Il mostro del lago
Quale terribile essere antidiluviano si nasconde tra le acque del lago di Como?

Se parlassi di un mostro che dimora in un lago, tutti penserebbero probabilmente a Nessie, il plesiosauro che si dice viva nel lago di Loch Ness, in Scozia (e che ovviamente è solo una trovata per attrarre turisti, come confermato dalle stesse parole di un pescatore del luogo: «Vedi, la gente vuole le illusioni, e noi siamo qui a dargliele»). In realtà, di laghi che ospiterebbero mostri, nel mondo ce ne sono centinaia: a parte la Scozia (che oltre al Loch Ness, vede mostri al Loch Treig, al Loch Lomond…), sono popolati da queste creature diversi laghi americani (come ad esempio il lago Okanagan nel mezzo della British Columbia, il lago Flathead in Montana, il lago di Fulk vicino a Churubusco nell’Indiana, il lago Nahuel Huapi in Argentina…), il lago di Van in Turchia, il lago Tianchi in Cina, e naturalmente non può mancare all’appello il lago più profondo, esteso ed antico del mondo, il lago Baikal in Siberia. Tutti i fotogrammi e i filmati di mostri in nostro possesso sono scuri, tremolanti: mostrano immagini piccole, di gobbe, di robe nere che sfuggono, e che potrebbero essere qualsiasi cosa… quando non si tratta di falsi, ovviamente (come tutte le foto di Nessie).

C’è chi ci crede: i criptozoologi fondano la loro stessa esistenza sulla speranza di trovare, prima o poi, una specie animale sconosciuta. Non un plesiosauro, ovviamente: a parte i cambiamenti climatici, non avendo antagonisti naturali se non l’uomo, i plesiosauri si sarebbero moltiplicati in chissà quanti esemplari e avremmo qualcosa di meglio di fotografie scure e sfocate. Qualcuno ha ipotizzato, più verosimilmente, che si tratti o di specie realmente sconosciute, affini a specie conosciute dalle quali si differenziano per qualche morfologia particolare, o che ci sia un’esuberanza dagli standard in nostro possesso, come anguille o storioni giganti (un esempio: una trota può essere lunga un metro e mezzo; se trovassimo una trota di cinque metri, ci chiederemmo che roba sia e, raccontandolo in giro, saremmo naturalmente portati a descriverla lunga il doppio e con dei connotati che non sono sicuramente quelli reali). Insomma, qualcosa di strano potrebbe anche esserci, almeno in qualcuno di questi laghi, ma bisogna rimanere coi piedi per terra.

Anche l’Italia ha i suoi bei mostri. Nel lago di Garda, alcuni pescatori segnalarono un mostro che ingoiava tutti i pesci impigliati nelle reti; nel 2001, due sub hanno avvistato un pesce siluro gigante davanti a Gargnano sulla sponda bresciana, a circa venticinque metri di profondità; un altro avvistamento è quello di un pescatore di Garda davanti a Villa Canossa, nell’aprile del 2007. Qualcuno ha affermato che il lago di Garda, con la sua fauna acquatica popolosa di rane, potrebbe ospitare una balena assassina. Mah…!

Il più famoso e studiato mostro lacustre italiano è sicuramente Larry, un lariosauro che si nasconderebbe tra le acque del lago di Como (o lago di Lario, da cui il nome del mostro): libri (sia romanzi che testi scientifici), canzoni, fumetti, conferenze ne hanno fatto una vera celebrità. Il lariosauro, precisiamolo, è esistito veramente: si tratta di un rettile acquatico vissuto nel Triassico medio (circa 237-235 milioni di anni fa), lungo dai sessanta ai centotrenta centimetri, che per quell’epoca era una dimensione ragguardevole. I suoi resti fossili sono stati ritrovati in Europa (Italia, Svizzera, Spagna, Francia) e in Asia (Israele e Cina); la maggior parte provengono dalla zona di Lecco. Era un predatore acquatico che si muoveva nuotando grazie a strutture simili a pinne anteriori (quelle posteriori avevano conservato l’originale struttura con cinque dita, forse palmate), e aiutandosi con la lunga coda. Il cranio, con i lunghi denti anteriori che si intersecavano fra loro quando le fauci erano chiuse, era adatto ad intrappolare piccoli pesci ed altre prede scivolose, come i cefalopodi. Il primo esemplare noto venne alla luce nel 1830 a Perledo, ma fu solo nel 1847 che si appurò che si trattava di una nuova specie (e di un nuovo genere), e gli venne attribuito il nome che porta tuttora. L’esemplare meglio conservato è esposto nel Museo Botanico di Monaco di Baviera; altri esemplari sono conservati al Servizio Geologico di Roma e due sono esposti al Museo di Storia Naturale di Lecco.

