Lucrezia Borgia: un’esperienza complessa
Vita sofferta della «figlia del Papa» nell’Italia rinascimentale

Mezzo millennio è trascorso da un’epoca truce della storia italiana che pur essendo nobilitata dalle glorie artistiche del Rinascimento, e profondamente innovata dalla rivoluzione machiavelliana, fu contraddistinta da vicende politiche e umane di carattere spesso allucinante. L’etica tradizionale era diventata una variabile indipendente, il confronto tra fazioni si consumava nel sangue, e la presenza di una cultura italiana unitaria trovava limiti sostanziali in un carattere rigidamente classista, condiviso da nobili e artisti ma non certo dal popolo. Dal canto suo, la Chiesa Cattolica, travolta da corruzione e nepotismo, avrebbe dovuto confrontarsi, già dal secondo decennio del XVI secolo, con le tesi di Lutero e con la forza dirompente della Riforma, cui avrebbe reagito non senza sofferenze.

In un quadro generale così drammatico, la condizione femminile, già largamente subordinata, diventava a più forte ragione ardua, persino nell’ambito della classe superiore: quello di Lucrezia Borgia (Subiaco 1480 – Ferrara 1519) è un esempio emblematico che è doveroso valutare in un quadro oggettivo, conforme all’insegnamento della grande storiografia: quindi, prescindendo una volta per tutte dalle condanne sprezzanti che hanno accompagnato non pochi giudizi sul suo conto, e nello stesso tempo, da talune rivalutazioni agiografiche, formulate in tempi più recenti anche nell’ottica dello spettacolo, e quindi d’interesse prevalentemente economico piuttosto che culturale.

Lucrezia Borgia

Ritratto di Lucrezia Borgia, copia da Bartolomeo Veneto, circa 1510, Musée des Beaux-Arts de Nîmes (Francia)

Lucrezia fu personaggio per alcuni aspetti singolarissimo, a cominciare dal fatto di essere figlia di Rodrigo Borgia, poi assurto al Soglio Pontificio col nome di Alessandro VI; cosa che secondo le valutazioni del tempo non era considerata sconveniente, e anzi costituiva motivo di onore e di prestigio. Lo stesso dicasi per l’essere sorella di Cesare, un «principe» molto discusso ma oggetto di grandi attese sia pure utopistiche come quelle di chi, come il Segretario Fiorentino Nicolò Machiavelli, aveva visto nella sua spregiudicata prassi politica l’opportunità di avviare a realizzazione un grande disegno unitario, che invece sarebbe rimasto per secoli nella sfera dei sogni, spesso meramente poetici piuttosto che politici.

La vita di Lucrezia Borgia fu breve ma intensa: ebbe tre mariti (Giovanni Sforza, Alfonso d’Aragona Duca di Bisceglie, Alfonso d’Este Duca di Ferrara) e nove figli, alcuni dei quali morti poco dopo la nascita, e scomparve all’età di 39 anni a causa di una setticemia che in quell’epoca per tanti aspetti primordiale, e certamente arretrata sul piano sanitario, non perdonava. La sua conclamata bellezza fu oggetto di ricorrenti strumentalizzazioni, sia da parte vaticana, sia a opera delle Signorie con cui la «figlia del Papa» si sarebbe accasata: in primo luogo, quella prestigiosa degli Estensi, nella cui Corte sarebbe stata sovrana quale consorte del suo terzo marito: dapprima invisa in specie a causa delle sue origini e dei suoi precedenti, ma poi generalmente gradita. La vita di Lucrezia spiega le varie crisi che la videro protagonista, in quanto consapevole che il proprio stile contraddiceva gli antichi ideali femminili di subordinazione; chiarisce i suoi pentimenti spesso transeunti ma infine sicuramente sentiti; e permette di comprendere meglio l’esperienza conclusiva di terziaria, la promozione di Istituti religiosi e i frequenti ritiri spirituali.

Quale personaggio tipico di un Rinascimento Italiano improntato a diverse contraddizioni e sofferenze, Lucrezia è stata una donna per molti aspetti moderna: lontana anni-luce dal mondo teocratico che 500 anni prima si era tradotto nel grande Pontificato di Gregorio VII e nella memorabile esperienza di Canossa che aveva visto l’ossequio del potere politico a quello religioso, la Duchessa visse sulla propria pelle il dramma di un’epoca in cui, nonostante il fatto di essere «figlia del Papa» o paradossalmente proprio per questo, venne coinvolta, spesso suo malgrado, in eventi oltremodo impegnativi e talvolta davvero drammatici.

