La persecuzione di Fidel Castro contro i Cattolici
L’instaurazione del comunismo segnò la fine della collaborazione tra la Chiesa e i castristi

Nella mentalità di molti giovani, la Rivoluzione Cubana del 1959 rappresenta un evento quasi epocale perché simbolo della lotta della libertà di un piccolo popolo contro l’oppressione del «Golia americano». Sebbene sia vero che Fidel Castro riuscì a deporre il dittatore Fulgencio Batista e a liberare Cuba dalla sudditanza americana, non va tuttavia dimenticato però che lo stesso divenne responsabile dell’insorgersi di una nuova tirannia che scatenò una repressione costata la vita a migliaia di persone. Questa persecuzione non colpì solamente i membri del vecchio regime, ma anche chi aveva in precedenza favorito o simpatizzato per la Rivoluzione.[1]

È esemplare a questo proposito la vicenda dei Cattolici Cubani: nonostante una certa «leggenda nera» tenda a presentarli come sostenitori di Fulgencio Batista, in realtà, durante la rivoluzione cubana essi diedero il loro appoggio attivo alla ribellione al punto da essere elogiati dallo stesso Castro, che ebbe a dichiarare: «I Cattolici di Cuba hanno prestato la loro più decisa collaborazione alla causa della libertà». Non va dimenticato che un ruolo decisivo nella lotta rivoluzionaria la ebbe il «Directorio Revoluzionario», organizzazione cattolica presente a L’Avana e nell’Escambray, che contò diversi dirigenti assassinati, e che la stessa Azione Cattolica venne definita «rossa» da Batista.

Molti preti furono inoltre autorizzati dai rispettivi Vescovi a lavorare come cappellani militari per i ribelli. Infatti, se il clero regolare, in maggioranza straniero, si mostrò restio ad impegnarsi nella rivoluzione (sebbene molti di origine basca, numerosi tra i Francescani, partecipassero attivamente alla lotta contro Batista, assimilato a Francisco Franco), il clero secolare, in maggioranza cubano, simpatizzava chiaramente per la resistenza. Anche diversi Vescovi si espressero contro Batista, come Monsignor Pérez Serantes (il quale salvò la vita proprio a Fidel Castro nel 1953), che affermò nel 1958: «Io ho chiesto un cambiamento di governo: il che significa che Batista deve andarsene». In risposta all’opposizione della Chiesa, Batista lanciò verso i Cattolici una repressione che, seppur non ideologica, assunse i tratti di una vera e propria persecuzione.

La maggior parte del clero accolse quindi con favore la partenza del dittatore agli inizi del 1959, ma la collaborazione tra la Chiesa e il leader della Rivoluzione, Fidel Castro, non durò molto. Una prima prova di malcontento si vide in occasione della riforma agraria che venne malvista da una parte della popolazione cattolica, che la interpretò come una prova dell’avanzata comunista; anche se i Vescovi Cubani dichiararono che la riforma si muoveva nel senso di giustizia sociale cristiana. Le tensioni ebbero inizio quando Castro, in risposta alla politica degli Stati Uniti, iniziò ad avvicinarsi all’Unione Sovietica, e ciò allarmò la Chiesa che temeva l’espansione del comunismo nel Paese. Durante la convenzione cattolica nazionale, a cui parteciparono circa un milione di fedeli, la folla scandì lo slogan: «Noi vogliamo una Cuba Cattolica! Cuba sì, Russia no!». Anche questa volta i Vescovi, tuttavia, vollero smorzare i toni, specificando che «nessun Governo, da quando noi siamo presuli, ha mai concesso tante facilitazioni alla Chiesa».

Castro era però sempre più intenzionato ad ottenere l’aiuto sovietico, e per fare questo iniziò ad adottare una politica volta ad instaurare il comunismo nel Paese: «Chi è anticomunista è antirivoluzionario» dichiarò il 27 luglio 1960. Le tensioni crebbero nei mesi seguenti: il clero emanò delle dichiarazioni contro il comunismo come quella di Pérez Serantes che denunciò quell’ideologia come «il grande nemico del Cristianesimo». Castro replicò affermando di voler pubblicata una pastorale contro l’imperialismo e denunciò quelli che considerava gli elementi «fascisti» del clero. Fuori dalle chiese si moltiplicarono gli scontri violenti, il Governo proibì la tradizionale processione dedicata alla patrona di Cuba e i Cattolici furono considerati ufficialmente traditori e indesiderabili. I Vescovi risposero con una pastorale, intitolata Roma o Mosca, in cui si proibiva ai fedeli di collaborare con il regime, e il mese seguente chiesero a Fidel di ripudiare il comunismo. Quest’ultimo però rispose che «il Governo non ha nulla di cui rendere conto ai Vescovi».

Nell’aprile del 1961 ebbe luogo il tentavo controrivoluzionario della Baia dei Porci, patrocinato dalla CIA e diretto da quasi 2.000 esuli. Di questa missione fecero parte anche tre preti spagnoli che presentarono il golpe come una crociata contro il comunismo. La spedizione diede il pretesto ai castristi di aumentare la repressione all’interno del Paese: circa 100.000 persone finirono in carcere e molte altre furono costrette alla fuga. Si ricercarono i Cattolici militanti e il clero, si perquisirono le chiese e i conventi e davanti ai plotoni di esecuzione molti caddero al grido di «Viva Cristo Re!»[2].

La persecuzione religiosa si intensificò nei mesi seguenti: nel maggio 1961 tutti i collegi religiosi vennero chiusi e le loro sedi confiscate, compreso il collegio gesuita di Belen dove Fidel aveva compiuto gli studi. Il «leader maximo» proclamò inoltre: «I parroci falangisti si preparino a far fagotto»; e il 17 settembre furono espulsi dall’isola 131 sacerdoti diocesani e religiosi. Per sopravvivere la Chiesa dovette quindi ripiegare su se stessa. Il regime procedette all’emarginazione delle istituzioni religiose: uno dei metodi adottati era quello di lasciare apparentemente ogni Cubano libero di professare la propria religione, salvo poi subire misure di ritorsione quali il divieto d’accesso alle università o alle carriere amministrative[3].

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, Fidel Castro cominciò però un processo di parziale disgelo, ed allentò la pressione contro la Chiesa. Il segno più visibile di questo mutamento di politica lo si vide in occasione del viaggio a Cuba di Papa Giovanni Paolo II nel 1998 durante la quale il Pontefice lanciò l’auspicio affinché «possa Cuba aprirsi al mondo e il mondo aprirsi a Cuba». Auspicio che si spera possa presto avvenire.


Note

1 Si veda ad esempio la vicenda accaduta ad Humberto Matos, eroe nella lotta contro Batista, che verrà condannato ad una lunga pena detentiva al termine di un processo farsa a causa del suo anticomunismo.

2 Confronta AA.VV., Storia del Cristianesimo. Dalle origini ai giorni nostri. Volume 12: Guerre mondiali e totalitarismi (1914-1958), Roma 1997, pagine 962-965.

3 Confronta AA.VV., Il libro nero del comunismo, Milano 1998, pagina 608.

(luglio 2017)

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