Il Cardinal Pierre de Bérulle e gli inizi della Scuola Mistica Francese
Il «Santo» dimenticato

Senza di lui, il «Grand Siècle», il «Grande Secolo» francese, non sarebbe stata quell’esplosione di Santi, di intellettuali e artisti sbocciati intorno agli ambienti devoti: eppure, le innumerevoli diatribe e divisioni spuntate nella Chiesa di Francia tra Seicento e Settecento hanno fatto sì che venisse ingiustamente dimenticato. Sto parlando del Cardinal Pierre de Bérulle (1575-1629), il fondatore dell’Oratorio di Francia, che tanto fece per il perfezionamento del clero, colui che trapiantò il Carmelo teresiano al di là dei Pirenei, amico di San Francesco di Sales e di tanti altri personaggi illustri della Riforma Cattolica Francese; fu lui l’iniziatore di quella «Scuola Mistica Francese» che fece della sua terra la punta di diamante della mistica durante il Seicento, così come Fiandre e Renania lo erano state tra Trecento e Quattrocento e la Spagna nel Cinquecento. Santi come San Giovanni Eudes o persino San Vincenzo de’ Paoli, «il grande Santo del Grande Secolo», probabilmente non sarebbero fioriti senza che Bérulle preparasse loro la strada con la sua teologia incentrata sulla figura del Cristo. Per capirlo meglio, dobbiamo però fare un passo indietro e osservare lo scenario in cui il Cardinal de Bérulle nacque e si trovò a operare, quindi la sua incessante attività.


L’ambiente della Riforma Cattolica Francese e le origini di Pierre de Bérulle

Pierre de Bérulle[1] nasce il 4 febbraio 1575 a Cerilly, ai confini della Borgogna, da Claude de Bérulle, di famiglia aristocratica, e Louise Séguier: viene battezzato il successivo 10 febbraio in una chiesa di Parigi, Saint-Nicolas-des-Champs.

Vale la pena soffermarsi un attimo su questa chiesa tardo-gotica, perché si trova al centro di un quartiere (oggi terzo «arrondissement», come vengono chiamati i rioni di Parigi) che fu fondamentale per la fioritura della Riforma Cattolica Francese e dove Bérulle fu molto attivo: così sarà possibile capirne l’ambiente e intravvedere i fitti intrecci di contatti da cui sbocciò il Cattolicesimo Francese Seicentesco. Incluso nella cerchia delle mura di Carlo V (1371-1380), nel Seicento questo quartiere, prossimo al Louvre e alle Tuileries, divenne luogo prediletto dell’aristocrazia, tanto che ancor oggi è ricco di bei palazzi: già Enrico IV vi investì largamente per renderlo appetibile alla nobiltà, vi costruì una sontuosa dimora il duca di Sully, suo Primo Ministro, oppure vi abitava la famosa Madame de Sévigné, resa celebre dalle sue lettere e nipote di Santa Jeanne Françoise de Chantal, la nobile fondatrice delle Visitandine. Oggi, buona parte della zona è compresa nell’elegante Marais.

Proprio in questa chiesa di Saint Nicolas, il giorno di Pentecoste del 1623 Santa Louise de Marillac comprese definitivamente la sua vocazione per una grazia da lei attribuita allo Spirito Santo, per cui avrebbe fondato in seguito le Figlie della Carità sotto la guida di San Vincenzo de’ Paoli[2]; lei stessa era nipote di un Cancelliere e di un Maresciallo di Francia, Michel e Louis de Marillac[3]. La magnifica pala d’altare dedicata all’Assunzione dal pittore Simon Vouet è l’unica sopravvissuta nella chiesa alla Rivoluzione Francese (e una delle poche di quel secolo in tutta Parigi): dato che Vouet aveva soggiornato per 15 anni in Italia, vi si nota l’influsso di Tiziano. Nonostante che la Rivoluzione ne abbia spazzato via le tombe, numerose figure di rilievo erano qui sepolte: fra di esse, il celebre filosofo Pierre Gassendi e l’umanista Guillaume Budé. Al centro quindi dell’attuale, aristocratico quartiere del Marais si trovava il palazzo della famiglia di Bérulle, in quella che oggi è la Rue de Francs-Bourgeois; e poco distante, in Rue des Juifs, abitava la cugina Barbe Avrillot, passata alla storia come Madame Acarie (o la «Belle Acarie»), oggi Beata, moglie del consigliere alla Camera dei conti Pierre Acarie[4]. Ospitata nel palazzo dei Bérulle durante l’esilio del marito, che parteggiava per la Lega (1594), la donna aveva ricevuto eccezionali qualità mistiche; quando poté tornare nel suo palazzo, aprì le sue sale alla «crème de la crème» della Riforma Cattolica Francese. Pierre le frequentava spesso, attirato dalla ricca biblioteca e dalle personalità che vi poteva incontrare: fu qui, per esempio, che il giovane strinse amicizia con San Francesco di Sales nel 1602. Qui erano degli «habitués» Benoît de Canfield, il cappuccino inglese iniziatore della «mistica astratta»[5], il teologo della Sorbona (e in seguito docente di Bérulle) André Duval, Jean de Brétigny, che aveva tradotto in francese le opere di Santa Teresa d’Avila, e il Certosino Don Beaucousin, Vicario della Certosa di Parigi.

