Il patriota napoleonico
Quando il sentimento di nazionalità costruì le radici più profonde del nostro Paese


Una necessaria premessa

Grazie a studi risorgimentali a lungo condotti nel corso della stesura della mia tesi di laurea ho pensato di scrivere un breve racconto su un personaggio storico realmente esistito che non ha al suo attivo una nutrita documentazione ma che rappresenta, io credo, un esempio chiaro di che cosa sia davvero accaduto durante il primo Risorgimento.

Il ritrovamento di documenti e notizie sul personaggio mi permette di ricostruire in modo del tutto verosimile la sua storia personale, che si intreccia con quella politica del suo tempo.

Ho conosciuto questo personaggio perché facente parte della mia famiglia paterna. Una zia ora deceduta si presentò da me nell’ormai lontano 1999, anno del decesso di mio padre, con un documento personale a lui appartenuto ma mai da lui posseduto per particolari vicende familiari che non ritengo opportuno qui definire. Sono dolorose per chi non c’è più e davvero personali per chi è rimasto. Il documento conteneva uno stato di famiglia dove il primo personaggio presente era il quadrisavolo di mio padre, Lorenzo, nato nel 1767 e deceduto nel 1854. Èdi lui che tratterò in questo racconto. Le sue vicende hanno una valenza davvero importante sia in ambito nazionale che internazionale ma soprattutto fotografano un’epoca. I fatti reali li trascriverò in corsivo per facilitare il lettore, mentre la ricostruzione delle vicende verosimili ma senza una specifica base documentaria in grassetto. I dialoghi saranno in corsivo. Spero di appassionare alla lettura grazie soprattutto ai numerosi personaggi che furono coinvolti in queste vicende e che sono certamente pietre miliari e testata d’angolo delle vicende medesime.


Il Racconto

Lucca 1767. Nasce in una famiglia patrizia un bambino cui viene posto il nome di Lorenzo. Lucca in quel periodo è una città-stato decadente, che ha perso le sue prerogative del passato che la vedevano, per quanto piccola ed in affanno, presente con entusiasmo nelle principali capitali europee. La piccola Repubblica Oligarchica Toscana era fiorita grazie ai lauti commerci medievali ed all’oculatezza rinascimentale, che le permisero una solidità economica fuori dai confini territoriali quando la Riforma Protestante fece fuggire uomini e capitali dalla città, soprattutto in Svizzera. Le famiglie lucchesi che si erano convertite al calvinismo esiliarono senza però mai allontanarsi del tutto da quei familiari che ebbero la forza di lottare in Patria, e continuamente inviarono rimesse agli stessi, permettendo di fatto la sopravvivenza della piccola Repubblica fino al 1799. In quel preciso momento le armate napoleoniche invasero la città, che dovette con alterne vicende sottomettersi poi al Principato Baciocchiano. Nel 1815 il Congresso di Vienna la restituirà ai Borbone Parma, ma solo fino al 1847 quando, dopo la morte di Maria Luisa d’Austria, seconda moglie dell’Imperatore Napoleone I, tale dinastia troverà rifugio in Parma e la città toscana verrà inglobata nel Regno Toscano degli Asburgo Lorena. Fu in quel frangente che perderà definitivamente la sua millenaria indipendenza.

Lorenzo Pierotti venne educato in seminario, perché all’epoca i fanciulli appartenenti a famiglie nobili, soprattutto quelle maggiormente legate all’apparato ecclesiastico, facilmente ricevevano questo tipo di educazione. Lucca poi vedeva per tradizione nei suoi seminari una importante scuola che accoglieva la musica come tradizione cittadina. La Cappella diveniva non solo luogo di culto ma luogo di erudizione e formazione. La stessa dinastia di musicisti Puccini si formò in questo modo.

