Luoghi comuni sul Patto Molotov-Ribbentrop
Breve confutazione su alcune false credenze riguardanti il trattato stipulato tra Hitler e Stalin

La risoluzione emanata dal Parlamento Europeo in cui si condannavano i crimini del comunismo sovietico ha suscitato vivaci proteste in alcuni settori, specialmente per la parte riguardante il passaggio del Patto Molotov-Ribbentrop. In particolare, si è contestata l’affermazione che questo trattato avesse posto le basi per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Eppure, è difficile smentire il fatto che questo trattato diede avvio alle ostilità, considerando che, alla vigilia del conflitto, la Francia e l’Inghilterra avevano dichiarato che sarebbero entrate in guerra contro il Terzo Reich nel caso quest’ultimo avesse attaccato la Polonia: Hitler, per evitare il ripetersi della situazione verificatasi nella Prima Guerra Mondiale in cui la Germania dovette combattere un’estenuante guerra su due fronti, decise infatti di tutelarsi offrendo a questo proposito un’alleanza a Stalin. Come ammise lo stesso Fuhrer, se il capo dell’Unione Sovietica avesse invece deciso di realizzare un’intesa con le Potenze Occidentali, l’invasione della Polonia sarebbe stata quantomeno rinviata.[1] Il capo del nazismo, del resto, ebbe a ribadire in più occasioni la necessità di stipulare un patto con Stalin per dare via alla guerra: «Tutto ciò che faccio è diretto contro i Russi. Se l’Occidente è troppo stupido e cieco per capirlo, allora sarò costretto a raggiungere un accordo con i Russi, sconfiggere l’Occidente e quindi scagliarmi contro l’Unione Sovietica con tutte le mie forze» disse Hitler l’11 agosto a Carl Burchardt, l’alto commissario per Danzica della Società delle Nazioni. Affermazione che trova conferma nelle sue azioni: una volta venuto a sapere della firma del trattato, Hitler diede l’ordine preliminare che l’Operazione Bianco con cui avrebbe avuto inizio l’invasione della Polonia avvenisse alle 4.30 di sabato 26 agosto e autorizzò anche la nomina da parte del Senato di Danzica del «gauleiter» Forster a Capo di Stato della città libera, una chiara sfida diretta alla Polonia e alla Società delle Nazioni.[2]

Non si può neppure affermare che questo trattato avesse per l’Unione Sovietica una funzione unicamente difensiva.[3] Stalin non era infatti per principio contrario allo scatenarsi di un conflitto europeo in quanto, secondo la sua ottica, ciò avrebbe determinato l’indebolimento del sistema capitalista: «Noi non siamo contrari al fatto che si accapiglino per benino e che si sfianchino l’uno con l’altro. Non è male se per mano della Germania venga scossa la posizione dei Paesi Capitalisti più ricchi (in particolare dell’Inghilterra). Hitler, senza capirlo e senza volerlo lui stesso, scuote e mina alle basi il sistema capitalistico» disse al leader del Comintern, Georgij Dimitrov. Inoltre, il leader dell’URSS vedeva favorevolmente la scomparsa della Polonia in quanto ciò gli avrebbe permesso di espandere i confini sovietici: «Nella situazione attuale la distruzione di questo Stato significherebbe uno Stato borghese fascista di meno! Che cosa ci sarebbe di male se, come effetto della sconfitta della Polonia, noi estendessimo il sistema socialista a nuovi territori e popolazioni?».[4]

Falsa è pure l’asserzione che il Patto Molotov-Ribbentrop servisse per raccogliere tempo e prepararsi in vista dello scontro con la Germania. Prova eloquente di ciò è la disorganizzazione mostrata nel giugno del 1941 dalle truppe sovietiche che vennero colte completamente di sorpresa dall’attacco tedesco.[5] Nonostante Stalin avesse avuto informazioni assai attendibili sull’Operazione Barbarossa dai suoi servizi segreti e da altre fonti, giudicò inattendibili quelle comunicazioni; e persino nelle ore successive all’attacco era convinto che la questione potesse «ancora essere risolta con mezzi pacifici», e avanzò l’ipotesi che l’aggressione fosse stata scatenata da azioni «provocatorie» di Generali Tedeschi insubordinati.[6]

