L’Europa nel Quattrocento
La grande «svolta» del XV secolo e la nascita dell’Europa moderna

La seconda metà del Trecento fu un periodo travagliato: la nuova economia di mercato seguita alle Crociate, che diede luogo ad una aristocrazia del denaro basata non sulla discendenza o sulla condizione sociale ma sul talento affaristico e sulla capacità organizzativa e amministrativa, provocò l’acuirsi dei contrasti tra ricchi e poveri che si concretizzarono nelle grandi rivolte contadine e nei tumulti urbani (sollevazioni delle corporazioni parigine e «Jacquerie» in Francia nel 1357-1358, tumulto dei Ciompi a Firenze nel 1378, rivolta dei contadini e dei Lollardi in Inghilterra nel 1381...); il dilagare della Peste Nera falcidiò oltre un terzo della popolazione europea; la «cattività avignonese» del Papato e il Grande Scisma d’Occidente misero in crisi tutto il modo di pensare medievale e i suoi valori. La prospettiva della creazione di un Impero Cristiano che avrebbe unito gli Europei sotto un unico Sovrano, garante di pace e prosperità per tutti, non era più che l’ombra di un sogno, inconsistente e anacronistica. Nel Quattrocento, si stava ormai affermando un mondo diverso, un’Europa «moderna», costituita da tanti Stati liberi e indipendenti l’uno dall’altro.

Europa nel Quattrocento

L'Europa alla metà del Quattrocento

Il Regno di Spagna

La Spagna dovette faticare parecchio prima di raggiungere la sua unità politica. I maggiori Regni di cui era formata (i Regni di Castiglia e di Aragona), invidiosi l’uno della potenza dell’altro, si combatterono accanitamente fra di loro. La fortuna della Spagna fu lo sposalizio di Isabella di Castiglia con Ferdinando II d’Aragona, nel 1469: questo matrimonio unì i due Regni rivali (ognuno dei quali conservava la propria individualità politica) e segnò la nascita del Regno di Spagna, proclamato ufficialmente nel 1479. Esso comprendeva quasi tutto il territorio della Penisola Iberica, meno il Regno del Portogallo.

Il nuovo Regno iniziò con un grande successo militare, e cioè con la distruzione del piccolo Regno di Granata, nel 1492, l’ultimo caposaldo arabo in Spagna. La conquista della città poneva termine alle velleità islamiche di estendere il loro dominio e sanciva la fine di fatto della «reconquista» iniziatasi nel 1031, dopo la guerra civile araba che aveva provocato il crollo del Califfato Omayyade; una fortunata spedizione militare contro l’Africa Settentrionale portò all’occupazione di Melilla e di Orano. Le energie della Nazione poterono essere incanalate in nuovi progetti: il controllo sugli Ordini cavallereschi che aumentò il potere della Corona, la riforma del diritto che gettò le basi dello Stato moderno, la sottomissione della nobiltà e delle milizie cittadine; diminuì il potere dei Grandi, attirati nell’orbita della Corte, mentre la Chiesa vide riconfermati tutti i privilegi dal Re che difese, però, la propria sovranità dall’ingerenza papale. Venne riformato il clero, ripresa l’Inquisizione e cacciati gli Ebrei dalla Spagna; le attività economiche (agricoltura e industria) furono trascurate come indegne di un Cristiano. Quello stesso anno, il 1492, l’Italiano Cristoforo Colombo, servendosi di navi spagnole e per interessamento della stessa Regina Isabella, tracciava la rotta verso una nuova terra, l’America. Questo dava diritto alla Spagna di impossessarsi dei nuovi lidi e formarsi un immenso Impero Coloniale: alla fine del XV secolo la Spagna era dunque nella possibilità di diventare una delle più ricche e potenti Nazioni d’Europa.


Il Regno di Francia

La prima metà del XV secolo non fu molto favorevole alla Francia. Infatti dal 1337 fino al 1453 il Paese fu sconvolto dalla «Guerra dei Cent’Anni», combattuta contro gli Inglesi che avevano occupato via via buona parte del territorio francese (Normandia, Bretagna, Fiandre, Guienna). L’Inghilterra vinse quasi tutte le battaglie ma perse il conflitto anche per l’intervento di Giovanna d’Arco, la «Pulzella d’Orleans» che rianimò con la sua fede la resistenza nazionale; bruciata sul rogo dagli Inglesi come eretica il 30 maggio 1431, fu santificata nel 1920.

