Tunguska
Una strage di alberi

Tunguska è una povera e disabitata località della Siberia sul fiume Tunguska Pietrosa, che scorre nel territorio di Krasnojarks, alla latitudine di poco più di 50° Nord. Questo nome divenne famoso in tutto il mondo quando, nel 1908, precisamente il 30 di giugno alle ore 7:14 (0:14, notte piena in Europa), accadde una tremenda esplosione che provocò un boato tanto potente da essere avvertito a 10.000 chilometri di distanza, mentre sprigionò un lampo che fu osservato a 700; sicuramente lo scoppio fu avvertito in Europa, nelle Indie Orientali, negli USA.

Con esattezza non è stato definitivamente chiarito e ricostruito il fenomeno: s’ipotizzò solamente che un corpo celeste (meteorite o cometa?) sia scoppiato abbattendosi al suolo oppure sia esploso alla quota di 10 o 15 chilometri sulla superficie terrestre. L’unica cosa certa è che da quando l’uomo ha lasciato memoria scritta in merito agli eventi catastrofici che avvengono sul Pianeta Terra, quello che si è verificato a Tunguska è da ritenere il più importante fenomeno esplosivo.

Lo scoppio fece una strage di alberi (dai 60 agli 80 milioni) su un territorio enorme di circa 2.150 chilometri quadrati. Facendo un confronto con i terremoti, con riferimento alla Scala Richter, l’onda d’urto dell’esplosione è stata valutata da 5 a 8.

Evenki, indigeni del Nord Siberiano, e coloni russi, sulle colline a Nord del Lago Baikal quel giorno, indicativamente alle ore 7:17, osservarono una colonna di luce di colore bluastro, luminosa quasi come il sole, salire in cielo. Poco tempo dopo, videro un lampo e sentirono scoppi come fosse stata un’artiglieria in azione. L’onda d’urto ha fatto cadere a terra molte persone e vetri delle finestre furono rotti: il tutto a centinaia di chilometri di distanza. Secondo il racconto di osservatori posti a oltre 500 chilometri di distanza, dopo lo scoppio, si vide alzare all’orizzonte un’immensa colonna, che non seppero definire se di fumo o di polvere. Il Russo Semen Semenov, che si trovava a 65 chilometro da Tunguska, precisamente a Vanavara, dichiarò al mineralogista russo Leonid Kuliknel che a un certo momento ebbe l’impressione che il cielo si dividesse in due, poi la parte nordica si riempì di fuoco, che si estese alle foreste. Dopo di che il cielo ritornò allo stato normale, seguito da uno scoppio fragoroso, mentre egli vide del materiale volare in aria; fu investito da un’enorme raffica di calore, che distrusse alcune colture, mentre un’onda d’urto lo sollevò e lo fece cadere qualche metro più lontano. La ferrovia transiberiana, che dista circa 600 chilometri da Tunguska, fu investita da un’onda d’urto tale da fare rischiare il deragliamento dei treni in transito. Le testimonianze raccolte, di là da qualche elemento di fantasia, in linea di massima furono d’accordo sulle modalità dell’evento disastroso a cui si era involontariamente assistiti.

Gli elementi raccolti hanno fatto convincere gli esperti che si trattò di uno scoppio pari a quello di un migliaio di bombe atomiche come quella che il 6 agosto 1945 ha distrutto Hiroshima. Anche a Londra fu avvertito lo scoppio e si è riportato che l’oscurità della notte fu rotta da un’illuminazione innaturale, tanto che si sarebbe potuto leggere il giornale senza luce artificiale. Furono attivate violente scosse telluriche, che si sparsero radialmente, raggiungendo distanze enormi. Il fenomeno fu sentito anche a molte migliaia di chilometri di distanza; in Europa, per esempio, nel pieno Pacifico, negli Stati Uniti.

Naturalmente l’avvenimento attirò la curiosità di tutti, però in particolare suscitò l’interesse degli studiosi quali mineralogisti, sismologi e altri ancora, intenzionati a comprendere cosa fosse realmente successo. Il primo fu il mineralogista russo Leonid Alexseevic Kulik che, tra il 1927 e il 1939, organizzò quattro spedizioni a Tunguska.

Ma malgrado le più approfondite ricerche, non gli fu possibile individuare – qualora ci fosse stato – un cratere o almeno la prova che fosse avvenuta una collisione. Nel 1938, egli fece rilevare, novità per quell’epoca, la prima ripresa aerofotografica dell’intera zona, utilizzando un dirigibile Zeppelin (LZ 127 Graf). Spedizioni furono organizzate pure nella seconda metà del secolo. Ciò che destò il maggiore interesse fu il ritrovamento nel sito di polveri contenenti iridio e nichel.

