Antonello da Messina
L’artista che ha creato uno stile unico, fondendo lo stile pittorico fiammingo con quello italiano

A palazzo Zevallos Stigliano a Napoli è da pochi mesi terminato un omaggio al grande Antonello da Messina, durante il quale è stata esposta una sua piccola ma preziosa opera, che sono riuscita a visitare, così colgo l’occasione di parlare di quest’artista e se qualcuno non è riuscito a vederlo può farsi un’idea sulla sua indubbia bellezza.

Antonello da Messina, battezzato con il nome di Antonio de Antonio o degli Antoni, è sicuramente uno dei massimi rappresentati dell’arte europea, ma molti conosceranno questo nome perché è il cavallo super favorito su cui Er Pomata e Mandrake puntarono tutto, per conoscere il resto della storia basta vedere il film Febbre da cavallo.

A parte gli scherzi, Antonello da Messina è sicuramente un grandissimo artista ma non è molto gettonato tra il grande pubblico forse perché la sua vita è stata semplice – visse prevalentemente a Messina, sua città natale, con la sua famiglia, si spostò poi a Napoli per l’apprendistato in bottega, a Roma e Venezia perché chiamato dai suoi numerosissimi committenti –, i suoi soggiorni sono stati privi di scontri, duelli illegali, inquietudine esistenziale o cose simili, nulla, insomma, che permettesse di creare il mito di Antonello.

A rendere ancora più complessa la ricostruzione della sua vita artistica è la perdita di alcune sue opere e documenti durante il violento terremoto di Messina nel 1908, nonostante tali difficoltà alcune tappe fondamentali sono state ricostruite, si sa che nacque nel 1430 e morì il 25 febbraio del 1479 all’età di 49 anni, secondo il Vasari, sempre a Messina e iniziò la sua carriera presumibilmente tra il 1450 e il 1456, è certo, però, che lavorò per quasi trent’anni, praticamente la sua arte condizionò tutto il Quattrocento.

Altro dato che ha messo a dura prova gli storici dell’arte è proprio il suo stile pittorico, la sua maniera di dipingere che ha indotto molti studiosi ad attribuire le sue opere ad artisti fiamminghi o italiani che dipingevano alla maniera fiamminga, ciò spiega benissimo il perché è considerato un artista europeo e non solo italiano.

A Messina, essendo una città commerciale che aveva intensi scambi con Venezia, che a sua volta li aveva con il Nord Europa e in particolar modo con le Fiandre, e con il Mediterraneo, passava tutto il mondo di allora e Antonello entrò in contatto per la prima volta con tutte le novità culturali e artistiche del tempo, ma fu a Napoli dove perfezionò il suo stile pittorico.

Nella città napoletana si trasferì, circa 1420-1460, per iniziare il suo apprendistato nella bottega del maestro Colantonio, fusione del nome Niccolò Antonio, grande artista e fine conoscitore della nuova arte fiamminga (due sue opere sono esposte nel museo di Capodimonte). Antonello si trovò a vivere nella capitale del Regno che, dopo gli Angioini e la loro predilezione per l’arte e la cultura provenzale, accolse l’arte e la cultura catalana e valenzana grazie all’idea di Alfonso V d’Aragona, divenuto nel frattempo il nuovo Re, di ammodernare la sua Corte secondo le nuove mode europee; promosse la diffusione anche della nuova e più moderna arte fiamminga attraverso l’arrivo a Corte di opere d’arte tra le quali spiccavano per novità stilistica quelle di Van Eyck e di Van der Weyden.

Il suo maestro Colantonio lo aiutò nello studio dello stile valenzano e di quello fiammingo, i quali «convivevano» con la precedente arte provenzale che a sua volta si era ammodernata secondo il nuovo stile nord europeo, insomma un intreccio d’influenze, assimilazioni, rielaborazioni che incisero profondamente sulla ricerca stilistica di Antonello. Tale intreccio ha reso e rende difficile ripercorrere la sua evoluzione stilistica intesa come entrata in contatto con artisti e opere conosciuti durante il suo soggiorno a Roma, a Napoli, a Venezia e a Messina.

Le novità introdotte dall’arte fiamminga, così rivoluzionarie da incidere su tutta l’arte del Quattrocento, si possono «riassumere» in pochi punti quali: il forte verismo del paesaggio e dei ritratti, l’impostazione e la disposizione dei soggetti nel quadro, la cromia ottenuta da particolari pigmenti e leganti oleosi, la diffusione di nuovi generi pittorici strettamente legati alla nascente, potente e ricca borghesia legata al commercio e alle banche.