La famiglia Séguier, da cui discendeva la madre di Bérulle, aveva una cappella a Saint-Nicolas: essa apparteneva alla cosiddetta «noblesse de robe», cioè l’aristocrazia emersa grazie alla prassi parlamentare (i Parlamenti Francesi servivano allora più per la giurisprudenza che a scopo legislativo): Claude de Bérulle, il padre, era consigliere al Parlamento di Parigi, mentre il nonno materno Pierre Séguier era stato presidente dello stesso; il cugino di Bérulle, che pure si chiamava Pierre Séguier, sarebbe stato Cancelliere di Francia. La «noblesse de robe» prediligeva il Marais e promosse volonterosamente la Riforma Cattolica Francese; del resto, essa si distingueva anche per l’amore alla cultura, come si comprende dall’educazione che ricevette lo stesso Pierre.

Rimasto orfano di padre a soli 7 anni, questi fu allevato dalla madre Louise e dagli zii Séguier in un’atmosfera umanistica: il ragazzo studiò nei collegi Boncourt e di Borgogna, quindi, a partire dal 1591, nell’illustre collegio gesuita di Clermont, dove approfondì la cultura letteraria e corroborò la sua fedeltà al Papa; qui entrò pure nella confraternita mariana. Si avvicinò però anche ai Cappuccini, tanto che entrò nella confraternita dei Penitenti Grigi, una delle tante da loro sostenute per contrastare il diffondersi del calvinismo. Quando però i Gesuiti furono espulsi nel 1595, perché ingiustamente accusati di complicità nell’attentato del 1594 contro Enrico IV, Pierre proseguì i suoi studi di filosofia e teologia alla Sorbona, sotto la direzione di Duval. Molto devoto, intelligente, brillante e serio, il giovane si appassionò anche ai grandi del neoplatonismo umanistico italiano, come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Intanto, il Certosino Beaucousin avvicinò Bérulle alla mistica renano-fiamminga, tesa alla spoliazione interiore e riflessa nella prima opera di Bérulle, il Breve discorso sull’abnegazione interiore, del 1597. Qui si avverte anche l’influsso del primo direttore spirituale scelto dal giovane e da Madame Acarie, Benoît de Canfield: questi stava diventando noto grazie alla sua Regola di perfezione, che insisteva sulla passività dell’anima di fronte alla volontà divina. Da lui, Pierre apprese il valore dell’«anéantissement», l’abnegazione davanti a Dio; ma Cristo appare ancora assente da questo libretto. Ben presto egli si sentì chiamato alla vocazione sacerdotale, quando la famiglia avrebbe preferito per lui la carriera giuridica; vediamo però lo sfondo storico in cui egli dovette operare le sue scelte.


