La famiglia Bonaparte per un’unità italiana di stampo federale, inclusiva ed europea
Il ruolo dei Bonaparte nel Risorgimento Italiano dopo la morte di Napoleone I (1821)

Dopo la morte di Napoleone Bonaparte nel 1821 i suoi eredi portarono avanti in maniera encomiabile i suoi valori. Non si trattò esclusivamente di cercare un posto al sole. I Bonaparte come famiglia avevano assorbito i valori rivoluzionari francesi e nessuno più di loro poteva incarnarli. In Patria e fuori. In Italia tutto il Risorgimento fu caratterizzato dal loro certosino impegno.

Si dice che i Napoleonidi fossero non solo mazziniani transfughi ma con Luigi Napoleone, poi Napoleone III, gli eredi di una tradizione imperiale francese prima che europea; i documenti che ho potuto rintracciare presentano verità diverse da questa.

Tutti i Napoleonidi collaborarono attivamente, a partire dal primo Risorgimento; l’unione superò di gran lunga le divergenze familiari.

Luciano in particolare, grazie anche all’impegno dei suoi figli di secondo letto, ebbe, soprattutto nel nostro Paese, un ruolo guida in quel periodo.

Molto diverso dal fratello Napoleone, eppure vicino a lui nonostante le divergenze personali e politiche, egli di fatto si ritirò a vita privata in Canino, nell’Alto Lazio, quando ancora il fratello Imperatore regnava in Europa. Privilegiò le ragioni del cuore alla ragion di Stato con le seconde nozze, non gradite dal fratello Napoleone che sognava per lui la Corte Spagnola.

Ottenne il feudo di Canino da Papa Pio VII, che lo fece Principe di quel feudo e ufficialmente si dedicò agli scavi archeologici, la sua passione, fino alla morte avvenuta in Viterbo nel 1840. Eppure attraverso i suoi figli, guidò il primo Risorgimento.

In Corsica Luciano ebbe largo seguito, organizzando un partito bonapartista córso che mai come in quel periodo fu florido e attivo. La Corsica non aveva accantonato l’idea paolista d’indipendenza. Vedeva nei Bonaparte la possibilità di poter essere inserita in un’orbita italiana attraverso la formazione di un Regno Italico federalista sotto l’egida papale, ma con un Papato votato a un ridimensionamento del suo potere temporale. Luciano Bonaparte, repubblicano, auspicava attraverso la sua amicizia con personaggi quali Monsignor Bartolomeo Pacca, cui fu sempre legato, che ciò avvenisse, e i suoi figli di secondo letto, soprattutto Carlo Luciano, si adoperarono per tale soluzione politica da mazziniani, spesso fuggiaschi. In tale veste condivisero questa possibilità assieme ai loro cugini, Luigi Napoleone compreso.

Nel 1834 li troviamo in Benabbio, comune di Bagni di Lucca, ospiti del Duca Borbonico Carlo Ludovico, il quale, fattosi protestante, voleva abbracciare e condividere valori europei. I Sovrani restaurati della Penisola che non facevano Asburgo si avvicinarono ai Bonaparte, in sordina, e dettero loro la possibilità di guidare queste operazioni. In Lucca una marchesa da sempre amica dei Bonaparte, Eleonora Bernardini, lavorò in tale direzione. Era stata amica intima dell’Imperatrice Giuseppina, a partire dalla Prima Campagna d’Italia; era rimasta con lei in corrispondenza per l’intera vita. Fu come una nonna per Napoleone III. Con Luciano e la contessa Lipona, ossia Carolina Murat, tenne sempre ottimi rapporti. Così come con gli altri membri della famiglia Bonaparte. In particolare con Elisa, di cui era stata dama d’«autour». Nel 1838 a Firenze i Principi Francesi (i Bonaparte) si recarono per fare il punto della situazione, stanti le carte di Eleonora Bernardini.

Troviamo nei documenti di quell’anno e degli anni successivi abboccamenti, anche di religiosi, come Padre Gioacchino Prosperi di Lucca, un aristocratico amico di Luciano Bonaparte, divenuto non a caso il predicatore della Corsica. Le manovre politiche non andarono a buon fine (divisioni interne in ambito vaticano, difficoltà nel Mediterraneo Orientale per la potenza inglese, che si allontanò parzialmente da queste manovre per curare di più situazioni complesse altrove; lotte intestine tra i patrioti di diverso colore come Pier Angelo Sarti, un curatore lucchese di stampo mazziniano del British Museum che rientrò a Lucca definitivamente nel 1839 con la moglie inglese dopo aver pubblicato in proposito nel 1838 a Londra un librino per l’editore Thomas Brettell dal titolo La Reggia dell’Invidia).

In ogni caso fino al 1848 si lavorò alacremente per tale soluzione federalista. Luciano Bonaparte e i suoi fratelli ebbero con questi patrioti rapporti anche privati. Per esempio col religioso Prosperi, che era cugino del musicista Luigi Boccherini, i rapporti furono altrettanto intimi che con la marchesa Bernardini, poiché era stato Luciano Bonaparte in Spagna, ai tempi del suo incarico come Ambasciatore, l’ultimo mecenate protettore del grande Maestro.

Si trattò, secondo un documento datato 29 marzo 1846, presente nell’Archivio di Stato a Lucca, di attendere rinforzi economici e personali da Parigi e dal Nord Africa. I Bonaparte finanziarono ampiamente questi movimenti e si spesero in prima persona. Purtroppo talvolta questa loro capacità non è stata sufficientemente valorizzata.

A tale proposito è doveroso mettere in risalto l’acume politico di questa famiglia, il suo lascito politico.

La Lega Italica dei fratelli Fabrizi pullulava di seguaci, sul piano delle idealità, del grande Córso. Gli inglesi «whig», a differenza di quanto accaduto con i «tories», agevolarono i loro movimenti. Purtroppo a partire dagli anni Cinquanta del XIX secolo i Bonaparte come tutti i patrioti della Penisola osservarono un Pontefice che mise da parte le idealità per le quali aveva a lungo collaborato. L’Inghilterra, che nel Mediterraneo Orientale dovette fronteggiare ripetuti attacchi, non sostenne più adeguatamente le vicende italiane. L’affermazione sempre più marcata del partito «whig» che aveva visto in Lord Holland un autentico sostenitore della causa bonapartista quale strumento per bloccare l’ideologia d’Antico Regime, pose la questione in termini più concreti rispetto a un impegno confederale.

Il testimone passerà a Lord Palmerston che sarà autenticamente votato a sostenere Casa Savoia, mentre le le idealità federaliste passeranno sempre più in second’ordine. La Corsica perderà le sue priorità indipendentiste e l’affermarsi in Francia di Napoleone III non fermerà la partecipazione attiva dei Bonaparte alla causa nazionale italiana, ma bloccherà del tutto autentiche possibilità federaliste. Non possiamo vedere nelle divisioni della Chiesa la sola responsabilità del fallimento del 1848. Col concorso di Napoleone III si rese comunque effettiva la realizzazione della causa nazionale.

(luglio 2021)

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