Le quote rosa nell’Ottocento
Cleobulina e Assunta, due esempi da imitare

Chi pensa che le quote rosa siano un’invenzione recente sbaglia davvero: sono sempre esistite. Nel corso dell’Ottocento le vicende di due donne lucchesi possono tranquillamente testimoniarlo.

Non erano nobili o, meglio, non lo era la prima, Cleobulina Cotenna. La seconda, Assunta Pierotti, apparteneva a una famiglia nobile d’antichissimo retaggio, che dopo la fine dei cavalierati medievali (suppongo si trattasse del casato Suffredingo, almeno i documenti rintracciati a questo mi riconducono) perse almeno ufficialmente l’appartenenza all’albo nobiliare cittadino, rimanendo però nell’«intimo e nei rapporti familiari» d’estrazione nobiliare.

Le quote rosa del passato non prevedevano un’istituzionalizzazione scritta. Queste quote rosa era la famiglia d’appartenenza a stabilirle, qualora i maschi della famiglia fossero venuti meno. Le donne, secondo l’antica tradizione longobarda del matronimico, si sostituivano in questi casi, ma solo in questi, alla politica familiare.

Cleobulina Cotenna nacque a Lucca a fine Settecento. Suo padre, Vincenzo Cotenna, un borghese d’alta estrazione sociale che durante le trattative della Repubblica Lucchese nel 1799 per trattare l’indipendenza con i Francesi dominatori si recò a Parigi insieme ad altri notabili cittadini, fu sempre in prima linea durante l’epoca rivoluzionaria e napoleonica, con un carattere di ferro, mai venendo meno ai suoi principi repubblicani. E infatti educò la figlia Cleobulina agli stessi principi. Quest’ultima divenne intima amica di Giuseppe Mazzini, lo ospitò in incognito con l’amante Giuditta Sidoli a casa sua, nel Castello di Monte San Quirico, alle porte della città di Lucca. Oggi il Castello appartiene ai Frati Francescani. Sua madre era Gaetana del Rosso, di Firenze, quei Del Rosso cugini di Vincenzo Libri, il rivoluzionario a volte vilipeso dalla storiografia, ma sempre in prima linea e con un ruolo politico in Europa di tutto rispetto.

Cleobulina sposò un Leonardi di Fosciandora, in Garfagnana, precisamente di Treppignana. Rimase vedova e dovette essere lei, così come aveva fatto col padre, ad amministrare sia l’eredità economica che politica della famiglia. Perse i suoi figli durante le vicende rivoluzionarie risorgimentali. Lei stessa andò personalmente sui campi di Lombardia nel 1848 a combattere.

È una figura mitica e di grande spessore di cui la storiografia locale lucchese si è occupata ma che meriterebbe ulteriori approfondimenti.

Del secondo personaggio che ho citato, Assunta Pierotti, invece nessuno ha mai parlato compiutamente. Si tratta della madre dell’ultimo bibliotecario dello Stato di Lucca, Michele Pierantoni. Ricchissima sia per l’appartenenza familiare originaria che per aver sposato un Pierantoni, imprenditore ultra affermato della seta. Una famiglia borghese quella dei Pierantoni, di origini napoletane, che a Lucca aveva trovato un luogo ideale per incrementare le sue ricchezze e allargare i suoi traffici commerciali, di estrazione nobiliare di roba ma non di spada.

La nostra Assunta era invece una nobile di spada nata a Valdottavo, comune di Borgo a Mozzano, da una famiglia allargata all’intero territorio valligiano e garfagnino, così come dall’Alto Medioevo succedeva, perché queste famiglie combinavano i loro matrimoni in un’ottica d’allargamento degli interessi familiari sia economici che politici. Fare politica significava in questi casi una precisa appartenenza secolare, nel caso di Assunta al panorama non laico ma religioso del contado lucchese, con venature laiche ben marcate, vista la nobiltà di spada originaria.

Di lei ci parla unicamente il marito di sua nipote, figlia quest’ultima del Michele citato. Si tratta del conte Giovanni Sforza, ramo cadetto di Montignoso, erede degli Sforza di Milano.

Nel 1920 pubblicò un libro sui Lucchesi illustri tra cui citò proprio suo suocero Michele Pierantoni, e la di lui madre Assunta.

