La fine dell’Impero Romano
Gli eccessi di burocrazia e della pressione fiscale impoverirono lo stato e furono le principali cause del crollo dell’Impero Romano

La fine dell’età classica vede gli storici divisi a seconda che si prenda in considerazione l’aspetto strettamente istituzionale o quello culturale. Per i primi la fine si colloca nel 476 quando Odoacre pose termine all’Impero Romano d’Occidente, mentre se consideriamo la fine dei valori sui quali l’Impero si reggeva, il senso dello stato soprattutto, la datazione è molto precedente, sarebbe singolare collocare Sant’Agostino (che pure era relativamente moderato) e molti dei Padri della Chiesa con il loro ripudio di tutto ciò che non è rigorosamente spirituale, nel mondo classico.

Per alcuni studiosi la crisi dell’Impero Romano ebbe inizio nel III secolo, dal 235 al 270 si ebbe il periodo di anarchia militare che ebbe una temporanea sospensione con la breve ascesa al potere imperiale di Aureliano, dopo di che si ebbe una nuova crisi durata quasi dieci anni. Sebbene il fatto fosse notevole, la vera ristrutturazione dello stato sulla base di valori fortemente estranei a quelli tradizionali romani si ebbe con Diocleziano (284-305) e Costantino (306-337).

Diocleziano nacque da una famiglia di umili origini, ma entrato nell’esercito scalò le sue gerarchie e infine come i suoi predecessori venne acclamato imperatore dalle sue legioni. La situazione di equilibrio costituzionale era già di fatto compromessa, ma Diocleziano diede il colpo finale esautorando il Senato e rendendo gli alti funzionari (alcuni dei quali eunuchi) di nomina imperiale. Ulteriore aggravamento si ebbe con l’accrescimento dell’apparato amministrativo e gli effettivi dell’esercito, nonché un vasto programma edilizio, innovazioni che vennero finanziate con un duro inasprimento fiscale. Lo scrittore Lattanzio scrisse che c’erano più burocrati che contribuenti e, sebbene ciò fosse ovviamente esagerato, la pressione fiscale portò all’abbandono di molte attività economiche e per far fronte a tale fenomeno venne imposto ai figli di subentrare nel lavoro dei padri, venne limitata la mobilità sociale e imposto l’obbligo per i contadini di residenza nei centri rurali. Ai responsabili dell’esazione delle tasse fu imposto di far fronte con il proprio patrimonio se non riscuotevano quanto previsto, fatto che spinse molti a rinunciare alla carica. Venne introdotta una nuova moneta aurea che essendo ben quotata sparì presto dalla circolazione mentre il successivo editto sui prezzi dei beni di consumo provocò la sparizione di molte merci. Diocleziano fu Pontefice Massimo e quindi capo dei culti ufficiali e assunse il titolo di «Iovius» («Giove») e «dominus et deus» per confermare la sua indiscutibile autorità, nonché impose la prosternazione di fronte a lui come nel cerimoniale delle autocratiche monarchie orientali. Diocleziano istituì il sistema di suddivisione dell’Impero, la cosiddetta tetrarchia affinché il comando di ciascuna regione minacciata dall’esterno potesse rapidamente agire, ma ciò causò nuove turbolenze nella successione quando Diocleziano (unico imperatore a farlo) diede le dimissioni.

Per gli storici sotto il dominio di Diocleziano o di Costantino iniziò quel fenomeno che per ragioni diverse continuò nel Medio Evo di scomparsa della piccola proprietà contadina, per sfuggire alla dura tassazione molti agricoltori preferivano cedere le loro terre (e lavorare come coloni) ai latifondisti esentati dalle tasse in virtù di alcuni servizi pubblici a livello locale che svolgevano attraverso i loro eserciti privati. In alcune zone si ebbe poi la fuga dalle campagne verso le città a causa del brigantaggio (conseguente in parte dall’impoverimento causato dalla eccessiva pressione fiscale) e delle razzie dei barbari di oltre confine. Costantino è particolarmente noto per l’editto di tolleranza in materia religiosa, tanto da essere considerato santo da alcune Chiese orientali, scelta che si ritiene operata per l’atteggiamento passivo dei cristiani nel campo politico. Costantino si ritenne il capo delle Chiese cristiane che già conoscevano un forte arricchimento e una certa decadenza morale, ma contemporaneamente si ritenne anche Pontefice Massimo e quindi sovrintendente dei culti pagani. Per volontà dell’imperatore e della sua corte prevalse il culto del «Sol Invictus», culto che ben si conformava all’idea di un’autocrazia. Costantino dopo aver eliminato parte della sua famiglia che riteneva ostile, seguì la dura politica economica di Diocleziano, ma si discostò da lui nel concedere importanti esenzioni fiscali alle Chiese e nel campo militare aumentando ulteriormente gli effettivi e spostando i reparti dai confini nelle città, esponendo queste alle razzie compiute dai soldati quando non venivano pagati. Negli stessi anni venne stabilito il primo grande accordo fra Impero e le popolazioni barbariche ai confini. Venne concesso ai Visigoti di stabilirsi all’interno dello stato in cambio della protezione della parte di frontiera a loro più vicina, mentre un certo numero di barbari entrò nell’esercito e arrivò anche ad alti gradi. Singolarmente alla sua morte venne divinizzato dal Senato ma sepolto in una chiesa cristiana. Secondo le sue disposizioni sarebbero stati tutti e quattro i figli a succedergli ma dopo pesanti contrasti solo il figlio Costanzo II divenne imperatore. Nonostante le disposizioni testamentarie il figlio di Costantino dovette affrontare diversi usurpatori, oltre che continui attacchi alle frontiere del vasto Impero. Il suo regno fu caratterizzato da varie dispute teologiche in grado di creare sommovimenti, la principale delle quali fu l’arianesimo che in qualche modo si avvicinava a una visione autoritaria della società. Diversamente dal padre, Costanzo ne divenne sostenitore sia pure in maniera moderata e in un periodo di opprimente pressione fiscale dichiarò che le terre delle Chiese fossero esentate. Non si limitò a ciò, tollerò le violenze contro Ebrei e pagani che costituivano ancora gran parte della popolazione.

