Il Concilio di Trento e la Controriforma
Tra definizione dei dogmi e diffusione degli Ordini religiosi, la «controffensiva» cattolica di fronte alla Riforma protestante

Già prima della Riforma protestante, si è formata in Italia una forte corrente che invoca un rinnovamento della Chiesa: vi partecipano uomini e donne di tutte le categorie, ma soprattutto alti prelati, intellettuali, monaci. Gian Matteo Giberti, Vescovo di Verona, ha già dato l’esempio di un Vescovo che ama veramente il suo gregge.

Le figure più eminenti di questa corrente riformatrice sono Gian Piero Carafa, il Cardinale Inglese Reginald Pole, il patrizio veneto Contarini. Quando nel 1534 viene eletto Papa Paolo III Farnese, egli incarica subito una commissione di studiare un piano di riforma. Nel 1537, la commissione consegna le sue conclusioni nel documento Consilium de emendanda Ecclesia: la causa di tutti gli abusi che rovinano la Chiesa – si denuncia – consiste principalmente in coloro che con le loro adulazioni impediscono al Papa di prendere seri provvedimenti; altre cause sono l’impreparazione di chi riceve gli Ordini, l’accumulo di benefici senza un’effettiva pratica del ministero ecclesiastico, l’insegnamento di dottrine pericolose nelle scuole, il cattivo esempio offerto dai religiosi e dalle religiose.

Da più parti s’invoca un Concilio ecumenico (dal greco «oicouméné», «tutta la Terra», quindi un Concilio al quale intervengono tutti i Vescovi del mondo cattolico), e Paolo III aderisce alla richiesta pressante che giunge dai circoli più vivi della Cristianità. Fallite, per motivi politici, le convocazioni a Mantova nel 1536 e a Vicenza nell’anno successivo, il tanto atteso Concilio si apre nel Duomo di Trento il 13 dicembre 1545, alla presenza di 35 Vescovi, e con due prolungate interruzioni dura fino al 4 dicembre 1563, sotto Pio IV. Pesanti responsabilità gravano sulle spalle dei convenuti: tutto il mondo cattolico attende il tanto sospirato rinnovamento. Dirigono i lavori delle 25 sessioni del Concilio, trasferito per qualche mese a Bologna, poi ritrasferito a Trento, i Cardinali Giovanni Maria Del Monte (divenuto Papa nel 1550 col nome di Giulio III), Marcello Cervini (Papa nei mesi di maggio e giugno del 1555 col nome di Marcello II) e Reginald Pole; vi partecipano i teologi Salmeron, Lainez, Pietro Canisio, Cano, Soto, Ambrogio Catarino, De Castro, De Vega, Girolamo Seripando. Vengono emanati numerosi decreti sottoscritti dai 225 partecipanti, di cui sei Cardinali, tre Patriarchi, 193 Arcivescovi e Vescovi, sette Abati, sette Generali di Ordini e 39 procuratori di assenti. Per l’interpretazione autentica dei documenti, Paolo IV (Cardinale Gian Piero Carafa) il 30 dicembre 1563 istituisce la Congregazione del Concilio, costituita da otto Cardinali.

Concilio di Trento

Sessione iniziale del Concilio di Trento, dipinto attribuito a Nicolò Dorigatti, 1711, Museo Diocesano Tridentino, Trento (Italia)

Dal Concilio la Chiesa esce rinnovata: tutti i dogmi della dottrina vengono chiariti e ribaditi (fissati e riuniti da Papa Pio IV nella cosiddetta «Professione di Fede Tridentina», fondamento ancor oggi della dottrina cattolica)[1], viene definita la posizione dei Cattolici nei confronti del Protestantesimo. Allo scopo di impedire la diffusione di idee avverse alla religione cattolica, il Concilio istituisce l’Indice dei libri proibiti dal Sommo Pontefice, ovvero l’elenco – che si pubblica periodicamente anche ai giorni nostri – di tutte quelle opere che non possono essere lette da un Cattolico senza ottenerne prima il permesso dall’autorità ecclesiastica. Soprattutto, viene rivista la disciplina del clero: è confermata la legge del celibato per gli ecclesiastici, i Vescovi debbono abitare nella diocesi loro assegnata, debbono compiere una visita pastorale almeno una volta l’anno, inoltre si provvede ad istruire adeguatamente il clero principalmente con la fondazione dei seminari (scuole speciali per coloro che vogliono dedicarsi al sacerdozio).

