Jorge Rafael Videla
Desaparecidos

Jorge Rafael Videla fu un Generale e un uomo politico nato e cresciuto in Argentina, dove divenne Presidente con un colpo di Stato militare avvenuto nel 1976. Era nato a Mercedes, una città della provincia di Buenos Aires, nel 1925. Fece una rapida carriera militare fino a diventare il comandante in capo delle forze armate e nel 1976 tentò, con la partecipazione di Jorge Eduardo Acosta e Alfredo Astiz, il colpo di Stato, andato a buon fine, che portò alla deposizione della Presidentessa Maria Eva Duarte de Peròn (meglio nota come Evita o Isabelita de Peròn), subentrata al marito Domingo alla sua morte. Divenne così il 42° Presidente dell’Argentina, instaurando un regime militare. Il suo governo fu costellato da episodi caratterizzati da violazione dei diritti umani e crimini contro l’umanità, culminati con gli omicidi dei «desaparecidos» oltre che da contrasti di confine con il Cile.

La sua formazione culturale fu improntata all’ideologia anticomunista e antiperonista, anche in sintonia con la «guerra fredda» che in quegli anni era al suo massimo grado. Studiò presso l’«Escuela de las Americas» a Panama, scuola statunitense improntata all’antimarxismo, divulgato negli Stati Uniti partendo dal presupposto che tutto quanto portava la firma della Russia fosse molto sovversivo e pericoloso per la sicurezza nazionale e internazionale. Insomma, Videla, insieme con altri che la pensavano alla stessa maniera, si vedeva immerso in una costante minaccia rossa, che si doveva combattere e annullare in tutti i modi possibili.

La Presidentessa della Repubblica Argentina Isabel Martinez de Peròn, terza moglie di Juan Domingo Peròn, al quale succedette nel 1974 alla sua morte, nominò Videla, nella sua qualità di Tenente Generale, comandante in capo dell’esercito. Era un periodo particolarmente burrascoso, con disordini interni dovuti a tante mentalità diverse che mettevano i peronisti di sinistra contro i peronisti di destra, che davano voce agli appartenenti alla Tripla A (Alleanza Anticomunista Argentina), mentre erano in atto pure azioni di guerriglia.

Purtroppo, forse lei non si era resa conto di dare un via libera a chi, un paio di anni dopo, l’avrebbe defenestrata.

Infatti, il 24 marzo 1976, Videla, con l’appoggio dei fidati collaboratori Jorge Eduardo Acosta e Alfredo Astiz, tentò quel colpo di Stato che finì come erano le sue speranze e istituì una giunta militare con Leopoldo Galtieri all’esercito, l’Ammiraglio Emilio Eduardo Massena alla marina e il Generale Orlando Ramòn Agosti all’aviazione.

Fu avviato il cosiddetto «Processo di Riorganizzazione Nazionale» che, in poche parole, non era altro che l’avallo per un regime dittatoriale civile e militare vero e proprio, permeato da reminiscenze di natura fascista; in definitiva, si trattava di un governo impostato su repressioni e terrorismo di Stato. Di fatto, tutti quelli che avevano idee diverse dalle sue e dei suoi accoliti, o erano sopportati, come il Partito Comunista Argentino (PCA) per non rompere con l’Unione Sovietica, o eliminati; ma poi, alla fine, senza fare tanta differenze, Videla se la prese pesantemente con tutti quelli che, in un modo o in un altro, si opponevano alla sua dittatura.

Le prime mosse più efficaci del nuovo Governo furono la sospensione della Costituzione, lo scioglimento del Parlamento e dei partiti. Era gradita la collaborazione di elementi nostalgici di formazione neofascista, mentre erano evidenti le tendenze antisemite, sebbene il Governo fosse in buoni rapporti diplomatici con Israele. Per avere un’idea del clima che eccelleva nel Governo, si può ricordare il concetto che permeava la formazione culturale dell’Ammiraglio Massena: secondo lui, la decadenza dell’umanità era da addossare a Karl Marx, Albert Einstein, Sigmund Freud. Forse non esiste un termine che chiarisca fino in fondo l’essenza di una tale argomentazione. Del resto, Massena era socio della loggia massonica P2 di Licio Gelli, e lo stesso Videla ne era a conoscenza e in contatto.

