Papa Leone X e il Cardinale Wolsey
Come entrare in punta di piedi nella grande storia

Nel 1517 Papa Leone X (al secolo Giovanni Medici, figlio di Lorenzo de’ Medici) chiese la pace per poter lanciare una Crociata contro l’Impero Ottomano. Così nominò il Cardinale Wolsey legato pontificio in Inghilterra con l’incarico di riportare la pace tra le Nazioni coinvolte nella guerra tra Francia e Inghilterra che raggiunse facendogli stipulare il Trattato di Londra nel 1518.

Thomas Wolsey fu l’uomo che riunì nelle proprie mani le giurisdizioni ecclesiastica e civile, che poi da lui sarebbero passate a Enrico VIII Tudor, e promosse azioni politiche atte a fare dell’Inghilterra l’elemento cardine per gli equilibri tra le potenze europee. Cadde in disgrazia quando non riuscì a far accettare dalla Curia Romana lo scioglimento del matrimonio tra Enrico VIII e Caterina d’Aragona. Fu privato dei suoi beni, accusato di alto tradimento, ma morì prima del processo.

Le famiglie di banchieri non solo fiorentine ma anche lucchesi ancora nel Cinquecento ebbero un ruolo rilevante in vicende storiche come quelle descritte. Alcuni nomi forse poco studiati dalla storiografia ufficiale accanto ad altri più noti possono chiarire non solo tali vicende, ma quelle dei secoli successivi.

Una di queste famiglie è quella dei Cavallari di Lucca. Non sappiamo se davvero fossero una famiglia nobile di lungo corso. Recentemente lo storico Andrea Cavallari ha condotto una importante ricerca pubblicata e registrata su www.andreacavallari.it.

Anche se lo storico Eugenio Gamurrini ci indica la famiglia Cavallari come nobile a partire dal XIV secolo, e altre citazioni collochino i Cavallari di Lucca nel Medioevo come famiglia patrizia, di certezze in tal senso non ne abbiamo.

Si hanno notizie documentabili solo a partire dal XVI secolo, quando i Cavallari arrivarono a fare contratti con il Sovrano Inglese Enrico VIII ma furono coinvolti nel fallimento bancario dei Frescobaldi fiorentini, altra celebre casata che si spese in tali traffici. In quel periodo i Cavallari operavano sia nelle Fiandre che in Inghilterra. Le citazioni dei Cavallari sono presenti in svariate opere storiche straniere, ma sempre in modo marginale, essendo i Frescobaldi fiorentini a dirigere i mercanti italiani che avevano traffici commerciali con questi Paesi. Parrebbe di comprendere dai documenti che furono i banchieri Fugger, tedeschi, ad avvantaggiarsi del fallimento dei Frescobaldi, descrivendo in alcune pubblicazioni situazioni improprie sul piano storico, per avvantaggiarsene, tali da nascondere le manovre politiche che portarono al fallimento, manovre di Enrico VIII e dell’Imperatore Massimiliano d’Asburgo.

La storiografia ha dato ragione ai Fugger dipingendo sia i Frescobaldi che gli altri finanziatori coinvolti come sprovveduti e addirittura corrotti, quando la documentazione propone ben altro. Non solo i Frescobaldi, e di riflesso anche i Cavallari, non furono corruttori, ma si tirarono fuori dalle questioni fallimentari in breve tempo e riebbero il sostegno della Corona Inglese e non solo. Si trattò di operazioni non tanto bancarie e speculative quanto politiche, che videro coinvolti i servizi segreti del periodo e da cui i Fugger furono beneficiati.[1]

Ciò che mi ha particolarmente colpito nelle dinamiche del periodo sono stati non solo i finanziamenti al Cardinale Wolsey per far erigere la sua tomba (personaggio, Thomas Wolsey, molto vicino a personaggi lucchesi come il Cardinale Silvestro Gigli, appartenente a una famiglia particolarmente rilevante nel periodo di riferimento), ma in particolare il legame dello stesso con Tommaso Moro e con gli ambienti culturali inglesi del tempo, non ultimo il medesimo William Shakespeare.

