Liberazione e Libertà
Il caso di Trieste

Le diverse interpretazioni sulla «liberazione» avvenuta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con particolare riguardo all’Italia, sono interminabili e spesso ripetitive, cosa che rende utile, se non anche necessario, un approfondimento critico della questione, in chiave logica e storica.

Un esempio significativo, se non altro per la sua riconosciuta specialità, è quello della «liberazione» di Trieste, che continua ad essere oggetto di discussioni, talora assimilabili a logomachie. Ciò, sebbene la stragrande maggioranza della storiografia e la stessa coscienza popolare ritengano che detta «liberazione» non sia avvenuta il 1° maggio 1945, come vorrebbe la minoranza slovena nostalgica di Tito, ma nel successivo giugno, al termine dei famigerati 40 giorni di occupazione partigiana.

In effetti, la semantica «liberazione» può significare, come vorrebbe l’etimo, affrancamento da esperienze autoritarie o totalitarie, per non dire delle vessazioni tipiche di certi sistemi militari; ma non può sottintendere l’avvento di un regime senza dubbio peggiore, come accadde a Trieste dal 1° maggio in poi, quando i nuovi occupatori mostrarono ancora una volta il loro vero volto arrestando, uccidendo e compiendo ogni sorta di violenze. Come avrebbe detto il Giusti, una larga messe di documenti «è lì che parla a chi la vuol sentire».

A loro volta, gli Alleati, cui fu affidata la lunga gestione del GMA[1], protrattasi fino al 1954, quando venne conclusa col sofferto ritorno all’Italia, furono liberatori ed occupatori, in quanto controllavano un territorio appartenente alla sovranità altrui, anche sul piano formale.

Ciò, senza dire che nei 40 giorni di iniziale dominio partigiano gli stessi Alleati (nella fattispecie, le truppe neozelandesi giunte a poche ore di distanza da quelle di Tito con un ritardo colpevolmente voluto) furono spettatori dei delitti e delle angherie di matrice slava, rendendosi sostanzialmente complici. Si può dedurne che ad una duplice occupazione non corrispose alcuna reale «liberazione».

In certi casi, la storia, che non consente di fondarsi su proposizioni dubitative, deve comunque ammettere talune ipotesi ragionevoli: in quello di Trieste, è indubitabile che, qualora fosse rimasta occupata per sempre dalle forze di Tito, avrebbe dovuto subire lo stesso tragico destino dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, con un Esodo dalle dimensioni plebiscitarie e con la sistematica negazione dei Diritti Umani: in tutta sintesi, con un autentico genocidio.

L’assunto non è una tesi di parte, come si vorrebbe da parte di un negazionismo tuttora pervicace, né emerge dalla fantasia di generazioni che hanno sofferto duramente stragi, violenze ed espropri proletari, ma una realtà impossibile da mutare, che vive nelle testimonianze dell’epoca e nella stessa coscienza popolare, non disgiunta da una tradizione orale, oltre che dai supporti storiografici, destinata a perpetuarsi.

Dal canto loro, anche gli Italiani furono certamente occupatori, come accadde nella provincia di Lubiana dall’aprile 1941 in poi, a seguito del colpo di Stato di Belgrado con cui la Jugoslavia aveva cambiato campo, costringendo le forze dell’Asse ad intervenire, con l’azione concentrica di Germania, Italia, Ungheria e Bulgaria, conclusa in tempi brevissimi. Tuttavia, vale la pena di rammentare che l’accoglienza era stata mediamente positiva, se non altro perché il controllo della Slovenia Sud-Occidentale da parte dell’Italia impediva l’avvento di un regime sicuramente più duro come quello tedesco, senza contare che elideva l’incipiente pericolo partigiano. Ma questa è un’altra storia.

Molto si potrebbe aggiungere a proposito delle «liberazioni» di Trieste, e non solo di quelle. Qui, sia consentito dire che la città, secondo i punti di vista, venne liberata «da» questa o da quella occupazione, ma che non è ancora libera «di» esprimere compiutamente la propria anima: lo dimostrano, fra tante vicende, quella recentissima delle «sentinelle» cattoliche[2] (novembre 2014) per definizione non violenta, e nello stesso tempo silenziosa; ed il tentativo di coartare con la forza immotivata dell’oltraggio un sereno impegno civile in difesa della famiglia e della vita.

In tutta sintesi, per «Libertà» non bisogna intendere soltanto quella individuale, che termina dove necessariamente iniziano quelle degli altri, ma prima ancora, una categoria dello Spirito: quella che Benedetto Croce aveva contrassegnato non a caso con l’iniziale maiuscola, per distinguerla dalle altre «libertà» comunque irrinunciabili.

Tornando al capoluogo giuliano, su cui grava da 70 anni un confine evidentemente iugulatorio ed economicamente pregiudizievole, si può concludere affermando che soffre di una permanente carenza di libertà, ed in particolare di quella che, secondo diffuse e motivate valutazioni, è fra tutte la più grave, cioè la libertà «dalle» forze del male, contro cui è legittimo e cristianamente doveroso continuare a battersi con un riferimento valido dovunque, nel ricordo delle parole di Monsignor Antonio Santin, l’eroico Vescovo di Trieste e Capodistria battuto a sangue dagli Slavi: «Non sono eterne le vie dell’iniquità».


Note

1 Il GMA (Governo Militare Alleato), insediato nel giugno 1945 al termine dei famigerati 40 giorni di occupazione ad opera dei partigiani di Tito, sarebbe rimasto in carica fino all’ottobre 1954, quando la città di San Giusto venne restituita all’Amministrazione italiana. Ciò, sebbene il Territorio Libero di Trieste non fosse mai stato oggetto di statuizioni formali che ne definissero l’aspetto giuridico, restando una realtà di fatto.

2 Il movimento delle «sentinelle» è sorto a Trieste nel 2014 ad iniziativa cattolica. Si tratta di una protesta non violenta contro la negazione di valori essenziali, e quindi non negoziabili, come quelli della vita e della famiglia, che si attua col presidio silenzioso di un luogo pubblico a cura di gruppi organizzati, muniti di una sola arma: il Vangelo. Ciò, non senza ricorrenti contestazioni da parte di formazioni estremiste.

(febbraio 2015)

Tag: Carlo Cesare Montani, liberazione e libertà, dopoguerra, comunismo, Italia, Jugoslavia, Esodo, confine orientale, comunisti, Trieste, occupazione partigiana, Governo Militare Alleato, sentinelle cattoliche.