La Francia tra fine del Cinquecento e inizi del Seicento, tra Lega e Ugonotti, tra inquietudini e necessità di riforma

La Francia era appena uscita dalle tremende Guerre di Religione, per cui la Nazione si era spaccata tra Lega (cattolica) e ugonotti (i calvinisti), con irrigidimenti fanatici e massacri da entrambe le parti. Tristemente noto è quello della famigerata «notte di San Bartolomeo» (24 agosto 1572), quando vennero trucidati a tradimento quasi 2.000 ugonotti, accorsi a Parigi per le nozze tra Margherita, la figlia di Caterina de’ Medici e sorella del Re, ed Enrico di Borbone-Navarra (il futuro Enrico IV). La situazione degenerò nella «Guerra dei Tre Enrichi»: il Re, Enrico III, figlio di Enrico II e Caterina de’ Medici, Enrico di Guisa, a capo del partito cattolico più oltranzista, ed Enrico di Navarra, protestante. Enrico di Guisa fu fatto assassinare dal Re nel 1588, ma un anno dopo il Sovrano stesso cadde sotto il pugnale di un Domenicano fanatico, Jacques Clément. Parigi era in mano ai Cattolici, ma fu assediata da Enrico di Borbone: alla fine, l’abiura e la conversione di quest’ultimo al Cattolicesimo nel 1593 (si ricorderà la celebre frase attribuitagli: «Parigi val bene una Messa») concluse anni di lotte feroci, con la sua incoronazione nel 1594. Da ragazzo, Pierre de Bérulle visse l’assedio che portò la città alla fame; udì i Cappuccini che predicavano a favore della Lega, spesso con forti accenti apocalittici, come se Parigi fosse una prefigurazione della Gerusalemme celeste annunciata al termine del libro dell’Apocalisse; assistette alle processioni dei penitenti, intenzionati a riparare per le eresie ugonotte e a sostenere il Cattolicesimo[6].

Al tempo stesso, la Francia viveva, come gli altri Paesi Cattolici dell’epoca, la profonda necessità di riforma avviata dal Concilio di Trento (1546-1563). La sua applicazione appariva quanto mai difficile: il Regno di Francia non riconobbe mai a livello ufficiale i pronunciamenti del Concilio (come aveva fatto invece la Spagna), se non tramite l’Assemblea del clero del 1615; tuttavia, a parte questo scoglio istituzionale, le difficoltà erano enormi. Il clero era drammaticamente impreparato, tanto che non di rado ignorava anche le formule dei sacramenti, i seminari, pure istituiti dal Concilio, per mancanza di fondi avrebbero cominciato a funzionare regolarmente solo alla fine del Seicento, la popolazione, specie nelle campagne, era pressoché abbandonata a se stessa: con orrore, i missionari cattolici, come del resto i pastori protestanti, andavano scoprendo che al di fuori delle città si estendevano lande rurali sconfinate in cui la conoscenza della fede cristiana era, ai loro occhi, scarsissima, contaminata da superstizioni di ogni genere, per lo più residui folklorici magici e paganeggianti: lo stesso San Vincenzo de’ Paoli si rese conto della propria vocazione missionaria andando a confessare nelle campagne[7]. Tutti i grandi riformatori cattolici dell’«Ancien Régime» sono stati convinti dell’importanza fondamentale del sacerdote e della necessità primordiale di formarne di ottimi: Bérulle è stato il primo ad avere intrapreso questa strada in Francia.


I primi incarichi. La fondazione del Carmelo di Francia

Tuttavia, alla fine del Cinquecento egli era ancora lontano da questi traguardi e in cerca della propria vocazione. Ordinato sacerdote il 5 giugno 1599, Bérulle divenne subito cappellano onorario del Re; intervenne poi nell’episodio di Marthe Brossier, una donna ritenuta indemoniata: mentre i Cappuccini la volevano esorcizzare, il Re e il Parlamento intendevano farla incarcerare, perché le sue parole accese rischiavano di rovinare la pace con gli ugonotti. Nel 1599, con il suo Trattato degli energumeni Bérulle si schierò coraggiosamente dalla parte dei Cappuccini. Egli partecipò anche ad alcune controversie con gli stessi ugonotti, divenendo uno dei controversisti più acclamati di Francia. Tuttavia, per quanto fosse ormai sacerdote, Bérulle manteneva ancora dei dubbi quanto alla propria vocazione e si chiedeva se dovesse farsi religioso o Gesuita, dato che era rimasto molto legato alla Compagnia. Dopo un ritiro proprio presso i Gesuiti di Verdun nel 1602, egli giunse infine a capire che Gesù Cristo è il fine e il mezzo, come scrisse nelle note del suo ritiro: fu una svolta decisiva, per cui egli trovò in Cristo il suo pilastro e il suo modello. Da allora in poi, la spiritualità di Bérulle, dapprincipio più genericamente teocentrica, sul modello della mistica astratta di Canfield, divenne saldamente cristocentrica. Sospese quindi la questione della sua vocazione futura, mantenendosi libero e disponibile ai progetti divini, rinunciò all’episcopato e fece voto di non accettare alcun beneficio (cosa veramente inusitata all’epoca); nel 1604 prese quindi parte all’impresa di portare il Carmelo teresiano in Francia.

