Introduzione alla storia delle civiltà asiatiche
Un mondo interessante, carico di trascendentale, fortemente diverso da quello europeo

Il concetto di civiltà rappresenta qualcosa di complesso. Si parla di civiltà quando la società si dà delle istituzioni sulla base di valori potenti che vanno oltre la semplice sussistenza materiale degli uomini e portano ad una differenziazione di ruoli. La formazione delle città, con funzioni produttive, di scambio nonché amministrative, insieme alla nascita della scrittura, vengono considerate gli elementi più caratteristici di questo processo. Quasi tutte le civiltà antiche che conosciamo videro un ruolo estremamente rilevante della religione, con culti incentrati sull’equilibrio della natura, ruolo talmente importante da incorporare le istituzioni politiche; buona parte degli Stati antichi furono infatti retti da teocrazie, con poteri accentrati e assolutistici, all’interno dei quali l’uomo era suddito, privo sostanzialmente di diritti. Si differenzia su tutte la civiltà greco-romana che in tempi relativamente brevi diede vita a Stati fondati sull’autonomia e la libertà dei singoli. Le civiltà asiatiche hanno realizzato opere di grande valore nel campo dell’architettura, delle arti in genere, come nel campo della filosofia, tuttavia sotto il profilo delle istituzioni e della evoluzione delle dottrine politiche sono state caratterizzate da un notevole immobilismo. Sostanzialmente si potrebbe affermare che tali civiltà, sia di epoche lontane come di epoche più vicine a noi, ritenevano di aver realizzato istituzioni perfette in piena sintonia con il mondo soprannaturale e pertanto non fosse necessario apportare cambiamenti ma solo perpetuare il giusto equilibrio del mondo naturale e umano.

Vicino Oriente

Siti neolitici del Vicino Oriente (le dimensioni del Golfo Persico sono quelle ipotizzate per il 3000 avanti Cristo)

Sebbene la civiltà sia sorta in varie parti del mondo con caratteri diversi e originali, quella più antica nonostante diversi studi abbiano rivalutato altre culture, rimane quella mediorientale. Nella seconda metà del IV millennio avanti Cristo sorsero le prime città ad opera dei Sumeri, una popolazione di cui non si conosce l’origine e la cui lingua non risulta imparentata con altre conosciute. All’interno delle città un ruolo preminente era riservato alla casta dei sacerdoti, con un Sovrano considerato vicario di un dio. Nel corso dei secoli il Palazzo, sede dell’autorità politica e militare, prese il sopravvento sul Tempio riservato alle funzioni religiose, ma sempre nel rispetto delle funzioni sacrali e di un ordine rigido dell’Universo e del mondo umano strettamente collegato. Nel vicino Egitto, il Faraone era considerato espressamente un dio, anche se in epoche successive tale considerazione venne parzialmente attenuata e si ebbero contrasti fra Sovrano e classe sacerdotale. Interessante è il Codice di Hammurabi del 1700 avanti Cristo, dove il Sovrano dice di se stesso: «Marduk mi mandò a regnare sugli uomini, a dare la protezione del diritto al Paese, io feci il giusto e ciò che corrispondeva a giustizia. I grandi dèi mi chiamarono e io fui il benefico pastore del giusto scettro».

Successivamente al 2000 avanti Cristo apparvero due nuovi popoli, quello Minoico a Creta di probabili origini indoeuropee, e quello indoeuropeo Ittita. Il primo non sembra abbia realizzato la costruzione di templi, ma sia stato retto comunque da una monarchia teocratica, il secondo si caratterizzò per essere retto da un Monarca, capo militare ma privo di origini divine, con poteri non assoluti ma limitati da un’assemblea di nobili, solo successivamente a causa dei contatti con i popoli vicini si assistette alla divinizzazione del Re. Nel periodo successivo si affermò come maggiore potenza della regione l’Assiria, la sua caratteristica fondamentale fu la spiccata militarizzazione dello Stato e la politica dispotica e spietata nei confronti dei popoli sottomessi, anch’essa si caratterizzò comunque per essere retta da una monarchia teocratica.

