Le origini delle Signorie Italiane
Un fenomeno tipicamente italiano di commistione fra nobiltà e istituzioni comunali

Il fenomeno delle Signorie è un fenomeno essenzialmente italiano che sconvolse la tradizionale società feudale e diede vita a nuove dinastie che nacquero dalla commistione fra nobiltà e le massime autorità comunali, ovvero dalla successiva nobilitazione dei massimi capi comunali. Sotto l’impero l’Italia centro settentrionale solo per un breve periodo aveva mantenuto una certa unità, già divisa, intorno al 1100 con il formarsi dei Comuni si venne a formare una ulteriore frammentazione territoriale. Le città nel primo periodo della loro ripresa furono gestite da conti di nomina imperiale ma poco dopo si trovarono in massima parte governate dai vescovi locali (che a volte ottenevano anche l’incarico di conte), successivamente si vennero a costituire i Comuni con le loro particolari istituzioni. Il Comune come ente indipendente e sovrano è anch’esso un fenomeno tipicamente italiano: a esso contribuirono le Corporazioni di artigiani e mercanti, ma come larga parte delle istituzioni medievali mancava di stabilità. Le Arti maggiori (più ricche) si scontravano con quelle minori, progressivamente il contrasto si spostò su singole famiglie e si assistette allo scontro fra cosiddetti magnati (i potenti) e popolani. Contemporaneamente iniziarono i contrasti fra Comuni vicini per il controllo delle risorse locali, evento che accentuò la situazione di precarietà. Per porre fine a tale situazione i Comuni nominarono dei Podestà, spesso nobili appartenenti a famiglie estranee al Comune in modo da garantire una certa imparzialità, ovvero dei Capitani del Popolo, espressione dei ceti bassi ma più portati, proprio perché legati a famiglie meno capaci nella gestione pubblica, a comportarsi da despoti. Nonostante tali problemi, i Comuni divennero delle potenze a livello locale e misero in difficoltà i feudatari vicini. Contemporaneamente i Comuni attraverso acquisti o altri modi presero possesso delle campagne e del contado vicino che provvedevano al rifornimento agroalimentare delle città, mentre molte famiglie nobili iniziarono ad abbandonare i propri castelli (pur mantenendo le loro proprietà terriere) e a trasferirsi in città, in dimore fortificate e turrite molto caratteristiche.

Tali nuove cariche furono inizialmente sotto il controllo delle istituzioni rappresentative, ma attraverso la potenza anche militare che riuscirono ad accumulare ottennero incarichi a vita ed ereditari. Lo sviluppo delle Signorie ebbe inizio dopo la morte di Federico II di Svevia (1250) e quindi l’assenza di un potere imperiale in Italia, anche se nel Trecento direttamente o indirettamente il potere imperiale tornò a farsi sentire. La nascita e l’ampliamento delle Signorie è complessa e varia, talvolta uno stesso podestà (o un personaggio con carica simile) ottenne lo stesso incarico su altre città vicine. In altri casi una fazione cittadina sconfitta chiamò in soccorso un signore di un’altra città, ovvero furono i contrasti con i Comuni vicini a preferire la sottomissione a un Signore, infine si ebbero acquisizioni per denaro o sottomissioni ottenute attraverso la conquista militare. Non era raro il caso di signori di città che riuscivano a imporre come podestà loro uomini di fiducia nelle città vicine, talvolta si trattava di parenti, anche se la parentela alla lunga non significava sempre buoni rapporti. In ogni caso furono un evento particolare, nacquero come fenomeno di rottura con la nobiltà tradizionale feudale ma successivamente si assimilarono con essa o vennero nobilitati dall’Imperatore dando vita ai cosiddetti principati. Le Signorie ridussero la frammentazione del territorio, ebbero una dimensione regionale e in parte si mantennero nel corso dei secoli fino all’unità d’Italia. Ricordiamo comunque che non tutti gli stati italiani furono signorie, grandi territori nel Sud e nel Nord Ovest continuarono a essere retti da importanti famiglie nobili di origine feudale. Il Regno di Napoli degli Angioini, ramo cadetto dei Capetingi di Francia, il Regno di Sicilia retto dagli Aragonesi, la Contea sabauda legata all’Impero, il Marchesato di Saluzzo e il Marchesato del Monferrato ottenuti come feudo rispettivamente dai marchesi di Torino e dall’imperatore Ottone. Più complessa era la situazione dello Stato Pontificio che nel Duecento e nel Trecento era di fatto disgregato. Oltre allo Stato Pontificio abbiamo altri territori retti da vescovi, il Patriarcato di Aquileia in Friuli, il Principato vescovile di Trento e quello di Bressanone. Abbiamo infine delle importanti Repubbliche: Genova, Venezia, Firenze, Lucca, un fenomeno da approfondire perché in qualche modo anticiparono lo stato moderno che vede la società o almeno la parte superiore di essa partecipare alla vita pubblica.