Nei secoli questi legami mai si sono persi e continuarono a vivere in Lucca con gli altrettanto celebri Lucchesini, che incorporarono la proprietà lucchese dei Cavalllari sita in Marlia, non lontano da Lucca; questo ai tempi della Principessa Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone Bonaparte e del suo Principato di Lucca e Piombino, nei primi anni del XIX secolo.

I Lucchesini furono infatti Gran Cerimonieri per conto dei Baciocchi ma anche vicini alla Corte Prussiana. Questo particolare ha attirato la mia attenzione perché un personaggio celebre all’epoca, la spia murattiana conte Giuseppe Binda di Lucca, il cui patrigno era proprio un Lucchesini, divenne l’anima del salotto letterario e politico inglese di Sir Henry Richard Holland Fox nel 1815 a Londra.

Per la storiografia, ciò è dovuto alla frequentazione dello stesso Binda sia a Napoli che a Firenze con Sir Holland in epoca napoleonica, quando Sir Holland Fox in Italia ricopriva la carica di plenipotenziario inglese.

In realtà, Lord Holland Fox rimanda con la sua storia personale a quel Fox inglese che proprio nel XVI secolo aveva decretato le vicende politiche del tempo. Eminente prelato dei Tudor che invita a riflettere sulle reali motivazioni della frequentazione tra Giuseppe Binda e Lord Holland Fox nel XIX secolo. Tale frequentazione andava ben al di là delle motivazioni addotte dalla storiografia.

In una parola, le radici inglesi in Italia ci rimandano a quei Fox che sostennero proprio Thomas Wolsey, nel Cinquecento intimo di Papa Leone X, che avrebbe dovuto divenire Pontefice dopo la morte di Papa Medici, ma che non riuscì nell’impresa, anche perché troppo vicino a Enrico VIII, pronto ad abbracciare situazioni politiche non proprio confacenti con alcune frange romane.

Così tanti secoli e un filo conduttore comune?

Sicuramente la città di Lucca, ma la stessa Firenze rimasero in simbiosi a lungo con il mondo anglosassone.

Possiamo provarlo grazie a svariati documenti e situazioni. E dunque necessiterebbe una rilettura attenta non solo della storiografia di quei secoli, ma anche della nostra storia più recente, a partire dal nostro Primo Risorgimento.

In Lucca gravitarono famiglie nobili importanti che ebbero legami parentali anche con i Medici. E con gli apparati romani. Una di esse è quella dei conti Spada.

Uno Spada di Macerata (rami diversificati della famiglia) ancora nel XIX secolo attesta di essere un Medici. Sto parlando di Lavinio Spada de’ Medici. Questo personaggio ebbe un ruolo importante nelle vicende risorgimentali ma è trascurato dalla storiografia. La sua opera in ambito cattolico è di valorizzazione delle frange cattolico liberali italiane del tempo, frange legate in modo non marginale ad ambienti ritenuti rivoluzionari come quelli mazziniani di Giuseppe Binda e di Lord Holland Fox; fu non solo un letterato e prelato romano. Un prelato che non prese mai gli ordini sacri nonostante avesse frequentato in gioventù l’Accademia Ecclesiastica Romana. Divenne Prefetto delle Armi in Roma sotto Gregorio XVI e successivamente mantenne lo stesso incarico col titolo modificato di Presidente delle Armi voluto da Papa Pio IX nel 1847. Viene comunemente ricordato come botanico e scienziato di fama, soprattutto in ambito mineralogico. Ma dietro alle sue frequentazioni di scienziati importanti, si nascondevano manovre politiche. Un celebre scienziato dell’epoca fu anche il figlio di Luciano Bonaparte, Carlo Luciano, che con i vari Congressi scientifici organizzati in Italia, cui sempre partecipò, sostenne a spada tratta la causa rivoluzionaria italiana. E la comune frequentazione dello scienziato Hamphry Davy, comune sia a Carlo Luciano Bonaparte che a Lavinio Spada de’ Medici, ospitato il Davy a lungo in casa dello Spada de’ Medici, bene illustrano le brillanti risoluzioni e i brillanti rapporti di forza di un Clero Romano affatto contrario al cambiamento politico che si prospettava all’epoca in un’ottica rivoluzionaria.

