Carta e stampa
Due invenzioni che hanno proiettato l’umanità nel futuro

Osservando la situazione odierna che si ritrova sul Pianeta Terra, sicuramente la Cina occupa un importante punto strategico fra chi è lanciato verso un futuro economicamente e tecnologicamente ultramoderno, divenendo senz’altro un punto di riferimento per tutti gli altri Paesi del Mondo.

Ma fin dai tempi più antichi la Cina è sempre stata un’area all’avanguardia in molti campi dell’umano sapere, tanto da essere riconosciuta come il Paese dal quale sono uscite tante importanti innovazioni e invenzioni, di cui alcune sono state veramente sostanziali e fondamentali per il progresso dell’umanità.

Di seguito si cerca brevemente di raccontare quanto si è appena anticipato, in merito a due di esse.


La carta

In primo luogo, ecco l’invenzione della carta, che rappresentò un’arma importante in mano all’umanità per gli sviluppi e la diffusione delle civiltà. Prima della carta, quali basi su cui scrivere, si ricorreva a materiali reperibili in natura, ma purtroppo poco comodi da utilizzare, talora sia per il peso proprio sia per le dimensioni disponibili. Per la scrittura si utilizzavano lastre di pietra, tavole d’argilla, papiri, pergamene, carapaci di tartaruga, ossa o ancora strisce di bambù o legno.

Gli esemplari più antichi di carta si sono ritrovati a Tianshui nel Gansu, nel II secolo dopo Cristo, ma risulta che erano utilizzati solamente come materiali da imballaggio. Però, nella torre di Tsakhrtei nel 110 dopo Cristo, fu rinvenuto un frammento di carta con scritte, il che significa che si era iniziato a usarla come supporto per lo scritto.

Si vuole che tra il V e il III secolo avanti Cristo, uno studioso di nome Hui Shi, quando doveva spostarsi per impartire i suoi insegnamenti alla gente, dovesse avere al suo seguito cinque carri per trasportare tutti i suoi scritti e i suoi libri (intendendoli come mezzi per la trasmissione del pensiero), necessari per le sue lezioni. Questa esigenza ha portato a creare il detto secondo il quale una persona colta deve «possedere cinque carri pieni di libri». Per ovviare a tale difficoltà, si pensò di usare altri materiali, puntando la scelta sulla seta e sulla canapa, materiali che erano nati per altri scopi.

È parere comune che l’invenzione della carta si debba a un certo Ts’ai Lun (o Cai Lun), una importante autorità della Corte Imperiale Cinese della dinastia Han, il quale, nel 105 dopo Cristo, pensò di usare corteccia vegetale, mista a tessuti e reti da pesca, su cui scrivere: era un’innovazione nella scelta dei materiali.

È stato riconosciuto che senza dubbio la carta fu inventata in un periodo precedente, tuttavia a lui resta il merito di averne normalizzata la produzione.

In ogni modo, nel III secolo dopo Cristo la carta era subentrata vittoriosamente sui supporti per lo scritto costituiti da pergamene, strisce di seta, rotoli di bambù, tavolette d’argilla bagnata.