La fondazione del primo Carmelo di Francia fu decisa in due riunioni del 1601-1602 volute da Madame Acarie, riunioni che si svolsero alla Certosa di Parigi e cui parteciparono pure San Francesco di Sales, Don Beaucousin e lo stesso Bérulle. Il Papa concesse una bolla di fondazione nel 1603 e Brétigny partì per la Spagna per le trattative (ardue) col Superiore generale del Carmelo Spagnolo. Questi era restio, sia perché tra Francia e Spagna, all’epoca, non correva buon sangue, sia perché giudicava inadeguati i suoi interlocutori francesi. Il povero Jean de Brétigny si trovò ben presto in difficoltà e Madame Acarie chiese a Bérulle di andare ad aiutarlo. Questi, dotato di un fine talento diplomatico, partì il 9 febbraio 1604 con una lettera del Re Enrico IV al Re di Spagna e riuscì, dopo 6 mesi di estenuanti trattative, a portare in Francia ben 6 religiose scelte personalmente da lui, tra cui Anna di Gesù, discepola della stessa Santa Teresa d’Avila. Furono nominati come superiori dell’Ordine in Francia André Duval, Jacques Gallemant e lo stesso Bérulle, perché all’epoca nel Regno non si trovavano Carmelitani. Questo fatto suscitò una duratura opposizione a Bérulle da parte del ramo maschile del Carmelo: l’ecclesiastico, per poter portare le religiose in Francia, dovette addirittura pagare una cauzione di 2.000 scudi d’oro. Finalmente, dopo un viaggio molto duro, le religiose giunsero a Parigi (dove non capivano nulla di francese) e il 17 ottobre si installarono nella prioria di Notre-Dame-des-Champs, fatta appositamente restaurare da Madame Acarie e dove accolsero ed esaminarono alcune postulanti preparate dalla stessa. Ben 7 novizie si unirono al gruppo entro l’anno e poco tempo dopo sarebbe diventata Carmelitana anche la madre di Bérulle.

Se non proprio gli scritti di Santa Teresa d’Avila, lo spirito del Carmelo, così incentrato sul Cristo, avrebbe avuto un forte influsso su Bérulle; d’altro canto, le Carmelitane si stupivano per la mistica astratta imperante a Parigi. Anna di Gesù, appena giunta in Francia, confidava in una lettera: «Ho cura che esse [le suore] considerino e imitino nostro Signore Gesù Cristo, perché qui ci si ricorda poco di lui: tutto avviene con un semplice sguardo su Dio. Non so come questo possa accadere. Dai giorni del glorioso San Dionigi, che scrisse la teologia mistica, tutti hanno continuato a darsi a Dio più con la sospensione delle potenze dell’anima che con l’imitazione. È questo uno strano modo di procedere: davvero non lo capisco».

Questa lettera ben esprime lo scontro tra la mistica di radice renano-fiamminga e quella spagnola e teresiana cristocentrica[8].