Dopo quella lunga guerra, la Francia ebbe la fortuna di avere sul Trono una delle più forti personalità della sua storia, Luigi XI, succeduto nel 1466 al padre Carlo VII. Studioso ed ammiratore della politica delle Signorie Italiane, abile diplomatico, egli unificò il Paese privando i grandi feudatari (che volevano limitare l’autorità del Sovrano) di tutti i loro possedimenti, annessi al demanio. Grazie a Luigi XI la Francia ebbe anche un esercito permanente, numeroso e ben agguerrito, e raggiunse una grande prosperità economica: le campagne si ripopolarono dopo la fine della «Guerra dei Cent’Anni» e il commercio riprese vigore; tra gli altri provvedimenti, la Monarchia praticò una politica di regolamentazione della produzione ed iniziò le fiere di Lione, destinate ad una grande fortuna nel secolo seguente. Anche se la sua politica economica per certi aspetti premercantilistica si risolveva soprattutto a vantaggio del fisco e di ristretti gruppi di speculatori e di mercanti, gravando invece (stante l’accrescimento del carico fiscale che essa comportava) sulla gran massa della popolazione, alla morte del Sovrano, nel 1483, la Francia poteva considerarsi una delle Nazioni più solide d’Europa.

Nel 1494, il Re Carlo VIII – in seguito alle pretese della Casa d’Angiò – scese in Italia per occupare il Regno di Napoli e porre la Francia come potenza egemone in Europa.


Il Regno d’Inghilterra

A causa della «Guerra dei Cent’Anni», per tutta la prima metà del Quattrocento la storia dell’Inghilterra fu legata a quella della Francia. Al termine del conflitto, l’Inghilterra aveva perso tutti i propri possedimenti in territorio francese, all’infuori del porto di Calais.

In seguito a quella sfortunata guerra, i Sovrani Inglesi persero di prestigio di fronte al loro popolo; si parlò addirittura di tradimento. L’isola fu travagliata da una terribile guerra civile (una delle più crudeli che siano mai state combattute) che mise a soqquadro il Paese per ben trent’anni, dal 1455 al 1485: questa fu scatenata dalla rivalità tra due potenti famiglie, i Lancaster e gli York; poiché l’emblema della Casa di Lancaster era una rosa rossa mentre quello della Casa di York era una rosa bianca, il conflitto passò alla storia come «Guerra delle Due Rose». L’ordinamento statale e giuridico della Nazione fu sconvolto, con la posizione del Parlamento indebolita dalla corruzione, la nobiltà inglese fu pressoché totalmente distrutta, il commercio e l’industria ristagnarono. I combattenti erano forniti da «compagnie» di soldati di mestiere al servizio di vari Signori, le stesse utilizzate nella «Guerra dei Cent’Anni». Il conflitto ebbe fine con la salita al trono di Enrico VII della famiglia Tudor, erede dei Lancaster.

Esperto uomo politico, Enrico VII (1485-1509) domò tutte le ribellioni, stipulò trattati di commercio con la Norvegia, i Paesi Bassi e Firenze, e con un’abile politica matrimoniale riuscì a fare dell’Inghilterra un Regno unito e prospero, destinato a divenire in breve tempo una delle più potenti Nazioni d’Europa.


L’Italia

Italia nel 1494

La Penisola Italiana quarant'anni dopo la pace di Lodi, con una situazione geopolitica sostanzialmente immutata dalla firma del trattato

Tra i vari Stati in cui l’Italia rimase suddivisa per tutto il XV secolo i più potenti furono il Ducato di Milano, la Repubblica di Venezia, la Signoria di Firenze, lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli.

Per tutta la prima metà del secolo la Penisola fu sconvolta dalle lotte che quegli Stati, desiderosi di primeggiare, combatterono tra di loro. Ma poiché le loro forze si equilibravano, nessuno di essi riuscì a sottomettere gli altri. Si capì allora che nell’interesse comune era meglio rinunciare alle inutili guerre e giungere ad un accordo (pace di Lodi del 1454).

In Piemonte si era formato nei secoli precedenti un piccolo Stato dalle gloriose tradizioni militari: il Ducato di Savoia. Ottenuto il titolo ducale, Amedeo VIII di Savoia riordinò saggiamente lo Stato con i Decreta ducalia Sabaudiae (1430). Non vi era in Piemonte una Corte sfarzosa e convegni di artisti, e neppure, per il momento, una grande ambizione all’espansione: eppure quella dei Savoia sarà l’unica dinastia della Penisola che sopravvivrà alle bufere del secolo seguente perché fortemente appoggiata ad una vecchissima tradizione, e perciò assai più salda e meglio organizzata di ogni altra.