Il periodo della turbolenta affermazione del Cristianesimo venne interrotto dall’avvento nel 361 al trono imperiale di Giuliano cugino di Costanzo II. L’imperatore filosofo (ingiustamente detto l’Apostata), lontano dalle manie di grandezza dei predecessori, ammise piena libertà di culto e tentò di restaurare le antiche tradizioni romane con una certa predilezione per il platonismo e lo stoicismo. Fu anche un buon amministratore, favorì il decentramento amministrativo e una politica fiscale più equa, ma il suo regno non durò a lungo.

Esauritasi la dinastia di Costantino, riprese l’ascesa al potere dei generali a opera delle proprie legioni e nel 364 divenne imperatore Valentiniano che associò al governo (in Oriente) il fratello Valente, il figlio Graziano e infine il secondo figlio Valentiniano II. Il nuovo imperatore, sempre impegnato nei combattimenti sui confini dello stato, riprese la politica dei predecessori con aumenti di tasse che indebolirono ulteriormente l’economia. Altra sua caratteristica fu l’uccisione di chiunque potesse apparire un oppositore, ma non intervenne nelle dispute teologiche che avevano creato tensioni in Oriente. Il fratello Valente non è ricordato per fatti significativi, l’evento principale fu la sua morte, venne ucciso (caso che destò terrore) nel 378 in una battaglia che lo contrapponeva a Visigoti e altri gruppi di barbari. Il figlio Graziano sotto l’influenza del Vescovo di Milano Ambrogio rinunciò alla tradizionale carica di Pontefice Massimo, confiscò i beni e i possedimenti terrieri dei templi pagani in un periodo in cui i seguaci degli antichi culti erano ben presenti fra i senatori e all’interno della popolazione. Morì giovane fatto assassinare da un usurpatore, così come Valentiniano II che si ritiene sia stato ucciso dal generale di origine barbarica Arbogaste.

Prima di morire, Graziano associò al governo il generale Teodosio che successivamente, rimasto unico imperatore, fu l’ultimo a tenere il potere in forma piena in Occidente. Oltre che per l’editto di Tessalonica che faceva del Cristianesimo di fede nicena la religione di stato nonché per il favorire la distruzione dei templi pagani, il nuovo imperatore considerato santo da alcune Chiese orientali è ricordato per aver aumentato notevolmente la presenza di barbari nell’esercito. Sintomatico dell’epoca fu l’enorme peso che ebbe il Vescovo di Milano Ambrogio sull’imperatore e sulla politica in generale.

La barbarizzazione dell’esercito venne considerata da molti come un fatto negativo, ma considerando la crisi economica e finanziaria divenne una scelta quasi obbligata. L’affermazione del Cristianesimo contribuì alla perdita del senso dello stato, comunque nel periodo successivo a Costantino nonostante ribellioni e usurpatori le istituzioni centrali riuscirono a mantenere una relativa stabilità, che invece si perse in Occidente nel periodo successivo a Teodosio quando si stanziarono in maniera definitiva i popoli germanici nell’Impero e i generali romani di origine barbarica divennero i padroni di fatto dell’Occidente.

Le Chiese orientali diedero sostegno agli imperatori di Costantinopoli, mentre le Chiese d’Occidente tennero un comportamento diverso ed erano portate a ritenere l’imperatore sottoposto alla loro guida, ciò favorì l’instabilità politica della parte occidentale dell’Impero. Così in questa regione si disputarono il potere il Senato, l’esercito, l’imperatore dell’Oriente e i capi dei barbari, di fatto l’imperatore divenne un titolo con scarsi poteri, i personaggi più importanti furono i «magister militum» generalmente di origine barbarica, sempre impegnati a contenere l’avanzata dei barbari. A metà del V secolo la minaccia degli Unni a nord e dei Vandali a sud provocò un ulteriore danno economico ed erariale, mentre gli imperatori si alternarono in rapida successione, lasciando scarse tracce del loro dominio, tanto che alcuni storici considerano il periodo come un periodo di anarchia. Negli anni successivi l’imperatore d’Oriente Zenone riconobbe il potere dei capi germanici in Spagna, Italia e successivamente nella Gallia, dando vita ai regni romano barbarici.

(febbraio 2024)

Tag: Luciano Atticciati, crollo dell’Impero Romano, Diocleziano, Costantino, Costanzo II, Giuliano l’Apostata, Valentiniano, Teodosio, Visigoti, fine dell’Impero Romano, barbarizzazione dell’esercito.