L’affermazione che il Patto Molotov-Ribbentrop fosse un semplice patto di non aggressione, e non una vera e propria alleanza è smentita da diverse azioni: durante i 17 mesi in cui il Patto fu in vigore, il Terzo Reich ricevette dall’Unione Sovietica importanti materie prime tra cui 865.000 tonnellate di petrolio, 648.000 tonnellate di legname, 14.000 tonnellate di manganese, 14.000 tonnellate di rame e quasi 1,5 milioni di tonnellate di grano. Gli enti commerciali sovietici acquistarono inoltre materiali sui mercati mondiali per trasferirli alla Germania, come 15.400 tonnellate di gomma giunte attraverso il Giappone. Fu anche assicurata un’assistenza militare: si mise a disposizione della marina tedesca una base nei pressi di Murmansk affinché potesse fare rifornimento, si offrirono rompighiaccio sovietici per tenere sgombra una rotta delle acque artiche per favorire le navi tedesche impegnate a cacciare il traffico marino alleato e navi meteorologiche sovietiche trasmisero bollettini meteo all’aeronautica militare tedesca durante la Battaglia d’Inghilterra. In aggiunta, il Comintern ricevette l’ordine di interrompere gli attacchi contro il fascismo e di concentrarsi invece sui guerrafondai occidentali: la Gran Bretagna e la Francia. Lo stesso Molotov dichiarò pubblicamente, nell’ottobre del ’39, che continuare la guerra «non era solo insensato, ma criminale».[7] La prova più evidente sta forse però nel comportamento tenuto dai due eserciti dopo la caduta della Polonia: in seguito alla sconfitta dell’esercito polacco, soldati tedeschi e sovietici tennero a Brest-Litovsk una parata per celebrare la vittoria; e tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre del 1939, le due Potenze si scambiarono i rispettivi prigionieri di guerra: 43.000 soldati polacchi, residenti nei territori passati alla Germania, vennero consegnati ai Tedeschi dai comunisti, mentre questi ultimi ricevettero invece dai nazisti 14.000 prigionieri residenti nelle zone orientali. Nello scambio, la dirigenza staliniana si rifiutò di accogliere le suppliche dei prigionieri di origine ebraica che chiedevano di non essere consegnati ai Tedeschi.[8]

Purtroppo, tocca ancora oggi constatare che vi è da parte di alcuni settori una latente simpatia per l’URSS di Stalin. Sebbene sia indubitabile che quest’ultima ebbe il grande merito di aver sconfitto il nazismo,[9] non va dimenticato che la stessa fu una feroce dittatura che causò milioni di morti. In definitiva, aldilà delle differenze tra nazismo e comunismo, resta valida l’affermazione che fece Margaret Buber-Neumann – attivista comunista che ebbe la sfortunata esperienza d’essere stata prigioniera di entrambi i totalitarismi –, ossia che «le efferatezze di Hitler e quelle di Stalin si distinguono unicamente per una lieve sfumatura».


Note

1 Confronta Philip W. Fabry, Il patto Hitler-Stalin 1939-1941, Casa Editrice il Saggiatore, Milano 1965, pagina 55.

2 Confronta Alan Bullock, Hitler e Stalin: vite parallele, Garzanti Editore, Milano 2004, pagine 802-805 e 825. L’invasione della Polonia fu poi spostata al 1° settembre probabilmente perché la notizia che l’Inghilterra avesse deciso di firmare con la Polonia un trattato di mutua assistenza mise momentaneamente in dubbio la decisione di Hitler di attaccare.

3 Tra gli argomenti utilizzati per difendere Stalin vi è quello della necessità: di fronte all’arrendevolezza di Francia e Inghilterra davanti alle precedenti aggressioni hitleriane e alla scarsa convinzione delle democrazie occidentali nel trattare con i Sovietici una possibile alleanza in funzione antinazista, Stalin decise di tutelarsi stipulando un patto di non aggressione con Hitler. È indubbiamente vero che l’«appeasement» dimostrato dalle Potenze Occidentali a Monaco così come la lentezza e lo scarso entusiasmo con cui avvennero le trattative per un’alleanza antinazista colpirono negativamente Stalin, tuttavia non va dimenticato che lo stesso stava giocando una partita su due tavoli: nel maggio del ’39, nello stesso periodo in cui erano stati avviati contatti con gli Anglo-Francesi, l’URSS riallacciò i contatti con la Germania per la ripresa delle relazioni commerciali che dovevano servire come trampolino per una nuova «base politica» nelle relazioni tra i due Stati. Il segno evidente di questo cambio di svolta fu la sostituzione dell’Ebreo Marksim Litvinov – fautore dell’accordo con le Potenze Occidentali – con Molotov al ruolo di Ministro degli Esteri. Confronta Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, Roma-Bari, Laterza 2008, pagine 209-302. Non è ben chiaro se nel corso delle trattative Stalin fosse sinceramente intenzionato a collaborare con le democrazie occidentali e decise di giocare la carta tedesca solo dopo aver constatato il fallimento della prospettiva di un’alleanza militare in funzione antinazista con l’Occidente o se, al contrario, i negoziati con Francia e Inghilterra fossero solamente un bluff per cercare di costringere la Germania a fare delle concrete concessioni all’URSS. Molto probabilmente Stalin non aveva ancora una chiara idea su quale schieramento unirsi, e sceglierà l’offerta nazista sia perché i Tedeschi si mostreranno maggiormente disposti a trattare con lui, sia perché questi potevano offrirgli delle condizioni (all’apparenza) più vantaggiose: «Che cosa può offrire l’Inghilterra alla Russia? Al massimo la partecipazione a una guerra europea e l’ostilità della Germania. Dall’altra parte, che cosa potremmo offrire noi? La neutralità e la possibilità di rimanere fuori da un possibile conflitto europeo e, se Mosca lo desidera, un’intesa russo-tedesca sui reciproci interessi, che andrebbe a vantaggio di entrambi i Paesi» disse il funzionario tedesco Karl Schnurre all’incaricato sovietico Astachov durante i negoziati economici nel luglio del ’39.