I nuovi signori si avvalsero talvolta del contributo delle città minori sottoposte a quelle maggiori, in tal modo si ebbe una sostanziale parificazione dei centri urbani all’interno della nuova formazione politica. Si crearono quindi degli stati regionali con leggi uniformi per tutti i cittadini, interessanti a tal proposito gli Statuti Generali promossi dai Visconti nel 1396. Come per le famiglie regnanti con le nazioni, esiste la tendenza ad associare a una dinastia signorile una città, ma non sempre fu così. Data la difficoltà a sintetizzare il fenomeno delle signorie, riportiamo gli avvenimenti sulla nascita delle principali delle stesse, colpisce comunque il numero molto alto di Signori che ottennero l’incarico attraverso il sostegno dei vescovi che a lungo erano stati un punto di riferimento delle città.

Quella che viene considerata la prima signoria, nacque quando ancora regnava Federico II e anzi costituiva un alleato potente di quest’ultimo. Si trattava della signoria formata da Ezzelino da Romano che in origine possedeva col fratello come patrimonio familiare diversi castelli nella zona centrale del Veneto. Fu soprattutto un condottiero, dal 1225 al 1230 fu podestà e capitano del popolo di Verona, con l’appoggio diretto dell’imperatore e sfruttando i contrasti fra guelfi e ghibellini divenne successivamente podestà di Vicenza, occupò Padova e poco dopo ridivenne Signore di Verona ed estese il suo dominio su altre grandi città venete e su Brescia. Nelle città dove governava direttamente o indirettamente agì in maniera estremamente dura sopprimendo molte delle famiglie importanti, anche se le sue efferatezze potrebbero essere state amplificate a causa del contrasto con il Papato. Azzo VII d’Este, podestà a vita di Ferrara, i cui possedimenti erano minacciati da Ezzelino, lo combatté senza successo, ma nel 1259 quando quest’ultimo tentò di impossessarsi di Milano, l’azione gli fu fatale. Come in altri casi il formarsi di uno stato troppo potente portò alla nascita di una lega di città contrarie all’egemonia. Ezzelino morì combattendo e la dinastia dei da Romano conobbe un rapido declino e scomparve dalla scena politica.

Come abbiamo visto i maggiori oppositori allo strapotere di Ezzelino furono gli Estensi, una famiglia della piccola nobiltà che in origine governava il feudo di Este, cittadina compresa fra Padova e Ferrara. Nel 1208 combatterono una fazione all’interno della città di Ferrara e divennero podestà di essa e successivamente Signori della medesima. Ottanta anni dopo divennero pacificamente signori di Modena e Reggio Emilia, nonché nei decenni successivi di altre città minori dell’Emilia. La famiglia, una delle prime dinastie a inurbarsi, mantenne i suoi possedimenti a lungo, partecipò in coalizione a guerre generalmente non a carattere aggressivo, nel periodo successivo fece di Ferrara un centro culturale, accettò la sua sottomissione a Venezia e allo Stato Pontificio successivamente, si astenne da grandi azioni militari o progetti espansivi eccessivi.

