La fine della breve stagione dei diritti. I provvedimenti antiebraici rumeni del 1938 attraverso gli articoli di Virgilio Lilli
L’antisemitismo in uno dei momenti più drammatici della storia europea

Negli anni Trenta, l’antisemitismo era molto radicato nella vita politica della Romania; sia la Legione dell’Arcangelo Michele di Corneliu Codreanu, da cui nacque nel 1930 la Guardia di Ferro, sia il Partito nazionale cristiano di Goga e Cuza, entrambi movimenti d’estrema Destra, consideravano l’antiebraismo il cardine della loro azione politica, e allo stesso tempo, benché d’ispirazione cristiana, subivano l’influenza del fascismo e del nazismo[1].

La stagione dei diritti degli Ebrei Rumeni fu molto breve, infatti, dopo la concessione dell’uguaglianza politica e civile nel 1923, nel 1934 si ebbe una prima limitazione alla presenza ebraica nelle imprese, ma fu nel 1938, con i provvedimenti emanati dal Governo Goga-Cuza, che gli Israeliti furono espulsi da ogni ambito culturale, economico e politico[2].

Per quanto concerne il rapporto fra l’Italia e la Romania, è importante considerare la politica estera del regime fascista; Mussolini aveva cercato di assumere un ruolo di primo piano nella costruzione di un nuovo ordine europeo, sostenendo tutti i movimenti di natura nazionalista e fascista nell’area balcanica e nell’Europa Centro-Orientale. L’espansione dei regimi fascisti e autoritari in Europa, soprattutto negli anni Trenta, rappresentò dunque un successo per il fascismo italiano.

Il «Corriere della Sera» informò sulla nuova Legislazione rumena con un breve articolo[3], pubblicato nello spazio delle Recentissime Telegrafiche. Il servizio non era firmato, in ogni modo si può supporre che l’autore fosse Virgilio Lilli[4], corrispondente da Bucarest per il quotidiano.

A parere di Lilli, malgrado «i poco decorosi interventi di alcune Potenze straniere», «l’energica azione» del Governo Goga continuava, concentrandosi sulla revisione dei certificati di naturalizzazione «concessi all’elemento semita». L’articolo proseguiva informando che i diritti politici degli Israeliti erano sospesi per la durata della revisione, in modo da evitare che gli Ebrei usassero «l’arma del voto nelle elezioni generali». In conclusione, si ricordava che il Comitato per l’organizzazione dei Sindacati sollecitava il tempestivo intervento del Governo per porre fine «allo sconcio che la Confederazione generale del lavoro e delle esistenti 260 federazioni operaie sia per l’ottanta per cento in mano di Ebrei socialisti e comunisti».

Il giornalista si soffermò più a lungo sull’antisemitismo rumeno in un articolo successivo[5]. Durante il viaggio sul treno diretto a Bucarest, il corrispondente aveva conversato con un Rumeno, chiedendogli di spiegare il concetto di nazionalismo rumeno. Secondo l’interlocutore, il nazionalismo rumeno era antisemitismo, poiché «semitismo in Romania è un’idea negativa, mentre positiva è quella di antisemitismo […] e dal momento che il nazionalismo è un’idea positiva, da noi in Romania l’antisemitismo è nazionalismo». L’interlocutore proseguiva affermando che «il fascismo iniziò la sua azione come antibolscevismo […] ebbene, il nazionalismo romeno, questo particolare nazionalismo, che un giorno potrebbe avere un contesto parallelo a quello dei nazionalismi occidentali, nasce come antisemitismo». Non vi furono, da parte del corrispondente, commenti sfavorevoli, soltanto delle osservazioni prettamente formali sul concetto di positività e universalità dell’idea di nazionalismo.

Destano molto interesse le osservazioni del giornalista riguardo alla minoranza ebraica in Romania, che a suo giudizio possedeva il settanta per cento della forza produttiva del Paese. La Romania appariva «come una vera e propria colonia della razza d’Israele, e l’antisemitismo rumeno assume, in pieno regno rumeno, il paradossale aspetto d’un movimento irredentista». Lilli riprendeva, dunque, un tema tipico della polemica antiebraica, il controllo di ogni aspetto della vita economica e sociale da parte degli Ebrei. A prova di questa asserzione, riportava una lunga serie di dati statistici, elaborati dagli apparati governativi.