Nel campo letterario la civiltà mesopotamica ci ha lasciato due grandi opere, l’Epopea di Gilgamesh risalente all’epoca sumerica e successivamente rimaneggiata, e l’Enuma Elish risalente al periodo di Hammurabi. L’Epopea di Gilgamesh parla di uno scontro fra un essere selvaggio e il principe Gilgamesh che singolarmente non termina con la morte di uno dei contendenti ma con l’amicizia fra i due, successivamente viene narrato lo scontro con la dea Ishtar e la ricerca dell’immortalità, ricerca destinata ad un infelice fallimento. L’Enuma Elish costituisce la tipica opera cosmogonica, all’origine era il Caos, «quando nessuno degli dèi era ancora manifesto, nessuno aveva un nome e i loro destini erano incerti». In un mitico scontro, Marduk il dio associato alle tempeste sconfigge il primordiale mostro marino Tiamat e dallo smembramento del suo corpo crea il cielo e la Terra.

Nel campo delle arti visive evidenti sono le differenze fra le figure prestanti ed eleganti dell’arte egizia e quelle pesanti e fortemente arrotondate dell’arte sumerica, un’arte che insiste molto sul concetto di sottomissione. Nel periodo successivo gli Accadici diedero vita ad uno stile molto diverso, con figure sempre idealizzate ma più imponenti, incentrate maggiormente sul combattimento o la potenza della regalità. Assiri e Babilonesi continuarono lo stile precedente ma con figure vigorose, meno stilizzate, in qualche modo più realistiche e talvolta meno statiche.

Terracotta babilonese

Figura femminile, statua di terracotta babilonese (2000-1700 avanti Cristo), con tracce di color rosso, British Museum, Londra (Gran Bretagna)

Una civiltà antica quasi come quelle mesopotamiche sorse nella Valle dell’Indo nel periodo 2600-1600 avanti Cristo, caratterizzata da un discreto sviluppo e da una sua scrittura (non attualmente decifrata), che vide come sue maggiori città Mohenjo Daro e Harappa dalle quali prende il nome la civiltà stessa. Entrambe sorgono nel bacino del fiume Indo e hanno dato nome ad una civiltà che occupa territorialmente l’attuale Pakistan, compresi piccoli territori limitrofi di Afghanistan e India. Non abbiamo fonti scritte di tale civiltà, pertanto è difficile comprendere molte delle sue caratteristiche politiche e culturali, tuttavia è possibile affermare che fossero piuttosto avanzate. La popolazione delle due città si ritiene fosse vicina ai 50.000 abitanti e, fatto piuttosto caratteristico che le differenzia dalle civiltà mesopotamiche era il notevole sviluppo delle rete idrica ma la assenza di grandi strutture a carattere religioso. Dalle testimonianze archeologiche si può desumere che non esistesse né una grande differenziazione per categorie sociali, né un potere politico potente e accentrato e strutture militari. Dalle sculture ritrovate si può affermare che esistesse un culto della dea madre ma non divinità celesti, altra caratteristica che li differenzia da altre civiltà euroasiatiche, lo stile artistico prevalente è quello tipico delle civiltà arcaiche con forme stilizzate quasi astratte, molto arrotondate, nonché un notevole interesse per gli animali dotati di corna. La fine delle antiche città non sembra sia stata causata dalla invasione degli Arii ma probabilmente terminò a causa di cambiamenti climatici. La invasione degli Indoeuropei fu un evento notevole, ma non cambiò totalmente le caratteristiche del subcontinente indiano, il Sud rimase abitato da popolazioni di pelle scura che conobbero una storia in parte diversa da quella del Nord.

Antiche città indiane

Antiche città della valle dell'Indo

In epoca precedente all’invasione degli Arii in India si ebbe la nascita della Cina, che ebbe come la civiltà indiana, mesopotamica ed egiziana come centro d’origine un bacino fluviale, il Fiume Giallo. Il fatto sicuramente non è casuale, la maggiore concentrazione umana e le maggiori possibilità di comunicazione favorivano lo scambio e la crescita culturale ed economica. Le origini della civiltà cinese sono incerte, la prima dinastia Xia (2200-1700 circa) non ci ha lasciato molte testimonianze, sotto la successiva dinastia, Shang (1700-1100 circa), è invece attestato l’uso della scrittura, l’esistenza di una rigida gerarchia sociale con una aristocrazia guerriera e un contado soggetto a imponenti lavori collettivi, nonché è attestato l’uso di sacrifici umani. Intorno al 1100 si ebbe la nuova dinastia Zhou (1122-256) e con essa uno sviluppo della letteratura e della filosofia, ma anche il frazionamento feudale e guerre interne che lasciarono al potere imperiale solo un titolo onorifico. Risulta comunque che già in tempi molto antichi la Monarchia avesse un carattere teocratico e particolare importanza era riservata a riti e tradizioni, caratteristica essenziale della Nazione Cinese che attestava l’idea di possedere istituzioni perfette e la necessità di massima stabilità politica e sociale.

