Maria Teresa d’Austria
Riflessioni attuali alla distanza di 300 anni

Maria Teresa d'Austria

Martin van Meytens, L'Imperatrice Maria Teresa d'Austria, 1759, Accademia delle Belle Arti di Vienna, Vienna (Austria)

Il terzo centenario dalla nascita di Maria Teresa d’Asburgo (13 maggio 1717) fornisce lo spunto per alcune meditazioni circa il ruolo di questa straordinaria protagonista della storia mitteleuropea, e gli effetti, non soltanto a breve termine, del suo governo su tanta parte dell’Europa, improntato a caratteri innovativi di eccezionale importanza per l’epoca. Oggi, nessuno potrebbe negare che Maria Teresa abbia dato un’impronta molto importante al «secolo dei lumi» anche se rimase sempre fedele al verbo conservatore, contribuendo in modo decisivo alla creazione di un mito che è pervenuto fino ai nostri giorni: quello della cosiddetta «Austria felix».

L’unica donna della Casa Asburgica ad avere assunto incarichi e responsabilità imperiali ebbe poteri straordinariamente diffusi, in primo luogo sul piano geografico, cingendo le corone d’Austria, Ungheria, Boemia, Croazia e Slavonia, Parma e Piacenza, e condividendo quelle del Sacro Romano Impero e della Toscana in virtù del matrimonio con Francesco Stefano. In altri termini, Maria Teresa ebbe un potere immenso, che seppe gestire con oculatezza, in un’ottica relativamente progressista, non priva di qualche significativa contraddizione.

Paradossalmente, si era trovata sul trono di Vienna senza alcuna specifica preparazione, perché il padre Carlo VI, pur avendo promulgato sin dal 1713 la Prammatica Sanzione con cui statuiva che la corona avrebbe potuto essere conferita anche ad una donna, si illuse fino all’ultimo di poter avere un erede maschio: anche per questo, al momento della successione (1740) le difficoltà che fu costretta ad affrontare furono parecchie ed immediate, perché come lei stessa avrebbe detto, era «senza denaro, senza credito, senza esperienza e senza consiglio». In realtà, era vero solo in parte: del resto, quattro anni prima era andata sposa a Francesco Stefano che aveva seguito a Firenze quando la dinastia medicea si spense con Gian Gastone e gli Asburgo Lorena furono chiamati a governare il Granducato, come ricorda l’arco di Piazza San Gallo eretto nella capitale toscana in loro onore.

D’altro canto, Maria Teresa, pur essendo molto giovane, possedeva singolari doti di serietà, riservatezza e pragmatismo, che rendevano marginali i suoi limiti di espressione, in specie oratoria. Grazie a tali capacità, nel breve volgere di un biennio divenne Regina d’Ungheria e di Boemia, con ampie concessioni in chiave autonomista (risale a quella fase storica il conferimento di Fiume alla sovranità magiara) ed un’attività diplomatica che permise, sia pure a fronte di adeguati compensi, l’accettazione della Prammatica da parte di alcuni stati europei, fino al riconoscimento di Maria Teresa, al termine della Guerra di Successione Austriaca, quale legittima Sovrana (sia pure non assurta al soglio del Sacro Romano Impero).

Oggi, a tre secoli dalla sua nascita, si può ben dire che il suo ricordo sia rimasto perfettamente integro nell’inconscio collettivo dei suoi popoli, ed in primo luogo di quello austriaco, memore di un’epoca in cui il riformismo di Maria Teresa divenne un modello di governo coraggiosamente moderno e civile: quasi una traduzione in pratica dell’antica definizione secondo cui la politica è «arte di ben operare nella vita associata per il perseguimento del bene comune». La sua fu un’esperienza lunga e qualificante, destinata ad essere proseguita nel regno del figlio Giuseppe II, ma non altrettanto nel corso dell’Ottocento e nello scorcio iniziale del Novecento durante l’epoca di Metternich ed il lunghissimo regno di Francesco Giuseppe: sta di fatto che la grande Rivoluzione e la tempesta napoleonica, ad essa successiva, ebbero effetti traumatici a lungo termine, culminati nel Congresso di Vienna del 1815 e nell’improbabile tentativo di restaurare un Antico Regime che per molti aspetti era già stato contraddetto proprio da Maria Teresa.