Non molto tempo dopo si ebbe l’affermazione nel Veneto della famiglia Della Scala meglio nota come Scaligeri. Non erano nobili, verso la fine del Mille e Cento si ebbe un Arduino della Scala «possidente di riguardo e mercante di panni». Il figlio Mastino fu podestà di Verona dal 1261 al 1269, in una città dove per legge i feudatari erano esclusi dal potere. Mastino governò con moderazione ma ebbe comunque dei nemici di parte guelfa e alla fine venne assassinato. Successe suo fratello Alberto, che occupò diverse città dell’Emilia, mentre la città di Vicenza per porre fine alle sue sanguinarie lotte interne si diede spontaneamente alla città di Verona. Il successore Cangrande fu un signore illuminato e potente, tanto che Dante auspicò che potesse realizzare l’unificazione del nostro Paese. Nel 1328 la Chiesa ordinò una crociata contro di lui e pochi anni dopo morì avvelenato. Il successore Mastino II sottomise diverse città del centro nord creando uno dei più vasti stati della nostra penisola di allora. Ma la sua potenza venne mal vista da Venezia che ridimensionò i suoi territori. Il potere passò ai figli di Cangrande, uno dei quali uccise il fratello. Non fu il solo caso di assassinio in famiglia. Poco dopo il figlio del fratello sopravvissuto uccise a sua volta il fratello. Non molto tempo dopo una vasta lega delle signorie vicine attaccò gli Scaligeri, nel 1387 la famiglia, abbandonata anche dalla propria popolazione, perse tutti i suoi dominii.

Nel 1240 venne eletto a Milano, il Comune maggiore della Lombardia e una delle maggiori città d’Europa, Capitano del Popolo Pagano della Torre (famiglia detta anche Torriani), appartenente a una famiglia nobile che parteggiò contro i magnati a favore delle categorie meno potenti, mentre un altro parente fu signore di Parma. Morì l’anno dopo e il potere passò al nipote Martino che estese il suo dominio su diverse importanti città della Lombardia. Un suo stretto parente, Paganino, venne ucciso da un gruppo di nobili, e seguì una dura repressione. Le fortune della dinastia furono brevi, a causa delle guerre e del conseguente inasprimento fiscale perse gran parte del suo consenso. Nel 1277 l’arcivescovo Ottone Visconti, capo della fazione nobile, sconfisse la famiglia e impose il suo potere su Milano. Non fu una sconfitta definitiva, i membri della famiglia continuarono a governare varie città del Nord e nel 1302 riuscirono a riprendere Milano che tennero per otto anni, ma a causa di contrasti interni conobbero una nuova definitiva sconfitta.