La causa maggiormente accreditata sull’avvenimento del fenomeno ha puntato sull’arrivo di un asteroide roccioso, con un diametro compreso fra i 30 e i 60 metri, che pervenuto alla velocità stimata di circa 15 chilometri al secondo (54.000 chilometri orari), sia scoppiato a una quota attorno agli 8 chilometri. Questo, a causa dell’attrito incontrato nell’attraversare l’atmosfera terrestre, fu ridotto in briciole e la sua energia cinetica si convertì istantaneamente in energia termica. Il corpo celeste vaporizzò e attivò una catastrofica onda d’urto che colpì violentemente il suolo terrestre. I risultati degli studi più recenti concordano nell’affermare che l’esplosione avvenne tra i 5 e i 10 chilometri di quota e che la sua potenza fu dai 10 ai 15 megatoni. (Il megatone – Mt – è un’unità di misura di comodo, utilizzata per specificare l’energia sviluppata dall’esplosione di un milione di tonnellate di tritolo; infatti non appartiene allo SI = Sistema Internazionale di unità di misura).

Una domanda può essere spontaneamente posta agli scienziati che sono esperti in fenomeni del caso: un fatto del genere può capitare abbastanza spesso oppure no? Frugando nella storia si pensa che un fenomeno di tal entità possa accadere ogni 600 anni, anche se, secondo Eugene Shoemaker, può succedere ogni 300 anni. Questa frequenza, comunque, si riferisce a corpi celesti di diametri importanti, giacché ogni giorno sciami di piccoli meteoriti provenienti dallo spazio entrano in collisione con l’atmosfera terrestre, ma per le ridotte dimensioni o esplodono o bruciano prima di giungere al suolo.

Com’è noto, le bombe nucleari sono state sperimentate in zone disabitate del Pianeta Terra e si è studiato l’effetto che esse hanno avuto sulle foreste che si sono trovate sotto lo scoppio: ebbene, si è notato che gli alberi che si trovano verticalmente sotto l’esplosione, restano in piedi e sono completamente spogliati da rami e fronde e bruciati, perché l’onda d’urto va verso il basso, mentre quelli più lontani sono letteralmente rovesciati al suolo con disposizione radiale, perché l’onda d’urto, più si allontana, più tende a essere orizzontale. E, infatti, i risultati delle prove eseguite dagli scienziati russi sono tali da far concludere che l’angolo di arrivo del corpo celeste fu di 30°, secondo la direzione indicata da 115° da Nord e l’esplosione avvenne a mezz’aria. Un’affermazione di questo genere non può che essere sibillina, perché significa a media altezza, cioè né troppo in alto né troppo in basso, insomma una conclusione piuttosto ambigua; in ogni modo si presume che l’altezza non sia stata molto elevata.

Chiaramente, in casi complessi come questi, gli scienziati esprimono pareri diversi se non contrastanti. Si ritiene che la natura del corpo celeste non fosse a base di ferro, perché sicuramente sarebbe riuscito a raggiungere il suolo terrestre, ma nemmeno carboniosa, poiché l’esplosione sarebbe potuta accadere a una quota troppo alta, tale cioè da non combinare l’immane devastazione che si è poi riscontrata in una zona tanto ampia della taiga.

Insomma, non resta altro da fare che terminare affermando che si è trattato di un fenomeno al di fuori della norma, cui non si è stati in grado di dare una risposta esauriente che chiarisse completamente, dando una motivazione unica e certa, basata su prove inconfutabili. Se dovesse succedere ancora – Dio ci scampi e liberi – sicuramente, con i progressi fatti negli ultimi tempi, le probabilità che il fenomeno possa essere perfettamente capito sono elevate, però ciò non paga, giacché non è detto che possa avvenire in una zona quasi disabitata com’è la taiga siberiana; per cui, se il corpo alieno puntasse su un’area densamente abitata, forse si dovrebbe aggiungere la possibilità del verificarsi di una vera e propria ecatombe questa volta non di alberi, bensì umana.

Pertanto, ben venga il controllo continuo fatto dagli enti spaziali per individuare qualche corpo proveniente dallo spazio più profondo in potenziale rotta di collisione con la Terra, ipotizzando le modalità da mettere in atto al fine di distruggerlo o di fargli cambiare direzione.

(luglio 2021)

Tag: Mario Zaniboni, Tunguska, Siberia, Leonid Kuliknel, esplosione di Tunguska, Semen Semenov, Leonid Alexseevic Kulik, asteroide di Tunguska, Eugene Shoemaker.