La Repubblica di Genova, che oltre alla Liguria comprendeva anche la Corsica, attraversò un periodo di continui mutamenti politici a causa delle lotte fra le varie famiglie nobili. Nonostante questo, i traffici marittimi dei mercanti e gli affari dei banchieri continuarono a fiorire, procurando a tutti lavoro e benessere.

Il Ducato di Milano era uno dei più ricchi e potenti Stati Italiani. Dal Castello Sforzesco, divenuto una delle più splendide regge d’Europa, la famiglia Sforza governava il Ducato con energia e fasto. Il fondatore della dinastia era stato Francesco Sforza; alla fine del secolo aveva il titolo di Duca un suo giovanissimo nipote, Gian Galeazzo Visconti, ma il governo era esercitato da uno zio, Ludovico Sforza detto «il Moro».

Venezia, la gloriosa «Regina del mare», dopo la caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi dovette impegnarsi nella difesa della Dalmazia e delle altre sue colonie e mercati in Oriente. Le sue navi avevano il primato dei mari e portavano ovunque il temuto stemma del Leone di San Marco. La più ricca e bella città marinara difendeva la propria supremazia ignorando che ben presto le sarebbe stato inferto un micidiale colpo economico: la scoperta del Nuovo Mondo e l’apertura delle vie commerciali sull’Atlantico le avrebbero sottratto per sempre il dominio dei traffici marittimi.

Chi si adoperò in tutti i modi per mantenere la concordia tra i maggiori Stati Italiani fu Lorenzo il Magnifico, della famiglia dei Medici, che tenne la Signoria di Firenze dal 1469 al 1492. Egli possedeva un grandissimo ingegno ed eccezionali capacità di governo: era energico, pronto nelle decisioni, astuto in diplomazia, colto e amante delle arti; il perfetto principe del Rinascimento. Alla sua abilità nel combinare alleanze e trattati fra gli Stati Italiani si deve il lungo periodo di pace che trascorse l’Italia nella seconda metà del Quattrocento. Giustamente egli fu chiamato l’«ago della bilancia politica italiana» appunto perché per opera sua questa politica poté mantenersi in equilibrio come i due piatti di una bilancia.

Siena, un tempo ricca città comunale, non riuscì ad avere un Governo stabile per le continue lotte interne fra le famiglie nobili, i ricchi mercanti e il popolo. Vi fu, tuttavia, un periodo di splendore durante il Governo di Pandolfo Petrucci, il quale favorì le arti e risollevò le condizioni dell’economia; egli resse la Repubblica come se ne fosse il Signore.

Durante il periodo in cui i Papi avevano trasferito la propria sede fuori d’Italia, ad Avignone, le famiglie nobili del Lazio, delle Marche e dell’Umbria (le regioni che formavano lo Stato Pontificio), avevano finito con l’acquistare una certa indipendenza; nel corso di tutto il XV secolo i Papi furono lungamente impegnati a ricondurre l’ordine fra questi signorotti bellicosi ed insofferenti dell’autorità del Pontefice. Essi, però, non trascurarono mai di chiamare a Roma i più famosi artisti, perché abbellissero le chiese e i palazzi della città: Niccolò V, dottissimo e appassionato degli studi letterari, fu il fondatore della stupenda Biblioteca Vaticana.

Il Regno di Napoli, nell’Italia Meridionale, era governato da Sovrani di famiglia spagnola: gli Aragonesi; questi Re amavano il fasto ed erano protettori di artisti e poeti. La Sicilia e la Sardegna erano anch’esse governate da Aragonesi, ma si trattava di un altro ramo della famiglia che aveva ancora la sua sede in Aragona.

Stati Italiani territorialmente più piccoli ma che spesso non avevano nulla da invidiare ai maggiori in quanto a civiltà, ricchezza e splendore furono il Marchesato di Saluzzo, il Marchesato del Monferrato, il Marchesato di Mantova, il Ducato di Ferrara, il Ducato di Modena e Reggio, la Repubblica di Lucca.