Comunque, il progetto di Videla era chiaro: eliminare tutti quelli che erano sovversivi (per lui, quasi tutti gli Argentini), che pertanto dovevano essere perseguiti e sterminati. Da qui, ebbe inizio una forma di epurazione irragionevole e ingiustificata. Furono sospese tutte libertà civili, sindacali, politiche. Tutti quelli che si riteneva la pensassero diversamente dal Governo e che, pertanto, potessero creare contrasti nei confronti dei dettami governativi, erano arrestati, torturati e uccisi, in un agghiacciante e colpevole silenzio: ecco i «desaparecidos», persone scomparse senza lasciare nessuna traccia di sé. Invero, questi non erano elencati nei registri dei commissariati, né di polizia né dei dipartimenti militari, per cui «nulla di nulla». Dal quel poco che si è riusciti a sapere, si parla di almeno 30.000 persone arrestate, sistemate in centri di detenzione clandestina, torturate e uccise. Si è saputo, più tardi, che di quelli, 3.000 furono fatti salire su aerei e gettati in mare al largo; si era trattato dei cosiddetti «vuelos de la muerte» (i feroci e disumani «voli della morte»). A questi si devono aggiungere circa 15.000 fucilati alla luce del sole per la semplice ragione che si erano dimostrati avversari politici.

La parte della popolazione ritenuta non pericolosa doveva essere tenuta nell’ignoranza di tutto quanto faceva il Governo, per ragioni di sicurezza. Basti pensare che, nelle scuole, gli insegnanti dovevano tenere sotto attento controllo i bambini con tendenze alla ribellione, perché sarebbero diventati pericolosi una volta cresciuti.

La Chiesa disapprovava quanto si stava verificando nell’America Meridionale, mentre Videla era un cattolico praticante, ma – guarda caso – molti cattolici furono uccisi dai militari.

La dittatura di Videla durò fino al 1983: furono 18 anni di terrore per i poveri argentini. Secondo lo scrittore Alvaro Ábos, solamente il genocidio del nazismo è paragonabile a quello di Videla.

Si è accennato più sopra ai contrasti avuti con il vicino Cile. Il territorio del Cile si estende sotto la Terra del Fuoco Argentina; i due Stati sono separati dal Canale di Beagle, lungo 240 chilometri e largo 5 chilometri nel suo punto più stretto. Il motivo dello scontro era il possesso di tre isole, Picton, Lennox e Nueva, che si trovano all’ingresso atlantico del Canale. È sicuramente un’area calda per le due Nazioni, giacché il Canale costituisce un passaggio di notevole importanza strategica ed economica, formando un collegamento fra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico attraverso la Baia di Darwin. Nel 1977 ci fu un intervento del Regno Unito ma, essendo a favore del Cile, non piacque al Governo Argentino, e l’ombra della guerra oscurò pericolosamente i rapporti fra i due Stati; per fortuna, ci fu l’intervento del Papa Giovanni Paolo II, che calmò le acque, pur se queste restarono turbolente fino al 1984, in occasione della firma del Trattato di Pace e Amicizia. Tutto questo, però, avvenne dopo la deposizione di Videla, giacché nel marzo 1981 fu sostituito dal Generale Roberto Eduardo Viola Prevedini, politico e dittatore, che divenne il 43° Presidente dell’Argentina.

Videla fu processato e, per la gravità dei crimini perpetrati contro la popolazione, fu condannato a due ergastoli, ma per tema che per una qualche ragione fosse lasciato libero, si aggiunsero altri 50 anni di carcere per i crimini contro l’umanità da lui commessi, come più sopra si è ricordato. Pertanto, visse gli ultimi anni della sua vita nel carcere Marcos Paz di Buenos Aires. Qui morì il 17 maggio 2013, all’età di 87 anni.

Molti storici si trovarono d’accordo sulla natura del suo regime: anticomunista, militarista ed esageratamente autoritario, assimilabile al fascismo.

(luglio 2021)

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