Non è fuori luogo ricordare che la sua gestione del potere ebbe ben poco in comune con quella delle reazioni ottocentesche: lungi da tanti orpelli formali e da tante suggestioni autoreferenziali, Maria Teresa seppe gestire lo stato con caratteri di sobrietà, talvolta addirittura di ascesi (come accadde durante la lunga vedovanza) che sarebbero stati inconciliabili con gli splendori del Congresso e del suo massimo protagonista, lo stesso principe di Metternich. Del pari, il decisionismo di Maria Teresa, sia pure cauto e talvolta non privo di qualche incertezza, non avrebbe trovato seguito nel tempo di Francesco Giuseppe e della sua dorata decadenza, quando la conservazione divenne una sorta di imperativo categorico destinato a tradursi nell’immobilismo ed, in qualche misura, anche nel fatalismo.

Come ha scritto Robert A. Kann, Maria Teresa ebbe cuore caldo, mente pratica, perspicacia e determinazione, dimostrando di possedere una statura politica che non avrebbe avuto eguali negli ultimi Asburgo: ciò, nella lucida consapevolezza di dover gestire il potere in un’ottica di giustizia e di tutela dell’interesse comune. Anche per questo, fu capace di conquistare ampie simpatie non soltanto in Austria, ma nella stessa Ungheria quando, durante le cerimonie dell’incoronazione, diede dimostrazioni di insospettate doti di cavallerizza, superando fra gli applausi la prova richiesta al nuovo Sovrano sulla collina di Presburgo, quale attestazione dell’impegno assunto contro qualsiasi nemico. Dopo la morte del consorte (1765) visse una stretta vedovanza, in cui aveva rinunciato ai gioielli, portava abiti rigorosamente neri, aveva tappezzato le sue stanze con tende altrettanto nere, e si era tagliata i capelli, ma anche questo rituale aveva contribuito ad accrescere il suo «indice di gradimento» sia nella patria originaria, sia oltre i confini austriaci.

Simbolo dell’Austria «felice» almeno in contrapposizione a quanto accadeva in ampie plaghe del mondo, Maria Teresa vive nel ricordo del suo riformismo, esteso a tutti i momenti essenziali dell’organizzazione statuale e del sistema giuridico di riferimento; e nello stesso tempo, di un’ampia condivisione del suo modello politico idoneo a promuovere, almeno nelle classi superiori, una significativa maturazione delle coscienze. Non a caso, un motto di battaglia dei suoi soldati divenne emblematicamente famoso: «Moriamur pro Rege nostro Maria Theresia».

La sua fu un’esperienza irripetibile, ma improntata a valori etici di carattere laico, pur nella coesistenza con una fede religiosa particolarmente sentita, e lungi da ogni forma di esibizione e di compiacimento: valori che, per motivazioni di tutta evidenza, costituiscono pur sempre un modello di comportamento politico destinato a promuovere riflessioni non effimere, alla luce di una «contemporaneità» della storia da intendersi quale strumento di «virtute e conoscenza» in grado di promuovere un beninteso progresso umano e civile.

(maggio 2017)

Tag: Laura Brussi, Austria felix, Ungheria, Boemia, Croazia e Slavonia, Parma e Piacenza, Sacro Romano Impero, Toscana, Francesco Stefano di Lorena, Carlo VI d’Asburgo, Prammatica Sanzione, Firenze, Gian Gastone de’ Medici, Piazza San Gallo, Fiume, Guerra di Successione Austriaca, Giuseppe II d’Asburgo, Metternich, Francesco Giuseppe, Congresso di Vienna, Antico Regime, Robert A. Kann, Presburgo, Settecento.