Vergarolla: un giudizio storico e morale nel 70° anniversario dell’eccidio
La strage del 18 agosto 1946: un delitto contro l’umanità nel quadro della pulizia etnica dell’Istria. Vibrante ricordo patriottico nella commemorazione di Trieste

L’eccidio compiuto 70 anni or sono sulla spiaggia di Vergarolla, nei pressi di Pola, mentre era in corso una grande manifestazione sportiva, è passato alla storia come la massima strage di civili compiuta in Italia durante il Novecento, in periodo di pace: una mano criminale fece esplodere circa 30 bombe di profondità ad alto potenziale, residuo bellico accatastato nelle vicinanze, il cui contenuto era pari a 10 tonnellate di tritolo. Gli ordigni erano stati opportunamente disinnescati, ma qualcuno accese proditoriamente una miccia: le vittime si contarono, secondo la testimonianza storica di Padre Flaminio Rocchi, in oltre 100, ma quelle che si riuscì a identificare furono solo 64: gli effetti della deflagrazione erano stati sconvolgenti ed allucinanti, come attestano le cronache del tempo.

Non si debbono dimenticare i feriti, in numero ancora maggiore, ed a più forte ragione, coloro che rimasero mutilati e parzialmente invalidi; tanto meno, l’eroico dottor Giuseppe Micheletti, rimasto ad operare nell’ospedale cittadino sino all’indomani, pur essendo stato informato che i suoi due bambini erano scomparsi a Vergarolla.

Pola visse quella tragedia come l’atto finale di un’ingiustizia epocale che si sarebbe completata qualche mese più tardi con la firma del trattato di pace (10 febbraio 1947) e la perdita italiana della Dalmazia, di Fiume e di massima parte dell’Istria. In effetti, fu a seguito dell’eccidio che caddero le ultime speranze, e che quella di scegliere l’Esilio, abbandonando tutto, divenne una decisione plebiscitaria, condivisa dal 92% della cittadinanza (con un’incidenza analoga a quella di tutta la Venezia Giulia trasferita sotto la sovranità dell’usurpatore).

L’Esodo fu un giudizio etico e politico, tanto definitivo quanto irreversibile, che il tempo e la storiografia hanno consolidato, ma che è bene confermare e ribadire: se non altro, perché non mancano voci, sia pure largamente minoritarie, che interpretano Vergarolla alla stregua di un fatto accidentale, se non addirittura di matrice alleata, mentre è stato confermato, in specie dopo l’apertura degli archivi britannici di Kew Gardens, quello che tutti avevano compreso immediatamente, non solo a Pola, ravvisando nella strage la lunga mano della polizia politica di Tito.

In questa ottica si colloca, lungi da una pur doverosa ritualità ripetitiva, la forte e sentita partecipazione alle iniziative che ogni 18 agosto ricordano quella sanguinosa pagina di storia, in cui caddero, a 16 mesi dalla fine della guerra, tante ulteriori vittime innocenti della «pulizia etnica» (in maggioranza donne e bambini, per un’età media di 26 anni). Non poteva essere diversamente, e così è stato, per la celebrazione del settantennio, svoltasi a Trieste – ad iniziativa della Federazione Grigioverde e della Famiglia Polesana in Esilio – davanti alla stele in pietra del Carso che, innanzi alla cattedrale di San Giusto, affida i nomi dei caduti alla «pietas» dei superstiti e dei posteri: una stele, giova ricordarlo, fortemente voluta dal compianto Generale Riccardo Basile, che per tanti anni aveva retto, e stretto in un unico abbraccio, Federazione e Famiglia.

Alla presenza delle autorità civili e militari e del Gonfalone di Trieste decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare, le vittime di Vergarolla, dopo l’allocuzione pronunciata con brevi e sentite parole dal Presidente della Federazione, sono state onorate con la benedizione, con la recita delle preghiere di rito, e con la deposizione di omaggi floreali sulle note del Silenzio, seguito da quelle dell’Inno Nazionale.

Oltre ai labari delle decine di Associazioni d’Arma riunite nella Grigioverde, ed a quelli di Lega Nazionale, Unione degli Istriani, Famiglia Polesana, ed altre organizzazioni esuli, è da sottolineare la commossa partecipazione di tanti cittadini, compresi non pochi turisti presenti nella Zona Sacra di San Giusto, spesso inconsapevoli della tragedia di Vergarolla, stante la colpevole disinformazione perseguita per troppo tempo dall’Italia ufficiale.

In buona sostanza, la strage del 18 agosto 1946 è assurta a testimonianza emblematica della tragedia di un intero popolo: quello giuliano, istriano e dalmata, che aveva avuto il solo torto, per dirla con Maria Pasquinelli, di amare incommensurabilmente la sua Patria. Ebbene, questa testimonianza è rivissuta nella celebrazione del settantennio, nell’omaggio perenne alle vittime, e nel segno della speranza proposto dalla partecipazione dei giovani e dei bambini, quasi a sottolineare che da Vergarolla non scaturisce soltanto il pur commendevole e necessariamente commosso ricordo, ma nello stesso tempo, un impegno di vita a lungo termine, in senso nobilmente patriottico, e quindi etico.

I caduti di Vergarolla sono presenti attivamente nelle menti e nei cuori di tutti gli Italiani di buona volontà, e lo saranno sempre.

(ottobre 2016)

Tag: Laura Brussi, strage di Vergarolla, pulizia etnica, 18 agosto 1946, Pola, Istria, dopoguerra, terrorismo slavo, esodo, eccidio di Vergarolla, Venezia Giulia, Padre Flaminio Rocchi, Giuseppe Micheletti, 10 febbraio 1947, archivi britannici, Kew Gardens, polizia politica, Federazione Grigioverde, Vergarolla, Famiglia Polesana in Esilio, cattedrale di San Giusto, Trieste, Riccardo Basile, vittime di Vergarolla, Lega Nazionale, Unione degli Istriani, Famiglia Polesana, Maria Pasquinelli, caduti di Vergarolla.