Il Vallo di Adriano
La più imponente fortificazione dell’epoca romana

Se ci chiedessero di immaginare una grande opera di difesa creata dall’ingegno umano, probabilmente la maggior parte di noi penserebbe alla Muraglia Cinese oppure, in un’epoca assai più recente, alla Linea Maginot Francese. Si trattava di strutture di quella che viene chiamata «difesa statica»: una serie di mura, sbarramenti e postazioni armate che avrebbe dovuto impedire, rispettivamente, le invasioni dei Mongoli e dei Tedeschi. Entrambe queste linee difensive si rivelarono «i più grandi monumenti retti all’inutilità», per usare un’espressione del giornalista e scrittore statunitense Gary Jennings: bastò al nemico semplicemente aggirarle per renderle inconsistenti.

Invece il Vallo di Adriano costruito tra l’Inghilterra e la Scozia non è solo un’opera difensiva imponente e grandiosa, ma anche funzionale, perché impedì le invasioni dal Nord; cadde in disuso solo con la fine dell’Impero Romano e molte delle pietre da cui era costituito furono prelevate per la costruzione di altri edifici nelle vicinanze; questo prelievo proseguì fino al secolo scorso. Comunque, a testimonianza della grandiosità della costruzione, molte parti (soprattutto nel tratto centrale) sono ancora erette e possono essere seguite a piedi dall’appassionato di storia e dal semplice turista. L’opera è anche protetta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.

Valli di Antonino e di Adriano

Mappa dei Valli di Antonino e di Adriano in Britannia

I Romani sbarcarono due volte in Britannia con Giulio Cesare, che però non vi stabilì delle guarnigioni, ma si limitò a imporre agli abitanti un tributo. Fu l’Imperatore Claudio, nell’anno 43 dopo Cristo, a iniziare l’occupazione sistematica dell’isola; questa fu favorita dal fatto che la popolazione celtica non era unita, ma divisa in tribù spesso in lotta le une con le altre: ai Romani fu facile imporre il loro controllo e poi il pieno dominio col sistema del «divide et impera», stabilendo alleanze con alcune tribù e sottomettendone altre. Nel 61 la Regina degli Iceni, Budicca, guidò la più grande rivolta dei Britanni contro i Romani, ma fu sconfitta e si diede la morte. Pochi anni dopo, nel 78, l’Imperatore Vespasiano diede incarico al Generale Agricola di pacificare una provincia ancora turbolenta. Nel giro di sette anni le tribù meridionali furono sistemate, mentre nel Nord, nell’odierna Scozia, i Pitti e gli Scoti – nonostante fossero stati sconfitti in modo pesante – rimasero intrattabili e decisamente ostili.

Per evitare ulteriori problemi, Agricola fece costruire, tra l’attuale Solvay Firth e la foce del fiume Tyne, un sistema di fortificazioni e di piazzeforti lungo circa 65 chilometri. Una trentina d’anni dopo il rimpatrio del Generale, però, iniziarono sollevazioni pericolose delle tribù oltre frontiera. Le guerre continuarono per anni, finché nel 117 divenne Imperatore Elio Adriano. Notato che c’erano diverse questioni da risolvere, compì una visita personale nella provincia di Britannia e affidò al suo propretore Aulo Platorio Nepote l’incarico di riorganizzare il sistema di difesa, creando un’opera compatta e completa che andasse da una all’altra costa della Britannia, superando le distese brulle e desolate, a volte impervie, della Northumbria: il «Limen Britannicus», ovvero il Vallo di Adriano!

Come ammesso da tutti gli storici, i Romani erano ottimi carpentieri e maestri, tra le altre cose, nella costruzione di fortificazioni militari: ricordiamo il doppio vallo eretto contro Alesia, al tempo della campagna contro Vercingetorige (anno 52 avanti Cristo), come pure le linee fortificate sulle frontiere della Numidia, dell’Arabia, della Siria e della Gallia, me nessuna eguagliò l’opera di Adriano. Il lavoro ebbe inizio nell’anno 122; Aulo Platorio ne affidò la realizzazione a tre legioni, la Seconda detta Augusta, la Ventesima Valeria Victrix («Vincitrice») e la Sesta Pia Fidelis («Fedele»). A ciascuna delle centurie che componevano le legioni fu affidato un tratto del vallo e ciascuna centuria lasciò memoria della sua fatica scolpendo il proprio nome su una pietra: ogni centuria, inoltre, aveva i suoi servizi per scavare e trasportare le pietre di granito dalle cave delle vicinanze.

Così, in quelle terre deserte e selvagge, lontane quasi 2.000 chilometri da Roma, il silenzio secolare fu rotto a lungo dai suoni e dai rumori dell’immenso cantiere: nelle varie ore della giornata si udiva il rumore dei picconi, il tonfo dei badili, le voci, i richiami che si perdevano nell’aria gelida, fra il turbinare del nevischio. C’erano intere squadre intente a scavare un grande fossato, altre occupate a sistemare i mattoni per il bastione che man mano prendeva forma e si perdeva all’orizzonte. Rintronava il passo delle truppe di guarnigione che si davano il cambio, che uscivano all’alba dai loro accampamenti per recarsi alle cave, alle impalcature, ai vari servizi, ai posti di guardia. Tutto funzionava con precisione e con rigore inflessibile: anche su questo si basava la forza di Roma.