Probabilmente Lorenzo suonava qualche strumento, e stava in un qualche coro. Perché il canto, a cominciare da quello Gregoriano, era presente in queste famiglie, per uomini e donne. La loro voce era ben impostata sin dalla più tenera età ed era giocoforza che ciò costituisse un modo per approcciarsi sia a Dio che agli uomini. Non c’era poi così molta differenza. Ma l’arte militare per tradizione la fece sempre da padrone, a partire dalla tradizione medievale di famiglia: i cavalierati, il sostegno al nascente Comune nel Medioevo ma anche attori nelle nutrite guerre intraprese per difendere gli interessi familiari non sempre coincidenti con quelli del Comune.

Ai tempi di Lorenzo tutto questo era lontano ricordo, eppure Lorenzo raggiunse il grado di capitano. Quando si instaurò in Lucca il Governo Napoleonico Lorenzo è un giovane di belle speranze che osa chiedere un sussidio al Governo medesimo, il quale peraltro gli venne accordato. Viaggia, soprattutto in Napoli. Frequenta il San Carlo, il celebre teatro partenopeo. Qui familiarizza col suo direttore, il Vate Gabriele Rossetti, prima che questi prenda la via dell’esilio in Inghilterra nel 1820, perché sospettato d’essere coinvolto nei moti scoppiati quell’anno in Napoli. La familiarità di Lorenzo col Vate risale verosimilmente però agli anni giovanili, forse antecedente anche agli anni cruciali della Prima Campagna d’Italia, e cioè quando ancora in Napoli regnavano i Borboni. Il celebre Vate, una volta raggiunta Londra nel 1820 sposerà Francis Polidori, la figlia del medico di Bientina, Gaetano Polidori. Bientina è una cittadina in provincia di Pisa ma confinante con la provincia di Lucca, dove sempre a partire dal Medioevo la famiglia di Lorenzo ha livelli ed interessi economici. Gaetano Polidori è stato in Firenze il Segretario personale di Vittorio Alfieri, prima di trasferirsi in via definitiva a Londra. Gli interessi della Repubblica Lucchese erano coincidenti con quelli napoletani, anche qui rapporti ancestrali, a partire dal Medioevo. Forti legami in ambito musicale. Non possiamo garantire che Lorenzo fosse anche musicista, certamente colto ed interessato al panorama musicale e teatrale, questo sì. Chi meglio di Gabriele Rossetti, patriota, poeta e Vate poteva interessarlo? Ma soprattutto Lorenzo è un giovane legato alle nascenti idee liberali e poi all’ambiente napoleonico «in fieri», e Napoli fu certamente un luogo di elezione sia per le idee liberali che per Napoleone Bonaparte, e la sua armata, sin dalla Prima Campagna d’Italia.

Lorenzo si sposò molto giovane, com’era tradizione di famiglia. Ma la famiglia restava a Lucca, prigioniera di tradizioni e interessi cittadini. Chi viaggia era lui, il capitano patriota. In Lucca le malelingue, quando Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone, andò al potere, lo vedevano come uno dei suoi più cari amanti. Vogliamo una volta tanto ascoltare le malelingue. Sappiamo che Elisa era particolarmente interessata al panorama musicale lucchese, non solo alle belle ville e territori dove apportò molte migliorie. Rimase a lungo in Lucca anche se gli interessi politici l’avrebbero vista bene in Firenze. Così a Lucca, località «La Cappella», dove anche i familiari di Lorenzo avevano delle proprietà, nei dintorni appunto di tale località, e precisamente in Mutigliano, Elisa soggiornò spesso con i due fratelli Paganini, musicisti di fama internazionale e Genovesi di nascita. Noi ricordiamo in particolare il grande Niccolò. Questo il panorama di riferimento di Lorenzo.