Pur appartenendo ai vertici sociali del tempo e pur avendo conosciuto momenti di esaltazione del suo ruolo e della sua stessa bellezza, sia per condizioni coniugali sia per l’omaggio della cultura e dell’arte – simboleggiato da quello lungo e devotissimo di Pietro Bembo che le avrebbe dedicato gli Asolani venendo ricambiato con una ciocca di capelli biondi conservata in una teca di cristallo, tuttora esistente – Lucrezia avrebbe attraversato momenti non certo marginali di infelicità e disperazione, anche per le ripetute traversie familiari tra cui la morte violenta dell’altro fratello Juan, del secondo marito Alfonso d’Aragona (in entrambi i casi col fondato sospetto se non con la certezza che fossero stati vittime di Cesare) e quella particolarmente dolorosa del diletto figlio Rodrighino, per non dire dell’annullamento del primo infelice matrimonio con il Conte Giovanni Sforza Signore di Pesaro, che aveva sposato per ragioni politiche, e non certo di propria volontà, quando la piccola Borgia aveva tredici anni. Davvero, una serie di disavventure in singolare contrasto con la sua posizione sociale e la sua bellezza, ancorché frequenti nella plumbea stagione in cui lo stesso Machiavelli non era alieno dal descrivere il «modo» con cui, in determinate circostanze, si poteva utilmente e impunemente «spegnere» la vita dei potenti (pur avendo dimostrato nel suo Principe che – in presenza di condizioni tragiche – l’obbligo di passare all’azione senza dubbi o resipiscenze costituisce un imperativo politicamente necessario).

La storia di questa donna emblematica richiama alla memoria, fra le tante, quella della Monaca di Monza, che ha trovato in Alessandro Manzoni un interprete di alto livello artistico e psicologico, oltre che sostanzialmente fedele alla triste vicenda di Virginia: al di là delle differenze di tempo e di ruoli, appartenenti rispettivamente al Rinascimento e alla Controriforma, in entrambe è possibile cogliere l’ineluttabilità di un dissidio etico fonte di esperienze drammatiche, ma nello stesso tempo, la sua catarsi nel ritorno conclusivo alla «benefica fede ai trionfi avvezza» cantata dallo stesso Manzoni a proposito delle ultime ore di Napoleone. Non a caso, quella di Lucrezia è una modernità sofferta, che non può prescindere dai vincoli dell’ambiente e dalle consuetudini dell’epoca, ma non senza esprimere una consapevolezza del suo ruolo e dei suoi diritti che sembra anticipare attese e istanze molto più recenti.

Non si è lontani dal vero affermando che Lucrezia è stata oggetto di giudizi talvolta crudi e spesso massimalisti per essere figlia di Rodrigo (Alessandro) e sorella di Cesare, i cui nomi restano legati a una pagina cupa nella storia d’Italia, sebbene non sia stata aliena da confuse speranze e, naturalmente, dalla fioritura artistica della stagione rinascimentale. In questo senso, si tratta di un personaggio da rivalutare, o quanto meno da analizzare in assenza di pregiudiziali che non hanno più ragione di sussistere. Ormai, nessuno può disconoscere il diritto di Lucrezia a non essere interpretata e giudicata dalla storia come «figlia del Papa» ma come persona e come protagonista.

Molta acqua avrebbe dovuto scorrere sotto i ponti, prima che la condizione femminile trovasse riconoscimenti finalmente compiuti nella civiltà europea, e in particolare in quella italiana, dove il suffragio universale fu riconosciuto soltanto alla vigilia della Grande Guerra in concomitanza col Patto Gentiloni, e quello femminile non prima del 1946. Oggi, Lucrezia continua a vivere nel ricordo di una stagione governata dall’effimero e dal «particulare» illustrato in modo pertinente grazie alle pertinenti intuizioni di Francesco Guicciardini; senza dire della grande musica di Gaetano Donizetti, nella celebre opera del 1833. Al contrario, è passato il tempo dei giudizi moralistici e in quanto tali a carattere antistorico, espressi alla luce di valori considerati ugualmente autentici ma contraddetti dalla loro imposizione dogmatica, e quindi aprioristica: per conseguire una vera e compiuta accettazione generale avrebbero dovuto essere conquistati al termine di un lungo percorso spirituale, etico e politico che Lucrezia non ebbe modo di portare a compimento, e non certo per colpa propria.

(maggio 2020)

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