L’unificazione d’Italia da parte dei Romani
Considerazioni

L’Italia era in età preromana un insieme di popoli molto diversi, in parte indoeuropei e in parte di altra origine, in parte relativamente avanzati e in parte primitivi. Erano indoeuropei i Latini, i più arretrati Osco-Umbri e una parte delle popolazioni della Sicilia. Diversamente non appartenevano alla famiglia indoeuropea i Liguri e i più avanzati Etruschi. Sostanzialmente avevamo in Italia due grandi civiltà, quella greca nel Sud e quella etrusca nel Centro, i Latini e la città di Roma vivevano in una regione centrale rispetto a esse, ma come sappiamo in un territorio limitato e non particolarmente ricco. In terre più lontane infine, nelle isole prevalevano i Punici anche loro interessati alla espansione sulle altre terre, ma che ebbero un ruolo minore.

Le grandi città dell’VIII secolo erano in gran parte nella zona greca ed etrusca, entrambe avevano sviluppato un buon livello di cultura e di grandi commerci. La nostra nazione poteva diventare uno stato espressione di una delle due civiltà o forse di entrambe, invece prevalse il piccolo popolo latino. In un certo senso la situazione ricordava quella che nei secoli successivi si ebbe in Europa con la Svizzera e i Paesi Bassi, due nazioni in origine povere sorte su terre altrettanto povere, che vivevano in mezzo a due grandi entità, Francia e Germania.

Il nostro paese non vide grandi stati, le due grandi civiltà diedero vita a città-stato potenti e ricche ma in costante contrasto fra loro. Anche i Latini non brillavano per senso unitario, formavano unioni fondate su dei culti comuni ma al loro interno prevalevano i contrasti economici e politici. Le guerre al loro interno e con i popoli vicini (Sabini, Ernici, Equi e Volsci, nonché con le città dell’Etruria) durarono secoli e a lungo furono incerte. Ricordiamo, una situazione non diversa si aveva anche in Grecia, le grandi città non si risparmiavano contrasti e violenze che raramente avevano un esito definitivo.

I Latini come abbiamo detto, erano un piccolo popolo che viveva in una terra in gran parte povera e paludosa, ma come altre nazioni, proprio il loro essere deboli li spinse a una politica innovativa fondata su un senso dello stato e quindi un senso di equità che non trovava riscontro nel Vecchio Mondo. Cartagine con la sua dura politica di oppressione, avrebbe potuto dominare il Mediterraneo, ma come aveva un momento di debolezza trovava il vuoto attorno a sé, diversamente i Romani sono stati visti da molti come liberatori o se vogliamo come dominatori che sapevano essere equilibrati, nonché rispettare e apprendere da altri popoli. I Romani già nei tempi antichi si caratterizzarono per il senso dello stato. Le numerose leggende di quel periodo hanno in comune un sentimento verso lo stato che doveva superare i semplici affetti parentali. Tale sentimento contribuì all’affermazione della città e tendeva a risolvere le dispute con gli altri popoli, se questi accettavano l’integrazione nello stato con lo status di colonie o di soci federati, venivano a mancare motivi di contrasto.

Queste caratteristiche della civiltà romana emersero progressivamente, nel primo periodo la sua politica non si differenziava molto dalle altre città. Le guerre di Roma iniziarono già al tempo di Romolo, anche se per secoli le fonti storiche furono limitate e risulta difficile avere un quadro preciso della politica da lei seguita.

Per secoli le lotte nell’Italia centrale ricordavano quelle dell’età comunale medievale, una guerra di tutti contro tutti, comprese guerre all’interno delle singole città che a volte ospitavano popolazioni diverse. Le guerre contro le altre città latine iniziarono già nell’VIII secolo, così come quella contro Veio interessata a mantenere il controllo sul basso Tevere dove vi erano importanti saline. Nel VI-V secolo iniziarono quelle contro i montanari Volsci a volte associati agli Equi che compivano razzie nelle terre più ricche. In un periodo successivo, intorno al 340 iniziarono le guerre contro i Sanniti dell’interno intenti ad aggredire le prosperose città campane, che durarono cinquanta anni.

Di tutte queste numerose guerre del primo periodo, la più importante può essere considerata quella contro Alba Longa, che gli studiosi ritengono avvenuta sotto Tullo Ostilio nel VII secolo. Con tale guerra Roma divenne la principale città latina, la questione singolare è che della città sconfitta non vi è praticamente traccia archeologica e gli studiosi hanno opinioni diverse sulla sua collocazione. Le guerre con i popoli dell’Italia centrale più vicini si conclusero nel primo periodo repubblicano, i Latini vennero sottomessi nel 496 e integrati nel mondo romano con il Foedus Cassianum, gli Ernici (per un lungo periodo già alleati di Roma) insieme a Equi e Volsci nel 431, la importante città di Veio venne distrutta nel 396. Nello stesso periodo di tali guerre, si ebbe il lungo scontro fra patrizi e plebei che non contribuiva alla stabilità, questi ultimi comunque acquisirono progressivamente i diritti politici.