Egli ha un carissimo amico, conosciuto ai tempi dei suoi studi in seminario, il canonico pisano Ranieri Zucchelli, con cui mantiene serrati rapporti, pare anche di natura politica. Che cosa fa Lorenzo in quegli anni cruciali, oltre i suoi viaggi a Napoli? Sicuramente in Bagni di Lucca accoglie i numerosi ospiti che soprattutto dall’Inghilterra ma anche dai territori tedeschi e dalla Russia affollano la celebre cittadina termale. Anche nei pressi di Bagni di Lucca la sua famiglia ha tradizioni e proprietà. Un paesino in particolare, a soli 4 chilometri dal capoluogo omonimo, desta le simpatie di Lorenzo: Benabbio. Qui c’è un celebre teatro, che data al XVIII secolo. Qui in anni più recenti si è esibito anche il celebre Totò. All’epoca Lorenzo invita in Benabbio la sua amante Elisa, che spesso non solo dimora in Bagni di Lucca, ma assiste a spettacoli teatrali, confortata dai suoi due amanti Paganini, che sicuramente con la loro strepitosa arte dovettero far gioire tutti gli ospiti presenti. Si è soliti dire che Paganini non ripeteva, forse qualche volta per i suoi amici lucchesi deve aver fatto un’eccezione. In quegli anni, cruciali per la storia dell’intera Europa, a breve Napoleone Bonaparte perderà il potere. Sarà nel 1814 relegato all’Isola d’Elba dal Congresso di Vienna con una Corte fantoccio. Lorenzo non può in quel momento rinnegare gli ardori giovanili ma soprattutto sa che solo i Bonaparte, almeno sulla carta, rappresentano quei valori universali che la Rivoluzione Giacobina Francese ha posto in essere. Perché Lorenzo, un aristocratico, è così progressista? Perché gli interessi della sua famiglia coincidono parzialmente con gli interessi giacobini. Si tratta di personaggi da sempre al centro della scena anche internazionale come musicisti, librettisti, uomini d’arte e non solo d’arme e di scienza. Il panorama lucchese va loro stretto; non per questo vogliono necessariamente l’Unità nazionale, peraltro una chimera, ma desiderano l’indipendenza dallo straniero per la Penisola, una sorta di affrancamento che non snaturi lo Stato della Chiesa e la sua realtà, ma che lo veda anzi al centro della scena come elemento trainante. Sono insomma i famosi e qualche volta vituperati cattolico liberali. L’ateo Napoleone ha di fatto rinvigorito le loro speranze. Non dimentichiamo il Concordato, che rinvigorì coloro i quali anche all’interno del contesto cattolico vedevano nelle novità del momento un modo per sdoganare una Chiesa poco adatta ai tempi. Anche se favorevole all’Imperatore e non certo alla Chiesa, il Concordato aveva in se stesso una forte valenza liberale. E poi Napoleone è proprio un senza Dio? Niente affatto, è un uomo non solo sanguinario ed assetato di potere, come la storiografia ha voluto descriverlo, ma anche un uomo che ama l’arte, la buona musica, che a suo modo crede in un mondo nuovo. Si presenta come l’uomo nuovo. Nato e cresciuto in Corsica, Napoleone non si è mai integrato del tutto con la realtà francese che comunque ha adottato e fatto sua in ogni modo.

Lorenzo e la sua famiglia hanno conosciuto i Bonaparte al momento del loro avvento con la Prima Campagna d’Italia? Niente affatto, i Bonaparte sono per loro una vecchia conoscenza. Il padre di Napoleone, Carlo Maria, e il suo fratello maggiore Giuseppe, si sono laureati in Pisa, come alcuni familiari di Lorenzo. Un ramo della famiglia Bonaparte proviene da San Miniato, in provincia di Pisa, e San Miniato era all’epoca diocesi di Lucca. La famiglia di Lorenzo aveva amministrato e teneva stretti rapporti con la diocesi medesima. Non vogliamo poi addentrarci nei cavalierati medievali; anche in questo caso tutto rimanda a rapporti di lungo corso.

I Bonaparte avevano avuto rapporti di parentela, prima della loro dipartita in Corsica, quando ancora dimoravano in Sarzana, con i Malaspina, confinanti con le terre che i familiari di Lorenzo visitarono ed accudirono ai tempi dei cavalierati medievali. Ma soprattutto avevano rapporti di parentela con la famiglia Calandrini di Lucca. I Calandrini, tra cui la celebre Matilde, la pedagogista vissuta nel XIX secolo, con la Riforma Protestante avevano lasciato Lucca per raggiungere Ginevra, ma come ho avuto modo di riferire, queste famiglie rimasero sempre legate al contesto cittadino lucchese, nonostante la loro dipartita.

