Jacopo Ortis
Il romanzo storico di Ugo Foscolo agli albori del grande Romanticismo: attualità delle Ultime Lettere a 220 anni dalla prima edizione

Quando Ugo Foscolo (Zante 1778-Londra 1827) si trasferì a Venezia assieme alla famiglia, aveva soltanto 14 anni ma era già sensibile ai valori etici, culturali ed estetici che ne avrebbero fatto un protagonista della grande letteratura romantica e di una sensibilità politica esaltata dalla Rivoluzione e dalle successive brevi speranze in «Bonaparte liberatore». Egli visse con distacco critico gli ultimi anni della Serenissima, caratterizzati da una malinconica decadenza oligarchica, mentre salutò con appassionato fervore la fugace esperienza repubblicana, prima che proprio Napoleone abbattesse ogni speranza sul finire del 1797 con l’infausto trattato di Campoformido e con la cessione all’Austria di quella che nei secoli d’oro era stata la «Dominante».

Le delusioni politiche lasciarono una traccia indelebile nell’anima del giovane Foscolo e più tardi trovarono conforto solo parziale nella vita sentimentale, e segnatamente, nel fervore appassionato delle relazioni che all’inizio del nuovo secolo ebbe a Firenze con Isabella Roncioni e a Milano con Antonietta Fagnani Arese, signora tra le più belle dell’alta società meneghina.

È di questo periodo la duplice stesura (1798-1802) delle Ultime Lettere di Jacopo Ortis in cui l’elemento autobiografico, non disgiunto da quello politico, emerge con forti accenti e ricorrenze: ad esempio, nel rifiuto categorico dell’autocrazia austriaca e nella scelta dell’esilio, ma a un tempo, nell’amore per la natura e nel culto dell’amicizia. Del resto, il Romanticismo si distinse per un forte richiamo ai nuovi valori della nazionalità, in decisa prevalenza rispetto a quelli di un’estetica ispirata ai toni troppo drammatici dello «Sturm und Drang» (la priorità di quei valori avrebbe trovato dimostrazione – fra l’altro – nell’estremo sacrificio di George Byron, immolatosi per la libertà e l’indipendenza della Grecia).

L’amore di Jacopo per la bella Teresa avrebbe potuto essere motivo di consolazione e di rinnovato impegno umano e civile; ma lei, pur contraccambiando i sentimenti del poeta, era legata ad altra persona da una promessa indissolubile. Di qui, la disperazione del povero Jacopo che lo avrebbe portato a togliersi tragicamente la vita: un suicidio non privo di spunti alfieriani, che si distingue da quelli più frequenti nella letteratura romantica perché alla fine appare motivato non soltanto da un amore infelice, ma nello stesso tempo dalla consapevolezza di un mondo arido, vile, e «senza luce di provvidenza», in cui i valori fondanti del vivere civile non hanno diritto di cittadinanza. In questo senso, Foscolo è sempre attualissimo!

La struttura delle Ultime Lettere in forma di romanzo epistolare (quasi tutte le missive sono dirette all’amico Lorenzo Alderani) risente chiaramente dell’influenza di Wolfgang von Goethe e in modo particolare del suo Werther ma esprime ansie e preoccupazioni di un’anima in cui cominciano a vibrare istanze che troveranno espressione compiuta nei Sepolcri e più generalmente nella grande poesia risorgimentale. Basti pensare all’emozione che coglie il protagonista quando entra nel tempio fiorentino di Santa Croce e si trova al cospetto delle urne di grandi Italiani come Galileo, Michelangelo e Machiavelli (di fronte a tanto nome, recita quest’ultima epigrafe, nessun elogio è pari). Talmente grandi, quelle urne, da indurre gli Italiani a «egregie cose» senza alcuna apparente distinzione di classe, nel quadro di un’ispirazione unitaria oggettivamente deontologica, ma non per questo meno sentita.

In effetti, Jacopo Ortis, in cui non è difficile scoprire parecchi spunti autobiografici dell’Autore, è vittima di un amore infelice, ma non per questo appare insensibile ai richiami della gloria e della poesia o alla nobiltà dei grandi spiriti come il vecchio e venerando Giuseppe Parini, al cui incontro è dedicata una suggestiva pagina delle Lettere.

Non mancano spunti «lato sensu» filosofici, come quando il protagonista dichiara di non sapere perché sia venuto al mondo, e tanto meno che cosa sia questo stesso mondo, pur ammirando quella che Nicola Cusano, parecchi secoli prima, aveva apprezzato come sua peculiare e suggestiva «infinitudine». D’altro canto, non mancano toni di grande finezza espressiva, come nelle descrizioni della natura in fiore, che costituiscono una sorta di preludio alla perfezione letteraria delle opere più mature, ma l’impostazione di fondo è quella di una forte consapevolezza critica dei problemi di un’ora complessa e per taluni aspetti tragica: da un lato, sul piano politico, dove il regime autocratico degli Asburgo aveva trovato un’imitazione in quello napoleonico, tanto più sorprendente in quanto scaturito dalla Rivoluzione; e dall’altro, sul versante sociale, dove la sofferenza delle classi meno fortunate, che Foscolo avrebbe dovuto sperimentare duramente di persona, trova motivi di attenzione specifica anche da parte del suo Jacopo.

La prosa delle Ultime Lettere, spesso appassionata e ammonitrice sebbene non ancora conforme ai vertici estetici delle opere mature, è lo specchio di una viva spiritualità romantica, legata ai valori laici dell’individuo e all’angoscia per le insanabili contraddizioni in cui è costretto a vivere; proprio per questo ebbe un destino di grande popolarità durante il Risorgimento, in quanto strumento di affermazione dei suoi principi nazionali di indipendenza e di libertà. E conserva tuttora un fascino particolare.

(settembre 2019)

Tag: Carlo Cesare Montani, Ugo Foscolo, letteratura romantica, Napoleone Bonaparte, Trattato di Campoformido, Isabella Roncioni, Antonietta Fagnani Arese, Jacopo Ortis, George Byron, Lorenzo Alderani, Wolfgang von Goethe, Santa Croce, Galileo Galilei, Michelangelo Buonarroti, Nicolò Machiavelli, Giuseppe Parini, Nicola Cusano, Ultime Lettere di Jacopo Ortis, letteratura del Romanticismo.