La fondazione dell’Oratorio; la «quérelle» del voto di servitù

Infine, nel 1611, Pierre de Bérulle approdò alla fondazione dell’Oratorio di Francia, una congregazione di sacerdoti, che si venne radicando nella nuova teologia cristocentrica del fondatore. Era stato invitato a iniziare quest’impresa da San Francesco di Sales, dalle Carmelitane, da vari membri del circolo di Madame Acarie: ricevette infine un ordine espresso dal Vescovo di Parigi. Infatti, da anni Bérulle si era reso conto di quanto fosse essenziale, fondamentale la formazione di buoni sacerdoti per attuare la Riforma Cattolica in Francia: sull’esempio di San Carlo Borromeo e di San Filippo Neri, il fondatore dell’Oratorio a Roma, si decise dunque a creare a sua volta una nuova congregazione che avesse come scopo specifico la santificazione dei sacerdoti. Al palazzo Petit-Bourbon, il 10 novembre 1611, egli diede inizio alla vita in comune della nuova congregazione assieme ad altri quattro consacrati: ma nel giro di soli 7 anni fu aperta almeno una ventina di nuove sedi. I nuovi membri dovevano focalizzarsi su Cristo sacerdote ed entrare in perfetta comunione con lui: e questo quando ancora molti ecclesiastici non si preoccupavano della loro vocazione, bensì dei benefici e delle prebende che mediante il loro ruolo si sarebbero assicurati.

Dotato di un vero e proprio carisma per la direzione spirituale, Bérulle propose però ai suoi sacerdoti (e alle Carmelitane approdate in Francia) una vera e propria iniziazione mistica: lo strumento ne sarebbe stato il voto di servitù a Gesù e Maria, per rafforzare la comunione con coloro che si sono fatti servi per la salvezza del mondo e hanno aderito perfettamente alla volontà di Dio. Il voto di servitù a Maria fu pronunciato dai sacerdoti dell’Oratorio per la prima volta nel 1614, mentre quello di servitù a Gesù nel 1615; alle Carmelitane egli invece lo ordinò nel 1617, per poi proporlo loro solo a titolo personale.

«In onore della Santissima Trinità… faccio voto a Dio di servitù perpetua a Gesù Cristo, alla sua umanità deificata e alla sua divinità umanizzata. E così, in onore dell’unità del Figlio con il Padre e lo Spirito Santo e dell’unione del medesimo Figlio con questa natura umana che Egli ha assunto e unito alla propria persona, unisco e lego il mio essere a Gesù e alla sua umanità deificata mediante un vincolo di servitù perpetua… Onoro e adoro la vita e l’annichilimento della divinità in questa umanità e la vita, la sussistenza e la deificazione di questa umanità nella divinità, tutte le azioni umanamente divine e divinamente umane che procedettero da questa vita nuova e reciproca dell’Uomo-Dio nella sua duplice essenza eterna e temporale, divina e umana. E a lui dedico e consacro la mia vita e le mie azioni secondo natura e secondo la grazia, in quanto vita e azioni di un suo schiavo per sempre…»[9]

Scattò allora una lunghissima «quérelle» che fu forse la prima delle tante che scossero la Chiesa Francese nel corso del Seicento. Nominato da un breve di Paolo V visitatore perpetuo dei conventi carmelitani di Francia, nonché direttore dell’Oratorio (e confermato in questo ruolo dal breve di Gregorio XV del 1621), Bérulle ottenne così una posizione che scontentava gli altri due visitatori del Carmelo, Duval e Gallemant, nonché gli stessi Carmelitani: questi, sotto la guida di Padre Dénis della Madre di Dio, volevano recuperare la direzione dei conventi del loro Ordine, dopo che anche il ramo maschile si era insediato nel Regno. In alcuni monasteri scoppiarono dei veri e propri disordini, tanto che alcuni di essi si spaccarono e le ribelli partirono per l’estero. Bérulle rimproverò severamente persino Madame Acarie, ormai Carmelitana e che era stata spostata appositamente al Carmelo di Pontoise, sotto una superiora «non berulliana»; ella morì qualche settimana dopo il dissidio, nel 1618, senza che fra i due potesse esserci un chiarimento. Nacque una guerra di libelli tra Bérulle e i Carmelitani; questi contestavano che Bérulle, imponendo il voto di servitù ai loro monasteri, tradisse lo spirito del Carmelo e li impregnasse del proprio. Bérulle decise allora di proporre il voto di servitù come una devozione personale a chi, tra le religiose, volesse aderirvi: ma la diatriba si riaccese nel 1620, quando Padre Dénis chiamò in causa l’Università di Lovanio e i Gesuiti. Questi, in un primo tempo, condannarono il voto sulla base di una versione difettosa del testo; ma in seguito, il Padre Gesuita Lessius, presa cognizione della versione genuina del voto, lo approvò affermandone il carattere battesimale, così come Philippe Cospeau, Vescovo di Aire. Bérulle, in questi anni, si mise così a collezionare le approvazioni da parte di ecclesiastici, dottori in teologia e personaggi eminenti del mondo ecclesiale per difendere il proprio operato.