4 Citazioni prese da V. Zaslavsky, Pulizia di classe, Il Mulino, Milano 2006, pagine 15-16. Per giustificare l’aggressione alla Polonia si utilizza il pretesto che l’URSS non fece altro che riprendersi i territori persi nella guerra polacco-sovietica degli anni 1919-1920. Eppure, nel 1939 i due Stati erano regolati da un Patto di non aggressione, vigente fin dal ’32, e il Patto Molotov-Ribbentrop rappresentò una chiara violazione di quell’accordo. Non si fa inoltre cenno alla feroce politica di sovietizzazione attuata nella parte polacca occupata nel periodo dell’alleanza con i nazisti (circa 400.000 persone vennero deportate in URSS dal 1939 al 1941).

5 L’impreparazione sovietica al momento dell’attacco tedesco smentisce un’altra leggenda sul Patto Molotov-Ribbentrop, ossia che l’Unione Sovietica si stesse preparando nello stesso periodo a invadere la Germania, e che la decisione di Hitler di rompere il trattato fu, in sostanza, nient’altro che un attacco preventivo. È difficile immaginare che Stalin avesse deciso di attaccare Hitler nel momento in cui la Wermacht rappresentava ancora una formidabile macchina militare. Per contro, sono invece note le mire espansioniste del dittatore tedesco verso la Russia, da lui considerata il «lebensbraun» del popolo ariano. La pessima prova data dall’Armata Rossa nella guerra contro la Finlandia e il timore che l’URSS potesse riorganizzarsi militarmente furono probabilmente dei fattori che lo spinsero ad accelerare l’intenzione di rompere il patto.

6 Confronta R. Conquest, Stalin, Mondadori, Milano 1990, pagina 261. Non è ancora chiaro il motivo per cui Stalin non credette alle informazioni che lo avvisavano dell’attacco tedesco. Tra le ipotesi avanzate dagli storici, vi è il fatto che Stalin non ritenesse credibile che Hitler aprisse un altro fronte senza aver prima sconfitto la Gran Bretagna, e quindi le informazioni di un imminente attacco nazista sarebbero state da lui considerate un tentativo di depistaggio per spingerlo a entrare in guerra contro la Germania.

7 Confronta Richard Overy, Russia in guerra. 1941-1945, Il Saggiatore, Milano 2000, pagine 69-70.

8 Confronta V. Zaslavsky, Pulizia di classe, pagina 25. Nei mesi successivi Stalin consegnerà a Hitler anche molti comunisti tedeschi rinchiusi nei gulag, tra cui alcuni di origine ebraica. Questi fatti hanno portato alcuni studiosi ad accusare Stalin di aver collaborato, almeno inizialmente, all’Olocausto. Ciò non è propriamente esatto in quanto la «Soluzione Finale» prenderà avvio dopo la rottura del Patto Molotov-Ribbentrop, anche se già da prima si erano verificati numerosi massacri di Ebrei da parte nazista.

9 Va notato che i sostenitori dell’URSS tendono sovente a minimizzare l’apporto degli Anglo-Americani nella lotta contro il nazismo, sostenendo che l’Unione Sovietica avrebbe potuto vincere la guerra anche da sola e che gli aiuti USA furono quindi ininfluenti. In realtà – oltre al non trascurabile fatto che la necessità di inviare uomini e mezzi sul secondo fronte e di difendere le città tedesche dai bombardamenti angloamericani costrinse Hitler a distogliere risorse preziose nella sua guerra a Est – gli aiuti USA del programma «Affitti e Prestiti» si rivelarono vitali per lo sforzo di guerra poiché permisero all’economia sovietica, impoverita dall’invasione, di risollevarsi: i rifornimenti occidentali durante la guerra compresero il 56,6% di tutti i binari utilizzati, il 57,8% delle richieste di carburante dell’aviazione, il 53% di tutti gli esplosivi, quasi la metà delle forniture di rame, alluminio e pneumatici, eccetera. L’importanza dei rifornimenti occidentali venne ammessa privatamente dagli stessi esponenti sovietici: Stalin ebbe ad affermare che «se avessimo dovuto affrontare la Germania da soli non avremmo potuto farcela, perché avevamo perduto una parte troppo importante della nostra industria», e anche il Maresciallo Žukov ebbe a sostenere che senza aiuti l’Unione Sovietica «non avrebbe potuto continuare la guerra». Si veda Richard Overy, Russia in guerra, pagine 203-207.

(maggio 2020; ripubblicato: luglio 2021)

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