L’Italia napoleonica
Un’epoca controversa, di grandi ideali, speranze deluse e fioritura culturale, preparò il terreno allo sbocciare del Risorgimento

La fiammata rivoluzionaria francese e l’Impero Napoleonico sono il lievito che vivacizza la società italiana tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. La Rivoluzione Francese è sorta all’insegna della libertà e dell’uguaglianza fra i cittadini, e queste idee si diffondono ben presto anche nella Penisola; ma la spinta ad un rinnovamento totale parte da Napoleone.

Nell’esilio di Sant’Elena, lontano da tutti, l’Imperatore ripensa alla sua vita: la sua gloria – scrive – non sono state le battaglie vinte, ma il suo Codice che si è diffuso in Francia e nelle altre terre conquistate dalle armate francesi. Già la Convenzione aveva pensato alla necessità di un Codice civile che avesse vigore in tutta la Francia, ma è Napoleone, nell’agosto del 1800, a riprendere il progetto, affidandone la realizzazione ad una commissione presieduta da Cambacérès e ai cui lavori partecipa egli stesso; il Codice Napoleonico, entrato in vigore in Francia nel marzo del 1804, innesta sul tronco del diritto romano i nuovi principi di uguaglianza e di libertà. Il 16 luglio 1801 Napoleone e il Cardinale Consalvi firmano a Parigi il Concordato tra la Francia e il Papato, che resterà in vigore fino al termine del secolo.

È con Napoleone che nasce uno stato nuovo: l’amministrazione civile viene riformata, il territorio diviso in prefetture, le tasse riscosse da funzionari statali; sono create banche nazionali, unificata la moneta, le università vengono ingrandite, sono fondate scuole specializzate, accademie di Belle Arti e molti istituti d’istruzione retti e sovvenzionati dallo stato, comincia a formarsi il giornalismo moderno. L’agricoltura viene ammodernata e grandi lavori di bonifica portati a termine. La prova dell’efficacia dell’amministrazione napoleonica sta nel fatto che essa, nelle sue linee principali, è giunta fino a noi.

L’Italia napoleonica vede profondi rivolgimenti politici: al posto della vecchia Repubblica Cisalpina s’è formato il Regno Italico che comprende, oltre la Lombardia, le Marche e il Trentino; Napoli, dove inizialmente s’era formata una Repubblica Partenopea, ha riavuto un Re, che però non è più Ferdinando, ma il cognato dello stesso Napoleone; Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio sono invece divenuti dipartimenti francesi. Si tratta di creazioni effimere, che non sopravvivranno all’Imperatore che le ha stabilite. Ha invece finito di esistere, dopo oltre un millennio di vita, la gloriosa Repubblica Veneta: col trattato di Campoformio del 1797, Napoleone l’ha ceduta all’Austria; non riacquisterà mai più la sua indipendenza.

La società italiana è mutata e rinnovata. La nobiltà, vissuta finora sulla proprietà terriera e opprimendo i contadini, cede il posto alla borghesia: sono professionisti, commercianti, scrittori, intellettuali – uomini (ma anche donne) capaci, dinamici, che saranno gli artefici delle lotte risorgimentali. Molti nobili scelgono la gloria delle armi e combattono sotto le insegne di Napoleone, molti borghesi si fanno avanti frequentando le accademie militari che danno un’istruzione completa.

Milano si distingue per la sua vita fervida: il teatro della Scala, le numerose associazioni, i salotti, i circoli letterari; un grande scrittore francese, Stendhal, si definisce cittadino onorario di Milano, e sulla sua tomba farà scrivere: «Milanese». L’Accademia di Belle Arti e la Galleria sono due poli d’attrazione della vita culturale e sociale della città meneghina. Sul «Caffè», il giornale pubblicato dall’Accademia dei Pugni, di cui fanno parte Cesare Beccaria e Pietro Verri, nel 1766 Rinaldo Carli d’Istria pubblica l’articolo Della Patria degli Italiani che si conclude con parole divenute famose: «Divenghiamo tutti di nuovo Italiani, per non cessare di essere uomini».

L’avventura napoleonica ecciterà le speranze dei patrioti: il 14 novembre 1796 i Milanesi proclamano l’indipendenza della Lombardia e l’alleanza con Napoleone. In onore del Generale viene bandito un concorso, vinto da Melchiorre Gioia, sul tema: «Quale dei governi meglio convenga all’Italia». Milano diventa capitale prima della Repubblica Cisalpina e poi del Regno Italico, ma al termine della parabola napoleonica ripiomberà sotto la dominazione austriaca.

In Italia è tutto un fervore di cultura, di discussioni, di speranze, di arte. Nonostante le speranze riposte dagli Italiani in Napoleone siano continuamente disattese, nonostante le ruberie e i soprusi dei soldati transalpini, quest’epoca segna comunque un punto di svolta nella storia d’Italia: il Risorgimento ha la sua culla proprio in quest’Italia napoleonica.

(febbraio 2017)

Tag: Simone Valtorta, Italia napoleonica, Risorgimento, esilio di Sant’Elena, Cardinale Consalvi, Concordato, Codice Napoleonico, Repubblica Cisalpina, Regno Italico, trattato di Campoformio, Ottocento, Napoleone Bonaparte, Accademia di Belle Arti, Galleria, Accademia dei Pugni, Cesare Beccaria, Pietro Verri, Rinaldo Carli d’Istria, Della Patria degli Italiani, Milano, Melchiorre Gioia.