Le «Grandezze di Gesù»

Fu proprio a seguito di questa polemica che Bérulle compose il suo capolavoro, il Discours de l’état et des grandeurs de Jésus (Discorso sulle grandezze di Gesù), pubblicato nel 1623 e in cui espose la sua cristologia, ampiamente nutrita di testi biblici e patristici; l’opera fu rivista in parte da San Francesco di Sales.

Nel pensiero di Bérulle, che è influenzato dall’umanesimo cristiano, ma anche dalla teologia apofatica dello Pseudo-Dionigi e da Sant’Agostino[10], eppure risente inevitabilmente del pessimismo antropologico tipico del Seicento, il punto di partenza è riconoscere il fatto che l’essere umano è comunque un nulla di fronte a Dio, da lui del tutto dipendente. Anzi, Dio non solo lo crea all’inizio della sua vita, ma continua a crearlo, indefinitamente, donandogli in continuazione l’esistenza. L’essere umano non può dunque vivere senza Dio e aspira fondamentalmente a Lui. Ecco allora che si profila nel pensiero del Cardinale l’«anéantissement», l’«annientamento», un concetto che lui deriva, come si è visto, da Benoît de Canfield, ma che implica in realtà il riconoscimento umano del proprio nulla, del proprio essere dipendente, in un atteggiamento di profonda adorazione di Dio.

D’altro canto, il pensiero di Bérulle possiede delle note, in parte derivate dal platonismo, in parte da San Bonaventura, molto interessanti e attuali: infatti, la dipendenza da Dio non si manifesta solo perché da Lui l’essere umano dipende per la propria creazione, ma anche e soprattutto perché egli non è autonomo e autosufficiente; alla presunta autosufficienza umana che sarebbe poi stata predicata da buona parte del pensiero moderno, Bérulle contrappone invece la precedenza assoluta della relazione con Dio: ben prima di essere consapevole di se stesso, l’essere umano è coinvolto nella relazione con Dio, è quindi, fondamentalmente, un essere di relazione. Dio è Sovrano, l’uomo servo, secondo una terminologia che risente dei legami feudali tipici della società di «Ancien Régime» e dell’ambiente di Corte: ma Dio raggiunge l’uomo personalmente. Infatti, il Figlio, per quanto Dio, si abbassa alla condizione di servo per raggiungere gli esseri umani e farli ritornare a Dio dopo il peccato: così diventa un modello di liberazione attraverso il servizio.

Il centro del pensiero cristocentrico di Bérulle diventa pertanto l’Incarnazione. Il Cristo unisce così indissolubilmente la natura umana a quella divina, la porta alla divinizzazione e rappresenta il modello perfetto cui gli esseri umani devono tendere, assimilando i misteri della sua vita. All’Incarnazione si associa indissolubilmente l’Eucarestia. Paradossalmente, proprio seguendo lo stato di servitù assunto dal Cristo per noi, l’essere umano ritrova la libertà, grazie all’amore di Dio e alla sua grazia. Se la prima formulazione del voto di servitù era intesa all’ascesi mistica per religiosi appartati dal mondo, quindi per figure d’eccezione, ora, nel capolavoro di Bérulle, il voto di servitù vale per ogni battezzato, anzi, permette di approfondire proprio la vocazione di ogni battezzato ad aderire al corpo mistico di cui Cristo è capo. Il voto di servitù non è allora altro che un atto di oblazione.