L’arte cinese del periodo precedente agli Han è un’arte severa che utilizza anche figure terrifiche, caratterizzata da una tendenza geometrica rigida che leggermente si addolcisce nel suo periodo finale. Nell’epoca successiva si affermò uno stile totalmente diverso, aggraziato, leggero e celestiale che come sappiamo incontrò il favore degli Occidentali. Come nelle istituzioni, la pittura cinese si fondava sul rispetto delle tradizioni, pertanto l’arte è fondata su dei canoni gestiti dalle autorità, ripetitiva, con differenziazioni minime nel corso dei secoli.

L’epoca successiva all’invasione degli Arii in India non vide la formazione di entità statali definite, solo intorno al VII secolo si ebbe la nascita nella vasta pianura del Gange, di un certo numero di Stati alcuni dei quali retti da Governi elettivi, non particolarmente potenti, tuttavia in tale periodo vennero realizzate opere letterarie importanti che hanno costituito la base della religione induista. I Veda vennero composti intorno al 1300, i Brahmana (dedicato ai riti) fra il 1000 e il 600, le Upanishad (dedicato all’ascesi e alla salvezza dell’anima) fra il 700 e il 300, i poemi epici Mahabharata e Ramayana fra 400 e il 300. Come nella mitologia greca e mesopotamica nei Veda si parla di ordine cosmico, di caos e successiva separazione e sistemazione stabile fra elementi della natura, nonché di un combattimento fra un essere selvaggio legato al mondo terreno (Vrtra rappresentato come un serpente) e Indra il «Signore» dio delle tempeste che smembra il rivale e con il suo corpo crea l’Universo. In un’altra parte dell’opera si dice che dallo smembramento dell’essere primordiale (Purusha) da parte degli dèi vennero fuori secondo una precisa gerarchia il Cosmo e le principali componenti della società, sacerdoti, guerrieri, mercanti, servitori. L’idea di un corretto equilibrio fra le varie componenti della natura e di un ordine cosmico e umano stabile sembra un elemento comune di tutte le religioni più antiche. Anche come conseguenza delle idee religiose del periodo, venne introdotto il sistema delle caste con classi sociali chiuse rette da regole severe, quasi degli Stati all’interno dello Stato, con una netta posizione di prestigio dei religiosi bramini.

Intorno al 600-500 avvenne una grande rivoluzione nel mondo religioso asiatico, vennero ridimensionate le divinità legate alla natura e sorse una religiosità fondata su valori morali e incentrata su questioni esistenziali. I fondatori (reali o mitici) delle nuove dottrine furono Zoroastro, vissuto fra il 1000 e il 500 in una regione vicina alla Persia, Buddha, vissuto fra il 566 e il 486 fra Nepal e India, e Confucio vissuto fra il 551 e il 479 in Cina. Lo Zoroastrismo è una religione sostanzialmente monoteista incentrata sullo scontro con il male, che esalta la purificazione, l’integrità, il senso della giustizia e della pace, è un culto con delle regole sociali e pertanto è stato per un certo periodo in Persia religione di Stato. L’insegnamento del Buddha non costituisce formalmente una religione in quanto non concede molto spazio alla divinità, contiene invece dei precetti morali per giungere ad uno stato di pace perfetta che può essere sintetizzata in un passo del Discorso di Benares: «Questa, o monaci, è la santa verità circa la soppressione del dolore: è la soppressione di questa sete, annientando completamente il desiderio, è il bandirla, il reprimerla, il liberarsi da essa, il distaccarsi». Prevalentemente il Buddismo con la sua predica del non attaccamento ai beni materiali è stato un culto riguardante ristretti gruppi umani, solo in pochi casi ha costituito una religione istituzionalizzata legata allo Stato. Non lontano dai suoi principi sono gli scritti conosciuti come Upanishad che insistono sull’idea di anima e assoluto e il dissolvimento di questa in quello, il Krishnaismo fondato sulla beata indifferenza verso il mondo fisico, lo Jainismo con le sue virtù monastiche. Ben diverso è il Confucianesimo che pur avendo delle solide basi etiche è rivolto soprattutto a dare fondamento allo Stato. Tale dottrina insiste sui valori di armonia universale, rispetto delle tradizioni, moderazione e autocontrollo, valori che non concedono molto spazio all’individuo ma risultano essenziali nella organizzazione delle istituzioni. Gli insegnamenti di Confucio risultarono in linea con il nascente Taoismo, filosofia che insisteva sul concetto di ordine universale immutabile, che costituì la base fino alle soglie del mondo moderno dello Stato Cinese. La filosofia indiana e quella cinese presentano molti punti di contatto, anche se nella prima risulta decisamente più forte la tendenza all’ascetismo e all’idea di annullamento della persona, mentre nella seconda prevale l’idea di moderazione e realizzazione di una giusta società.

