Lo Shintoismo, lo spirito del Giappone profondo
Un culto proteso verso la figura dell’Imperatore, che intendeva realizzare una organizzazione perfetta della società

Lo Shintoismo o Shintoi è la religione tradizionale del Giappone e fu così chiamata nel secolo VI dopo Cristo per distinguerla dal Buddismo che, proprio in quel tempo, era stato introdotto in opposizione alla religione originaria. Il nome dello Shintoi proviene dalla lingua cinese: «Shin» significa divinità, «Toi» significa la via, la dottrina. Lo Shinto ed il Buddismo si sono influenzati a vicenda, e non è raro che vengano praticati, alternativamente, anche dagli stessi individui. Si può ricevere la benedizione divina da bambino secondo il rituale shintoistico, celebrare il matrimonio in una chiesa cristiana, ed essere seppelliti con una cerimonia buddista. Per questo il Giappone è considerato, oggi, un laboratorio di religioni. Lo Shinto non ha fondatore. È tipica religione nazionale, non ha dottrina né etica codificate. Cerimonie e rituali mettono il fedele in contatto con le divinità. Nello Shinto vi sono diversi milioni di dèi, i Kami, manifestati attraverso la natura come alberi, animali, fiumi, montagne e uomini. La parola giapponese Kami si può anche tradurre come anima. La mitologia giapponese racconta che in epoca primordiale discese dal cielo una coppia divina: Izanagi e Izanami, che fece nascere le isole e tutto il resto del mondo. Indi una serie di Kami, prima fra tutti la dea del sole Amaterasu che mandò sulla Terra un suo nipote. Uno dei suoi discendenti fu il primo Imperatore del Giappone, quindi tutti i Giapponesi sono di origine divina.

Poco a poco dall’adorazione dei Kami degli Imperatori deceduti si passò all’adorazione dello stesso Imperatore, considerato Kami nella sua vita terrena. Minacciato dall’espansione dell’Occidente, il Giappone si sentì costretto a rinforzare la propria identità nazionale, mentre l’Imperatore veniva relegato in secondo piano dai famosi Shogun, che detenevano il potere. Nel 1867 l’Imperatore Meyi, con un colpo di Stato, si assicurò il controllo del Paese e rinnovò politica e religione. Lo Shinto divenne religione di Stato. Templi e simboli del Buddismo furono distrutti. La coscienza religiosa era legata alla coscienza nazionale. Lo Shinto costituì fondamento ideologico per i piloti suicidi: Kamikaze, «vento divino». Ogni soldato che moriva in guerra diveniva Kami ed era onorato nei templi. Dopo la sconfitta del Giappone, nell’agosto del 1945, l’Imperatore negò la natura divina del Sovrano e lo Shinto fu soppresso come religione di Stato, ma lo Shinto popolare resistette ed acquistò proseliti. Il culto si svolge nelle case e nei templi, dei quali ancora ventimila esistenti. Un tempio shintoista è la dimora del Kami. Nella stanza più sacra del tempio vi è un oggetto che è simbolo di luogo sacro. Nei tre templi principali shintoisti in Giappone vi sono i tre simboli più importanti: uno specchio, un gioiello ed una spada legati a un mito riguardante la dea del sole Amaterasu ed il primo Imperatore del Giappone. Secondo una leggenda, una volta la dea, derisa, si era nascosta in una grotta. Per farla uscire, in modo che potesse diffondere, nuovamente, la sua luce sul mondo, fu usato lo stratagemma dello specchio.

Santuario shintoista

Torii sul mare al santuario di Itsukushima (Giappone)

Il sacerdozio ereditario fu abolito ed i sacerdoti divennero pubblici funzionari. Hanno facoltà di sposarsi e, dopo la guerra, il sacerdozio fu concesso anche alle donne.

Sono quattro gli elementi fondamentali del culto.

La purificazione, che serve per eliminare la presenza del male e dell’ingiustizia. L’impurità è associata alla malattia ed alla morte. Ogni cerimonia religiosa inizia con la purificazione. Riti semplici come sciacquarsi la bocca e versare un po’ d’acqua sulle dita.

Il sacrificio; si corre il rischio di perdere il contatto con i Kami e di incorrere in incidenti e disgrazie se non si fanno offerte di denaro, cibo e bevande.

Preghiera, che si apre di solito con un inno di lode al Kami e di ringraziamenti.

Il pasto sacro, che è la conclusione della cerimonia chiamata «naorai», assieme ai Kami. I presenti ricevono un assaggio di riso, servito dai sacerdoti.

Nella maggior parte delle case si trova un piccolo altare, «kamidana», su cui sono disposti oggetti simbolici: un amuleto per i Kami, uno specchietto, una candela ed un vaso con ramoscelli dell’albero di sakaki. Il rito inizia sempre con il lavacro delle mani ed il risciacquo della bocca. Indi si deposita davanti all’altare un’offerta di un po’ di riso ed una scodella d’acqua. Si sta in piedi o seduti su un tappetino e si china la testa verso l’altare in segno di deferenza. Dopo una breve preghiera si piega altre due volte la testa, si battono due volte le mani, tenendole sollevate e si termina con un inchino. Infine si portano in tavola le offerte commestibili e si consumano.

Sin dal tempo in cui il Giappone era una società rurale si è praticato il culto delle anime degli antenati, culto che, ancora oggi, è molto osservato con incomparabile devozione.

(anno 2003)

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