Il Ministro Valditara, la «Giornata della Libertà» e il comunismo: quando la mistificazione storica offusca la ragione
La lettera che ha scatenato le ire delle organizzazioni di Sinistra e la polemica liberaldemocrazia/comunismo

Che la lettera che il Ministro Valditara spedì ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche l’8 novembre 2022, vigilia dell’anniversario dell’abbattimento del muro di Berlino, potesse scatenare una serie di obiezioni da parte dei partiti di Sinistra e delle varie organizzazioni che a essi guardano, si allineano o fingono di allinearsi (ANPI in testa) era cosa prevedibile. Ma tacciarlo di essere un manipolatore della verità storica, come ha fatto l’USB (Unione Sindacale di Base) è una cosa che al giorno d’oggi non dovrebbe accadere, anche perché – come si vedrà fra poco – una manipolazione c’è stata, non però da parte del Ministro.

Premessa: con la Legge 15 aprile 2005, numero 61 viene istituita la celebrazione in data del 9 novembre della «Giornata della Libertà». Quest’anno il neo Ministro, dopo aver ringraziato il personale delle scuole per «l’arduo compito educativo di istruzione e formazione», ha inviato agli studenti una lettera, di cui forniamo qui di seguito il testo integrale:

«Care ragazze e cari ragazzi,

la sera del 9 novembre del 1989 decine di migliaia di abitanti di Berlino Est attraversano i valichi del Muro e si riversano nella parte occidentale della città: è l’evento simbolo del collasso del blocco sovietico, della fine della Guerra Fredda e della riunificazione della Germania e dell’Europa. La caduta del Muro, se pure non segna la fine del comunismo – al quale continua a richiamarsi ancora oggi, fra gli altri Paesi, la Repubblica Popolare Cinese – ne dimostra tuttavia l’esito drammaticamente fallimentare e ne determina l’espulsione dal Vecchio Continente.

Il comunismo è stato uno dei grandi protagonisti del ventesimo secolo, nei diversi tempi e luoghi ha assunto forme anche profondamente differenti, e minimizzarne o banalizzarne l’immenso impatto storico sarebbe un grave errore intellettuale. Nasce come una grande utopia: il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri. E si rivela drammaticamente vera l’intuizione che Blaise Pascal aveva avuto due secoli e mezzo prima della Rivoluzione Russa: “L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia”.

Gli storici hanno molto studiato il comunismo e continueranno a studiarlo, cercando di restituire con sempre maggiore precisione tutta la straordinaria complessità delle sue vicende. Ma da un punto di vista civile e culturale il 9 novembre resterà una ricorrenza di primaria importanza per l’Europa: il momento in cui finisce un tragico equivoco nel cui nome, per decenni, il continente è stato diviso e la sua metà orientale soffocata dal dispotismo. Questa consapevolezza è ancora più attuale oggi, di fronte al risorgere di aggressive nostalgie dell’impero sovietico e alle nuove minacce per la pace in Europa.

Il crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell’utopia rivoluzionaria. E non può che essere, allora, una festa della nostra liberaldemocrazia. Un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito. E tuttavia, l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo, sia esso nobile o ignobile.

Per tutto questo il Parlamento Italiano ha istituito il 9 novembre la “Giornata della Libertà”. Su tutto questo io vi invito a riflettere e a discutere.

Professor Giuseppe Valditara».

Questa è la lettera del Ministro: un testo breve, di semplice lettura, che dimostra una conoscenza perlomeno di base, e comunque sicura, degli argomenti trattati. Evidentemente l’USB non la pensa così: nata il 23 maggio 2010 dalla fusione tra SdL Intercategoriale e RdB, di ideologia dichiaratamente comunista ed euroscettica, conta attualmente circa un milione di iscritti (dati suoi) e punta a diffondersi in tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di costruire un’alternativa di massa ai sindacati confederali (offre anche servizi fiscali, di patronato, uffici vertenze e legali, oltre ad avere vari sportelli per immigrati); in realtà, i risultati conseguiti sono stati finora assai modesti. Il 9 novembre l’USB Scuola diffonde un comunicato, una vera e propria contro-lettera dal titolo Ministro Valditara, la storia non si manipola, si studia. Anche di questa si riporta il testo integrale, per poi fare alcune necessarie osservazioni:

«La lettera che il Ministro Valditara ha voluto recapitare agli studenti delle scuole italiane è la solita solfa anticomunista, tipica di chi fa della storia un campo in cui si cerca una rivincita sulla storia stessa, quella che ha decretato la fine dei due grandi totalitarismi (se proprio dobbiamo usare questa categoria che al comunismo mal si applica) del ventesimo secolo, il fascismo e il nazismo, quelli sì realmente scomparsi. Chi oggi invita a “educare” le giovani generazioni raccontando la caduta del Muro di Berlino come la “fine del comunismo” non fa un buon servizio alla scuola pubblica statale italiana, che invece necessita di maestri in grado di fornire letture precise e argomentate, di analisi critiche ma anche di verità storiche incontrovertibili.