La concezione dell’antisemitismo rumeno come una forma di lotta di liberazione di un popolo oppresso da parte di una potenza straniera, personificata dagli Ebrei, non era un’idea originale del giornalista, la ritroviamo anche in una lettera di Corneliu Codreanu del 1924[6].

Degna di attenzione la parte conclusiva dell’articolo, in cui il giornalista argomentava che «ebrea è in Romania la così detta classe dirigente, la borghesia che traffica senza produrre, la finanza, il magazzino, l’impiego privato, le libere professioni, quello che a torto i liberali chiamano il cuore della Nazione. Ecco la situazione: nella Nazione romena il così detto cuore è ebreo. È un cuore vecchio, che ha profonde radici, amministra tutto il sangue del Paese, un cuore che respira aria di Francia, di Inghilterra, di Russia, senza essere francese, inglese, russo, un cuore senza patria e senza scrupoli. Il caso è estremamente patetico e complicato. Improvvisamente la Romania ha deciso di strapparsi quel così detto cuore dal petto. Le consorterie straniere gridano al suicidio, i partiti parlamentari romeni vorrebbero temporeggiare, i nazionalisti salutano una resurrezione […] con leale senso della realtà l’osservatore straniero può rilevare che tutta la Romania è antisemita. La Romania ai Rumeni è un imperativo romeno, nazionale. In questo senso ancora si può parlare di una Romania nazionalista, in questo senso il riacceso antisemitismo romeno d’oggi deve considerarsi come il primo decisivo passo verso lo Stato totalitario». Un primo decisivo passo che Virgilio Lilli sembrava auspicare vivamente, e con lui anche il regime fascista italiano.

Il Governo Goga-Cuza fu breve, dal dicembre del 1937 al febbraio del 1938, ciò nonostante Virgilio Lilli si occupò della figura dell’economista Alexandre Cuza[7]. Nella prima parte del suo intervento, il giornalista argomentava che la morte del Governo non avrebbe comportato la morte dell’antisemitismo, poiché sarebbe stato come dare per morta l’intera Romania.

In un paragrafo significativamente intitolato Sessant’anni di lotta, Lilli ripercorreva la vita accademica dell’economista, soffermandosi anche sul suo percorso politico, decisamente variegato ma sempre accompagnato dall’antisemitismo. L’opposizione dei Paesi Cristiani «alla razza ebraica» costituiva il neocristianesimo; in effetti, Cuza univa nelle sue teorie temi religiosi e razzisti.

Cuza iniziava l’intervista concessa all’inviato del «Corriere della Sera» tracciando un quadro generale dell’influenza semita sulla vita europea, in cui «le energie dissolvitrici dell’internazionalismo ebraico, dai Paesi Sovietici ai Paesi Massonici, sono una continua erosione dello spirito di conservazione della razza cristiana». Una situazione così pericolosa e minacciosa per l’Europa doveva, a parere di Cuza, essere affrontata dagli Stati Cristiani mediante l’espulsione di tutti gli Ebrei dai confini nazionali.

Nella parte finale dell’intervista, Cuza si soffermava sugli aspetti economici della lotta; gli Ebrei avevano distrutto la classe media della Romania, in questo modo un Paese era impossibilitato a sopravvivere. L’economista esclamava «che cosa volete che noi facciamo con una classe media ebraica? Una classe media straniera e per di più votata al solo traffico, di essenza negativa, incurante del Paese, priva, nei riguardi del Paese, di qualsiasi spirito di creazione?».

Il giornalista chiedeva all’interlocutore se un Governo troppo antisemita avrebbe potuto reggere non solo alle pressioni provenienti dalle altre Nazioni ma anche dagli Ebrei, «che durante il periodo Goga hanno paralizzato i traffici, hanno sospeso gli acquisti, hanno, in una parola, arrestato il movimento delle loro attività economiche, che sono per la maggior parte le attività economiche del Paese». Cuza ribatteva che il Governo aveva espulso gli Israeliti dall’impiego pubblico e privato, dalle professioni liberali, in pratica dall’economia del Paese così da liberarlo da simili pressioni.

