I gigli non sono solo simbolo di Firenze
Una Casata Lucchese con questo nome al centro delle vicende rivoluzionarie toscane ed europee, dal Medioevo all’età contemporanea, in combutta con gli ambienti partenopei

Siamo a Lucca, l’anno è il 1511. Da Giovan Paolo di Ser Nicolao e da Susanna di Stefano Siena nasce Martino Gigli. Apprendiamo in «Dizionario Biografico Treccani» che dal suo maestro e congiunto Gherardo Sergiusti, storico e umanista lucchese di simpatie erasmiane, gli vennero dedicati due componimenti poetici. Molti in famiglia coloro che ebbero, come Martino, vocazione per le lettere. Una famiglia, la sua, che era destinata a «conservarsi con l’aiuto delle entrate ecclesiastiche, non avendo ventura delle cose della mercatura». Dunque famiglia nobile vicina agli ambienti curiali.[1]

Ancora fanciullo, lo ritroviamo ben inserito nei circoli letterari napoletani. Infatti nel 1525 il Lucchese Giovanni Guidiccioni (altra nobile famiglia lucchese), che era Vescovo di Fossombrone e letterato, chiedeva al Gigli, che all’epoca si trovava a Napoli, di esprimere a Vittoria Colonna la propria ammirazione. A Napoli il Gigli si trovava pure nel 1530 per far pratica di commercio sotto la guida del concittadino Francesco Cenami, mercante e cultore di lettere. La protezione del Cenami e l’amicizia del segretario di Vittoria Colonna, Giuseppe Giova, pure lucchese, offrirono al Gigli vaste opportunità di conversazioni e di incontri, che rafforzarono in lui gli interessi erasmiani ed evangelici già recepiti precocemente sotto la guida del Sergiusti. Nel 1535 il Gigli incontrò vicino a Lucca, nella Villa Buonvisi a Farci, Ortensio Lando, letterato milanese di inclinazioni erasmiane e già filoprotestante.[2]

L’incontro col Lando ampliò i rapporti (il tutto riportato in «Enciclopedia Treccani») del Gigli con i circoli erasmiani e filoriformati d’Italia e, in particolare, con quelli di Bologna, nei quali Lando era ben introdotto. In questa città nel corso del 1536 il Gigli, insieme con altri Lucchesi, seguì il Sergiusti, chiamato a insegnare nello Studio. Nell’aprile del 1538 il Gigli venne designato dalla Repubblica, insieme a Nicolao Lena, suo congiunto e membro influente della «trafila erasmiana», a porgere il benvenuto a Vittoria Colonna, giunta a Lucca per assistere, insieme con Caterina Cibo, alle prediche di Bernardino Ochino, allora generale dei Cappuccini. Alcuni indizi testimoniano in questi anni il crescente interesse del Gigli per la vita religiosa cittadina. In seguito alla predicazione dell’Ochino, nel 1538 si adoperò, per esempio, con lo zio Matteo affinché il decanato di San Michele del quale entrambi erano patroni, offrisse ai Cappuccini un terreno per edificarvi un convento. Poco dopo il Gigli era presente insieme con lo stesso Matteo e altri familiari delle monache di San Giovannetto, nel «colloquio» durante il quale si presero provvedimenti per evitare il rinnovarsi di scandalose promiscuità delle suore con i frati di San Frediano. Dobbiamo sottolineare che queste affermazioni propongono il Gigli come vicinissimo agli ambienti curiali ufficiali lucchesi. E non mi pare nota di poco conto. In quegli anni egli era anche contemporaneamente attivo esponente di quella che è stata definita «Ecclesia Lucensis», un’adunanza laicale di deciso stampo riformato.

Nel 1539, come testimonia Annibal Caro, il Gigli si trovava nuovamente a Napoli, dove aveva accesso, grazie a Bernardo Tasso e Vincenzo Martelli, alla Corte del principe di Salerno Ferrante Sanseverino e poteva ascoltare le prediche dell’Ochino e quelle di Pietro Martire Vermigli. Nel 1540 Lando lo annoverava insieme a Ludovico Buonvisi fra i più convinti erasmiani d’Italia e affermava che i due Lucchesi, avendo imparato a memoria intere opere di Erasmo, desideravano farle tradurre in volgare a loro spese. In quegli anni il Gigli non era soltanto inserito negli ambienti curiali, ma direi in quelli cittadini a tutto tondo.

Dall’agosto del 1544 il Gigli era divenuto titolare, con il fratello Girolamo e lo zio Matteo, della ragione di commercio di Giovanni Buonvisi, in precedenza da essi amministrata. La nuova società fallì nel 1551 dopo l’assassinio di Girolamo Diodati. Ma la propensione del Gigli verso la Riforma era piuttosto evidente. Fu ancora a Napoli nel 1539, come ci ricorda Annibal Caro. Era in effetti annoverato come uno dei più importanti erasmiani d’Italia assieme al Buonvisi. Fece parte della magistratura cittadina presieduta da Francesco Burlamacchi. Convinto assertore della Riforma. Fece due matrimoni importanti. In prime nozze con Caterina Bernardini e in seconde nozze con Margherita Guinigi. Con quest’ultima ebbe ben sei figli.

Quali i suoi possedimenti? Non solo il palazzo in Piazza San Giusto a Lucca, oggi sede della Cassa di Risparmio; ma anche due ville ai Bagni di Corsena, e vari appezzamenti nel territorio lucchese delle sei miglia e a Camaiore. Una curiosità: il pastificio di Martino di Gragnano, in provincia di Napoli, ha la pasta «Gigli» da annoverare. E Gragnano è paese anche in terra lucchese, non lontano dalle proprietà del Gigli.

Si tratta dunque dei «Riformati» in seno alla Chiesa di Roma, che apprezzavano Erasmo da Rotterdam.