Verso la meta

Molto vicino alla Corte, Bérulle, verso la fine della sua vita, favorì una possibile riconciliazione tra Luigi XIII e sua madre Maria de’ Medici; quindi, a partire dal 1624 condusse a Roma le trattative per la dispensa del matrimonio tra la principessa Enrichetta, figlia di Enrico IV e Maria de’ Medici, e Carlo I, futuro Re d’Inghilterra. Qui si recò nel 1625 per accompagnare la principessa francese alla Corte Inglese: per lei scrisse una Elévation à Jésus-Christ notre Seigneur, comprensiva del voto di servitù e poi rielaborata. Fu poi per Enrichetta d’Inghilterra che il Cardinale compose la sua meditazione sulla Maddalena (1627), che appare nelle sue pagine una figura eminente di servitù a Dio e di unione al Cristo; compose poi una Vita di Gesù e, infine, il secondo Discorso sulle grandezze di Gesù, in cui egli si concentrava sui misteri della vita del Cristo e di Maria, ma che non poté essere compiuto. Lo animava, in queste mansioni, il sogno di riportare l’Inghilterra al Cattolicesimo. A questo scopo, col suo talento diplomatico riuscì a conseguire la riconciliazione tra Francia e Spagna, successo che il Papa consacrò creandolo Cardinale il 30 agosto 1627. Ma proprio per questi successi e anche per la propria linea anti spagnola, Richelieu prese a odiarlo e nel 1629 Bérulle cadde in disgrazia. Ormai malato, lasciò la Corte e si ritirò all’Oratorio della Rue Saint-Honoré, la casa madre della sua fondazione.

Il 2 ottobre, mentre celebrava la Santa Messa, si interruppe proprio alle parole del canone «hanc igitur oblationem servitutis nostrae» («questa offerta del nostro servizio») ed entrò in agonia; morì un’ora più tardi. Non avrebbe potuto desiderare di meglio: morì pronunciando le parole che erano state la quintessenza della sua vita.


Influsso e posterità. Una canonizzazione in attesa

L’influsso di Bérulle sulla mistica e la Chiesa Francese è stato immenso: dalla devozione al Bambin Gesù, cioè all’Incarnazione, fiorita in ambiente carmelitano, a quella al Sacro Cuore di Gesù, iniziata da San Giovanni Eudes e coronata dalle apparizioni di Paray-le-Monial a Santa Margherita Maria Alacoque, dalla presenza dello stesso Carmelo in Francia al moltiplicarsi dell’Oratorio, dalla teologia del sacrificio del suo successore Condren fino al pensiero del filosofo Malebranche, numerosissimi intellettuali e Santi Francesi hanno risentito di Bérulle e della sua teologia. Praticamente, il clero francese per due secoli si è formato sulla sua scia e, a parte il famoso Oratorio, da lui prese impulso Jean-Jacques Olier, il fondatore di St. Sulpice, uno degli istituti di formazione del clero più noti di Francia. Leggendo la sua opera, Papa Urbano VIII esclamò: «Non è un uomo, ma un angelo!»: e di sicuro così appariva per la sua profonda vena contemplativa. Bérulle fu amico di San Francesco di Sales e diresse San Vincenzo de’ Paoli; influenzò persino vari Gesuiti e il celebre Boussuet, ma persino illustri giansenisti e rigoristi come Pascal. Bérulle segnò profondamente anche la pratica religiosa: diffuse la comunione frequente (allora ci si comunicava di rado e lui incoraggiò le Carmelitane a comunicarsi 3-4 volte la settimana), incoraggiò i sacerdoti a leggere abitualmente la Bibbia e a celebrare la Santa Messa quotidianamente; insegnò alla Francia a pregare e adorare Dio.

Eppure, stranamente, Pierre de Bérulle è ancora in attesa della canonizzazione. Il suo secondo successore a capo dell’Oratorio, il famoso Bourgoing, chiese l’introduzione della causa a Roma nel 1648 e furono registrati ben 45 miracoli che sarebbero stati ottenuti per la sua intercessione: ma siccome intervennero in maniera inopportuna i Giansenisti, che si volevano appropriare del futuro Santo, la causa fu sospesa nel 1661 e mai più ripresa. Forse varrebbe ancora la pena rimediare.