Trattandosi di materiali facilmente reperibili e, pertanto, di costo modesto, si poté preparare una grande quantità di carta, la cui diffusione fu veramente rapida. Nel 384 fu esportata in Corea, mentre nel Giappone giunse nel 610, introdotta dal monaco buddista Dam Jing. I Giapponesi impararono correttamente la tecnica e usarono corteccia di gelso. Nell’VIII secolo, attorno al 751, si verificò uno scontro fra la dinastia Tang e l’Impero Arabo. Il Califfo di Bagdad fece diversi prigionieri a Samarcanda. Proprio in quella città, fra i prigionieri, individuò due operai che lavoravano nella produzione della carta, per cui fu immediato il loro impiego. Così, fu costruita una delle più antiche cartiere, che produceva carta con l’impiego di canapa e lino, e i risultati furono tanto positivi che il territorio in cui si trovava, quello che oggi corrisponde all’Uzbekistan, subì un importante sviluppo economico e divenne famoso. Da qui l’immediata conseguente diffusione della novità nel Medio Oriente, in particolar modo a Bagdad e Damasco. La carta entrò in India nell’XI secolo, quando monaci cinesi vi viaggiarono alla ricerca di scritti buddisti. Infine, fu la volta dell’Africa e dell’Europa, nel XII secolo, a seguito delle invasioni arabe, che la importarono prima in Sicilia e poi in Spagna, dove sorse la prima cartiera. In Europa, inizialmente si snobbò la carta prodotta secondo la metodologia di cui sopra, giacché la si riteneva decisamente inferiore alla pergamena. Addirittura fu emanato un editto da parte dell’Imperatore Federico II di Svevia, che ne vietò l’uso per i documenti pubblici. Ma la diffusione continuò imperterrita, raggiungendo le Americhe nella seconda metà del Cinquecento, per approdare alla fine nel secolo XIX in Australia, conquistando completamente l’intero globo terracqueo.

In che cosa consisteva la tecnica di produzione della carta? Le metodologie seguite dai cartai artigiani arabi prevedevano innanzitutto la sfilacciatura (vale a dire lo sminuzzamento degli stracci in strisce o ammassi di fili) e la macerazione in acqua, al fine di ottenere una pasta omogenea, che poi doveva essere accuratamente filtrata. Dopodiché, i fogli erano pressati e asciugati, quindi rifiniti con una sottile copertura di amido di riso per renderli ricettivi all’inchiostro.

Indubbiamente non si può negare che l’invenzione della carta sia da riconoscere agli antichi Cinesi e che successivamente gli Arabi ne abbiano migliorato le tecniche di fabbricazione, però tanto di cappello ai cartai dell’anconetana città di Fabriano, nell’entroterra marchigiano, che, a partire dal XII secolo, della carta fecero un’arte. Essi furono i costruttori del più rilevante nucleo produttivo dell’intera Europa, favoriti senza dubbio dalla vicinanza del porto di Ancona, strettamente legato commercialmente al mondo arabo, ma anche e più di ogni altra cosa perché erano dotati di un’abilità e di una tecnica superiori che li fecero emergere fra le varie concorrenze. In particolar modo, sono tre le innovazioni da riconoscere alla carta di Fabriano che l’hanno portata tanto in alto.

In primo luogo, già nel secolo XIII, ci fu l’invenzione della batteria a magli multipli, a funzionamento idraulico, che sostituì i mortai di pietra e i relativi pestelli, azionati a mano dagli Arabi, con riduzione di tempo e fatica e approntamento di fibre più omogenee. Poi, l’applicazione sulla superficie della carta di gelatina animale allo scopo di migliorarne le peculiarità, come la riduzione della porosità, per esempio, e per ovviare al problema sollevato dall’uso di amido di grano, causa di un suo rapido decadimento. (Come detto più sopra, questo inconveniente ne vietava l’uso negli atti pubblici). Infine, da ultimo, ma certamente non ultimo per importanza, l’inserimento della filigrana nei fogli di carta, osservabile controluce, inizialmente usata dai vari produttori per evidenziare il loro marchio, poi usata da tanti altri utenti, personalizzandola. Questa innovazione ebbe una grande diffusione nel Rinascimento, come si evince dai tanti documenti giunti sino a noi, fra cui, non a caso, fanno bella mostra di sé quelli di uomini importanti fra cui spicca Michelangelo Buonarroti.

Fino al XIV secolo, le cartiere italiane furono sempre all’apice nella produzione della carta che, con l’invenzione dei caratteri mobili, ebbe un ulteriore grande impulso; poi, però, anche in Francia, Germania e, poco più tardi, in Olanda, considerato che il settore era in espansione, furono aperte fabbriche con requisiti tali da fare una valida concorrenza, per giungere, in effetti, alla pari.

