I Templari, Empiriche Osservazioni
Realtà, prima ancora che leggenda?

Un po’ di tempo fa mi sono occupata di un personaggio risorgimentale sui generis, l’ingegnere Ermete Pierotti, su cui ho pubblicato un breve articolo.[1] Mi riallaccio al personaggio, trattato anche dal dottor Enrico Baccarini, per portare alcune riflessioni personalissime e del tutto «empiriche», ma certamente circostanziate, sull’Ordine Templare.

I Cavalieri Templari furono custodi dei segreti del Tempio di Re Salomone. In una relazione di Enrico Baccarini, tratta dagli studi del Fr. Fabrizio Bartoli, ricaviamo che l’Ordine dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme, conosciuto anche con il nome di Ordine Templare o dei Poveri Cavalieri di Cristo, affonda le proprie radici nel XII secolo. I due studiosi cominciano ad indagare nelle loro ricerche a partire dall’inizio della loro storia. «Un gruppo di nove Cavalieri si riunì intorno ad un nobile originario della Champagne, Ugo de Paganis, o di Payns, o di Payens. Insieme a questo giovane aristocratico, il manipolo partì per la Terra Santa. Tra il 1118 e il 1120, Re Baldovino di Gerusalemme lasciò a questi Antichi Fratelli il luogo che fino ad allora era stato adibito a sua reggia, la moschea di Al-aqsa, nel lato meridionale dell’Antico Tempio di Salomone (conosciuto come il “nobile recinto” o Haram esh-Sharif). Dopo il completamento della Cupola della Roccia (685 dopo Cristo) è cominciata la costruzione della moschea di Al-Aqsa, nel lato meridionale dell’antico Tempio di Salomone, al posto della moschea originale in legname del periodo di Omar. Originariamente commissionata da Abdul Malikibn Marwan, è stata completata da suo figlio Al-Walid I nel 705 dopo Cristo. Modificata più volte, la forma della struttura attuale è rimasta essenzialmente la stessa da quando è stata ricostruita dal Califfo Al-Dhahir nel 1033 dopo Cristo. Mentre la Cupola della Roccia è stata eretta per commemorare il viaggio nella notte del Profeta Muhammad, la costruzione conosciuta come moschea di Al-Aqsa si è sviluppata come un centro di culto e di accrescimento della conoscenza, attirando grandi insegnanti da ogni luogo.

Dal 1118 fino al Concilio di Troyes (1129) i nove Cavalieri rimasero nella moschea, stesso luogo del vecchio Tempio di Salomone, e non fecero entrare nessun altro. Perché Baldovino II, fratello di Goffredo di Buglione, dovette concedere un luogo tanto importante come la propria Reggia all’interno del Recinto del Tempio, ad un gruppo di nove Cavalieri che venivano da regioni lontane? Indaghiamo con attenzione su quei dieci anni in cui l’Ordine rimase, apparentemente, con pochi compiti, all’interno del recinto del Monte Moriah, il Monte del Tempio. I Cavalieri del Tempio dovevano scavare nei sotterranei del Tempio di Salomone ancora esistenti all’epoca, e forse ancora oggi percorribili, per portare alla luce importanti documenti antichi? La Bibbia ci racconta, insieme ad altre fonti ebraiche, come il Monte Moriah fosse utilizzato in periodi di guerra, o di pericolo, come bunker per tesori e documenti importanti. La Mishnah ebraica (opera contenuta nel Talmud, il corpo religioso sacro per la religione ebraica) ci dice che la “Tenda del Convegno” era custodita nelle cripte del Tempio, con tutte le tavole di legno, i sostegni, le traverse, le colonne, e gli anelli. Altre tradizioni ebraiche sostengono che l’Arca dell’Alleanza, l’altare dell’incenso, il bastone di Aronne, l’Urna con la Manna e le tavole della Legge (queste ultime contenute nell’Arca dell’Alleanza) sarebbero state nascoste, in uno dei periodi di guerra, in un vano segreto sotto una legnaia sul lato occidentale del Tempio, vicino al Santo dei Santi».

Ermete Pierotti riuscì a costruire delle mappe precise sui cunicoli del Tempio, che tutt’oggi vengono utilizzate dagli studiosi e che sono presenti al Pef[2] a Londra. Già nel 1848, quando sempre in Italia fu estromesso dall’Esercito Sabaudo in seguito ad accusa di malversazione, era intenzionato a pubblicare le sue carte, che vennero poi perfezionate e pubblicate successivamente, dopo il suo soggiorno in Palestina. Non solo Ermete era un personaggio singolare. Anche la sua famiglia, mazziniana e cattolico liberale ad un tempo. Un fratello, Francesco, fu medico condotto in Palagano, provincia di Modena. E nel 1828 acquistò qui un castello, tuttora in ottime condizioni e sede di museo. L’acquistò dai conti Sabbatini di Modena. Come poteva un semplice medico condotto avere a disposizione una somma di denaro tale da permettergli l’acquisto e la manutenzione dell’imponente castello?

