Gli Zar e l’Europa
Non solo Putin

Anni Sessanta del secolo XIX. Un singolare personaggio viene catalogato come una spia russa dai Tedeschi. Si tratta del Garfagnino Ermete Pierotti che effettivamente a Pietroburgo era di casa. Nulla è stato davvero provato al riguardo. I Tedeschi in una loro pubblicazione sollecitano addirittura due date presunte di morte. Una ufficiale, ossia il 1880. L’altra, un presunto 1888 in cui l’ormai «defunto» Ermete pubblicava ancora. Aveva assunto un’altra identità?

Un cattolico liberale alla Corte degli Zar. Così potremmo definire il quadretto. L’allora Zar Nicola II, come i suoi predecessori, aveva come obiettivo prioritario lo sbocco sul Mediterraneo e naturalmente una efficace politica in Medio Oriente. Il cugino di Sua Maestà Britannica Vittoria Windsor che aveva monopolizzato i traffici mercantili in una sorta di «mare nostrum» inglese e con la prospettiva dell’apertura del Canale di Suez, metteva uno degli Imperi più immensi e con le più grandi ricchezze del pianeta nella condizione di rivendicare un ruolo strategico importante in quell’area e nell’intero Mediterraneo.

Quando Napoleone I realizzò la Campagna d’Egitto, pose definitivamente fine al mercantilismo arabo. Gli Arabi nel corso di tutto il Settecento avevano continuato in maniera ancora corposa la pirateria mediterranea, tanto da continuare a impegnare il porto strategico di Livorno attraverso il Cavalierato di Santo Stefano in operazioni di pattugliamento e controllo. Le truppe francesi al Cairo decisero le sorti del Mediterraneo. Potenze egemoni qui furono però sempre Gran Bretagna e anche Stati Uniti. Sfatiamo l’idea che la nascente potenza d’oltre Oceano non fosse già molto attiva prima della Guerra di Secessione e della costituzione dell’Unione Federale come la conosciamo adesso. Un Console come Appleton ad esempio nel porto labronico non svolgeva un compito di sola facciata e al pari dei cugini inglesi sapeva controllare i movimenti mercantili. Ermete, presumo grazie alle sue conoscenze londinesi e parigine,[1] ma soprattutto in quanto lui era un cattolico liberale contrario al potere temporale dei Papi, era capace di «intrufolarsi» facilmente nelle pieghe di un sistema Europa che doveva controllare, anche in un contesto politico così diverso dall’attuale, di pesi e contrappesi.

Perché anche in quel periodo le ricchezze russe, per quanto non sia paragonabile la dipendenza energetica di adesso al XIX secolo, facevano pesare il piatto della bilancia a favore di Pietroburgo.

Non dimentichiamo con chi si era imparentato il grande Napoleone I: con Demidoff, che era il magnate russo più ricco del tempo, addirittura più dello Zar.

I «cugini» di Ermete Pierotti questi personaggi se li tenevano in casa, a Bagni di Lucca, dove Demidoff stesso e la sua famiglia erano divenuti cittadini onorari. Sin dai tempi della dominazione napoleonica. La loro presenza non si era mai dissolta, neppure nel corso del tempo.

Esaminerei al riguardo proprio il ruolo assunto dai Russi ma anche dagli emergenti Stati Uniti e dagli Inglesi nel Mar Mediterraneo. Riagganciando la figura dello «scienziato» Ermete. Nel 1848 viene accusato di aggiotaggio e aiutato a fuggire da Genova senza che gli venga affibbiato nessun processo. Ermete non verrà processato e dunque neppure condannato. Dopo un «gran tour» nei territori ellenici del Mediterraneo (con quale denaro?), Ermete si stabilisce in Palestina al soldo del Pascià che lo ha accolto favorevolmente e che gli affida la costruzione dell’acquedotto, essendo Ermete un valente ingegnere idraulico. L’attuale acquedotto palestinese è opera sua. Ermete si impegna nei cunicoli del Tempio e le sue ricerche ottengono strepitosi risultati ma soprattutto si allea con l’esploratore Miani di Venezia che nell’intento di esplorare le fonti del Nilo riceve da Ermete finanziamenti (con quale denaro?). Poi Ermete decide di non finanziare più il Miani, allora questi lo denuncia ed Ermete fa imbastire un processo farsa a Genova per farsi condannare, così finalmente nessuno potrà più «importunarlo» sulla questione. Processo farsa perché verrà condannato a un anno di reclusione che non farà mai perché vivrà indisturbato tra Parigi, Londra, e naturalmente Pietroburgo. Con molte puntatine in Italia.

È evidente che la costruzione del Canale di Suez, il passaggio nell’Oceano Indiano e verso i territori asiatici faceva gola anche al nascente Governo Italiano unitario. Miani mica era lì solo come semplice esploratore! Basti pensare ai grandi riconoscimenti ricevuti. I riconoscimenti del «laicismo italo-sardo».

Pierotti era un cattolico liberale, cosa ci azzeccava con il laicismo italo-sardo? Nulla, e infatti non finanziò più il Miani. Pierotti stava a Parigi con Napoleone III, peraltro ospitato in casa dei suoi cugini nel 1837 a Benabbio, Bagni di Lucca, quando era qui un rifugiato mazziniano.[2] È evidente che i finanziamenti qui li ricevesse nella tipografia Rothschild, come compare in nota in una sua celebre pubblicazione.[3]

Ma Pierotti a Londra verrà curato da una brutta malattia dal suo amico membro della Royal Society, il reverendo Barney, che si preoccuperà anche di far finanziare le sue pubblicazioni londinesi. Il personaggio Ermete poteva anche essere equivoco, non lo sappiamo, ma in Palestina aveva servito l’Ordine Francescano e scoperto addirittura le fondamenta della biblioteca di Alessandria d’Egitto. Molte sono le cose che non sappiamo di lui. Neppure la data di morte, visto che quella ufficiale è il 1880, mentre ancora nel 1888 pare pubblicasse come se fosse vivo e vegeto. Era, ribadisco, sotto copertura?

