Di Poggio
I Cavalierati visti da vicino

Gli Ordini Cavallereschi hanno avuto nel corso del tempo un ruolo essenziale in ogni angolo della Penisola. Nelle mie ricerche ho trovato che il Sud d’Italia ha sostenuto un ruolo di primo piano in questa veste. Addirittura si ipotizza che lo stesso Ordine Templare non abbia origini francesi ma sia nato in Basilicata. Un ruolo degno di nota lo tennero in particolare i Carafa, come ho recentemente indicato in alcuni articoli pubblicati.[1]

A metà Settecento un singolare chierico appartenente alla lucchese famiglia Di Poggio accompagnò in veste di epigrafo l’erudito Sebastiano Donati in giro per l’Italia, non disdegnando contatti con gli ambienti partenopei. Questi contatti di natura culturale avevano in verità anche una importante valenza politica, come è facile prevedere leggendo le carte e i comportamenti degli eruditi in questione.[2]

I Di poggio sono trascurati dalla storiografia. Eppure confrontando le vicende di questa famiglia con la più generale questione italiana, non ultima quella relativa alle divisioni politiche interne della Penisola, ci accorgiamo che il comportamento dell’erudito Di Poggio e dei suoi familiari nel corso del tempo non fu affatto estraneo alle complesse vicende dello Stivale.

Siamo nel più profondo Medioevo. La famiglia Di Poggio, ascritta nell’Albo d’Oro dell’oligarchia lucchese, aveva come sua residenza principale un palazzo sito in città a Lucca in Via della Rosa, non distante dalla celebre chiesetta della Rosa, incorporata nell’antica cinta muraria romana. Un nome, un simbolo. Non distante da questa strada troviamo l’antica Magione cittadina dei Cavalieri del Tau, peraltro singolare perché qui la croce del Tau, loro simbolo, non ha la solita colorazione bensì è rossa, con quel colore porpora adottato dagli stessi cavalieri templari. Nel 1099 secondo quanto ricorda lo storico lucchese Salvatore Bongi, Matilde di Canossa e suo cugino Goffredo di Buglione si diedero appuntamento in Via della Rosa prima che Goffredo partisse per la Prima Crociata. Matilde non parti solo perché – ricorda lo storico – aveva ormai cinquant’anni. L’incontro avvenne dunque di fronte all’abitazione dei Di Poggio.

I principali membri di questa famiglia aderirono storicamente all’Ordine Domenicano. Erano quindi presenti nel 1314 in San Romano di Lucca quando le soldatesche del condottiero pisano Uguccione della Faggiuola tornarono dai fraticelli di San Romano per reclamare e prendersi con la forza la parte del tesoro di Papa Clemente V che era stato nascosto per metà nella basilica lucchese di San Frediano e per l’altra metà proprio in San Romano dai fraticelli domenicani. Trafugata la prima parte, i soldati di Uguccione tornarono poi indietro a prendersi senza troppi scrupoli la restante parte in mano ai frati. Non si trattava di due spiccioli ma addirittura di mille scudi d’oro. A pensar male non ci si rimette mai. Infatti San Romano era adiacente alla Magione templare lucchese e gli Orti erano confinanti (coincidenti?). E guarda caso il tesoro lì andò a finire. Sulla vicenda troppo poco è stato indagato.

Se i Di Poggio oltre che Domenicani fossero stati anche Templari, non dovettero trovare particolare difficoltà a continuare i precedenti traffici commerciali e non solo, come ben ricorda lo storico Mencacci in Templari a Lucca con prefazione del Professor Cardini, sostenendo che in Lucca i Domenicani e i Templari, stranamente, erano sempre andati molto d’accordo. Forse non stranamente. E che le famiglie templari, senza precisare quali fossero, dopo lo scioglimento dell’Ordine continuarono a fare quanto avevano sino ad allora fatto senza alcun particolare turbamento.

I Di Poggio non solo furono ancora al centro della vita cittadina, ma addirittura nel Cinquecento ordirono in città una congiura per far cadere il Governo Oligarchico della Repubblica. Come ricorda il Professor Renzo Sabbatini[3], insieme a un suo compare, tale Lorenzo Pierotti, il nobile lucchese Di Poggio tentò di sferrare invano l’attacco alle istituzioni. I Di Poggio per l’occasione rimasero nel Libro d’Oro ma subirono parecchie confische. Nonostante queste, come avrò modo di dimostrare, rimasero ai vertici in città.

Tale Lorenzo, cittadino lucchese, per inciso, apparteneva alla mia famiglia d’origine, essendo Lorenzo anche il quadrisavolo di mio padre coinvolto ai tempi del Principato Baciocchiano nelle questioni lucchesi del tempo. Nomi che in famiglia si ripetevano.

I Di Poggio non mollarono mai la presa. A metà Settecento, quando troviamo un membro di questa famiglia con l’erudito e religioso Sebastiano Donati in giro per l’Italia a esercitare l’epigrafia, in contatto anche con gli ambienti partenopei, nonché tedeschi del tempo, di concerto addirittura con futuri Sovrani come la Regina Maria Carolina d’Asburgo andata in sposa al Re delle Due Sicilie Ferdinando I, i due erano certamente ancora impegnati nelle numerose accademie che li videro protagonisti. Accademie che dietro alla loro valenza culturale mascheravano incontri politici assolutamente degni di nota. La domanda che regna sovrana è: perché il Professor Renzo Sabbatini ha trattato in modo tanto magistrale le vicende che videro i Di Poggio protagonisti nel Cinquecento? Certamente la preparazione accademica del Professore ha avuto un ruolo essenziale. Ma ricordo che i conti Sabbatini di Modena nel 1828 vendettero il loro castello di Palagano a tale medico condotto Francesco Pierotti. Singolare che un medico condotto trovasse il modo di acquistare un castello, per giunta a pianta circolare e con importanti riferimenti esoterici, tutt’ora molto ben conservato e di proprietà del comune di Palagano. Il castello porta il doppio nome, Sabbatini-Pierotti.

