato a scongiurare un intervento punitivo di carattere poliziesco a danno di tutto il paese, ma avrebbe utilizzato il suo carisma per riportare sulla retta via qualche famiglia di briganti. Attestati significativi di questa memoria sono presenti nella toponomastica comunale con una strada dedicata al Santo, e nella medesima intitolazione di alcuni Gruppi giovanili.

Alla mancata distruzione di Sonnino che era stata disposta nel luglio 1819 concorsero, oltre all’opera del futuro San Gaspare, comprensibili ostacoli di natura tecnica perché non si disponeva di mezzi adeguati, mentre nel nuovo millennio è stato facile ipotizzare l’utilizzo su vasta scala delle cosiddette ruspe, da praticarsi nelle varie fattispecie in cui si ravvisi l’opportunità politica, e soprattutto propagandistica, di interventi altrettanto risolutivi. In questa ottica, non è azzardato affermare che la Storia non è maestra di vita perché gli errori del passato continuano a ripetersi nonostante il loro presunto insegnamento senza che si provveda a rimuovere le cause da cui vennero determinati, e a promuoverne una conoscenza realmente oggettiva.

In tale ottica, a 200 anni dai fatti di Sonnino è utile riflettere in maniera non effimera sul provvedimento, certamente illiberale ma comprensibile in un’ottica di ordine pubblico conforme alla sensibilità e alla prassi vigenti al tempo della Restaurazione, cui il Segretario di Stato si era adeguato nell’intento di debellare una piaga sociale destinata a durare lungamente in tutto il Mezzogiorno d’Italia, come gli eventi successivi avrebbero dimostrato.

Qualche anno prima dell’elevazione al Soglio Pontificio, il futuro Papa Pio VII aveva esortato i fedeli a essere buoni Cristiani, cosa che avrebbe consentito di essere contemporaneamente «buoni democratici» (1797). Tale affermazione non venne salutata da diffusi consensi, in un contesto tuttora improntato, da un lato a velleità rivoluzionarie, e dall’altro a suggestioni fortemente conservatrici; nondimeno aveva espresso un auspicio destinato a promuovere effetti importanti sia pure a lungo termine, mentre le maniere forti, come quelle ipotizzate nel caso di Sonnino, avrebbero assunto caratteri sostanzialmente improponibili nel confronto con la realtà effettuale.

(febbraio 2019)

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