La chiesa di San Giorgio Maggiore a Napoli
Una Napoli paleocristiana tutta da scoprire

La chiesa di San Giorgio Maggiore a Napoli è uno di quei monumenti, a torto, poco conosciuti ma che merita di essere visitata perché testimonia il ruolo centrale che Napoli ricoprì durante i primi secoli del Cristianesimo.

Ruolo che le permise di essere tollerante e culturalmente aperta verso culture e, in questo caso, novità architettoniche uniche nel panorama italiano ed occidentale.

Andiamo a scoprire una Napoli un poco greca, un poco latina, molto cristiana ma sempre tollerante e accogliente.


Un viaggio nella Napoli paleocristiana e nelle sue rare e preziose testimonianze archeologiche

La chiesa di San Giorgio Maggiore sorge all’incrocio tra Via Duomo e Via Vicaria Vecchia che è la parte terminante del decumano inferiore, ossia Via San Biagio dei Librai, secondo l’antico impianto urbanistico della Napoli greco-romana.

Questa chiesa è stata radicalmente modificata durante il Barocco ma, nonostante il tempo, è giunta a noi la sua originale abside: è una testimone rara e silenziosa di quella raffinata e aperta cultura cristiana, promossa dal Vescovo Severo, che guardava il lato orientale dell’Impero Romano non sempre come una minaccia al Credo. Tale apertura a novità culturali, artistiche e, in questo caso, architettoniche ha prodotto a Napoli esempi unici di arte e architettura paleocristiana come il più antico battistero d’Occidente conservato nel Duomo e l’abside aperta presente in città solo con altri due esempi, una, la più antica, si trova nella chiesa di San Gennaro «extra moenia», l’altra, la più grande e la più «giovane», è presente nella chiesa di San Giovanni Maggiore.

Abside di San Giorgio

L'abside della chiesa di San Giorgio Maggiore, Napoli (Italia); fotografia di Annalaura Uccella, 2014

L’abside di San Giorgio Maggiore è aperta da tre archi poggianti su colonne romane, gli spolia, risalenti al II secolo dopo Cristo, doveva aprirsi su un ambiente retrostante la cui funzione non è chiara a causa della perdita sua e di parte dell’edificio paleocristiano. Ciò non permette di capire bene il perché il Vescovo Severo scelse di costruire l’abside aperta in una basilica non cimiteriale (absidi simili si trovano nelle chiese cimiteriali perché attraversando l’abside si entrava nei luoghi di sepoltura, esempi simili si trovano a Roma ed una a Napoli, quella che apre verso le catacombe di San Gennaro).

San Giorgio Maggiore, detta anche Basilica Severiana, fu fondata tra il 367 e il 386 dal Vescovo Severo che svolse l’episcopato dal 363 al 409, anni difficili per la Chiesa poiché doveva far fronte, da un lato, ad un paganesimo ancora vivo, dall’altro, all’Arianesimo molto attivo che suscitava intensi e violenti dibattiti. La sua intensa attività pastorale lo portò a fondare molti edifici ma quelli giunti a noi, oltre alla Basilica Severiana, sono il battistero di San Giovanni in Fonte nel Duomo e la basilica di San Gennaro «extra moenia» costruita sulle omonime catacombe.

In origine la chiesa era intitolata al Salvatore tra i Dodici Apostoli, successivamente, ma si ignora quando, venne intitolata a San Giorgio dopo che furono deposte al suo interno le reliquie di questo Santo orientale.

Da un punto di vista architettonico, la chiesa doveva rispecchiare il tipico impianto basilicale paleocristiano; divisa in tre navate e tagliata da un transetto, l’abside concludeva le navate, per farci un’idea su come poteva essere basta andare a visitare la basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma.


Da basilica paleocristiana a chiesa barocca

Ai primi del XVII secolo la basilica di San Giorgio Maggiore fu parzialmente distrutta da un violento incendio così i Padri Pii Operai decisero di adeguare la struttura alle nuove disposizioni tridentine e affidarono il nuovo progetto di ricostruzione a Cosimo Fanzago, uno tra i più importati architetti del Barocco Napoletano.

Egli stravolse completamente la chiesa preesistente, inglobò la struttura medievale in quella barocca e, cosa molto importante, ruotò l’ingresso di 180 gradi, infatti, pose l’ingresso a Nord, dove oggi si entra, e il nuovo altare a Sud. Essendo un progetto imponente e dispendioso, i lavori proseguirono per gradi e ciò salvò l’antica abside perché, separata dal nuovo cantiere, fu inglobata nel palazzo della famiglia Ferraro.

I lavori proseguirono con difficoltà e a fasi alterne a causa dei moti rivoluzionari del 1647 con il famoso Masaniello, il terremoto del 1688 e la peste con il relativo voto a San Gennaro, ma, nonostante ciò, Fanzago riuscì ad ultimare almeno la nuova abside e il coro quadrato.