I Visconti nacquero come signori di Massino, un villaggio sul lago Maggiore, vassalli dell’arcivescovo. Successivamente divennero visconti, ovvero vice del conte e successivamente arcivescovi di Milano per volontà del Papa. Dopo la vittoria del 1277, furono Capitani del Popolo di Milano e altre città vicine anche se come abbiamo visto appartenevano al partito dei nobili. Dopo che persero il controllo della città la ripresero grazie all’intervento dell’Imperatore, il cui potere non era del tutto cessato. La famiglia dei Visconti divenne, grazie a una valida politica diplomatica e matrimoniale, la più potente d’Italia e per un certo periodo sembrò che dovesse avere il totale sopravvento sul nostro Paese, ma anche fra i Visconti non mancarono contrasti interni e alcuni parenti vennero uccisi o imprigionati. I Visconti iniziarono ad ampliare il loro potere sui territori vicini dopo aver sconfitto gli Scaligeri. Como, contesa dal vescovo e dalla potente famiglia dei Rusca, cedette facilmente. Bergamo che era stata a lungo governata dai vescovi conti, si diede istituzioni comunali ma alla fine preferì porsi sotto la protezione dei Visconti. Brescia aveva stabilito la cacciata dei nobili, ma si trovò in guerra con i Comuni vicini e fu facile preda dei Della Torre e dei Visconti successivamente. Non molto diversa fu la storia di Piacenza, guerre interne ed esterne, dopo un breve periodo di potere della signoria locale venne conquistata dai Visconti. Crema fu soggetta non senza contrasti al vescovo di Cremona, si diede istituzioni comunali ma alla fine cedette ai Visconti. Cremona, dopo un periodo di istituzioni comunali e di signoria locale, finì anch’essa facilmente sotto il dominio visconteo. Le città emiliane anche conobbero duri contrasti interni, Parma fu soggetta senza grandi scontri agli Scaligeri, agli Estensi e infine ai Visconti. Bologna, sempre in preda a contrasti interni, venne acquistata pagando la famiglia Pepoli, a Genova i Visconti intervennero a favore dei ghibellini e fu sottomessa, Reggio attaccata dai ferraresi preferì sottomettersi ai lombardi che comunque pagarono il precedente Signore della città. Nel periodo successivo si crearono diverse leghe anti viscontee e in particolare la dinastia milanese fu in contrasto con Firenze anche perché aveva realizzato senza ricorso alla forza importanti annessioni nel Nord (sottomissione di Gonzaga, Este, da Carrara) e nel Centro Italia (Siena e Perugia sconvolte da contrasti interni cedettero facilmente, Pisa venne acquistata dai signori locali) circondando la città toscana. La dinastia si estinse nel 1447 ma venne continuata dagli imparentati Sforza.

Contemporaneamente all’ascesa al potere dei Visconti si ebbe quella della famiglia Bonacolsi a Mantova. La famiglia non nobile, trasse profitto dai contrasti cittadini fra guelfi e ghibellini. Dopo il 1272, grazie anche ad alcuni omicidi, divennero Capitani del Popolo. La loro dinastia non dispose di un lungo potere, dilaniata da contrasti interni venne sopraffatta nel 1328 da un’altra famiglia, i Gonzaga, che con l’appoggio degli Scaligeri ottennero il potere e gli ultimi Bonacolsi vennero imprigionati e fatti morire di fame. In origine i Gonzaga possedevano vaste terre allodiali (non soggette a vincoli feudali) a sud della città, divennero Capitani del Popolo attraverso una rivolta popolare sostenuta dalle truppe scaligere, nel periodo successivo furono grandi mecenati dell’arte e della cultura e mantennero buoni rapporti con gli stati vicini.

Nello stesso periodo nel Nord-Est si affermò la famiglia Da Camino. Nel 1089 avevano ricevuto dal vescovo di Aimone il piccolo feudo di Camino al confine fra Veneto e Friuli. Grazie al sostegno delle gerarchie ecclesiastiche e a una attenta politica matrimoniale, allargarono i loro possedimenti nella zona montana del Bellunese. Già nel 1235 ottennero la preminenza nella città di Treviso, divenendo signori della città con pieni poteri cinquanta anni dopo. In un primo periodo mantennero rapporti pacifici con le altre importanti famiglie, ma i discendenti si inimicarono Venezia e la Chiesa. Nel 1312 furono vittima di una congiura e nei decenni successivi persero gran parte dei possedimenti.

I Da Carrara o Carraresi erano nobili signori ghibellini di Carrara San Giorgio, piccola città vicino a Padova. Nel Duecento persero i loro possedimenti e si trasferirono sostanzialmente come borghesi a Padova, città ricca per commerci e attività bancarie, ma dilaniata da contrasti. Nel 1314 contro i provvedimenti anti ghibellini i Da Carrara fomentarono una rivolta popolare, ma successivamente assunsero una posizione di mediazione fra le fazioni che conferì loro notevole prestigio, e Giacomo da Carrara venne nominato Capitano di Governo. Per un certo periodo i Carraresi furono a capo di un vasto stato nel Nord Est ma furono oggetto di attacchi dei potenti vicini e costretti ad allearsi con gli Asburgo. Il loro potere già in crisi, finì definitivamente nel 1405 a causa dell’espansione veneziana.