Contemporaneamente all’avvento delle nuove religiosità che abbiamo visto, si ebbe la formazione del primo grande Stato Persiano che avvenne ad opera dei Medi nel corso del VII secolo. I Medi come i Persiani erano un popolo indoeuropeo professante il culto zoroastriano, sotto la guida del loro Re diedero vita ad una vasta confederazione di Regni e vennero visti da molti popoli come i liberatori dalla dura oppressione assira. I Medi vennero rapidamente sostituiti dai Persiani che continuarono e ampliarono la politica di tolleranza, conciliando potere assoluto («Re dei Re» il titolo adottato dai Sovrani) con il rispetto per i culti, le tradizioni locali e le esigenze economiche dei popoli sottomessi. Nonostante tali loro caratteristiche, lo Stato Persiano dopo la morte di Re Dario nel 486 venne sconvolto da intrighi di corte e ribellioni dei governatori locali (i satrapi). Lo Stato Persiano venne successivamente invaso da Alessandro Magno e conobbe un processo di ellenizzazione, non tale comunque da eliminare il tradizionale culto zoroastriano. Successivamente la Persia venne dominata (III secolo avanti Cristo – III secolo dopo Cristo) dalla tribù dei Parti, che diedero vita ad uno Stato feudale soggetto a numerose influenze religiose straniere, comprese quella ebraica e buddista. Nel periodo successivo fino all’invasione islamica il vasto Paese sotto i Sassanidi conobbe al contrario una Monarchia centralizzata teocratica caratterizzata dall’intolleranza religiosa e la definitiva eliminazione della cultura greca. Nonostante ciò si ebbe la nascita di una nuova religione, il Manicheismo, fondata sul principio che la materia si identificasse con il male e con un’ideale di purezza portata all’estremo, culto che ebbe forti influenze sia nel mondo europeo occidentale che in quello orientale indiano e perfino cinese.

L’arte achemenide è abbastanza vicina a quella assiro-babilonese, ma con una propria personalità e figure più slanciate. La successiva arte partica (che risente in parte di quella ellenica) e l’arte sassanide costituiscono come quella precedente un’arte celebrativa con forte stilizzazione e idealizzazione dei personaggi, con figure meno vigorose, arrotondate, incentrata sempre sul senso della regalità.

Arcieri

Arcieri achemenidi

Per un paio di secoli l’Impero Achemenide esercitò la sua sovranità sulle regioni occidentali dell’India corrispondenti all’attuale Pakistan, ma nel 325 avanti Cristo l’India conobbe il dominio Maurya, una dinastia che passò alla storia per la sua conversione al Buddismo. L’unificazione di quasi l’intero subcontinente anche se di breve durata, come risultò di breve durata il predominio buddista, fu un evento importante nella storia di quella regione. Il principale Imperatore della dinastia, Asoka, passò alla storia per la sua politica di tolleranza, pur non rinunciando al titolo di «prediletto dagli dèi», alla tradizionale politica accentratrice e ad un prelievo fiscale pesante, fece erigere dappertutto i suoi editti che prevedevano il rispetto di tutti gli esseri umani e delle creature animali e, fatto abbastanza inusuale, la valorizzazione di tutte le religioni.