Matilde Calandrini ad esempio, secoli dopo, visse a lungo in Toscana e soggiornò spesso in Lucca. La famiglia di Lorenzo aveva molti suoi membri che erano dei pedagogisti, spesso dei religiosi membri di un Ordine cittadino che si occupava prioritariamente di cultura. Nella chiesa di quest’Ordine alcuni di loro sono sepolti. Sono dunque tanti i motivi per considerare questi rapporti con i Bonaparte come ancestrali. Napoleone aveva deciso di tutelare la cittadina toscana mantenendola indipendente forse anche per questo?

Tornerei al 1815, ed esattamente al 1° gennaio. Periodo cruciale questo. C’è una lettera che porta quella data e che Lorenzo ha inviato al suo fraterno amico pisano. La lettera è impedita da Empoli a Pisa, ma quel Lorenzo che scrive la lettera ho seri motivi per pensare che sia lo stesso Lorenzo giacobino lucchese che il dottor Tori ha così ben descritto in una sua pubblicazione. I legami infatti con i territori fiorentini sono davvero marcati, nonostante la famiglia sia lucchese di origine. Apprendiamo dalla lettera che Lorenzo si sta interessando ad un patriota di stanza in Torino e fa esplicito riferimento al conte Fabrizio Lazzari, l’amico fraterno del giovane Principe Giacobino Carlo Alberto di Savoia. Il conte Lazzari assume secondo Lorenzo il ruolo di mediatore tra le forze progressiste e lo stesso Governo Sabaudo, da poco restaurato. Il conte Fabrizio Lazzari è nipote del Generale Napoleonico Torinese Rege de Gifflenga, che fu ad un tempo Generale Napoleonico e caro alla Corte Sabauda. La lettera proviene dalla collezione degli ambienti canoviani di Pelagio Palagi, l’architetto che nel 1830 ristrutturò, proprio su incarico di Carlo Alberto, ormai divenuto Sovrano, l’intera capitale piemontese.

Napoleone stava preparando la sua fuga dall’Isola d’Elba ed agli occhi dei patrioti nostrani lui e l’intera sua famiglia si ponevano come gli unici possibili difensori dei principi giacobini del 1789, argine e filtro contro la Restaurazione imminente.

Lorenzo si spende senza pari per questo, in tutta evidenza rischia in proprio. Naturalmente, quando le velleità napoleoniche non andranno a buon fine, Lorenzo e la sua famiglia non si daranno per vinti, pur facendo buon viso a cattivo gioco.

Il Governo Baciocchiano ebbe vita breve. Lorenzo e la sua famiglia presero atto che i nuovi arrivati, i Borbone Parma, erano divenuti i loro nuovi Signori, e per tale motivo era assolutamente necessario, a partire da quel 1815, servire la nuova Sovrana Maria Luisa di Borbone. Cosa che fecero con solerzia, senza però mai dimenticare le loro velleità giacobine.

Della consulenza di un membro della loro numerosa famiglia, il valente ingegnere Antonio, si avvalse la nuova Sovrana per migliorare il Governo del territorio cittadino.

Nel 1824 la Sovrana morì e le successe suo figlio Carlo Ludovico di Borbone, tanto intelligente quanto scavezzacollo. Amante della bella vita, intese dimostrare alla città ed al mondo di poter sfidare i potenti Asburgo, verso cui egli, che era un Borbone, non fu mai particolarmente tenero.

Il nuovo Sovrano si convertì in maniera nascosta, ma non troppo, al Protestantesimo. Un Sovrano Protestante poteva aver agio di agganciare Londra, e gli ambienti patriottici della Penisola che qui si erano rifugiati dopo il Congresso di Vienna. Tra questi Teodoro Pietracola Rossetti, nipote di Gabriele, il Vate amico di Lorenzo, ed i figli dello stesso Gabriele, non ultimo Dante Gabriel. Nutrita è la documentazione del periodo che vuole Lucca al centro di intrighi internazionali. E Lorenzo?