Il lariosauro

Una ricostruzione del lariosauro nel suo ambiente

Ma andiamo con ordine: il 18 novembre del 1946, il «Corriere Comasco» pubblicò una notizia secondo la quale nel lago, al Pian di Spagna, vicino a Colico, sarebbe apparso un misterioso animale lungo diversi metri che avrebbe spaventato dei cacciatori che si trovavano lì. L’articolo si intitolava La paurosa avventura di due cacciatori brianzoli. Val la pena di notare che nel 1946 i giornali erano molto diversi da quelli di oggi: erano composti da due pagine, davanti e dietro, e su queste due pagine dovevano stare tutte le notizie del giorno, in particolare, per il «Corriere Comasco», tutte le notizie della domenica, comprese quelle sportive. Il fatto che si fosse dedicato così tanto spazio nella prima pagina a una notizia di questo genere, evidentemente significava che si voleva dare una certa importanza alla cosa. Nonostante la notizia fosse chiaramente inventata, la storia ebbe un grande successo e venne ripresa dal quotidiano locale «La Provincia», che segnalò un altro avvistamento, altrettanto poco credibile, e precisò pure che, anni prima, ce ne sarebbe stato un altro ancora. Fu poi citata in alcuni importanti quotidiani e periodici italiani come «La Nazione», «Il Resto del Carlino», «Il Tempo», «La Domenica del Corriere» e via dicendo. Dopo che furono fatte varie ipotesi sulla natura di questo animale, il «Corriere Comasco» decise di porre fine alla carriera del suo mostro scrivendo che era semplicemente uno storione pescato da due ragazzi. Notizia tanto inventata quella del mostro, quanto quella dello storione. (Lo stesso «Corriere Comasco» in seguito pubblicò, nella stessa parte bassa della prima pagina dove erano comparsi mostro e storione, la cronaca dell’apparizione di un fantasma, con tanto di foto… quella posizione non era certo un indice dell’attendibilità della notizia!).

L’avvistamento successivo avvenne ad Argegno nel 1954: i giornali, i quotidiani locali, ma anche altri in giro per l’Italia, gli dedicarono qualche riga, con pochi dettagli. L’uomo che aveva visto questo strano animale lo descrisse come lungo sugli ottanta o novanta centimetri. Sicuramente non era un pesce perché, mentre la parte anteriore del pesce è appuntita, questo animale aveva invece un muso arrotondato; lo stesso valeva per la parte posteriore che non era stretta come ci si aspetterebbe in un pesce, ma più ampia, «come quella di un maiale». Le zampe, poi, erano come quelle di un’anatra. Insomma, l’immagine che viene fuori è quella di un mammifero con le zampe palmate. Poteva trattarsi di una lontra: le lontre, nel 1954, c’erano ancora nell’area lariana, tra l’altro anche al Pian di Spagna, proprio dove era avvenuto il primo (presunto) avvistamento del lariosauro, e potevano fare spostamenti di notevole lunghezza, anche fino ad Argegno, appunto.

Nell’agosto del 1957 un quotidiano comasco, «L’Ordine», pubblicò la notizia di un enorme mostro apparso tra Dongo e Musso. Anche qui si trattava evidentemente di un’invenzione del giornale e questa volta non ebbe neppure successo: la notizia rimase lì isolata.

Il mese successivo, invece, un vero avvistamento, sempre segnalato da «L’Ordine»: due uomini, da una batisfera, videro uno strano animale. Osservandone la parte anteriore, valutarono che potesse essere lungo in totale tra i sessanta centimetri e il metro e venti. La descrizione era molto vaga e quindi è difficile fare ipotesi, ma un particolare, ovvero la testa che somigliava a quella di un coccodrillo, potrebbe farci pensare che l’animale fosse un grosso luccio. Naturalmente con particolari così vaghi, è difficile dirlo con certezza.

Ci fu anche un burlone: qualcuno che nel 1965 buttò in acqua, nel lago di Como, un mostro gonfiabile di gomma. Lo raccontò (con foto) il «Corriere della Sera».

Nel 2003 abbiamo un avvistamento recente, segnalato in un forum in internet. Una persona raccontò di aver visto dal Monte Barro, guardando giù nel lago, a Lecco, un’anguilla lunga sui 10-12 metri (misure chiaramente esagerate). A parte le battute su quello che l’uomo doveva aver bevuto in cima alla montagna, si ipotizzò che potesse trattarsi di un gruppo di pesci che nuotavano compatti e che poteva aver dato l’impressione che fosse un unico pesce molto lungo. L’ipotesi di un gruppo di pesci, o di riflessi di luce sulla superficie del lago, è più credibile che non pensare ad un’anguilla lunga 10-12 metri.