C’è oggi tutta una corrente di storici o pretesi tali che, sulla scia della obsoleta storiografia anticlericale di stampo ottocentesco, scaglia i suoi affilati strali sul Concilio e sulla Controriforma Cattolica vedendoli come il tentativo (riuscito) della Chiesa di Roma di arrogarsi ogni supremo potere, per stravolgere in tutta l’Europa l’impostazione culturale adottata fino ad allora e per scrutare col suo occhio onniveggente i cittadini, gli scrittori, gli artisti in generale non più liberi di scrivere, raccontare, dipingere, scolpire e sostenere le proprie posizioni. Il terrore di sbagliare, di professare idee giuste ma proibite dal Concilio, di essere perseguibili e quindi perseguitati, l’incubo di finire nel mirino del Tribunale dell’Inquisizione e di vedere i propri scritti annoverati nell’Indice dei libri proibiti dal Sommo Pontefice e se stessi condannati al rogo o alla pubblica ritrattazione, avrebbero inaridito il progresso scientifico ed intellettuale dell’intero Continente. In realtà, le ricerche più serie per riuscire a valutare il numero delle vittime dell’Inquisizione, dovute a Jaime Contreras e Gustav Henningsen (vedi Joseph Perez – professore di Storia dell’Università di Bordeaux e molto critico nei confronti dell’Inquisizione –, Breve storia dell’Inquisizione Spagnola, Corbaccio, pagine 172-178), citate in tutte le pubblicazioni scientifiche più importanti, stimano il numero di morti in meno di 10.000, spalmati su oltre due secoli di storia, mentre le condanne all’ergastolo si risolvevano in due o tre anni di detenzione per mancanza di fondi; faccio notare, tanto per fare un paragone, che nell’eccidio di Tessalonica del 390 – ordinato dall’Imperatore Romano Teodosio per rappresaglia – trovarono la morte circa 7.000 persone, in un solo giorno e in maniera del tutto arbitraria; che durante le guerre di religione in Europa la sola notte di San Bartolomeo (24 agosto 1472) causò almeno 3.000 vittime a Parigi, oltre a molte altre nelle varie città della Francia; che gli abusi commessi dall’Inquisizione, in definitiva, sono meno numerosi di quelli che si possono osservare nella stessa epoca in altre religioni. È altresì interessante notare che le condanne più numerose si ebbero nelle zone di confine tra il mondo cattolico e quello protestante, in particolare in Germania e Svizzera (Paesi dove non esisteva l’Inquisizione). La cultura europea, ed in particolare italiana, non si seccò ma continuò a fiorire nel corso del Seicento, e nonostante l’Indice la circolazione libraria – anche di opere proibite – proseguì quasi indisturbata.

Dopo il Concilio, tutta una nuova generazione di sacerdoti si fa avanti sulla scena cattolica. Tramonta la figura del prelato salottiero, conversatore brillante, che diviene invece infaticabile verso i fedeli, severo con se stesso, austero, amante della povertà. Il modello di questo nuovo uomo di Chiesa è San Carlo Borromeo: nipote di Papa Pio IV, Cardinale e suo Segretario di Stato già a 21 anni, Carlo Borromeo abbandona dignità ed onori per dedicarsi al suo Arcivescovato di Milano. È Vescovo della città meneghina per 24 anni, fino alla morte avvenuta il 3 novembre 1584. Lavora instancabilmente dall’alba alla sera, percorre la diocesi in lungo e in largo, visita le più lontane parrocchie, si spinge nelle vallate abbandonate; nel 1578 fonda a Milano la congregazione di sacerdoti secolari, gli Oblati; è sempre pronto ad accorrere dove c’è bisogno, sfida la peste nel 1576, cura i malati, vive in estrema povertà. Viene sepolto ad Arona, un’isoletta del Lago Maggiore, dove si trova il monumento a lui dedicato, la più colossale statua cava in bronzo (circa 35 metri), chiamata il «San Carlone». È con uomini di questo stampo che la Chiesa inizia la sua rinascita!

San Carlone

Siro Zanella di Pavia e Bernardo Falconi di Bissone, San Carlone, 1698, Arona (Italia)

Una delle caratteristiche della Controriforma riguarda gli Ordini religiosi: rinascono a nuova vita, le antiche regole tornano in vigore con l’austerità originaria. I Carmelitani vengono rinnovati dalla dottrina e dall’esempio di Santa Teresa d’Avila e di San Giovanni della Croce, i Benedettini sono riformati da Barbo, i Domenicani dal Beato Raimondo da Capua e da Giovanni Dominici, gli Agostiniani da Girolamo Seripando e i Servi di Maria da Laurerio. Paolo Giustiniani, un patrizio veneto fattosi camaldolese, dà vigore ad una branca più severa di Camaldolesi, che restaurano in pieno la Regola del loro fondatore San Romualdo.