Assunta rimase vedova giovanissima e dovette amministrare l’ingente patrimonio familiare da sola. Ci riuscì benissimo, aggiungo io, perché era educata a farlo. Ripeto, le quote rosa a loro modo erano previste in queste famiglie d’antico retaggio longobardo.

Assunta aveva come Cleobulina un carattere forte, pieno di slanci, e per educare il figlio a essere vigoroso nel corpo e nello spirito, non esitava a farlo stare sotto la pioggia anche in pieno temporale, come ricorda Giovanni Sforza. Questo avrebbe temprato il carattere di suo suocero, e questo era il carattere di Assunta.

Assunta Pierotti la ritroviamo in documenti presenti alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze intenta a trattare in epoca napoleonica con Cambray Digny, futuro sindaco di Firenze, il primo per l’esattezza dopo l’Unità nazionale, ai tempi in cui Firenze divenne sede del Governo d’Italia.

All’epoca Cambray Digny era il comandante in capo a Castelnuovo Garfagnana delle forze francesi rivoluzionarie guidate dal Bonaparte. Anche in questo caso una domanda sorge spontanea. L’Assunta che tratta a Castelnuovo Garfagnana è la stessa che a Lucca amministra con solerzia l’ingente patrimonio familiare una volta rimasta vedova, appartenente a una delle famiglie della seta più importanti della città di Lucca?

Come per il pittore di Castelnuovo Giuseppe Pierotti, viene da dire di sì, perché non si tratta solo di una presunta omonimia, ma anche perché l’epoca è la stessa e i caratteri per così dire somatici, l’imprinting caratteriale è decisamente lo stesso per le «due» Assunte prese in esame.

Della madre di Michele Pierantoni sappiamo con certezza che era sorella o cugina di un Pierotti altrettanto celebre in quegli anni a Borgo a Mozzano e nativo anche lui di Valdottavo, una frazione del comune omonimo.

Si tratta di Matteo Pierotti, il patriota coinvolto nei moti in epoca napoleonica e poi nel Primo Risorgimento e deputato nella prima costituente a Firenze nel 1859 del Parlamento Granducale.

Il figlio di questi è Giovanni, amico di Giosuè Carducci e del senatore Marco Tabarrini che nel 1901 omaggiò con un elogio funebre presso l’Aula Magna dell’Università di Pisa. Tabarrini era intimo amico di Massimo d’Azeglio.

L’altro figlio di Matteo Pierotti, peraltro in amicizia con Antonio Mordini, fu Luigi, che col fratello e il padre è sepolto presso i Frati Cappuccini a Borgo a Mozzano. Luigi presumo possa essere lo stesso Luigi che sposò una proprietaria terriera in Trassilico, località sita non distante da Borgo a Mozzano, e qui divenne sindaco amato e sostenuto dai suoi conterranei. Tutti patrioti di grande valore e d’impronta cattolico liberale se pure, nel caso di Matteo, non distanti dai valori espressi dal repubblicanesimo di Giuseppe Mazzini.

Anche per Assunta così come, in parte, per Cleobulina, un forte oblio. Eppure sono donne che sicuramente hanno rappresentato la loro epoca non solo per l’impegno civile ma anche perché si sono distinte nei rapporti importanti con personalità del tempo che hanno fatto la storia del nostro Paese e la storia europea. Cambray Digny per esempio non è un sindaco qualsiasi. Appartenne a una famiglia fiorentina di origini francesi che sempre mantenne con le terre d’oltralpe serrati legami. Non fu casuale che Napoleone lo abbia inserito nelle sue file. Di Cleobulina possiamo dire altrettanto: Mazzini, il cugino Guglielmo Libri, gli ambienti parigini frequentati dal padre Vincenzo Cotenna e dalla madre Giuseppina Rossi. Gli ambienti della Mediavalle, frequentati assiduamente da molti influenti Inglesi del tempo. Ma anche Russi, Tedeschi, Francesi. Un crocevia di relazioni e attivismo politico. Il mio vuol essere solo un accenno alle quote rosa che non furono imposte da leggi seppur talvolta giustificabili, ma dalla storia e dalla cultura e tradizione di famiglie che videro nella donna il centro del focolare domestico ma al contempo la generosità e abilità diplomatica che non ha genere né quote.

(gennaio 2020)

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