La caduta del Muro di Berlino non ha determinato la fine di un’utopia o di un ideale (basti pensare alla rivoluzione cubana e alla sua attuale vitalità), ha semplicemente sancito la scomparsa del blocco sovietico, a cui avevano guardato con entusiasmo e speranza milioni di uomini e donne. Altro che “paradiso in terra”, ma evento reale che liberava gli individui dal dominio padronale e dalla miseria, fornendo una risposta non metafisica ma materiale al bisogno di libertà/liberazione dallo sfruttamento capitalistico. Nessuno nega il portato di drammaticità dell’esperienza sovietica, ma non ci affascina la modalità “interventista” e finto-dialogica tra istituzioni e giovani generazioni che lei vuole mettere in atto, ancora più odiosa perché la lettera è un condensato di revisionismo e apologia del liberalismo, ma anche di chiacchiere da bar oltre che contenere un posizionamento chiaro nelle vicende belliche attuali, come dimostreremo.

Qui non si tratta davvero di replicare in maniera identitaria alle tesi storiografiche sottese alla lettera. Essa viene da almeno un ventennio di rivisitazione unilaterale del ’900, da equiparazioni tendenziose di esperienze profondamente diverse, da una vera e propria riscrittura a uso politico della storia.

Ai colleghi e agli studenti che oggi l’hanno letta non opponiamo facili letture della storia, ma suggeriamo di lavorare sul testo e sulle intenzioni, e di rispondere a tre domande:

1) Perché oggi un testo così spiccatamente anticomunista? Oltre che per ragioni di composizione politica dell’attuale Governo, c’è qualcosa di più profondo. La necessità di esorcizzare l’ipotesi reale di un modello sociale che è stato capace di essere alternativa vera per centinaia di milioni di uomini, che continua a farlo in alcune parti del mondo, e che alla luce della crisi sociale, economica e di civiltà nella quale siamo immersi, potrebbe tornare a essere un orizzonte pensabile, ovviamente nelle forme nuove che mai ricalcano le precedenti, anche nell’Occidente capitalistico.

2) Perché l’Unione Sovietica e il passaggio sulla Russia? È evidente che l’altro problema è la Russia, ovvero ciò che non si allinea passivamente alle volontà imperialistiche occidentali. Attenzione, neanche qui stiamo sostenendo quel Paese o le sue scelte, ma stiamo dando una lettura che riconosce la complessità e la portata dello scontro in atto, la transizione, tutt’altro che pacifica, verso un mondo multipolare, la crisi energetica, la corsa per l’accaparramento delle risorse, eccetera eccetera. Nulla di riducibile a una lettera o a una tesi precostituita.

3) E veniamo alla terza domanda. Che considerazione ha il Ministro dei docenti e degli studenti delle scuole italiane? Ha certamente l’idea di poterli indirizzare e condizionare, di potere sdoganare definitivamente una lettura fintamente problematica ma invece aprioristicamente convinta di approdare a una tesi, che il comunismo aveva tante buone intenzioni ma non ne ha realizzata manco una, trasformandosi in regime mostruoso e tirannico. A non pensarla così non sono solo i comunisti, ma qualunque storico serio e preparato.

Per questa e tante altre ragioni chiediamo ai colleghi nelle classi di fare storia, di raccontare quel 1989 attraverso lo sviluppo del pensiero critico e del sapere, che sembra essere l’unico elemento che i Ministri degli ultimi decenni non riescono neanche a citare».

Questa è la lettera dell’USB. Prima di rispondere alle tre domande che propone (domande retoriche, dato che offre già una risposta, ovviamente indirizzata in modo ideologico), bisogna porre in luce alcuni passaggi:

1) si dice che la categoria di totalitarismo «al comunismo mal si applica»: c’è da chiedersi come sarebbe da definirsi un regime che dispone di una polizia politica segreta (in Unione Sovietica la Ceka, poi sostituita dalla Ghepeù), che controlla tutti e tutto, persino le espressioni artistiche (per esempio, nel periodo sovietico i compositori russi dovevano attenersi nello scrivere musica ai canoni del «realismo socialista», cioè a fare una musica ottocentesca, anacronistica e non innovativa, adatta a infervorare il popolo: una coercizione simile non c’era neppure nella Germania di Hitler);

2) poche righe dopo, si precisa che «la caduta del Muro di Berlino non ha determinato la fine di un’utopia o di un ideale […], ha semplicemente sancito la scomparsa del blocco sovietico»; il Ministro Valditara ha scritto che la caduta del Muro di Berlino «è l’evento simbolo del collasso del blocco sovietico» e ah ammesso che «non segna la fine del comunismo». Ma i sindacalisti dell’USB hanno letto bene la sua lettera, prima di criticarla?