Lorenzo tenne i contatti con Giuseppe e Luciano Bonaparte, i due fratelli dell’Imperatore maggiormente schierati nelle vicende italiane del periodo. Rapporti così serrati che nel 1834 e poi nel 1837 ospitò nelle sue proprietà in Benabbio sia due figli di Luciano che lo stesso Luigi Napoleone, il futuro Imperatore Francese. I Bonaparte, divenuti ormai dei seguaci mazziniani, dimorarono in quel frangente al Belvedere di Benabbio, come vogliono i documenti? Qui pare che trovassero rifugio. Ma i familiari di Lorenzo, che all’inizio del paese avevano una proprietà risalente proprio al secolo XVIII, ben organizzata e con splendidi giardini, non si tirarono certamente indietro nell’accogliere gli illustri ospiti. Non dimentichiamo che nel paesino di Benabbio erano i boss indiscussi. Il tutto con l’avallo del Duca Carlo Ludovico, come appare dai documenti. Le note vicende dei cattolici liberali e dei Bonaparte non li videro in seguito trionfare. Però nel 1843 si tenne in Lucca il quarto congresso annuale degli scienziati che li vide con Antonio, l’ingegnere, ed un religioso lucchese loro cugino, Padre Gioacchino Prosperi, al centro della scena. Tali congressi avevano una valenza quasi esclusivamente politica. A questo congresso in particolare partecipò anche il figlio maggiore di Luciano Bonaparte. Sappiamo che Luciano Bonaparte è deceduto proprio nel 1840 in Canino. Sempre nel 1840 Lucca vide presenti i fratelli Fabrizi, patrioti mazziniani, anche loro in rapporti di parentela con alcuni congiunti di Lorenzo. Il patriottismo giacobino investì l’intera famiglia di Lorenzo, troppo coinvolta per non far propri i principi che governano le idee liberali. In quegli anni il figlio maggiore di Lorenzo, Cesare, anche lui patriota e nato nel 1808, mise il padre in serie difficoltà per i suoi modi irruenti e soprattutto per la sua adesione agli Amici del Popolo di guerraziana memoria, presenti ed attivi soprattutto in Firenze, ma più in generale in tutta la Toscana, in particolare durante le vicende del 1848, vicende che indussero Cesare ad un comportamento da considerarsi non del tutto limpido. Il tracollo familiare partì da quel 1848. La morte nel 1854 colse Lorenzo in un momento in difficoltà sul piano familiare, tuttavia egli non fu mai domo in ambito politico.

Proverò ad immaginare alcuni dialoghi che potrebbero aver avuto luogo tra Lorenzo ed i suoi illustri contemporanei che conobbe e frequentò. Primo fra tutti il Vate Gabriele Rossetti e la sua nutrita famiglia.

In Napoli: «Caro Gabriele – i miei omaggi. Ho assistito allo spettacolo [al San Carlo.] Davvero sublime. Ma veniamo a noi. Pensiamo alle questioni giacobine che ci riguardano, amico mio! Vai a Londra, prendi contatti. Ti suggerisco il buon medico Polidori, che fra l’altro è così ben ammanicato in Torino col padre del giovane Carlo Alberto, visto che a lungo ha frequentato l’Alfieri. Mi raccomando, non preoccuparti. C’è sempre il conte Lazzari, mio cugino, a tenere i contatti [i Lazzari lucchesi sono cugini in Lucca di Lorenzo] con i patrioti della Penisola».

Vogliamo immaginare che il Vate abbia seguito i suggerimenti dell’amico Lorenzo.

Non voglio toccare, per una sorta di delicatezza, il privato del capitano con Elisa, tratteggiato dalla memoria cittadina. Tuttavia la Sovrana e la sua numerosa famiglia in Benabbio dovettero godere di spettacoli ed attenzioni del tutto particolari.

Qui Lorenzo: «Caro Niccolò [rivolto al Paganini], la tua esibizione è stata perfetta, l’intero teatro ha apprezzato ed amato lo spettacolo. I miei omaggi, la mia più calda riconoscenza!».