Note

1 Sulla vita e sul pensiero di Pierre de Bérulle, confronta ad esempio Richard Cadoux, Bérulle et la question de l’homme. Servitude et liberté, Parigi, Cerf, 2005; Sabine Melchior-Bonnet, Pierre de Bérulle, pagine 66-73, in Jean Délumeau curatore, Storia dei santi e della santità cristiana. VIII Le santità cristiane 1546-1714 (traduzione italiana), Parigi, Grolier Hachette International, 1991; Massimo Marcocchi, La spiritualità tra giansenismo e quietismo, Roma, Ed. Studium, 1983, pagine 34-41.

2 Si veda il sito della chiesa, https://asaintnicolas.com/paroisse/saint-nicolas-des-champs/histoire-de-saint-nicolas-des-champs/ ; il sito francese, molto ricco, della Wikipedia, Saint-Nicolas-des-Champs, https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89glise_Saint-Nicolas-des-Champs#Personnalit%C3%A9s_ayant_marqu%C3%A9_la_paroisse

3 Confronta Louise de Marillac, in Jean Délumeau curatore, Storia dei santi e della santità cristiana. VIII Le santità cristiane 1546-1714 (traduzione italiana), Parigi, Grolier Hachette International, 1991, pagine 176-181.

4 Confronta Richard Cadoux, Bérulle et la question de l’homme. Servitude et liberté, Parigi, Cerf, 2005, pagina 20; Maria Acarie, Suor Maria dell’Incarnazione, in Jean Délumeau curatore, Storia dei santi e della santità cristiana. VIII Le santità cristiane 1546-1714 (traduzione italiana), Parigi, Grolier Hachette International, 1991, pagina 297.

5 Su questa figura, si veda Massimo Marcocchi, La spiritualità tra giansenismo e quietismo, Roma, Ed. Studium, 1983, pagine 21-24; Daniel Vidal, Critique de la raison mystique, Benoît de Canfield: possession et dépossession au XVIIe siècle, Grenoble, Ed. Millon, 1990, mette in parallelo gli ambienti della mistica astratta e quelli finanziari, perché gli uni e gli altri approderebbero a una visione della realtà dominata dall’astrazione: la tesi è speculativa, ma, se non altro, lo studio mostra i fitti intrecci esistenti tra le famiglie delle élites francesi dell’epoca, le stesse che fornirono alla società grandi finanzieri e grandi mistici.

6 Sulle guerre di religione in Francia, si veda ad esempio Carlo Capra, Storia moderna (1492-1848), Firenze, Le Monnier, 2011, pagine 132-134.

7 Su questi problemi, si vedano ad esempio: Jean Délumeau, Il cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo (traduzione italiana; originale francese 1971), Milano, Mursia, 1976, specie pagine 6-12, 59-80 e 225-254; Paola Vismara, Il cattolicesimo dalla «riforma cattolica» all’assolutismo illuminato, in Giovanni Filoramo-Daniele Menozzi editori, Storia del cristianesimo. III L’età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1997, pagine 153-290 (specie pagine 153-238); Luigi Mezzadri-Paola Vismara, La Chiesa tra Rinascimento e Illuminismo, Roma, Città Nuova, 2006, pagine 113-138; Mario Rosa, Clero cattolico e società europea nell’età moderna, Roma-Bari, Laterza, 2006; Adriano Prosperi, La Chiesa di Roma: il papato e la riforma tridentina nel Cinquecento, in Vincenzo Lavenia curatore, Storia del cristianesimo. III L’età moderna (secoli XVI-XVIII), Roma, Carocci, 2015, pagine 183-212.

8 Confronta Massimo Marcocchi, La spiritualità tra giansenismo e quietismo, Roma, Ed. Studium, 1983, citazione pagina 23.

9 Confronta Richard Cadoux, Bérulle et la question de l’homme. Servitude et liberté, Parigi, Cerf, 2005, citazione 171 (traduzione mia dal francese).

10 Sul pensiero di Bérulle, oltre alle opere sopracitate, confronta ad esempio M. Mazzocco, Creazione e Relazione: la storia dell’uomo secondo Pierre de Bérulle, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa» 45 (2009), pagine 311-340; J.-M. Le Lannou, Le «sacrifice du moi» selon Bérulle, «Revue des Sciences Religieuses» 78 (2004/2), pagine 205-230; P. Cochois, Bérulle et le pseudo-Denys, «Revue de l’Histoire des Religions» 129 (1961), pagine 173-204.

(giugno 2021)

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