I Fox e i Wolsey di Enrico VIII davvero avevano quella stessa matrice politica, che Cavour medesimo ereditò da tali scienziati, spesso uomini di Chiesa e/o apparentati a Chiese ritenute dalla storiografia solo in competizione?

Parrebbe di sì, stanti i documenti rintracciati.

«Capponi mio, il cavaliere è tuo, non è mio» scriveva il pittore e scultore Giuseppe Pierotti di Castelnuovo Garfagnana all’amico fraterno Gino Capponi in quegli anni. E lo stesso Giuseppe a Londra nello stesso periodo scolpiva il busto di Sir Charles James Fox, amato zio di Lord Holland Fox ed erede del potente casato inglese.

La frase del pittore e scultore Giuseppe è inequivocabile.[2] Gino Capponi, che di madre faceva Frescobaldi (i celebri banchieri di Enrico VIII) era per antonomasia un Cavaliere del Tau. E non solo un cavaliere qualsiasi, ma la sua prestigiosa famiglia aveva a lungo rappresentato l’Ordine del Tau nel ruolo di Gran Maestri dell’Ordine medesimo.

Il riferimento della lettera di Giuseppe Pierotti è a scavi archeologici sul 1200. Se i Capponi erano Gran Maestri del Tau, i familiari di Giuseppe appartenevano, vista l’affermazione in privato a Gino Capponi, ad altro cavalierato.

Non oso pensare che quel «mio cavaliere» pronunciato da Giuseppe Pierotti sia riferito a una appartenenza particolare nel cavalierato di riferimento non altrimenti precisato.

Siccome i familiari di Giuseppe Pierotti erano nel XIX secolo dei cattolici liberali rivoluzionari, legati ai fratelli Fabrizi della Lega Italica di cui pare fossero pure cugini,[3] se ne deduce che il Cardinale Fox e il Cardinale Wolsey ai tempi dei Tudor fossero qualcosa di più che un legame solido non solo per la Curia Romana ma anche per la nomenclatura italiana ancora nel XIX secolo.

Ci dobbiamo fermare al XIX secolo o dobbiamo andare oltre? Davvero il 1861 ha rappresentato una cesoia nel nostro Paese col passato, una volta che i Savoia ebbero preso il potere, essendosi la Curia Romana irrigidita in quel frangente su posizioni intransigenti, oppure tali legami ancestrali sono sempre rimasti in sottofondo?

La seconda ipotesi che ho detto appare piuttosto probabile, altrimenti non potremmo spiegarci il ruolo assunto dal Concilio Vaticano I cui queste frange parteciparono, stanti i documenti rintracciati[4], ma soprattutto nel Concilio Vaticano II.

E allora forse la storiografia nostrana ha difeso e difende tuttora più se stessa, in modo autoreferenziale, piuttosto che non posizioni definite spesso rigide della Curia Romana. Contraddizioni in termini che spiegano come il nostro Paese abbia più difficoltà di leadership che non pericolosi lacci tali da non consentire di descrivere ai propri cittadini la reale portata delle vicende politiche e sociali del loro Paese.[5]


Note

1 www.andreacavalalri.it, citazioni di documentazione nutrita pubblicata in rete.

2 Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Carteggi di Gino Capponi, XI.2

3 Silvio Fioravanti, La corrispondenza criptata tra Jacopo Pierotti e Nicola Fabrizi, da «La Garfagnana: Storia, Cultura ed Arte», II, Atti del Convegno di Castelnuovo Garfagnana, settembre 2013, Modena 2014, pagine 147-166.

4 Archivi di Stato di Siena, Lettera di Padre Gioacchino Prosperi a Padre Bernardino Donati, anno 1869.

5 Cecil Clough, Treee Gigli of Lucca in England during the Fifteenth and early Sixteenth centuries: diversification in a family of mercery merchants, 2003, pagine 121-147.

(maggio 2023)

Tag: Elena Pierotti, Leone X, Thomas Wolsey, Giovanni de’ Medici, Gino Capponi, Carlo Luciano Bonaparte, Enrico VII, Frescobaldi.