Rivolto poi, in seguito, al canonico pisano di riferimento, queste avrebbero potuto essere le frasi pronunciate da Lorenzo: «Amico mio carissimo, dobbiamo svegliarci, darci una mossa! Non c’è più tempo da perdere! Il Bonaparte sta per recarsi in Francia, la sua dipartita è segnata. Murat farà il resto, lo sai, la piazza napoletana, prima con Giuseppe [Bonaparte], poi col Murat è con noi. Ma anche quella torinese. Carlo Alberto e suo padre, il Principe di Carignano, mai abbandoneranno la scena politica ai vassalli della Restaurazione! Vedrai, defenestreranno i loro cugini. Ma bisogna muoverci! Essere solerti! Anche in Roma, lo sai, molti prelati sono a noi favorevoli!».

E veniamo all’epoca risorgimentale, in piena Restaurazione. Lorenzo è coinvolto col figlio Cesare nelle vicende del periodo. Ha combinato col Duca Carlo Ludovico di accogliere in Benabbio i fuggiaschi Bonaparte. È verosimilmente ad attenderli, proprio in Benabbio. Provo anche in questo caso ad immaginarne la conversazione: «Non dovete preoccuparvi, Altezze Reali [i Bonaparte coinvolti], qui nessuno potrà mai importunarvi, nessuno arriverà a tanto! Il luogo è ameno, sicuramente soddisfacente per la bellezza dei luoghi e la discrezione del popolo. Alle Vostre Signorie Illustrissime gli Omaggi miei, della mia famiglia e di tutti i Patrioti italici che in Lucca convengono e converranno in futuro!».

Non vorrei immaginare un dialogo col figlio maggiore Cesare, scavezzacollo in mezzo agli Amici del Popolo, per ovvie ragioni personali. Il padre Lorenzo non penso abbia approvato la linea guerraziana del figlio. Ciò ancor più dopo le sue alterne vicende seguite ai fatti del 1848 in Firenze! Ma credo sia importante farlo, per definire meglio il personaggio: «Non sono queste le maniere, Cesare, i modi di intervenire nelle questioni nazionali! La moderazione facilita i rapporti e mantiene ferme le menti! Solo moderazione, non la veemenza! Questa è stata l’educazione che ti ho impartito! Così mi ripaghi! Lungi da me l’approvazione del tuo operato!».

Un mondo, quello di Lorenzo, così lontano dal nostro, eppure così vico nelle nostre menti e nei nostri cuori. Ogni giorno parliamo di Paese, di Stato, di questioni federaliste ed unitarie. Lorenzo fu certamente un federalista nel cuore. Ma un federalista che vedeva nell’Unità federale un’autentica possibilità di affermazione nazionale. Non coronò i suoi sogni. Non vide neppure l’Unità vera e propria del Paese, morì nel 1854. A lui ed alla sua generazione il plauso di aver saputo traghettare l’Italia verso la modernità.

(ottobre 2017)

Tag: Elena Pierotti, Risorgimento Italiano, patriota napoleonico, Lucca, Ottocento, sentimento di nazionalità, Principato Baciocchiano, Congresso di Vienna, Borbone Parma, Maria Luisa d’Austria, Napoleone Bonaparte, Lorenzo Pierotti, teatro San Carlo, Gabriele Rossetti, Repubblica Lucchese, Elisa Baciocchi, La Cappella, Mutigliano, Ranieri Zucchelli, Bagni di Lucca, Benabbio, giacobini, San Miniato, Calandrini di Lucca, 1° gennaio 1815, Fabrizio Lazzari, Carlo Alberto di Savoia, Rege de Gifflenga, Pelagio Palagi, Carlo Ludovico di Borbone, Luciano Bonaparte, Belvedere di Benabbio, Padre Gioacchino Prosperi, Amici del Popolo, Giuseppe Bonaparte, Niccolò Paganini, Cesare Pierotti, 1854, Primo Risorgimento, Unità d'Italia.