Per cinque secoli l’India conobbe invasioni e frammentazione politica, oltre a contatti culturali col mondo greco e romano. Nel III secolo dopo Cristo la dinastia Gupta originaria come la precedente Maurya della regione del Gange, realizzò uno Stato potente che unificò tutto il Nord del Paese e diede un forte stimolo alle attività artistiche e culturali. L’arte indiana presenta dei caratteri originali con i molti personaggi danzanti e le sue figure sinuose, sensuali e dinamiche che contrastano con l’ascetismo che nelle sue diverse forme rimase un indirizzo prevalente almeno fino al sorgere del Tantrismo. Gli scritti Tantra del VI secolo e dei secoli successivi costituiscono una filosofia iniziatica che rivaluta le passioni e l’azione, così come alcune delle opere letterarie più tarde sul dio Krishna. L’Impero Gupta, come quello Maurya, si caratterizzò per accentramento dei poteri, politica fiscale invadente e presenza di una vasta rete di spie, durò due secoli, dopo di che l’India conobbe un nuovo processo di disgregazione politica, e la progressiva penetrazione dell’Islam che impose il Sultanato di Delhi nel XIII secolo.

Un secolo prima della unificazione dell’India da parte della dinastia Maurya, nel 221 avanti Cristo Ying Zheng (successivamente chiamato Qin Shi Huang Di), Re di uno degli Stati Cinesi riuscì a sconfiggere gli altri Regni e imporsi come nuovo Imperatore. Il suo atto fu un’autentica rottura delle tradizioni e dei principi morali del Paese e per rendere meno manifesta la sua illegittimità distrusse tutto il patrimonio di antichi testi della Nazione. Il suo governo passò alla storia per le grandiose opere pubbliche ma anche per la brutalità nei confronti degli aristocratici, dei letterati, come dei contadini ridotti al rango di schiavi. Il nuovo Imperatore nonostante il forte accentramento amministrativo realizzato, non poté impedire nuovi disordini dopo la sua morte. Emerse quindi la dinastia Han (202 avanti Cristo – 220 dopo Cristo) che governò con maggiore moderazione e in sintonia con la cultura ufficiale ma non poté impedire il succedersi di rivolte popolari ispirate da società segrete di tendenze radicali. Nonostante le complesse e rigide regole per l’accesso nella burocrazia, una delle caratteristiche dello Stato Cinese, si ebbero gravi squilibri nello Stato, mentre eunuchi di corte e le famiglie delle Imperatrici complottavano costantemente per il potere. La perfezione istituzionale ricercata dai confuciani, sostenitori del mandato celeste degli Imperatori e dei rigidi canoni culturali, non diede i risultati previsti. I medesimi problemi si ripresentarono nel periodo successivo, caratterizzato da costante instabilità e dalla comparsa della religione buddista che in qualche modo contrastava l’ideologia di Stato ufficiale. Anche l’economia del Paese risentiva della situazione politica a causa di numerose imposizioni normative e fiscali. Sotto le dinastie Tang (618-908) e Song (960-1279) la Cina conobbe il massimo splendore sia dal punto di vista politico che culturale, nonostante alcuni periodi di persecuzione delle religioni straniere. In questo lungo periodo si ebbero alcune innovazioni tecnologiche ma sostanziale immobilismo delle istituzioni. Ai Song seguì la dominazione mongola che almeno nel primo periodo assicurò un miglioramento dell’amministrazione. Durante il periodo successivo, la Cina conobbe una situazione politica più pacifica, ma si chiuse progressivamente alle influenze straniere mentre cresceva a suo sfavore il divario con le potenze europee.

Intorno al V-VII secolo della nostra éra anche le aree periferiche dell’Asia conobbero un certo sviluppo. Uno dei primi Paesi a costituirsi in Stato autonomo fu la Cambogia, Paese culturalmente molto legato all’India. Il Paese retto da un Re di origine divina, conobbe sia l’influenza induista che quella buddista. La sua massima realizzazione fu nel XII secolo l’immenso tempio di Angkor, il complesso cultuale più grande del mondo, simbolo dell’unione fra Cielo e Terra. Anche la vicina Birmania raggiunse l’apogeo nello stesso periodo e in un periodo di poco successivo realizzò il grande e spettacolare complesso di templi di Pagan. Le isole che compongono l’attuale Indonesia furono anch’esse soggette all’influenza induista e buddista. Si caratterizzarono anch’esse per le costruzioni monumentali come lo stupa di Borobudur nell’isola di Giava risalente al IX secolo, successivamente fra il Duecento e il Cinquecento grazie all’opera di principi locali nel vasto arcipelago prevalse la religione islamica.

