Sante Ceccherini
Senza macchia e senza sconfitta
Medaglia d’Argento alle Olimpiadi di Londra – Bersagliere pluridecorato al Valore in Libia e nella Grande Guerra – Capo militare della Reggenza Italiana di Fiume – Comandante della colonna toscana per la Marcia su Roma

La storia d’Italia abbonda di protagonisti troppo spesso dimenticati: verosimilmente, per effetto del loro alto numero, ma prima ancora, a causa dell’oblio che molti intenderebbero stendere sulla memoria di quanti si distinsero in «egregie cose» diventate scomode alla luce delle nuove vulgate politiche. In questo senso, un uomo che vale la pena di ricordare agli immemori e di illustrare agli ignari è il Generale Sante Ceccherini, tanto più che fu tra i massimi protagonisti dell’Impresa fiumana di Gabriele d’Annunzio e dei Giurati di Ronchi, di cui ricorre ora il centenario (12 settembre 1919-3 gennaio 1921): un patriota certamente insigne, «senza macchia e senza sconfitta»[1].

Sante Ceccherini

Fotografia del Generale Sante Ceccherini

Uomo d’azione, ma nello stesso tempo, capace di un adeguato discernimento di uomini e cose, Ceccherini ha lasciato pochi scritti, affidando alla storiografia l’incarico di illustrarne l’opera militare non senza un occhio di riguardo alle glorie sportive, con particolare riguardo alla Medaglia d’Argento per la scherma conseguita alle Olimpiadi di Londra del 1908; e all’opera di assistenza alle popolazioni di Messina e Reggio Calabria che erano state vittime del terremoto e dello «tsunami» del 28 dicembre dello stesso anno. Ne emerge il ritratto di una personalità per quanto possibile eclettica, ma sempre propensa a coniugare il pensiero con l’azione, come accadde nel 1919, allorché ebbe la ventura di poter rispondere alla chiamata di Gabriele d’Annunzio, e nel 1922, nel momento in cui accadde lo stesso per quella di Benito Mussolini. Due progetti certamente diversi, come Ceccherini avrebbe dovuto sperimentare, ma che sul momento apparvero idonei a soddisfare la sua vocazione attivista, non disgiunta da valutazioni positive circa il loro inquadramento in una prospettiva d’interesse nazionale.

In un opuscolo ormai introvabile dedicato ai suoi Bersaglieri, il Generale Ceccherini ha ripercorso le tappe più importanti della sua storia militare durante la Grande Guerra, dal Carso al Piave, passando per l’epica difesa del 1917 non meno che per le radiose giornate del 1918, ed equiparando la loro gloria a quella dei 300 delle Termopili, per non dire dei garibaldini di Bezzecca, quasi a voler sottolineare come il valore e la capacità volitiva che scaturiscono da un imperativo categorico possano essere arra di vittoria, anche in confronti apparentemente impari dal punto di vista quantitativo.

Sfilano i nomi del San Michele, di Castagnevizza, di Pecinka, di Cava Zuccherina, di Cortellazzo, e via dicendo; e un ricordo davvero struggente è dedicato all’entusiasmo quasi irripetibile d’inizio novembre del 1918, quando il nemico era stato «sbaragliato» dalle azioni dei Bersaglieri in agro di Tione, fino a Mezzolombardo, tanto da meritare «la magnifica citazione del Comando Supremo fra le truppe che più e meglio avevano concorso all’epica Vittoria»[2].

In questa ottica, è da rivolgere un’attenzione specifica anche alle conclusioni, in cui Ceccherini si rivolge ai suoi uomini «simbolo del più puro onore militare» esortandoli a essere in qualità di cittadini, di padri e di figli ciò che erano stati come soldati: soltanto in tale continuità di comportamenti, la Grande Italia che tanto deve ai suoi Bersaglieri «sarà sicura di restare tale per secoli». Ceccherini, che era massone, non trascura di sottolineare come sia necessario onorare il «libero pensiero» ma tenendo ben presente che «può avere diritto agli agi e al benessere solo chi questo si procura col lavoro e la parsimonia» conquistando sul campo «il diritto di segnare la strada della Patria».

Il Generale «senza macchia e senza sconfitta» ha legato il proprio nome soprattutto all’Impresa fiumana, e ciò per una ragione molto semplice: fu il più alto in grado fra i 10.000 Legionari che seguirono il Comandante Gabriele d’Annunzio in quell’impresa epica, e insieme a Corrado Tamajo, il solo a collocarsi ai vertici della gerarchia militare, tanto da assumere «tout court» la responsabilità organizzativa ed esecutiva delle forze fiumane. In effetti, lo fece con equilibrio e competenza[3], in un contesto oggettivamente difficile, stante il carattere eterogeneo di queste forze, che si riconoscevano nel comune patriottismo, ma non altrettanto nei suoi riferimenti istituzionali, con riguardo prioritario a quello monarchico.

Ciò non significa che non abbia davvero coltivato il sogno della «più grande Italia» e che non abbia ben meritato anche in altri settori della vita nazionale, come attesta la sua ricca biografia. Nonostante la specifica capacità militare, ebbe altri interessi importanti, nel quadro di una vocazione a tutto campo che aveva mutuato dal positivismo, e di una suggestione universalistica che ebbe significative adesioni durante il Ventennio, anche in chiave di cooperazione internazionale. In tutta sintesi, un soldato prestato alla politica, intesa nel più alto referente quale «arte di ben operare nella vita associata per il perseguimento del bene comune».