3) il comunismo viene definito un «evento reale che liberava gli individui dal dominio padronale e dalla miseria, fornendo una risposta non metafisica ma materiale al bisogno di libertà/liberazione dallo sfruttamento capitalistico» (perché allora è stato rifiutato da quasi tutti i Paesi che lo hanno vissuto?), ma subito dopo si aggiunge che «nessuno nega il portato di drammaticità dell’esperienza sovietica». Ah! Questo è precisamente quello che diceva il Ministro e che viene rivelato da tutte le principali ricerche storiche, comprese quelle di Sinistra;

4) sempre i solerti sindacalisti dell’USB si lamentano che «la lettera è un condensato di revisionismo e apologia del liberalismo». A parte il fatto che la storia è un continuo studio e revisione anche di molti di quei concetti che vengono dati ormai per certi (altrimenti non sarebbe una scienza, che è per definizione una continua ricerca), il Ministro Valditara, parlando della liberaldemocrazia, ha ammesso che si tratta di «un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito» (è apologia, questa?), ma che è anche «l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo», e questo è stato provato dalla storia: nei Paesi democratici e liberali c’è molta più libertà e possibilità di ottenere giustizia che in qualunque Paese di stampo comunista.

Passiamo ora alle tre domande che vengono poste. La prima è: «Perché oggi un testo così spiccatamente anticomunista?»

Potrei anche sottoscrivere la loro risposta: perché ci potrebbe essere un ritorno in auge del comunismo, o meglio del neocomunismo. Come ha spiegato il Professor Guido Zagheni in I Cattolici Italiani e il PCI (pagine 132-134), il neocomunismo è «una nuova forma di pensiero e di azione per avvicinarsi alla realtà “mondializzata”. […] Composta da una moltitudine di gruppi e coltivando una visione pessimistica dell’evoluzione economica ed ecologica del mondo, tale nebulosa designa un nemico comune, il “neoliberalismo” […]. L’ideologia dominante […] coincide con le forme primordiali del comunismo, quello premarxista e prebolscevico: tale ritorno alle origini […] ha riavvicinato – con l’eccezione di qualche fautore dell’ortodossia leninista – istanze a prima vista inconciliabili (marxiste, neomarxiste, libertarie e anche cristiane) disperse sotto i molteplici stendardi del multiculturalismo, della decrescita, del terzomondismo, neozapatismo, nonché di alcune frange dell’islamismo radicale. […] Sebbene i riferimenti ideologici del neocomunismo appaiano estremamente eterogenei, essi convergono per fare della sofferenza e della rabbia del povero le leve di una redenzione della società, dinanzi a un mondo occidentale chiamato al pentimento e alla condivisione.

Così avviene in Italia, dove chi era di sicura fede comunista, si percepisce “senza patria” e deve cercare un calore ideologico a tutti i costi, purché abbia il “profumo” del passato: nascono simboli, arcobaleni, legami “nuovi”, ma all’interno di una costellazione che ormai è ampiamente tramontata». E non sarà certo l’USB a farla risorgere.

La seconda domanda che viene posta è: «Perché l’Unione Sovietica e il passaggio sulla Russia?»

La risposta che viene data non è quella più logica (l’Unione Sovietica è stato il primo Paese comunista e ha trainato gran parte del mondo nella sua visione), ma che il «problema è la Russia, ovvero ciò che non si allinea passivamente alle volontà imperialistiche occidentali». Scusate, ma il vero imperialista, in questo momento, mi sembra Putin! È lui che sta scatenando guerre per far risorgere l’Impero degli Zar (pensiamo agli otto anni di guerriglia nel Donbass con truppe speciali russe mimetizzate in abiti civili, all’annessione unilaterale della Crimea che era stata assegnata all’Ucraina con cui la Russia aveva firmato un trattato con cui ne garantiva l’integrità territoriale...).

Veniamo ora alla terza domanda: «Che considerazione ha il Ministro dei docenti e degli studenti delle scuole italiane?»

La risposta è che «ha certamente l’idea di poterli indirizzare e condizionare, di potere sdoganare definitivamente una lettura fintamente problematica ma invece aprioristicamente convinta di approdare a una tesi, che il comunismo aveva tante buone intenzioni ma non ne ha realizzata manco una, trasformandosi in regime mostruoso e tirannico. A non pensarla così non sono solo i comunisti, ma qualunque storico serio e preparato». Invece, gli storici seri e preparati, anche di Sinistra, sono dell’avviso che il comunismo, per come è stato concepito, non poteva che avere un esito contrario rispetto alle attese; così l’avevano capito anche molti intellettuali russi che avevano visto la deriva della società prima ancora che il comunismo prendesse il potere, e molti altri che ne videro gli effetti dopo che ebbe preso il potere. Come ha detto Richard Pipes, uno dei maggiori conoscitori del fenomeno (più che di una dottrina politica, il comunismo si è caratterizzato come un «fenomeno storico» innervato nella società), «il comunismo non è stato una buona idea che ha avuto un cattivo esito: è stato una cattiva idea».

Per concludere, possiamo dire che una manipolazione storica e una lettura ideologica della storia c’è stata in effetti, ma non da parte del Ministro Valditara: da parte dell’USB!

(gennaio 2023)

Tag: Simone Valtorta, lettera del Ministro Valditara, Giornata della Libertà, comunismo, USB, Legge 15 aprile 2005 numero 61, Guido Zagheni, Richard Pipes.