L’antica famiglia nobile dei Pallavicino fu in certi periodi signore di varie città lombarde, alleata dei Visconti e degli Sforza, nonché per un breve periodo governatore di Genova per conto dei primi. Fu alla fine sconfitta dai Farnese.

Nonostante il clima di violenze politiche diffuso, la religiosità nell’epoca era un elemento molto importante della società. Si ebbe così la particolare figura di Giovanni da Schio, capo di un movimento penitenziale che affascinava le folle. Nel 1233 riuscì a ottenere importanti riappacificazioni, prima a Bologna, poi nel Nord Est italiano, e a Vicenza ottenne anche dei poteri politici. La sua azione fu intensa ma di breve durata. Negli anni immediatamente successivi venne totalmente emarginato e dovette allontanarsi dalla regione.

Anche la Romagna, l’Umbria e le Marche, formalmente sotto il dominio papale, conobbero il fenomeno delle Signorie, anche se di dimensioni territoriali minori e in alcuni casi sottoposte al controllo indiretto pontificio. Nel periodo avignonese dei Papi in particolare si ebbe una ulteriore disgregazione dello Stato Pontificio nonostante il tentativo a metà del Trecento del cardinale Albornoz di riprenderne i possedimenti. I Da Polenta o Polentani possedevano un loro castello nel sud della Romagna da cui presero nome. Nel Duecento si inurbarono e divennero funzionari (visconti) legati all’Arcivescovo di Ravenna, città già dominata dall’antica famiglia nobile dei Traversari, vassalli dell’imperatore e successivamente guelfi. Nel 1275 i Polentani divennero Podestà, poi signori assoluti della città e per un certo periodo Capitani del Popolo di Bologna. Un cugino sottrasse loro il potere con un omicidio, ma i suoi discendenti alla fine furono costretti a lasciare il potere a favore di Venezia e allo Stato Pontificio.

Bologna fu una città che conobbe grandi contrasti, all’interno della stessa una posizione importante era tenuta dalla famiglia dei Pepoli, iscritti all’Arte del Cambio, ovvero cambiavalute e attivi nel prestito di denaro. Nel 1319 acquisirono di fatto il diritto di nominare i podestà, ma a causa del malcontento suscitato, pochi anni dopo furono costretti a lasciare la città e a subire la requisizione dei beni. Tuttavia nel 1328 l’intervento papale consentì il loro ritorno, nello stesso periodo la dura pressione fiscale a cui era sottoposta la città portò a congiure e disordini. In questo clima si ebbe un nuovo intervento papale che fece di Taddeo Pepoli il signore della città nonché vicario del Papa, poteri che comunque seppe gestire con moderazione. Nel 1347 il governo passò ai suoi figli, che di fronte a nuovi contrasti preferirono porsi sotto la protezione dei Visconti. Successivamente nel 1401 venne cacciato il Legato Pontificio e instaurato come Gonfaloniere a vita, di fatto Signore, un membro della famiglia Bentivoglio, sempre alleata dei Visconti, il loro potere durò fino al 1506 quando la città venne definitivamente sottomessa ai Pontefici.

I Malatesta erano nobili minori, proprietari di terreni, che per un breve periodo si sottomisero al Comune di Rimini. A metà del Duecento divennero podestà e nel 1295 divennero signori assoluti della città; nei decenni successivi conquistarono altre città vicine nelle Romagne e nelle Marche. Molti discendenti furono condottieri al servizio di vari stati italiani. Furono alla fine sottomessi dal Papato ed ebbero intensi (e contrastanti) rapporti con i Montefeltro, importante famiglia feudale che governò Urbino e un vasto territorio circostante ma diversamente dalle signorie ebbe cariche dall’imperatore e dal Papa e solo pochi incarichi a livello comunale.