Superate tutte queste turbolenze, nel 1694 i lavori ripresero e furono affidati all’architetto Arcangelo Guglielmelli il quale portò avanti il progetto fanzaghiano, ma, non potendo ultimare la chiesa a causa delle difficoltà economiche dei suoi committenti, costruì una semplice facciata e un varco laterale, soluzione molto teatrale, per entrare nell’edificio.

A conclusione dei lavori la chiesa si presentava agli occhi dei contemporanei decisamente diversa e caratterizzata da inusuali giochi di luci e di ombre ottenuti disponendo lungo la navata centrale delle alte cupole illuminate e lasciando in penombra le navate laterali coperte con volte a botte, tutto per esaltare il nuovo coro e la nuova abside. Purtroppo tale sapiente gioco architettonico lo si può apprezzare solo a metà perché a causa dei lavori iniziati a metà del 1800, voluti da Ferdinando II di Borbone per risanare Napoli, la chiesa fu privata di una navata.

Il Re Borbone decise di iniziare l’imponente e complesso piano di risanamento della città per decongestionare i quartieri del centro storico particolarmente affollati, ciò portò anche ad una nuova e diversa viabilità e ad una ridefinizione urbanistica in seguito all’abbattimento di interi quartieri. In questa riorganizzazione fu coinvolta anche Via Duomo, fu deciso il suo ampliamento e allungamento fino al nascente Corso Umberto, meglio conosciuto come Rettifilo.

Nel 1881, durante i lavori di abbattimento della navata e del palazzo Ferraro riemerse, in tutta la sua diroccata bellezza, l’abside paleocristiana.

La sua inaspettata riscoperta fece scalpore ma grazie alle competenze di Giovanni Battista De Rossi fu salvata dall’abbattimento certo, venne restaurata e divenne il nuovo ingresso della chiesa, dopo due secoli fu, quindi, ultimato il prospetto principale.


La chiesa oggi

Nonostante l’eliminazione di una navata e qualche danno alle cupole, nella chiesa è forte il fascino barocco che si può apprezzare soprattutto durante le belle giornate di sole, ma oltre a tali giochi, si possono ammirare altri capolavori come il Crocifisso ligneo datato tra il XII/XIII secolo di ispirazione bizantina ma realizzato da artigiani locali e la cattedra episcopale su cui, secondo la leggenda, si sedette il Vescovo Severo, in realtà fu realizzata con vari pezzi di marmo durante il Medioevo per dare credito proprio a questa leggenda.

Cattedra episcopale di San Giorgio

Cattedra episcopale del Vescovo Severo nella chiesa di San Giorgio Maggiore, Napoli (Italia); fotografia di Annalaura Uccella, 2014

Altra testimonianza medievale è la raffigurazione su tavola della Madonna della Potenza, realizzata ai primi del ’400 e di chiaro stile bizantino. Accanto a tali preziose testimonianze troviamo quelle realizzate tra il ’600 e l’800, ne menziono solo alcune, come: il bellissimo altare, visibile nella navata sopravvissuta, con un altro Crocifisso del 1700 con dietro gli affreschi realizzati da un giovanissimo Solimena raffiguranti il Calvario, San Nicola di Bari, Sant’Antonio di Padova; l’altare barocco fanzaghiano e l’abside quadrata, con elementi classicheggianti come il colonnato, che ospita al suo interno il coro sulle cui pareti si possono ammirare due tele realizzate da Alessio d’Elia (1757) raffiguranti San Giorgio che nascondono gli affreschi di Aniello Falcone, riemersi durante il restauro del 1992, raffiguranti sempre la storia di San Giorgio. E tanti altri capolavori di artisti locali.

Interno di San Giorgio

Interno della chiesa di San Giorgio Maggiore, Napoli (Italia); fotografia di Annalaura Uccella, 2014

L’abside di San Giorgio Maggiore a Napoli: un enigma archeologico racchiuso in una chiesa barocca

Come accennato all’inizio, nella barocca San Giorgio Maggiore si può ammirare la sopravvissuta abside paleocristiana che testimonia una Napoli antica, cosmopolita, tollerante e aperta alle nuove fedi così come ai nuovi gusti architettonici, ruolo ricoperto grazie all’attività pastorale del Vescovo Severo e proseguita anche dai suoi successori.

Anche se ai più tale abside non dice molto, per gli studiosi rimane un piccolo enigma archeologico, mistero legato al perché il Vescovo Severo la fece costruire proprio così aperta non su un cimitero ma su un ambiente la cui funzione rimane misteriosa, arcano assolutamente irrisolto se si tiene presente che l’altro esempio presente nella chiesa di San Giovanni Maggiore ha subito perdite simili e ciò non permette di capire su che cosa si aprisse l’abside e a che cosa servisse tale spazio.


Un pezzo di Oriente nella sopravvissuta abside paleocristiana di San Giorgio Maggiore

Nonostante il mistero su dove l’abside si aprisse, essa rimane una pietra miliare per capire come Napoli si comportò nei primi secoli del Cristianesimo, periodo storico individuato e studiato per la prima volta proprio dall’insigne Giovanni Battista De Rossi.