Tra i Francescani, che si sono sempre più allontanati dallo spirito del loro fondatore, molti scelgono una vita di vera povertà. È Matteo da Bascio a far rivivere l’ideale di San Francesco in tutta la sua purezza, imitando «più da vicino San Francesco non soltanto nel ruvido vestito, ma in tutta la sua vita, osservandone le regole alla lettera, predicando come lui a Cristiani e non Cristiani e compiendo qualunque opera di carità, tra gli ammalati in tempi di contagio, tra i soldati in tempo di guerra». Sceglie per i suoi seguaci un abito di stoffa ruvida con un foro in testa, e un cappuccio a punta; da questo deriverà il nome del nuovo Ordine: i Cappuccini, fondati il 3 luglio 1528 con l’approvazione di Clemente VII. Essi penetrano negli strati più bassi della popolazione, danno esempio di vero spirito evangelico: la loro predicazione è schietta, aderente alla vita d’ogni giorno, lontana dalle complicazioni teologiche. L’ideale cappuccino, sostenuto dal Vescovo Giberti, da Vittoria Colonna e da Sant’Andrea Avellino, attrae numerosi seguaci: nel 1538 sono già 700; nel 1578 sono 5.000 sparsi nei 400 conventi italiani.

In Italia nascono anche congregazioni di laici e sacerdoti che si dedicano ad una carità attiva ponendosi come scopo l’assistenza ai giovani, ai poveri ed agli ammalati. La manifestazione più nota di questo spirito religioso si ha nell’Oratorio del Divino Amore, fondato da Ettore Vernazza a Genova nel 1497 e diffusosi soprattutto a Roma, a Brescia e a Venezia. Quattro membri dell’Oratorio, fra cui il Vicentino Gaetano di Thiene (in seguito dichiarato Santo) e il Vescovo Napoletano Gian Piero Carafa (il futuro Papa Paolo IV) danno vita a Roma nel 1524 ai Teatini, una congregazione di sacerdoti che fanno vita rigidissima, predicano, confessano ed educano il popolo alla pietà liturgica.

Accanto ai Teatini nascono nuove schiere di «chierici regolari», cioè di sacerdoti che dopo aver pronunciato i loro voti non restano in convento, ma praticano un intenso apostolato. San Girolamo Emiliani fonda vicino a Bergamo i Somaschi: essi si dedicano all’insegnamento, agli orfanotrofi ed alla formazione dei nuovi sacerdoti. I Chierici Regolari di San Paolo, detti poi Barnabiti, fondati da Sant’Antonio Maria Zaccaria a Milano nel 1530-1531, conducono una vita così ascetica che Paolo III ne deve mitigare la Regola: il loro campo d’azione è la gioventù e la sua istruzione.

E ancora, San Giovanni di Dio fonda a Granada nel 1540 i Fatebenefratelli o Frati Ospedalieri; nel 1584 San Camillo de’ Lellis fonda a Roma i Padri della Buona Morte o Camilliani; a Roma San Giuseppe Calasanzio fonda nel 1597 gli Scolopi; San Filippo Neri fonda gli Oratoriani; San Vinccenzo de’ Paoli fonda nel 1625 a Parigi i Preti della Missione e nel 1633 le Figlie della Carità.

Ma l’Ordine religioso che contribuisce maggiormente al trionfo della Controriforma Cattolica è quello dei Gesuiti, fondato nel 1540 dal nobile spagnolo Ignazio di Lojola. Compito principale dei Gesuiti è quello di educare i giovani, ma essi si fanno anche missionari e si recano in America e in Asia per convertire al Cristianesimo i popoli lontani.

Camaldolesi, Cappuccini, Oratorio del Divino Amore, Teatini, Somaschi, Barnabiti: è tutto un fermento di spirito religioso, di ascetismo, di carità che non interessa solo la storia della Chiesa e della sua riforma. L’Europa e l’Italia sono uscite da decenni di guerre, i popoli sono trascurati, la miseria dilaga, la peste miete le sue vittime; Re, principi e duchi hanno inseguito soltanto le loro ambizioni, hanno reso il popolo disilluso di tutti e di tutto. In un secolo in cui non esistono istituzioni sociali, la Chiesa si curva sull’umanità per alleviarne i mali: nascono orfanotrofi, ricoveri per vecchi, ospizi, collegi, scuole. Pochi anni dopo la chiusura del Concilio, ritornano alla fede cattolica intere popolazioni che avevano aderito al Protestantesimo: ciò accade in Baviera (Germania Meridionale), in Austria, in Ungheria e in Polonia. È opera della Chiesa se una società disfatta ritrova se stessa!