Ma ancor più singolare è l’appartenenza dei Di Poggio anche all’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio, lucchese, ma che ha in Napoli una importante chiesa di riferimento. E nel cui Ordine affluirono anche molti congiunti di Lorenzo Pierotti. Addirittura tra il 1618 e il 1714 Padre Bernardino Pierotti, molto longevo e attivo come erudito, fu Rettore di quell’Ordine per un certo periodo.[4]

Arriviamo così al XIX secolo e la cosa si fa ancor più interessante. L’ultimo discendente della prestigiosa famiglia Di Poggio risiedeva in una località lucchese, Porcari, non distante dalla più nota Altopascio. Qui i Di Poggio avevano le loro principali proprietà. Era figlio di una Mansi. La famiglia Mansi è stata in città a Lucca una delle principali famiglie della seta, nobilitata già nel Cinquecento e nel XIX secolo il Segretario di Stato era un Mansi.

Zio dello stesso Di Poggio era il marchese Mazzarosa, che abitava in Via Santa Croce, a un passo da Via della Rosa, la residenza cittadina dei Di Poggio. In verità il Mazzarosa era fratello del Mansi. Perché queste famiglie si «scambiavano» i figli. Non avendo il marchese Mazzarosa eredi diretti, la famiglia Mansi pensò bene di cedere un loro rampollo per fargli ereditare il cospicuo patrimonio del Mazzarosa. Un Di Poggio aveva pubblicato qualche tempo prima riferimenti storici relativi a Matilde di Canossa, attribuendo alla Comitissa natali lucchesi. Sarebbe a detta del Di Poggio nata alla Vivinaia, non distante da Porcari, dove il padre della Contessa medievale, Bonifacio, aveva un importante castello dove accoglieva i numerosi ospiti illustri. Perché il Di Poggio che era in combutta con lo stesso Muratori di Modena, afferente anch’egli all’Ordine dei Chierici Regolari, avrebbe dovuto insistere così «pesantemente» sulla questione, come del resto fece anche Monsignor Giandomenico Pacchi, un collaboratore dello storico Muratori, sepolto pure lui nella chiesa lucchese dei Chierici Regolari, pur non appartenendo all’Ordine?

La nascita del Cavalierato del Tau la leggenda lo vuole imputare alla stessa Matilde di Canossa. E l’ufficialità vuole che 12 cavalieri lucchesi facessero l’Impresa. Sappiamo che il Tau era molto diffuso con le sue Magioni anche al Sud. Lo ritroviamo sia in Sicilia che ad Amalfi,[5] e naturalmente in tutta Europa, non solo quella mediterranea.

Poteva il Di Poggio non conoscere bene queste vicende se tanta eco ebbe la sua pubblicazione?

Anche Castruccio Castracane degli Antelminelli fu al centro dei suoi studi. Che anche Monsignor Pacchi definisce un Porcarese. I Porcaresi erano una schiatta longobarda che ebbe un importantissimo peso nella Tuscia medievale.

Lo studioso di Brescia Celestino Vescera ha pubblicato in tal senso importanti studi che tendono a legare l’Ordine del Tau agli stessi Templari in Porcari. Suggestioni? Probabilmente no. Quello che accomuna l’intero percorso sono le reti politiche che ancora ai nostri giorni prevedevano legami stretti tra parti dello Stivale solitamente considerate distanti sul piano politico. E che evidentemente mai lo furono davvero. La famiglia dei Pierotti tanto cara ai Di Poggio nel ramo garfagnino ebbe legame parentale con gli Incisa Grattarola Beccaria di Alessandria, in Piemonte. Famiglia aleramica. Nella vicina Vercelli visse a lungo e soggiornò nel Medioevo il grande Federico II di Svevia, la cui madre Costanza d’Altavilla era sì siciliana ma aveva radici aleramiche; e gli aleramici erano stanziati prepotentemente in Piemonte, in specifico a Vercelli. Ecco perché Federico II crebbe qui e visitò ripetutamente San Pellegrino in Alpe, località dell’Appennino Modenese, ma in territorio lucchese. Una Unità nazionale che parte da lontano e che illustri personaggi e interpreti avrebbero voluto sicuramente più composita e stimolante di come in realtà si produsse.


Note

1 www.storico.org e Il Sud On Line, mie pubblicazioni in rete.

2 L’Altra Storia del Sud. Sebastiano Donati, Maria Carolina d’Asburgo e le vicende politiche peninsulari del Settecento, Elena Pierotti.

3 Renzo Sabbatini, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Editore Einaudi.

4 www.storico.org, Padre Bernardino, Un chierico regolare nella Lucca del Seicento, Elena Pierotti.

5 Il Sud On Line. Elena Pierotti.

(settembre 2022)

Tag: Elena Pierotti, Cavalierati, Matilde di Canossa, Federico II, Ordine Templare, Pierotti, Di Poggio, Costanza d’Altavilla.