Fu il primo ad illustrare una Napoli del IV secolo dopo Cristo diversa dalle altre importanti città dell’Italia di fine Impero, evidenziò una città tollerante, innovativa e aperta ad accogliere tutte quelle novità architettoniche ed artistiche che nella Roma dei Papi e nella bizantina Ravenna saranno presenti solo dal VI secolo in poi.

Infatti, De Rossi datò l’antica abside paleocristiana di San Giorgio Maggiore alla fine IV secolo dopo Cristo, si presenta aperta da tre archi a tutto sesto poggianti su pulvini e su capitelli corinzi sorretti da colonne di spoglio.

De Rossi non fu solo il primo a studiarla, fu anche il primo ad avanzare l’ipotesi che tale ambiente retrostante fungesse da matroneo, tesi da molti sostenuta, ma da altri ritenuta non plausibile perché i matronei, di tradizione più orientale che occidentale, si sviluppavano solitamente sopra le navate laterali e mai dietro l’abside, spazio riservato unicamente ai sacerdoti; altri ipotizzano che lo spazio retrostante fungesse da elemento di accesso ad altri ambienti, ma l’assenza di ogni traccia di un muro rende difficile capire quale sia la tesi più corretta, a quanto detto va aggiunta l’esiguità delle fonti storiche. Tutti hanno subito escluso l’uso di tale ambiente come elemento di accesso ad un’area cimiteriale perché per legge si seppelliva fuori dalla cinta muraria e San Giorgio Maggiore si trova nel cuore dell’antica città. In conclusione, non è chiaro perché il Vescovo Severo scelse questo tipo di abside per la sua chiesa.


I pulvini paleocristiani della basilica di San Giorgio Maggiore a Napoli

I pulvini della basilica di San Giorgio Maggiore, a differenza della sua misteriosa abside, sono dei bellissimi testimoni di quella Napoli paleocristiana aperta, tollerante e innovativa che oggi viene poco esaltata, e che io cercherò di farvi apprezzare.


I pulvini, piccoli cuscinetti di pietra, testimoniano una insolita Napoli paleocristiana

Indipendentemente dalla sua funzione, l’abside aperta ha altri due particolari da evidenziare, le colonne di spoglio e i bellissimi pulvini.

Questi ultimi sono dei piccoli cuscinetti di pietra su cui sono state incise delle croci monogrammatiche. Tale combinazione, pulvino-croce, è stata utilizzata per la prima volta tra la metà del IV e l’inizio del V secolo in alcuni edifici costruiti a Bisanzio, è giunta in Italia proprio grazie al Vescovo Severo perché coinvolse nella costruzione della sua basilica maestranze di tradizione orientale. Queste maestranze introdussero in Italia novità architettoniche che saranno costantemente utilizzate di lì a poco negli edifici della Ravenna bizantina e nella Roma di Papa Leone Magno (440-461). Per capire bene la portata innovativa del Vescovo Severo sull’arte napoletana, se vi trovate a Napoli, andate a visitare il battistero di San Giovanni in Fonte.

Questi pulvini sono sorretti da due colonne romane la cui provenienza, nonostante vari studi e scavi fatti in zona, rimane un mistero. Esse furono scelte e riutilizzate, insieme ai capitelli corinzi romani, per motivi ideologici e culturali, vi rimando all’articolo sul significato degli «spolia».

Molti studiosi le hanno analizzate e hanno formulato diverse ipotesi sulla loro provenienza; per alcuni la basilica di San Giorgio Maggiore fu costruita sopra il tempio di Demetra e quindi le colonne furono prelevate da questo perduto edificio; altri sostengono che esse furono recuperate da strutture situate a poca distanza dalla basilica ma non dal tempio di Demetra perché non fu mai costruito. Entrambe le tesi, comunque, mostrano che le colonne furono prese da strutture situate a poca distanza dalla basilica in quello che era il centro della Napoli greco-romana, per capirci a poca distanza c’è il complesso archeologico di Carminiello ai Mannesi, l’area archeologica sotto al Duomo di Napoli, le varie testimonianze emerse dagli scavi della nuova metropolitana e gli scavi di San Lorenzo Maggiore.

In conclusione, nonostante il legame con l’Oriente e con Roma, l’origine e la funzione dell’abside aperta in una chiesa non cimiteriale rimane un mistero perché, purtroppo, la perdita o l’alterazione delle altre coeve fabbriche napoletane non permette di capire se l’uso di questa tipologia absidale e i pulvini fossero una consuetudine oppure un’eccezione tutta partenopea visto che, tra i vicoli di Partenope, sono sopravvissuti in tutto solo tre esempi, oltre a quella di San Giorgio Maggiore, la già citata basilica cimiteriale di San Gennaro «extra moenia» e, in ultimo, quella di San Giovanni Maggiore.

Articolo in media partnership con polveredilapislazzuli.blogspot.it
(ottobre 2017)

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