Borobudur

Vista panoramica del complesso del Tempio di Borobudur (Indonesia)

Borobudur, scorcio

Uno scorcio del Tempio di Borobudur (Indonesia)

Diversamente dai Paesi del Sud-Est asiatico, il Giappone conobbe fortemente l’influenza cinese, con una burocrazia e un Imperatore di origine divina molto simili a quelli cinesi. Diversamente dallo Stato Cinese, dal XII secolo all’Ottocento il potere degli Imperatori divenne puramente formale, e il Paese venne retto da signori feudali di stampo guerriero. Dal Seicento all’Ottocento la dinastia dei Togukawa, capi militari del Paese, impose la chiusura del Paese agli influssi stranieri, finché nel 1856 furono costretti ad aprire al commercio straniero, fenomeno che suscitò rivolte xenofobe ma anche il ripristino dei pieni poteri della Monarchia.

L’Islam come le altre religioni monoteiste mediorientali è una religione esclusivista dove è rigorosamente bandita la commistione con elementi di culto estranei, è una religione con dei precetti morali simili ma in generale più severi rispetto alle due grandi religioni precedenti. Presenta poi la caratteristica di essere sorta in un Paese arretrato ma che riuscì in breve tempo a sottomettere e imporre la propria lingua e i propri costumi ai Paesi vicini. Gli Arabi diedero vita ad un potente Stato retto dai Califfi, cioè i vicari (o successori) del Profeta, detentori del potere politico e spirituale. Oltre che nei Paesi Aarabi, la religione islamica influì notevolmente nelle vicende di Persia e India, insieme a quelle dell’Africa dove sorsero fra X secolo e XV secolo alcuni Stati relativamente evoluti.

L’occupazione della Persia da parte degli Arabi avvenne nei decenni immediatamente successivi alla predicazione di Maometto, tuttavia la lingua persiana non cessò di esistere e il Paese mantenne un ruolo di primo piano sotto il Califfato Abbaside. Fra il Mille e il Duecento la letteratura e la poesia persiana conobbero un periodo particolarmente florido, e in qualche modo una raffinata cultura proseguì anche successivamente all’occupazione del Paese da parte dei Mongoli. Ai primi del Cinquecento si affermò nel Paese la dinastia dei Safawidi capi di una confraternita sufi di lingua turco-azera. La nuova dinastia da una parte fece della capitale Isfahan una grande città e realizzò spettacolari architetture, dall’altra governò con estremo autoritarismo, imponendo sotto pena di morte la conversione di tutto il popolo allo Sciismo e tributi pesanti alle popolazioni sottomesse, utilizzando un corpo armato speciale sul modello dei giannizzeri per impedire qualsiasi ribellione. La Turchia divenne ai tempi di Solimano il Magnifico nel Cinquecento una grande potenza. I Sultani Ottomani non imposero la religione islamica ai popoli sottomessi, che vennero però sottoposti ad una pesante politica fiscale; oltre che capi assoluti dello Stato furono anche Califfi, anche se di fatto poco portati a esercitare le loro funzioni religiose. Nello stesso periodo i Moghul in India diedero vita ad un grande Stato, alternando periodi di tolleranza a periodi di repressione nei confronti di indù e sikh, questi ultimi costituirono nel Punjab un potente gruppo religioso con spiccate tradizioni guerriere di tipo sincretista che associava principi induistici e principi islamici. Nel Cinquecento il principale Sovrano della dinastia Moghul, Akbar, tentò di creare una nuova religione sincretista senza successo, riuscì invece a riformare almeno temporaneamente la burocrazia eliminando gli elementi feudali. L’arte islamica ottomana, persiana e indiana ci ha lasciato grandi capolavori celestiali e raffinati, oltre che nel campo architettonico tale arte si espresse attraverso delicate e armoniose miniature che hanno sempre affascinato gli Occidentali.

Nel periodo successivo tutti i Paesi Asiatici conobbero la penetrazione europea. Buona parte della società accettò con interesse la nuova cultura più dinamica e fondata su un maggiore rispetto dell’individuo, solo gruppi settari o comunque religiosi estremistici ritennero di rifiutare la formazione della nuova organizzazione di Stato. I Governi Europei garantirono maggiore pace, legalità e un relativo sviluppo, l’Inghilterra in particolare creò il suo Impero in India attraverso un uso limitato della forza e un vasto sistema di alleanze. Molti dei principi locali ritenevano preferibile l’assoggettamento alle potenze europee rispetto alla soggezione dei più dispotici Monarchi nazionali e senza grandi opposizioni per circa un secolo gran parte del continente venne governato direttamente o indirettamente dagli Europei.

(agosto 2013)

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