La città di Roma, sappiamo, era a prevalenza latina, ma erano presenti altre popolazioni. La stessa composizione dei sette re di Roma ci fornisce un quadro della situazione, due re latini, due sabini, tre etruschi. La città destinata a essere «caput mundi» conobbe per secoli vicissitudini complesse, l’unica città sulla quale nei primi secoli ebbe un potere stabile fu quella di Ostia (fondata nel VII secolo) che ovviamente aveva un ruolo fondamentale controllando l’accesso al Tevere e dominando la zona delle saline. Successivamente Tusculum sui monti Albani divenne il primo municipium romano. In alcuni casi le città sconfitte che avevano mostrato maggiore ostilità vennero distrutte, come Fidene, Pomezia e Veio. In altri casi i cittadini vennero costretti ad abitare in territori vicino la grande città dove potessero essere controllati, oppure vennero fondate delle nuove colonie romane e latine favorite dalla crescita demografica, come quelle di Circeo e Velletri.

Secondo Dionisio di Alicarnasso, Tarquinio il Superbo nel 530 avanti Cristo, diventato re, per estendere la potenza di Roma nel Lazio strinse alleanza con una cinquantina di città, sedici delle quali erano erniche. Per mantenere questa alleanza, si istituirono delle feste religiose che si tenevano ogni anno nel tempio di Giove sui Monti Albani.

Il primo secolo repubblicano fu un periodo di crisi, poi si ebbe un rapido sviluppo. Due anni dopo la famosa conquista (o incursione) di Roma da parte dei Galli di Brenno venne creata la colonia di Anzio, seguita negli anni successivi da molte altre colonie, che contribuirono a una rapida unificazione dell’Italia. Nello stesso periodo una parte degli Etruschi attaccò Sutri, città a Nord di Roma e alleata di questa ma riportò una sconfitta grazie all’intervento romano. Negli anni successivi la città etrusca di Tarquinia tentò a varie riprese di conquistare le saline in prossimità del Tevere ma senza successo. Nel 354 la seconda e la terza città dell’antico Lazio, Tivoli e Palestrina con le quali c’era stata forte rivalità, vennero a far parte dello stato romano.

Nel 343 Capua in Campania venne attaccata dai Sanniti e chiese l’aiuto di Roma, fu l’inizio delle guerre sannitiche che si conclusero cinquanta anni dopo con l’incorporazione delle città campane (e di alcune sull’Adriatico) come «civitates sine suffragio» nel nuovo stato romano e il primo contatto diretto col mondo greco. Nel 298 furono i Lucani a chiedere l’aiuto dei Romani per difendersi dalle aggressioni dei Sanniti. Al termine di queste guerre, Roma era riconosciuta come la principale potenza dell’Italia e le città etrusche già nel corso delle guerre si sottomisero a essa. Numerose furono le forme di integrazione nello stato romano, oltre alle colonie, municipi e alle «civitates sine suffragio» (cioè con limitati diritti politici) si ebbero città amministrate da prefetti e città deditizie.

Rimaneva come rivale solo la città di Taranto, anche in questo caso la città si rese responsabile di un’aggressione a una città alleata di Roma (Thurii), Taranto non capace di reggere lo scontro con Roma chiamò in soccorso Pirro re dell’Epiro, ma tale scelta si rivelò infelice, l’ambizioso Pirro intendeva soggiogare l’Italia meridionale e centrale. L’esercito greco attaccò diverse città e gli stessi Romani ma alla fine nel 275 venne sconfitto. Nei decenni successivi si ebbe un consolidamento dello stato romano, i Sabini e gli Ernici ottennero la piena cittadinanza romana, seguiti progressivamente da altri popoli.

Con l’esclusione del Nord, allora considerato un territorio di scarso interesse abitato da popolazioni poco civilizzate e delle isole, l’unità d’Italia venne raggiunta.

(luglio 2020)

Tag: Luciano Atticciati, storia di Roma, Etruschi, Latini, Sabini, Sanniti, Ernici, Equi, Volsci, unificazione dell’Italia da parte dei Romani, Veio, sette re di Roma, Roma monarchica, Roma repubblicana, unificazione dell’Italia da parte di Roma.