Ci furono numerose diatribe su Ermete a Londra, quando, dopo il soggiorno in Palestina, pubblicò le carte, che venivano attribuite anche ad altri, soprattutto in relazione ad alcune foto presenti tra le stesse. Era tutta farina del suo sacco, quella di Ermete? Forse no, anche se indubitabile era la sua preparazione, anche sul piano scientifico. Le tradizioni familiari avevano niente a che fare con i suoi interessi? Certamente trattavasi di cattolici liberali «amici del popolo», visto che un congiunto di Ermete fu arrestato proprio fra «gli amici del popolo» di guerrazziana memoria a Firenze nel 1849 con accuse poi prosciolte, e mai veramente chiarite. Il cappellaio Cesare di cui si legge in rete, coinvolto nelle questioni quarantottesche in Firenze è lo stesso Cesare di cui parla il professor Bertini ricordando Guerrazzi nel bicentenario della sua nascita? Quanti sono i Cesare Pierotti rivoluzionari in Firenze in quel periodo? E, singolare, sia Ermete che il congiunto Cesare compaiono come azionisti della stessa Banca, quella popolare di Firenze (con Francesco Domenico Guerrazzi anche lui azionista? Non ho potuto chiarire del tutto la vicenda) in data 31 dicembre 1869, quando Firenze era sede del Governo d’Italia. Ancora non c’era stata la Breccia di Porta Pia e la dichiarazione dell’Infallibilità Pontificia. Ermete del resto, Banco popolare a parte, aveva al suo attivo un ottimo rapporto con Vittorio Emanuele II come testimoniano i documenti rinvenuti. Solo strane situazioni? No.

La famiglia dell’ingegnere, cattolico liberale, aveva avuto presumibilmente legami con ambienti cattolici vicini ai Chierici Regolari, cui aveva afferito lo storico di Castelnuovo di Garfagnana, Monsignor Domenico Pacchi, sepolto in Lucca, presso gli stessi.

Lo storico Pacchi si era richiamato a studi matildini e della dinastia dei Sigifredi, cui Matilde in qualche modo afferiva per le sue origini. Monsignor Pacchi, in relazione alla donazione di Matilde fu ben chiaro, attribuendo a ipotetici fanti cugini di Matilde il «possesso» di quei territori non reclamati, di fatto, dai Pontefici. Alcuni di questi territori appartennero a persone che avevano lo stesso cognome del nostro Ermete.

Un documento del 1634, redatto dal Padre Camaldolese di Ferrara Don Silvano Razzi, sulla vita di Matilde e delle donne che seppero dare lustro in santità al mondo cattolico, testo presente in Vienna, presso la Biblioteca Pubblica Statale, attribuì ad un ramo dei Sigifredi Lucchesi le origini della dinastia estense. Non posso confutare ma mi limito a rilevare che i principali feudatari estensi, i Prosperi di Ferrara, sono in realtà i Prosperi di Lucca e che i familiari di Ermete avevano rapporti di parentela con dei Prosperi Lucchesi. Un altro documento, a fine Seicento, legato ai Chierici Regolari e precisamente ai rapporti intercorsi tra questi e Leopoldo I di Asburgo, denota la considerazione in cui gli stessi Chierici vedevano il ruolo dell’Impero come difensore primario dei valori della Cristianità, soprattutto per il difficile momento vissuto dagli Asburgo in relazione alle minacce turche sullo stesso territorio austriaco, in quel periodo.[3] Peraltro nell’Ordine fu Padre Ludovico Marracci, il primo in assoluto in Italia a tradurre in latino il Corano,[4] segno evidente, nonostante la difesa dei valori della Cristianità, dell’apertura culturale dei Chierici, propria della loro tradizione. Non potevano non essere validi interlocutori nel definire i rapporti con l’Oriente. La chiesa lucchese dove sono custoditi i resti mortali di molti di tali eruditi citati aveva avuto, prima della costituzione dei Chierici Regolari nel Cinquecento, una fondazione templare intorno al 1180. Uno dei cofondatori dell’Ordine del Cinquecento è un tale Pierotti di Diecimo. Altri con il medesimo cognome tennero in precedenza incarichi curiali fra cui un Pierotti di Pucciniello Rettore dell’Ospedale di San Luca ed un Pierotto Pierotti, questi in San Romano Garfagnana Rettore di un Ordine ma nel contempo Rettore della Misericordia di Lucca. Tutti incarichi non disdegnati dall’Ordine Templare, quando questo era in vita, come si ricorda in Templari a Lucca, edizione curata dal professor Franco Cardini. E cosa anche questa singolare, nel testo Templari a Lucca si ricorda che gli ex quadri Templari Lucchesi continuarono qui, anche dopo lo scioglimento dell’Ordine, a mantenere gli stessi incarichi tenuti in precedenza.

Nei meandri del tempo e nei luoghi della memoria si perdono le principali connotazioni storiche del nostro Paese, che naturalmente gli storici non hanno potuto e/o saputo tramandare. Però stranamente Antonio Muratori pare sostenesse che senza l’aiuto dei Chierici Regolari Lucchesi lui non sarebbe stato Antonio Muratori.

Pensiamo al ruolo ricoperto dai Padri Scolopi, cui spesso l’Ordine dei Chierici venne accostato, nel corso della sua storia. Al ruolo indefesso di trasmissione culturale che in Lucca, ad esempio, sostituì lo stesso ruolo dei Padri Gesuiti, che qui non presero mai piede proprio per la presenza («ingombrante»?) dei Chierici. Domande senza risposta? Forse no. Solo un’occasione per riflettere.


Note

1 Un ingegnere dell’Esercito Sabaudo, Ermete Pierotti. Quando sbarcare il lunario diventa, a suo modo, una missione civile, articolo presente sul sito www.storico.org.

2 Pef, Palestine Exploration fund.

3 Memorie e commenti all’Istoria del Ducato di Lucca, tipografo Ducale Francesco Bertini, anno 1831, Libro VII, pagina 237.

4 Padre Ludovico Marracci (Torcigliano di Camaiore, 6 ottobre 1612- Roma, 5 febbraio 1700), presbitero, traduttore ed orientalista, membro dei Chierici Regolari della Madre di Dio, fu il primo traduttore in latino del Corano.

(ottobre 2015)

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