La famiglia Oderlaffi di nobili origini prese il potere a Forlì nel 1295 e si estese successivamente ad alcune città vicine. Alla fine del Quattrocento, a causa di contrasti familiari, i possedimenti furono assorbiti nello Stato Pontificio.

La famiglia Alidosi fu vassalla del vescovo di Imola verso la fine del Mille e Cento. Nel secolo successivo ottenne varie cariche nella città, sottoposta comunque per un certo periodo al controllo di Bologna ma solo nella prima metà del Trecento fu nominata Capitana del Popolo. Non godette di ampio consenso, tuttavia governò la città fino al 1424, quando passò ai Visconti.

I Manfredi furono una famiglia di nobili e condottieri, un esponente di essa divenne nel 1313 Capitano del Popolo di Faenza e il figlio nell’anno successivo divenne Capitano del Popolo di Imola. Entrambe ebbero una vita turbolenta e la famiglia resse il territorio per quasi due secoli, sebbene contrastata. Ai primi del Cinquecento Faenza venne assediata da Cesare Borgia, successivamente passò ai veneziani e infine ritornò sotto il dominio papale.

I Da Varano furono una famiglia della piccola nobiltà umbra fortemente legata ai guelfi. All’inizio del Trecento divennero signori di Camerino e negli anni immediatamente successivi per breve tempo capi di altre città delle Marche. Un secolo dopo si ebbero pesanti contrasti familiari, tuttavia il loro potere continuò fino al Cinquecento.

I Trinci furono una famiglia della piccola nobiltà umbra, molti dei quali condottieri. Governarono Foligno dall’inizio del Trecento dopo aver scacciato le famiglie ghibelline, fino a quando nel 1439 il Cardinale Vitelleschi incorporò la città nello Stato Pontificio.

I Gabrielli possedevano vari castelli nell’Italia centrale e furono condottieri di parte guelfa. Si stabilirono a Gubbio e furono podestà per alcuni brevi periodi di diverse importanti città fra le quali Firenze, Pistoia, Lucca e Siena.

In Toscana si ebbero famiglie potenti che esercitarono un potere politico notevole come i Petrucci di Siena e i Medici di Firenze, entrambe di banchieri. Non eliminarono le istituzioni repubblicane e pertanto non andrebbero considerate come capi di signorie. Nella stessa regione si ebbero alcuni personaggi che minacciarono gli equilibri della penisola. Il principale di questi fu il condottiero Castruccio Castracani che nel 1314 conobbe una rapida ascesa con il sostegno dell’imperatore, si impossessò di Lucca e minacciò più volte Firenze. Nello stesso periodo un importante principe tedesco, Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, cercò di creare un vasto stato nell’Italia settentrionale attraverso un’abile politica diplomatica, ma senza successo.

La famiglia Tarlati dominò Arezzo dal 1312. La città era governata già in epoca longobarda dal vescovo, come molte altre città conobbe contrasti interni ed esterni, nonostante la sua ricchezza finì per essere dominata da Firenze che nel 1384 la comprò dal condottiero che esercitava in quel periodo il suo personale dominio.

Nel 1340 si affermò con un colpo di stato realizzato attraverso mercenari stranieri la famiglia Belforti a Volterra che in precedenza aveva esercitato l’attività di prestatori di denaro a favore delle locali gerarchie ecclesiastiche. Vennero considerati degli usurpatori, dopo circa venti anni a seguito di una guerra la città venne inglobata nella Repubblica Fiorentina.

Nell’Italia del sud non si ebbero signorie, ma il dominio degli Angioini, uno dei quali, Ladislao, tentò di conquistare nel Quattrocento gran parte dell’Italia. La maggiore tranquillità di cui godette questa parte d’Italia non favorì comunque la sua crescita economica.

(giugno 2019)

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