Alla morte di Lorenzo il Magnifico, nel 1492, ripresero le discordie fra i vari Stati Italiani. Un Paese diviso è sempre una facile preda per i suoi nemici e infatti quando il Re Carlo VIII di Francia scese in Italia, gli Stati della Penisola, disuniti e privi di un forte esercito, non furono in grado di affrontare l’invasore. La venuta di Carlo VIII segnò l’inizio di circa quattro secoli di soggezione allo straniero.


L’Impero Romano-Germanico

All’inizio del XV secolo il territorio tedesco era suddiviso in più di 350 Stati. Esisteva un Imperatore di Germania, ma questi era un Sovrano solo di nome, perché ogni Stato si governava da sé con proprie istituzioni; l’Imperatore non poteva frenare le lotte intestine fomentate soprattutto dalla cupidigia dei principi e, di fronte all’anarchia e all’impotenza degli organi giurisdizionali, si faceva talora ricorso a tribunali creati da comunità o associazioni segrete che applicavano una giustizia sommaria come faceva, soprattutto in Vestfalia, la Santa Vema. La Germania era quindi ancora ben lontana dall’avere un’unità politica.

Il tentativo di unificare la Germania fu fatto dalla dinastia degli Asburgo, che salì al trono nel 1437. Fino a quell’anno gli Asburgo avevano posseduto solo il Ducato dell’Austria, che avevano ricevuto come feudo da Carlo Magno: ma dal 1437, gli Imperatori di Germania vennero scelti tra i membri della famiglia degli Asburgo, il cui dominio venne così esteso notevolmente.

Gli Imperatori della Casa d’Asburgo furono degli abilissimi uomini di Stato. Quando non riuscivano a conquistare con le armi i territori su cui avevano deciso di dominare, ricorrevano ai matrimoni: sposando le principesse ereditarie delle Case regnanti su quei territori, ne venivano di conseguenza in possesso. Fu infatti con un matrimonio che riuscirono ad impossessarsi dei Paesi Bassi, e con un altro della Borgogna. Quando salì sul Trono, l’Imperatore di Germania Federico III di Asburgo aveva sotto di sé un Impero potente e molto vasto, che comprendeva, oltre alla Germania, il Ducato d’Austria, la Boemia, parte dell’Ungheria, i Paesi Bassi, la Stiria, la Carinzia, il Tirolo e la Contea di Gorizia.

Egli non fu però all’altezza dei suoi predecessori, dimostrandosi un Sovrano debole e incapace: l’Impero entrò in piena crisi, generata dalla decomposizione in tutto il mondo cristiano della società feudale, dall’anelito di riforme politiche e religiose, dalle nuove invenzioni (nel 1446 Giovanni Gutenberg apriva a Magonza la prima stamperia) che dischiudevano nuove prospettive anche allo sviluppo economico, dalla secessione dei territori periferici. Mentre in Occidente aveva inizio l’ascesa delle grandi Monarchie Nazionali, nell’Impero Romano-Germanico si moltiplicava il frazionamento territoriale, e molti territori rivendicarono la loro autonomia: si apriva così, alla fine del secolo, l’era del Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca, ossia dell’Impero ristretto soltanto alla sua parte specificamente tedesca.


Il Regno di Polonia

Assieme al Granducato di Lituania (col quale era unita dal 1386), la Polonia, con capitale Cracovia, formava un vasto Stato fin dal Trecento. Nel XV secolo, grazie alla dinastia degli Jagelloni (che regnò dal 1382 al 1572) il Regno di Polonia allargò di molto i suoi confini con la conquista della Galizia, della Prussia e della Marca di Brandeburgo, estendendosi dal Baltico al Mar Nero. La politica dinastica jagellonica tendeva a creare il più vasto blocco politico d’Europa comprendente, oltre alla Polonia ed alla Lituania, anche l’Ungheria e la Boemia; queste ambizioni parvero a tratti concretarsi, ma non riuscirono mai a rinsaldarsi, oltre che per le difficoltà politiche e strategiche (il dominio della Polonia non si trovava nelle mani del Monarca ma in quelle dei nobili che – all’occorrenza – avevano sufficiente autonomia per rifiutargli l’appoggio militare necessario alle sue imprese), anche per le contese tra diverse confessioni religiose. Oltretutto, il Regno venne a trovarsi a dover fronteggiare la pressione degli Asburgo, di Mosca e dei Turchi.


