Personaggi e spunti manzoniani
Don Rodrigo e Renzo in un contesto storico di forti tensioni sociali: il Seicento lombardo

Nel grande e complesso romanzo che si apre con la definizione della storia quale «guerra illustre contro il tempo», Alessandro Manzoni, dopo la fuga di Lucia e di mamma Agnese per sottrarsi alle turpi voglie di Don Rodrigo, e il loro rifugio nel convento di Monza, approfondisce con spiccate attenzioni psicologiche, ma nello stesso tempo con significativi riferimenti storici, il comportamento dei suoi protagonisti, e in particolare di Renzo e dello stesso Don Rodrigo, proponendo interpretazioni di natura etica altrettanto importanti. Del resto, la grandezza del suo capolavoro deve essere ravvisata, in primo luogo, nella profonda umanità dei personaggi e nelle loro scelte di vita, buone o cattive che fossero; ma nello stesso tempo, in una lunga serie di riflessioni e di conclusioni a tutto favore del bene, di rilevanza universale, e senza limiti di tempo e di spazio.

Don Rodrigo non riesce a comprendere le ragioni profonde della fuga di Lucia e non disdegna di avvalersi di ogni possibile strumento, nonché delle sue relazioni ad alto livello, pur di portare a compimento il proprio disegno perverso: prima nell’attesa di Griso, il capo dei suoi pretoriani, poi nel concitato dialogo con lui, e infine nel colloquio con il cugino Attilio. Dal canto suo, un Renzo alle prese con sentimenti fortemente contrastanti prosegue da solo la fuga iniziata con Lucia e Agnese, e si dirige verso Milano dove trova un clima di alta tensione, motivata dalle ricorrenti crisi alimentari dell’epoca e dalla cronica fame del popolo.

Il demoniaco Rodrigo si comporta per quello che è: un ribaldo abituato a perseguire le proprie volontà senza alcun rispetto per gli altri, né tanto meno per le leggi, o meglio per le «gride» largamente inosservate dai potenti. Dapprima offende Griso perché non gli ha portato Lucia, sfuggita al tentativo di ratto; poi si rabbonisce perché si rende conto di non poter fare a meno dei «bravi» e lo incarica di ulteriori indagini per capire dove si sia rifugiata. Infine chiacchiera con Attilio, che manifesta maggiore sicurezza e s’impegna a conferire con il podestà e il conte zio per intervenire su Padre Cristoforo, che costoro si convincono essere stato l’artefice della fuga di Renzo, Lucia e Agnese: quanto meno, il «birbone» verrà trasferito!

Dopo la separazione da Lucia, è davvero furibondo quel Renzo che percorre a piedi la via da Monza a Milano, ora meditando vendetta, ora cercando un difficile perdono alla luce degli insegnamenti di Padre Cristoforo: in poco tempo, uccide venti volte don Rodrigo, e altrettante lo fa resuscitare. Giunto a Milano, trova la città in preda alla sommossa per il caro pane: i forni sono assaliti e saccheggiati. Si reca al convento dei Cappuccini con una lettera di Frate Cristoforo per Padre Bonaventura, ma non lo trova e nell’attesa si unisce alla massa, sia pure con intenti moderati che rispecchiano la sua formazione di contadino cattolico educato al timore di Dio; e che si manifesteranno con più forti emozioni verso la conclusione dell’opera manzoniana, quando Renzo si troverà nel lazzaretto di Milano al cospetto di Rodrigo morente di peste.

I fatti costituiscono un ottimo spunto per accurate descrizioni senza dubbio realistiche dei personaggi e della loro psicologia. Molto interessante, ad esempio, è il discorso sull’amicizia e sulla difficoltà per l’amico, sia pure vero, di tenere i segreti; e quello sui moti dell’animo, con qualche punto di apparente contatto fra quelli di un grande delinquente come Don Rodrigo e di un povero lavoratore come Renzo. Poi, taluni episodi complementari come quelli legati al cicaleccio delle comari dopo la fuga di Agnese e Lucia, o agli incontri milanesi del fuggitivo, sono inseriti nel romanzo con aderenza allo spirito popolare non privo di «pietas».

Renzo si trova coinvolto nell’assalto ai forni del centro di Milano, e in particolare, a quello delle Grucce. La carestia del 1628, dovuta a eventi naturali e alla guerra, aveva determinato un progressivo aumento dei prezzi, triplicati in breve tempo; poi erano stati calmierati, e infine nuovamente riveduti al rialzo, in una progressione certamente incomprensibile nel clima agitato di quei momenti, e poi tragico: risulta davvero magistrale la descrizione di un crescendo di violenze nel progressivo scatenarsi della folla, con la difesa disperata dei fornai difesi dagli alabardieri, il saccheggio, la distruzione e qualche vittima.

Al riguardo, Renzo osserva col saggio realismo dell’uomo di campagna che non è giusto bruciare anche gli strumenti di lavoro: a quel punto, chi farà il pane? Ma la moltitudine, aggiunge Manzoni con un giudizio pertinente che continua a essere pervicacemente attuale, non brilla mai per consapevole razionalità.

Renzo dovrebbe tornare al convento di Frà Bonaventura ma si lascia coinvolgere ingenuamente nella vicenda dei forni, rivelando la naturale incapacità di comprendere un comportamento collettivo difficilmente controllabile nelle sue motivazioni fondamentali, ravvisabili nella fame e nell’odio atavico per i potenti di turno. Dopo tutto ha trovato da mangiare gratis, almeno per quel giorno, e ascolta volentieri i discorsi dei popolani, spesso di terza o di quarta mano: si favoleggia di grandi risorse nascoste, di programmi politici destinati ad avvelenare i poveri, e così via. La fantasia corre, come spesso accade nei momenti difficili, quando si è portati a vedere il male dovunque.

Nella fattispecie, Manzoni appare velatamente critico e a volte quasi distaccato, pur nella fedeltà alle cronache di un tempo per molti aspetti plumbeo, ma non bisogna dimenticare che era un cattolico moderato, da leggere nel quadro dello spiritualismo risorgimentale di Vincenzo Gioberti e di Antonio Rosmini, lungi da atteggiamenti radicali che non avrebbero potuto trovare spazio in una profonda fede cristiana all’insegna della virtù.

(luglio 2019)

Tag: Carlo Cesare Montani, Alessandro Manzoni, Vincenzo Gioberti, Antonio Rosmini, personaggi dei Promessi Sposi, Padre Cristoforo, Lucia, Agnese, assalto ai forni, 1628, Don Rodrigo, Renzo Tramaglino, Seicento lombardo.