In conclusione, alla domanda se caduto il Gabinetto Goga, la politica interna avrebbe subito delle variazioni, l’economista rispondeva affermando che per «gli Ebrei Rumeni è comunque finita. Qualsiasi Governo romeno sarà antisemita». Come previsto da Cuza, la Legislazione antisemita fu mantenuta fino al termine della Seconda Guerra Mondiale. In questo modo si chiudeva la breve stagione dei diritti degli Ebrei Rumeni.

Il senatore Luigi Luzzatti aveva scritto, in un articolo pubblicato sul «Corriere della Sera» nel marzo del 1913, che se la Romania avesse emancipato gli Israeliti, gli ultimi servi d’Europa, «essa avrebbe emancipato anche la propria anima da quei peccati inesorabili che hanno la sorgente nella persecuzione e nell’intolleranza»[8]; venticinque anni dopo, la Romania, l’Ungheria e l’Italia ratificavano una Legislazione antiebraica che trasformava gli Israeliti da cittadini in servi, dimostrando quanto fosse lontana l’emancipazione dell’anima europea da quei peccati inesorabili.

Lo stesso giornale che aveva pubblicato i contributi del senatore Luigi Luzzatti per l’emancipazione degli Ebrei Rumeni[9], pubblicava adesso corrispondenze apertamente antiebraiche, in ossequio alle direttive del Governo fascista. Il «Corriere della Sera» rimase lontano dai toni sguaiati di giornali come «Il Giornalissimo» di Telesio Interlandi, «Il travaso delle idee», il «Marc’Aurelio» e «Il Bertoldo», tuttavia proprio la sua autorevolezza fu d’aiuto al Regime per la diffusione dell’antisemitismo.


Note

1 Confronta Marie-Anne Matard-Bonucci, L’antisemitismo in Europa negli anni Trenta, in Marina Cattaruzza, Marcello Flores, Simon Levis Sullam, Enzo Traverso (a cura di), Storia della Shoah, Volume I, La crisi dell’Europa, lo sterminio degli Ebrei e la memoria del XX secolo, Torino, UTET, 2005, pagine 438-439.

2 Confronta Jerzy Borejsza, Schulen des Hasses, Faschistiche Systeme in Europa, Frankfurt am Main, Fischer Verlag, 1999.
Carol Iancu, Les juifs en Romanie (1919-1938): de l’émancipation à la marginalisation, Paris-Louvain, Peeters, 1996.
Giuseppe Vitale, La svastica e l’arcangelo. Nazionalismo e antisemitismo in Romania tra le due guerre, Rimini, Il Cerchio, 2000.

3 Anonimo, L’azione del Governo rumeno contro gli Ebrei, «Corriere della Sera», 23 gennaio 1938.

4 Confronta Voce dedicata in Dizionario dei letterati e dei giornalisti italiani contemporanei, Napoli, Rovito edizioni, 1922.

5 Virgilio Lilli, Il nazionalismo romeno come antisemitismo, «Corriere della Sera», 3 febbraio 1938.

6 Confronta Giuseppe Vitale, La svastica e l’arcangelo. Nazionalismo e antisemitismo in Romania tra le due guerre, Rimini, Il Cerchio, 2000, pagina 115.

7 Virgilio Lilli, Romania d’oggi. Il signor Cuza l’antisemita, «Corriere della Sera», 19 febbraio 1938.

8 Luigi Luzzatti, La nostra felina umana natura, «Corriere della Sera», 27 marzo 1913.

9 Confronta Luigi Luzzatti, Un appello alla democrazia europea per salvare la libertà religiosa, «Corriere della Sera», 3 marzo 1913.
Luigi Luzzatti, La nostra felina umana natura, «Corriere della Sera», 27 marzo 1913.
Luigi Luzzatti, Ancora degli Ebrei oppressi in Romania, «Corriere della Sera», 12 agosto 1913.
Luigi Luzzatti, Un appello alla Società delle Nazioni, «Corriere della Sera», 24 febbraio 1925.
Daniela Franceschi, Luigi Luzzatti per gli Ebrei della Romania, novembre-prima metà di dicembre 2003, pagine 181-182.

(giugno 2011)

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