Europa religiosa

Nota

1 Questo il testo integrale della «Professione di Fede Tridentina»:
«Io [nome e cognome] con fede sicura credo e professo tutto e singolarmente quanto è contenuto nel simbolo di fede di cui fa uso la Santa Romana Chiesa, cioè:
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili; ed in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, e nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non fatto, consustanziale al Padre; per mezzo di lui furono create tutte le cose; Egli per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli, e s’incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine, e si fece uomo; fu anche crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto; e risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture, e salì al cielo, siede alla destra del Padre, e tornerà di nuovo con gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo Regno non avrà mai fine; (credo) nello Spirito Santo, Signore e vivificante, che procede dal Padre e dal Figlio; il quale è adorato e glorificato insieme col Padre e col Figlio; il quale parlò per mezzo dei profeti; e (credo) nella Chiesa una, santa cattolica e apostolica. Professo esservi un solo Battesimo per la remissione dei peccati, ed aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
Fermissimamente ammetto ed accetto le tradizioni ecclesiastiche e le altre osservanze e costituzioni della stessa Chiesa.
Ammetto pure la Sacra Scrittura secondo l’interpretazione che ne ha dato e ne dà la Santa Madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell’interpretazione delle Sacre Scritture, né mai l’intenderò e l’interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei Padri.
Confesso anche che sono sette i veri e propri sacramenti della Nuova Legge istituiti da Gesù Cristo nostro Signore e necessari, sebbene non tutti a tutti, per la salvezza del genere umano, cioè: Battesimo, Confermazione, Eucaristia, Penitenza, Estrema Unzione, Ordine e Matrimonio; e che infondono la grazia, e che di essi il Battesimo, la Confermazione e l’Ordine non si possono reiterare senza sacrilegio. Accetto e riconosco inoltre i riti ammessi ed approvati della Chiesa Cattolica per la solenne amministrazione di tutti i sacramenti sopra elencati.
Accolgo e accetto in ogni parte tutto quanto è stato definito e dichiarato nel sacrosanto Concilio di Trento riguardo il peccato originale e la giustificazione.
Parimenti credo che nella Messa viene offerto a Dio un sacrificio vero, proprio e propiziatorio per i vivi e i defunti, e che nel santissimo sacramento dell’Eucaristia c’è veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue assieme all’anima e alla divinità di nostro Signore Gesù Cristo, e che avviene la conversione di tutta la sostanza del pane in corpo e di tutta la sostanza del vino in sangue, la qual conversione la Chiesa Cattolica chiama transustanziazione. Confesso anche che sotto una sola specie si riceve tutto integro Cristo e un vero sacramento.
Ritengo senza esitazione che esiste il purgatorio e che le anime ivi rinchiuse sono aiutate dai suffragi dei fedeli; similmente poi che si devono venerare e invocare i Santi che regnano con Cristo, che essi offrono a Dio le loro preghiere per noi e che le loro reliquie devono essere venerate. Dichiaro fermamente che si possono ritrarre e ritenere le immagini di Cristo e della sempre vergine Madre di Dio, come pure degli altri Santi, e che ad esse si deve tributare l’onore dovuto e la venerazione; affermo inoltre che da Cristo è stato conferito alla Chiesa il potere delle indulgenze e che il loro uso è della massima utilità al popolo cristiano.
Riconosco la santa, cattolica ed apostolica Chiesa Romana come madre e maestra di tutte le Chiese, e prometto e giuro obbedienza al romano Pontefice, successore di San Pietro Principe degli Apostoli e vicario di Gesù Cristo.
Accetto e professo ancora senza dubbi tutte le altre cose insegnate, definite e dichiarate dai sacri canoni e in particolare dal sacrosanto Concilio di Trento [e dal Concilio Ecumenico Vaticano] [specialmente quanto al primato e al magistero infallibile del romano Pontefice]: nel contempo anch’io condanno, rigetto e anatematizzo tutte le dottrine contrarie e qualunque eresia condannata, rigettata ed anatematizzata dalla Chiesa.
Io [nome e cognome] prometto, mi impegno e giuro, con l’aiuto di Dio, di mantenere e conservare tenacissimamente integra ed immacolata fino all’ultimo respiro di vita questa stessa vera fede cattolica, fuori della quale nessuno può essere salvo, che ora spontaneamente professo e ammetto con convinzione, e di procurare, per quanto sta in me, che sia ritenuta, insegnata e predicata ai miei soggetti e a coloro di cui mi sarà affidata la cura nel mio ministero: così faccio voto, così prometto e giuro; così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio».

(agosto 2016)

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