Riassumendo, si può dire che riguardo agli avvistamenti di mostri o presunti tali (scartando ovviamente le invenzioni), qualche volta può essere che l’animale sia stato realmente visto, ma l’avvistamento sia stato frainteso: invece che un animale sconosciuto alla scienza, si tratta di un animale non riconosciuto dall’osservatore. Così potrebbe essere per la lontra nel caso di Argegno del 1954 e per il luccio nel caso del settembre del 1957. Prima di pensare a cose che vanno al di fuori di quello che conosciamo, dovremmo prendere in considerazione le ipotesi su ciò che già conosciamo e quindi sugli animali che già sappiamo esistere e che potrebbero essere stati visti.

Ma la domanda finale è: riguardo al mostro del lago di Como, potrebbe trattarsi di un lariosauro sfuggito all’estinzione?

Torniamo a 235 milioni di anni fa: a quel tempo i continenti non avevano l’aspetto che hanno ora. Erano riuniti tutti insieme, più o meno venti gradi sopra l’equatore, dove si trovano adesso l’India o l’America Centrale. Le terre si stavano spaccando e andando alla deriva per diventare i continenti che conosciamo oggi. A un certo punto l’Africa ha ruotato su se stessa, ha chiuso il grande golfo chiamato Tetide e l’ha fatto diventare il Mar Mediterraneo. I sedimenti che s’erano accumulati sul fondo di questo mare sono stati spinti fuori: prima si sono corrugate le rocce più profonde che hanno formato la spina dorsale delle Alpi, e poi le Prealpi. Dentro a questi sedimenti, abbiamo trovato le tracce del nostro lariosauro.

C’erano isole piatte, vaste centinaia di chilometri quadrati, che erano coperte di conifere tropicali, simili forse alle attuali araucarie, ed avevano un po’ l’aspetto delle attuali Bahamas. Viveva in questo mare tropicale una fauna molto ricca di pesci e di rettili, e i predatori erano in cima alla catena alimentare: il lariosauro doveva essere il rettile più grande, ma c’erano anche altri rettili, più piccoli, che schiacciavano le conchiglie con i loro denti grossolani.

In seguito, l’ambiente è mutato in modo drastico. Da un mare tropicale si è passati alla penisola italiana, con i suoi laghi; il lago di Como, oltretutto, non è un lago glaciale come si è detto fino a qualche decennio fa, ma è stato formato da un fiume. Cinque o sei milioni di anni fa, il Mediterraneo si è prosciugato: si è chiusa Gibilterra e i fiumi non portavano acqua a sufficienza. Dopo un lungo periodo, Gibilterra si è riaperta e il mare si è riempito di nuovo. Per un lariosauro sopravvivere sarebbe stato decisamente molto, molto, ma molto difficile.

Quindi, è arduo pensare che il mostro del lago di Como, se esiste, sia un lariosauro o un suo discendente. Se non si tratta di allucinazioni o di suggestione, resta la soluzione dell’esistenza di un animale sconosciuto, di un tipo di cui ancora non sappiamo. E questo non è da escludere perché gli scienziati, quelli aperti, quelli veri, non escludono mai nulla a priori. Forse non se ne troveranno mai tracce, ma questo non è un problema, perché lascerà libero corso alla fantasia, all’immaginazione, così povera nei nostri tempi. Forse qualcuno farà delle foto – foto oscure, sfocate, confuse – di qualcosa che potrebbe essere il mostro (che sarà sicuramente il mostro per chi vorrà crederlo) e allora il lago si riempirà di turisti americani e russi, cinesi e giapponesi, tutti con le loro macchine fotografiche e le loro cineprese – e la gran gioia degli albergatori e dei negozianti locali. E forse, qualcuno si interesserà di più al lariosauro, quello vero, andrà a trovarlo ai musei, si documenterà sulla sua esistenza, sulle sue abitudini. Per questo qualcuno, il lariosauro tornerà in vita: anche se non lo potrà immortalare mentre emerge dalle acque del lago!

(novembre 2014)

Tag: Simone Valtorta, mostro del lago, Nessie, Loch Ness, lariosauro, Lago di Como, Lago di Lario, Lago di Garda, criptozoologia, Corriere Comasco, Pian di Spagna, Argegno, Tetide, Mar Mediterraneo.