Lo Zar era cugino della Regina Vittoria. Nessun interesse comune nel Mediterraneo, ma a pensar male non ci si rimette mai, e ribadisco che si tratta solo di un’ipotesi, sottobanco qualche accordo ci sarà pure stato. Ermete si era prestato? Non così suppongo dopo la caduta di Napoleone III, quando il nuovo Governo Repubblicano Francese poteva essere nelle sue corde. Lui era sì contro il potere temporale dei Papi, ma era pur sempre di matrice cattolico liberale. Dove voleva spingersi lo Zar nel Mediterraneo in quel periodo? E oggi la Russia ha le medesime ambizioni?

Voglio fare riferimento a un bellissimo articolo di Silvia Colombo su «ISPI» del 15 ottobre 2020, in riferimento a quanto è accaduto nell’estate di quell’anno, oltre il covid.

L’origine della disputa chiama in causa l’Unione Europea perché la Grecia, uno dei suoi membri, da parecchi decenni è in disaccordo con la Turchia circa la delimitazione dei rispettivi confini marittimi. In primo luogo (e qui entra in gioco la questione energetica) l’«escalation» dovuta ai ritrovamenti di idrocarburi nel fazzoletto di mare tra Egitto, Cipro, Grecia, Turchia e Israele, essenziali nell’aumentare la pressione sulle parti in gioco. Si ribadisce nell’articolo citato che il marcato spostamento del conflitto dal piano bilaterale a quello regionale in seguito alla ricerca risponde ad alleanze da parte dei due contendenti (da parte turca per togliersi dall’isolamento internazionale e da parte greca per saggiare la possibilità decisionale sua e dei suoi «partner») ha messo in campo altri attori come Egitto, Emirati Arabi, Francia, Israele, Russia, con collegamento tra altri conflitti in corso quali Libia e tensioni nel Golfo, scontro ideologico intrasunnita ma anche Nagorno-Karabakh. Il Mediterraneo è ancora una volta terreno di battaglia. L’Unione Europea non è stata in grado di offrire una risposta unitaria e coesa alla crisi. L’Unione Europea non è credibile sia perché due Stati membri sono coinvolti nel conflitto sia perché, come è accaduto in un incontro in Corsica dei così detti Med7 il 10 settembre 2020, la diplomazia euro- mediterranea ha messo in evidenza le differenti vedute e i veti incrociati tra gli Stati membri.

E allora agganciamo l’attuale «conflitto» in corso. La Russia accusa la Nato di attività di interferenza (nel Mediterraneo in questo caso) dove Putin usa la Siria come piattaforma strategica, e della narrazione strategica, nel bacino. Putin voleva davvero combattere lo Stato Islamico? Che cosa rappresenta la Siria per la politica russa? E l’Europa c’è o ci fa? Sicuramente non c’è, che ci faccia lo dubito, troppe diplomazie e interessi di parte.

Torno al buon Ermete. E allo Zar. La partita si gioca da sempre nel Mediterraneo, non in Europa. E queste poche note lo confermano. Sicuramente non diversamente da quanto accadeva già nel XIX secolo. E la prima responsabilità è europea.

Ve li ricordate i «giochi senza frontiere»? Quelli che appartengono alla mia generazione li hanno seguiti, molto divertenti e bene organizzati. Ma erano solo uno specchietto per le allodole.

Francamente ero una ragazzina e non avrei immaginato che i proclami economici di quegli anni in Europa non tendessero a uniformare una strategia politica complessiva nel corso del tempo. Avevamo ancora l’URSS però, schiacciati dalla Guerra Fredda, al riparo viene da dire adesso, la vecchia Ceca che poi divenne CEE forse qualche multinazionale in meno e qualche gestione politica meno miope avrebbe potuto espletarla. Da ragazzi si è sempre ottimisti.

All’epoca non conoscevo troppo nel profondo i fatti che avevano visto coinvolto il «mio avo» Ermete. Ero solo una studentessa modello, almeno per quanto riguardava la storiografia.

Oggi mi rendo conto che si «salva» solo la Gran Bretagna, soltanto perché sta fuori dall’Unione che di fatto non è politicamente esistente. E gli Stati Uniti, in grosso affanno, stanno al di là dell’Oceano. Il colosso russo non ha mai teso a fare un salto di qualità, quasi riproponendo dopo la caduta del muro il suo modello antico, l’unico realmente duraturo da quando i Romanov divennero espansivi sul piano politico.


Note

1 Ermete a Londra frequentava il reverendo Barney e a Parigi pubblicava nella tipografia Rotschild, la stessa che vedeva collaborazioni col Sovrano Napoleone III. In Italia pubblicava per i fratelli Pellas.

2 Nicola Laganà, Da Menabbio a Benabbio, edizioni Bagni di Lucca 2007.

3 Ermete Pierotti, Il tribunale dei Papi al cospetto del tribunale della verità, Genova, fratelli Pellas 1866.

(aprile 2022)

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