Sempre dalle Fiandre si diffuse il nuovo genere di ritratto borghese che Antonello riuscì, in Italia, a sottrarre da una dimensione pubblica o religiosa rendendolo più alla portata di tutti, borghese appunto; erano piccoli ritratti, facilmente trasportabili, che facevano la gioia di chi li possedeva ed erano molto richiesti soprattutto in quelle città commerciali, come ad esempio Venezia o Messina, dove la borghesia era maggiormente presente e molto influenzata dalle mode europee.

Come ogni grande artista, Antonello studiò ma rielaborò a suo modo tutte queste novità stilistiche e tecniche creando un suo personalissimo stile.

Rivoluzionò anche i ritratti rendendoli unici perché introdusse «piccole» novità come: raffigurarli di faccia o al massimo di tre quarti e non di profilo, com’era consuetudine; li ridusse alla sola testa o al più raffigurava un poco di busto; distanziava il ritratto dall’osservatore inserendo un parapetto su cui raffigurava un cartiglio con la sua firma e la data di realizzazione; li raffigurava su un fondo scuro o neutro mentre in quelli fiamminghi spesso si trovano degli sfondi; un maggiore gioco di luci e ombre; caratterizzava questi volti con sorrisi appena accennati e con sguardi ironici che, ieri come oggi, ingaggiavano con l’osservatore un gioco tra chi guarda e chi viene guardato.

La sua arte è una perfetta sintesi tra quella italiana e quella fiamminga, tra attenzione al particolare, tipicamente fiamminga, e l’ombreggiatura che rendeva la figura più morbida, peculiarità tipicamente italiana. Sintesi che si manifestava anche nella perfetta padronanza della tecnica a tempera e della nuova tecnica ad olio, introdotta proprio dagli artisti fiamminghi. La usava indistintamente per ottenere diversi effetti cromatici: l’olio permetteva di ottenere velature di colore mentre la tempera permetteva di realizzare particolari.

Il suo stile rivoluzionario non passò inosservato e, aiutato anche in bottega da molti apprendisti, gli permise di realizzare numerose opere di diversa grandezza e di soddisfare numerosi committenti.

E ora vengo al Ritratto d’uomo, dipinto su tavoletta di pioppo molto sottile, 37,4 x 29,5 centimetri, datato 1476. L’uomo ritratto non ha un nome ma era sicuramente un degno rappresentate di quella ricca e ben affermata borghesia.

Ritratto d'uomo

Antonello da Messina, Ritratto d'uomo, 1476

Troviamo qui tutte le novità introdotte da Antonello come: il fondo nero che risucchia quasi del tutto il cappello ma lo si percepisce dall’ombra sulla spalla; volto ben illuminato su cui sono chiaramente evidenti i segni del tempo, nei e sopracciglia folte, irregolari e con qualche pelo bianco. Tale contrasto rende tridimensionale il ritratto e a renderlo ancora più monumentale c’è il parapetto che distanzia il volto dall’osservatore diventando un elemento importante nel gioco prospettico.

Tale ritratto è sicuramente una delle opere più famose dell’artista, e del filone ritrattistico di tutta l’arte, perché è una perfetta sintesi tra abilità pittorica e capacità di raccontare icasticamente idee ed emozioni; lo sguardo ironico dell’uomo esprime la sua superiorità e la sua soddisfacente ascesa economica accentuata da un sorriso leggermente accennato.

Questo sguardo ha suscitato diverse critiche positive e negative da parte di vari storici dell’arte ma non ve le riporto, mi limito ad esprimere le mie sensazioni quando l’ho visto.

Per prima cosa conoscendo quest’opera solo attraverso i libri, da vicino, sono rimasta sorpresa dalla sua grandezza resa ancora più piccola dal fondo nero. Confermo le strane sensazioni che tale sguardo ipnotico suscita perché cattura e sembra quasi che di lì a poco l’ignoto uomo con il suo sorrisino appena accennato, ti dia a parlare e con tono spocchioso t’interroghi su tutto. Il contrasto è reso ancora più vivido dalla perfetta luce che illumina il viso, sembra una fotografia. Da vicino veramente si capisce come Antonello da Messina abbia rivoluzionato l’arte.

Articolo in media partnership con polveredilapislazzuli.blogspot.it
(giugno 2016)

Tag: Annalaura Uccella, Italia, Rinascimento, Manierismo, Antonello da Messina, Ritratto d'uomo, stile pittorico fiammingo, Vasari, Quattrocento, stile pittorico italiano, Messina, Fiandre, Napoli, Colantonio, Niccolò Antonio, Alfonso V d’Aragona, Van Eyck, Van der Weyden, arte fiamminga, ritratto borghese.