Vallo di Adriano

Il Vallo di Adriano tra Housesteads e Once Brewed National Park (Inghilterra)

Tra il 122 e il 126, sorse la muraglia di pietra. Essa cominciava a Bowness, tre o quattro chilometri dalla costa occidentale inglese, saliva sulle cime di colli brulli, scendeva per vallate aspre battute dal vento e dalla pioggia, superando fiumi ampi e piccoli ruscelli, seguendo per quanto era possibile le creste più elevate, senza evitare gli ostacoli naturali ma proseguendo inflessibile la sua via, giungendo fino al Mare del Nord dove finiva a Walls-End (che significa appunto «Fine della Muraglia») presso la fortezza di Segedunum, sepolta oggi sotto la moderna Newcastle: in totale, 117 chilometri di lunghezza!

Le illustrazioni di solito ci presentano il Vallo come un grande muraglione, munito ogni tanto di una torretta. Ma questa non è che un’ombra pallida di tutta l’opera, che consisteva in realtà di un sistema di fortificazioni di dimensioni enormi. Ancora oggi, dopo più di 1.800 anni, i suoi resti lasciano sbalorditi per la loro imponenza; in più, se si scorre l’elenco delle chiese, dei castelli, delle torri e delle case di campagna costruiti nei secoli con materiali presi dal Vallo di Adriano – come già ricordato più sopra –, si può avere un’idea dell’enorme, incredibile quantità di materiale impiegato.

Ma, ci si potrebbe chiedere, com’era fatto, in definitiva, il Vallo?

Consisteva innanzitutto in un terrapieno, il «vallum» vero e proprio, composto di due bastioni di terra divisi da un fossato profondo circa 4 metri e largo 6. Sul fondo era irto di pali appuntiti.

Al di là si innalzava un muro massiccio di pietra, alto circa 4 metri e mezzo, largo alla base 2 metri e mezzo. Su di esso correva una strada larga circa un metro. Ogni 500 metri si trovavano torrette di tre metri per lato come punti di osservazione e segnalazione, e ogni 1.500 metri c’erano 80 grossi fortini che misuravano 18x15 metri e ospitavano qualche decina di soldati. Il muro era sorvegliato ininterrottamente da pattuglie di sentinelle, che lo percorrevano da un forte all’altro.

Completava il tutto una serie di fortezze di frontiera costruite in pietra. Si trovavano in media ogni 6-7 chilometri ed erano 14 o 17. Questa, forse più del muro in se stesso, è la parte più grandiosa del Vallo di Adriano. Ogni fortezza si poteva paragonare a una piccola città fortificata: misurava, secondo i casi, da 10.000 a 20.000 metri quadrati, aveva forma quadrata o rettangolare, era rinchiusa da un muro di cinta alto circa 3 metri e mezzo e difesa all’esterno da un fossato. Nel muro si aprivano quattro ingressi, uno per lato, con un doppio portale ed enormi portoni in legno che giravano su cardini di ferro. Gli ingressi principali erano fiancheggiati da corpi di guardia e le mura erano munite di torrette.

L’interno di queste fortezze non aveva quella semplicità o essenzialità che si potrebbe immaginare in un luogo remoto e destinato all’acquartieramento di soldati, ma testimoniava la straordinaria capacità organizzatrice dei Romani: i forti erano vere e proprie piccole città sistemate in modo perfetto, con una tale cura e abbondanza di mezzi da sembrare incredibile.

Nel centro della fortezza sorgeva l’edificio del comando, col «sacellum» o cappella delle insegne, e gli uffici; l’alloggio del comandante aveva gli intonachi dipinti e un bagno. Disposti in vari modi si trovavano poi le caserme per le truppe, i quartieri per gli ufficiali, l’arsenale, l’armeria, i granai capaci di provviste per un anno, i bagni. Le terme, per cui i Romani avevano una particolare predilezione, non mancavano neppure in quelle regioni lontane e quasi inospitali: erano ampi edifici, con gli spogliatoi, le vasche, stanze varie e finestre vetrate.

Una cosa che lascia a bocca aperta è constatare che le terme e tutti gli edifici in cui risiedevano i soldati erano riscaldati in modo ottimale. Il riscaldamento funzionava a ipocausto: sotto i pavimenti e nello spessore delle pareti venivano lasciate delle cavità, delle tubazioni, in cui veniva immessa aria calda... insomma, c’erano termosifoni ad aria calda con pannelli radianti. Nei poderosi resti del Vallo si vedono ancora i pavimenti sostenuti da colonnine, per lasciare il vuoto sotto, e le cavità nei muri.

15 anni dopo il completamento del Vallo, venne costruito più a Nord un terrapieno di zolle di terra, il Vallo di Antonino: era notevolmente più corto di quello di Adriano, ma per certi aspetti più sofisticato, e comprendeva grandi piattaforme per le baliste. Nel giro di una generazione il Vallo di Antonino venne però abbandonato. Per due secoli, fino a quando i Romani abbandonarono la Britannia, il Vallo di Adriano protesse il Sud dell’isola da ogni tentativo di invasione.

(febbraio 2024)

Tag: Simone Valtorta, Vallo di Adriano, fortificazioni romane, Inghilterra, Scozia, UNESCO, Romani, Britannia, Giulio Cesare, Budicca, Agricola, Elio Adriano, Aulo Platorio Nepote, Limen Britannicus, Augusta, Valeria Victrix, Pia Fidelis, Vallo di Antonino.