Per concludere, la carta fu un’invenzione di somma importanza per il progresso dell’umanità e il suo peso divenne ulteriormente maggiore quando si inventò la stampa a caratteri mobili. Le esigenze, dovute all’aumento della produzione, fecero fare un ulteriore passo in avanti con i miglioramenti ottenuti con le nuove tecniche di macinatura, ottenuta con l’invenzione di macchine a cilindri rotanti dotati di lame che ottimizzarono ulteriormente la qualità dell’impasto costituito da fibre vegetali e stracci.


La stampa

Altra importante invenzione cinese è stata quella della stampa, avvenuta verso il 600 dopo Cristo; non era altro che una variante dei sigilli cinesi intagliati sulla superficie a riportare i nomi. Ebbe uno sviluppo importante fra il X e il XIII secolo, mentre governava la dinastia Song. Si trattava di un lavoro difficile, costituito da incisioni lunghe da effettuare e che comportavano parecchi errori che difficilmente potevano poi essere corretti. E pure l’archiviazione era complessa.

Una rilevante innovazione si ebbe nel 1041, tempo in cui governava l’Imperatore Song Ren Zong della dinastia dei Song Settentrionali. Lo scienziato Shen Kuo per primo descrisse il processo della stampa a caratteri mobili, attribuendone l’invenzione al tipografo Bi Sheng, che ne mise a punto un sistema in argilla, con la possibilità di riutilizzo per diverse volte, con cui si stamparono vari scritti. L’idea era buona, ma l’elevato numero dei caratteri della lingua cinese non ne fece intendere la vera rilevanza, per cui non ne fu riconosciuta a fondo la portata.

Passarono due secoli, durante i quali la tecnica si diffuse nel mondo di allora. Però, ciò che maggiormente è interessante riguarda un orafo-tipografo tedesco di nome Johannes Gensfleisch: ebbe un gran numero di lavoratori da adibire ai torchi, correttori, e poté acquistare il materiale che gli serviva. I caratteri fusi furono di ben 290 tipi. Lavorando assiduamente sotto l’occhio vigile dell’incisore Peter Schöffer, il 23 febbraio 1455 si poté dichiarare ufficialmente conclusa l’opera, cioè la Bibbia a 42 linee in caratteri gotici. L’edizione, stampata in 180 copie, fu messa in vendita a Francoforte, dove ebbe un grande successo per la sua qualità tipografica.

Sicuramente, il Gutenberg ebbe molte difficoltà per partire. Il fatto di avere avviata la stampa usando i caratteri mobili (novità pressoché assoluta in quei tempi) lo costrinse ad affrontare e risolvere i diversi problemi tecnici in cui puntualmente si imbatteva, tanto da stimolarlo nell’invenzione quasi «ex novo» di tutto un processo di natura industriale.

Come prima innovazione, i caratteri mobili furono fusi in un metallo leggero e fondibile a temperature relativamente basse. Per semplificare, Gutenberg prese a esempio i punzoni che erano utilizzati dagli orefici e che servivano per una serie di caratteri, e non per uno alla volta. Poi, per adattare l’inchiostro al metallo, invece di prepararlo ad acqua, si servì dell’olio. Infine, prendendo come riferimento i torchi da vino degli agricoltori della Valle del Reno, egli inventò il torchio tipografico. Come è ben evidente, in concreto dire che Gutenberg fu un inventore forse è un po’ troppo, però che abbia saputo interpretare e adattare alle sue esigenze meccanismi, strumenti e tecniche esistenti per altre attività è senza dubbio un riconoscimento alla sua genialità.

Gutenberg ebbe poi grossi problemi nel non riuscire a restituire il denaro avuto in prestito, ma tutto questo rappresenta un’altra storia. Ciò che resta di lui è la stampa a caratteri mobili, la parte migliore della sua attività, che rappresentò un faro nello sviluppo e nel progresso dell’umana stirpe.

(aprile 2021)

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