Note

1 Sante Lorenzo Minotti Ceccherini (Incisa Valdarno 1863-Marina di Pisa 1932) dopo gli studi giovanili all’Accademia Militare di Modena, ne uscì quale Sottotenente nel 1884, quando venne inquadrato nel Corpo dei Bersaglieri, a cui sarebbe rimasto fedele per tutta la vita. Dopo aver compiuto un periodo di servizio in Eritrea (1889-1890), la Colonia di acquisizione ancora recente, avrebbe manifestato spiccate attitudini sportive nella scherma, diventando campione nazionale nel 1897, allorché venne promosso Capitano, e più tardi, partecipando con successo alle Olimpiadi di Londra del 1908, dove vinse la Medaglia d’Argento in coppia con Alessandro Pirzio Biroli; nello stesso periodo, si distinse nei soccorsi a seguito del terribile terremoto di Messina e Reggio Calabria, meritando l’apposita Medaglia d’Oro di Benemerenza. Promosso Maggiore nel 1910, due anni dopo, sebbene ormai cinquantenne, chiese di partecipare alla Guerra italo-libica, dove si distinse alla testa dell’XI Reggimento Bersaglieri, ottenendo una Medaglia d’Argento e una Medaglia di Bronzo al Valore. Poi, dopo la promozione a Colonnello, fu protagonista della Grande Guerra con il XII Reggimento Bersaglieri, guadagnando altre due Medaglie d’Argento, rispettivamente sul San Michele e sul Pecinka, cui si aggiunsero due Croci di Guerra dell’Ordine Militare di Savoia, la Croce di Guerra francese e quella dell’Ordine russo di Sant’Anna. Durante la ritirata di Caporetto fu attivo nelle non meno eroiche operazioni di copertura in retroguardia, come quelle compiute al ponte di Madrisio. Ormai Generale, al termine del conflitto, in soprannumero come tanti altri venne destinato al Ministero, quando sopraggiunse l’invito di Gabriele d’Annunzio, che aveva conosciuto sul Carso, rivolto a partecipare all’Impresa di Fiume, dove era già presente Venanzio, il giovane figlio di Ceccherini, pilota d’Aviazione e Ufficiale di Marina. Il Generale accolse l’invito, raggiungendo la città quarnerina il 6 ottobre 1919 per assumere il comando delle forze militari legionarie, previa lettera alla stampa in cui affermava che il tradimento del Governo Nitti gli avrebbe permesso di venir meno al giuramento. Pietro Badoglio, che lo stimava per le doti di equilibrio e di valore, gli scrisse pochi giorni dopo, invitandolo a difendere la disciplina militare e la Monarchia, ma Ceccherini rimase a Fiume, cercando sempre una sintesi talvolta molto difficile, come accadde nell’incidente di Cantrida del 6 maggio 1920, quando permise di lasciare Fiume ai Carabinieri di Rocco Vadalà – entrati in contrasto con il Governo dannunziano – dopo una scaramuccia con gli Arditi che si concluse con due caduti e alcuni feriti, tra cui lo stesso Ceccherini. Nondimeno, dopo la successiva proclamazione della Reggenza e della Carta del Carnaro anch’egli avrebbe avuto contrasti di rilievo con Alceste De Ambris, massimo estensore di tale Costituzione, a causa delle forti propensioni sinistroidi di alcuni suoi disposti, tanto da lasciare Fiume in novembre, all’indomani del trattato di Rapallo, un mese prima del Natale di Sangue. Ancora una volta, sarebbe stato «richiamato» dagli eventi: il 16 ottobre 1922 intervenne alla riunione di Milano in cui si decise la Marcia su Roma e a cui erano presenti fra gli altri, oltre a Benito Mussolini, i gerarchi Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono e Ulisse Igliori, e pochi giorni dopo era alla testa della colonna toscana di Perrone Compagni, che si era concentrata a Santa Marinella. Due anni dopo sopraggiunse l’ultima promozione, quella a Tenente Generale, e nel 1927 quella a Ispettore Generale della Milizia, ma nello stesso tempo Sante Ceccherini ebbe il dolore di perdere il figlio a causa di un incidente aereo, e infine la sventura di una malattia progressiva che lo avrebbe condotto alla tomba e alle esequie di Stato, nel comune cordoglio; soprattutto, in quello dei suoi fedeli Bersaglieri.

2 Sante Ceccherini, Senza macchia – Senza sconfitta, Ai Bersaglieri della III Brigata e dell’anima mia!, Stabilimento Tipografico Salani, Firenze 1919, 12 pagine. Questo saggio, datato da Riva del Garda, dove l’Autore si trovava per ragioni del proprio Comando militare, si segnala anche per l’eleganza della pubblicazione con copertina in panno grigio-verde, e per la rilegatura a mezzo di nastro tricolore.

3 La bibliografia sul Generale Sante Ceccherini è naturalmente molto ampia, trovando spazio in gran parte delle opere che, in tempi diversi e con matrici spesso opposte, sono state dedicate all’Impresa dannunziana di Fiume. Tra le più recenti ed esaustive, basti qui ricordare: Pietro Cappellari, Fiume trincea d’Italia: la questione adriatica dalla protesta nazionale all’insurrezione fascista 1918-1922, Herald Editore, Roma 2018, 680 pagine; Giordano Bruno Guerri, Disobbedisco: cinquecento giorni di Rivoluzione (Fiume 1919-1920), Le Scie, Mondadori 2019, 550 pagine.

(settembre 2019)

Tag: Carlo Cesare Montani, Sante Ceccherini, Gabriele d’Annunzio, Benito Mussolini, Corrado Tamajo, Alessandro Pirzio Biroli, Venanzio Ceccherini, Francesco Saverio Nitti, Pietro Badoglio, Rocco Vadalà, Alceste De Ambris, Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono, Ulisse Igliori, Dino Perrone Compagni, Pietro Cappellari, Giordano Bruno Guerri, Impresa di Fiume.