Il Regno d’Ungheria

Per merito del suo grande Sovrano Mattia Corvino (1458-1490), l’Ungheria riuscì a respingere i ripetuti attacchi degli Asburgo e dei Turchi, togliendo ai primi Stiria e Carinzia, conquistando Vienna e salvando così la propria unità politica. Il nome di Mattia, primo Sovrano moderno dell’Ungheria, è legato al Rinascimento Magiaro, essendo il Re protettore di artisti e letterati, attratti dal fasto delle sue Corti di Buda e di Visegrád, ove affluirono anche artisti italiani, protetti specialmente dalla Regina, la principessa napoletana Beatrice d’Aragona; Mattia tentò inoltre di indebolire la preminenza dell’alta nobiltà, organizzando lo Stato ad immagine della Monarchia, dotandolo di un’amministrazione diretta del Re, di forze armate permanenti e di un fisco regio. Purtroppo alla morte del Sovrano l’Ungheria decadde rapidamente (anche per le agitazioni dei nobili e dei contadini) e nel 1526 finì per cadere sotto la dominazione turca.


L’Impero Turco (Impero Ottomano)

I Turchi erano un popolo nomade, che viveva nelle grandi steppe dell’Asia. Erano originari della Mongolia, ma lentamente, sotto la pressione dei Mongoli, avevano preso a spostarsi verso Occidente. Si erano convertiti all’Islam verso l’800, ma fu col Mille che cominciarono a conquistare vasti territori. Il fondatore della loro potenza fu Osman I il Vittorioso, nel 1301, e dal suo nome l’Impero fu chiamato «Ottomano».

Avanzando verso Occidente, nel 1361 i Turchi presero Adrianopoli, conquistando man mano le terre dell’Impero Bizantino. Salirono poi verso la Penisola Balcanica, e nel 1389 vinsero la battaglia di Cossovo. Queste vittorie dipendevano dal fatto che i Turchi disponevano di un esercito scelto, con soldati coraggiosi disposti a battersi fino alla morte; i loro Generali erano promossi sul campo di battaglia, non erano principi di sangue, inesperti di guerra, come accadeva in Europa.

Fallito un primo, lungo assedio di Costantinopoli, nel 1444 sconfissero a Varna, in Bulgaria, i Crociati di Giovanni Hunyadi. Ma è col 1453 che ottennero una vittoria di grande prestigio: Costantinopoli. A nulla valsero la resistenza delle truppe bizantine e l’eroica difesa dei Genovesi e dei Veneziani: ferito il comandante genovese Giustiniani, con l’appoggio di 100 navi, il 29 maggio 1453 100.000 Turchi entrarono trionfalmente in Santa Sofia. Il Sultano Maometto II, detto «il Conquistatore» (colui che aveva stabilito che «per garantire l’ordine mondiale» ogni Sultano avrebbe dovuto uccidere i propri fratelli), mise tutto a ferro e fuoco, distruggendo i palazzi, bruciando le biblioteche, saccheggiando le chiese, disseminando le strade di migliaia di cadaveri tra i quali quello dell’Imperatore Costantino XI Paleologo. La notizia gettò lo sgomento nelle Corti Europee. Maometto II non si fermò, conquistò la Serbia e la Bosnia, giungendo fino alle porte di Belgrado.

Sovrano assoluto dell’Impero Ottomano, dopo l’organizzazione creata da Maometto II, era il Sultano che abitava nel serraglio. Lo aiutavano nel governo: al centro il Divano, di cui facevano parte il Gran Vizir ed altri quattro ministri, e alla periferia i tre pascià di Anatolia, Europa e Bosnia, i bey dei sangiaccati (province) e i subasci dei distretti.

La presenza nel Mediterraneo dei Turchi, il loro possesso delle coste dell’Asia Minore e della Grecia resero il commercio veneziano incerto e pericoloso. Lo sguardo dei Turchi si spinse su, verso Belgrado, verso l’Ungheria, verso Vienna, rimasta estremo baluardo dell’Occidente dopo la caduta di Costantinopoli. Alla fine del Quattrocento, l’Impero Ottomano comprendeva, in Europa, la Grecia, la Bulgaria, l’Albania, la Bosnia e la Serbia; dopo la morte dell’eroe albanese Scanderbeg, i Turchi penetrarono fino nel Friuli ed in Puglia. D’ora in poi, la minaccia islamica peserà sui popoli europei fino al crollo dell’Impero Ottomano in seguito alla Prima Guerra Mondiale (1914-1918).

(febbraio 2016)

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