L’amicizia con Vittoria Colonna. I Colonna sono stati una presenza costante in terra lucchese, ieri come oggi.

Qualche anno prima, un altro membro della famiglia Gigli deve assolutamente essere ricordato per il suo importante ruolo politico. Andando a ritroso è più semplice determinare il percorso della famiglia in Italia e in Europa. E conseguentemente una valenza non solo locale ma assolutamente allargata. Del resto il comportamento di Giovanni può essere spiegato alla luce degli avvenimenti e del percorso personale che lo riguardarono.

Silvestro Gigli nacque a Lucca nel 1463. Dalla sua famiglia erano usciti numerosi dottori e notai. Apparteneva al patriziato lucchese e aveva conosciuto una grande ascesa grazie a suo zio, Giovanni, collettore degli spogli in Inghilterra, Vescovo di Worcester e Ambasciatore alla Corte di Roma.

In questa descrizione che ci offre l’«Enciclopedia Treccani» dobbiamo mettere in evidenza il legame profondo tra Lucca e il panorama inglese, al punto che Roma scelse proprio un nobile lucchese per farsi rappresentare in questa terra.

L’aver ricevuto gli Ordini minori dello stesso Silvestro qualche anno dopo, tanto da consentirgli di collaborare alle lucrose attività di suo zio, mette in evidenza il legame proprio dei Frati Minori con la città di Lucca e con gli ambienti patrizi di quest’ultima.

Del resto nel volume dedicato ai Templari a Lucca lo storico Mencacci sottolinea come l’Ordine Domenicano e il Francescano fossero ben radicati in città al punto da essere in sintonia con l’Ordine Templare ivi presente prima del suo scioglimento. Il nostro sostituì suo zio, una volta deceduto, come Vescovo di Worcester, non amministrò direttamente ma ne percepì le rendite. Dunque il potere che la famiglia Gigli aveva acquisito era ormai decisamente rilevante.

Sono anni difficili per la Chiesa Romana e dunque anche per il Gigli, a cui venne fatto un processo per i suoi solidi legami con l’«entourage» di Enrico VIII. Coinvolto e accusato di tramare contro gli Inglesi, il Gigli riuscì a mantenersi saldo e a divenire Vescovo di Lucca. Cadde in disgrazia con Giulio De’ Medici che lo vedeva inadatto al ruolo ricoperto sia come Cardinale che come Ambasciatore. Il giudizio che viene dato di lui dagli storici non è magnanimo. Espressione di quel patriziato cittadino che ricavava benefici dalle rendite ecclesiastiche. Tuttavia è interessante notare il legame forte tra Lucca, questa potente famiglia e gli ambienti romani e inglesi, europei in genere che posero poi suo nipote nella condizione di diventare erasmiano.

Sempre in bilico tra la Roma Papale e il riformismo europeo. Evidentemente questa situazione partiva da lontano.

Il Palazzo dalle Cento Finestre di Lucca, che fu originariamente un convento benedettino e poi nel 1534 cessò di essere un luogo di culto per trasformarsi in palazzo di campagna, fu acquistato proprio dalla famiglia Gigli. Un legame, quello della famiglia, con ambienti che avevano visto al centro luoghi vicino alla tradizione riformata. Qui infatti si rifugiò a esempio, stando alla testimonianza del conte Cesare Boccella di Lucca, un Templare Lucchese dopo lo scioglimento dell’Ordine. E sempre qui le successive famiglie che acquistarono il palazzo, Franciotti, Massei e Buonvisi, non furono così distanti dalle medesime tradizioni.

Se è vero, come sostiene lo storico Mencacci in Templari a Lucca, che qui, anche dopo lo scioglimento dell’Ordine, questi continuarono a fare quanto avevano fatto sino a quel momento, e se è vero che andarono sempre d’amore e d’accordo con gli Ordini Francescano e Domenicano cittadini, non stupisce il legame e il percorso di una famiglia come quella dei Gigli lucchesi.

Il loro meraviglioso palazzo sito in città a Lucca, in Piazza San Giusto, divenne sede della Cassa di Risparmio di Lucca nei primi anni del XIX secolo grazie all’opera di Carlo Massei, di madre Burlamacchi. L’avvocato mazziniano che si spese per la città e il contado. Che seppe fare dunque dell’ex Palazzo Gigli un luogo di culto cittadino. Il riferimento è a quella cultura del risparmio così cara alla città ma anche sostenitrice di legami duraturi con centri come Ginevra, Parigi, Londra. Stimare poi i continui contatti tenuti dagli stessi Gigli e dagli ambienti cittadini col mondo napoletano, città che in Europa e non solo in Italia vide sempre inserimenti importanti di intellettuali italiani ed europei di grande spessore, viene da pensare a un percorso che nel tempo ci porta dritti dritti a quel XIX secolo risorgimentale dello stesso Carlo Massei e degli ambienti mazziniani a lui legati. Un filo conduttore comune. Nessuno può provare quanto gli ex Templari Lucchesi possano aver influito in tale percorso, ma pensarlo è lecito. I Gigli fecero parte a pieno titolo di queste ramificazioni significative.

Anche Napoli e il Sud della Penisola mostrano categoricamente con queste poche note di aver intrapreso corposi percorsi in Europa in epoche lontane e forse non del tutto esplorate.


Note

1 Lucca, Biblioteca statale, manoscritto 1.008, Descrizione della famiglia Gigli, carta 13 recto.

2 «Enciclopedia Treccani», come sopra.

(gennaio 2023)

Tag: Elena Pierotti, Gigli, Erasmo da Rotterdam, Bernardino Ochino, Vittoria Colonna, Enrico VIII, Giulio II, Francesco Burlamacchi, Annibal Caro.