L’elogio funebre al Monarca Sabaudo Carlo Felice: le bugie svelate
Quando la lettura di un documento permette di rivoluzionare l’intero assetto storiografico del periodo

La Società storica delle Valli di Lanzo in Piemonte nel 2013 ha pubblicato un mio breve articolo dove si è ripreso in considerazione un vecchio ma interessante documento datato 1831, un Elogio Funebre scritto, letto e pubblicato in Torino quell’anno dal protagonista della mia tesi di laurea, Padre Gioacchino Prosperi.

L’elogio funebre è dedicato al Monarca Sabaudo Carlo Felice, deceduto proprio quell’anno, e con cui Padre Prosperi aveva rapporti stretti, visto che di fatto viveva in Casa d’Azeglio e in Sant’Andrea al Quirinale, in Roma, aveva studiato da Padre Gesuita qualche anno prima in compagnia per ben cinque anni dell’ex Monarca Sabaudo, fratello di Carlo Felice, Carlo Emanuele IV di Savoia; ma anche del figlio di Cesare d’Azeglio, il Padre Gesuita Prospero d’Azeglio.

Per quell’elogio funebre Padre Prosperi tre anni dopo, nel 1834, venne in via ufficiale espulso dal Piemonte, anche se i documenti lo vogliono ancora nel 1838 in Torino a predicare la Quaresima.

Evidentemente l’essere una spia internazionale, come tutta la sua nutrita biografia e bibliografia dimostra, non gli impedì di vivere indisturbato a Torino.

Per quanto ne sappiamo, ed è lo stesso Prosperi a farne cenno nelle lettere e nei documenti, non fu mai riabilitato ufficialmente. Anzi, divenne un suddito di Carlo Ludovico di Borbone in Lucca e per molti anni Padre Predicatore Missionario in Corsica, a contatto con i Bonapartisti dell’Isola.

Ce n’è abbastanza per capire che qualcosa nella nostra storiografia ufficiale non torna. Ma andiamo per gradi.

Intendo soffermarmi proprio sull’elogio funebre menzionato e sul biografo ufficiale di Padre Prosperi, Luigi Venturini.

Quest’ultimo pose in evidenza sia le iniziali idealità moderate del religioso che il suo successivo patriottismo, maturato nel corso del tempo trascorso in Piemonte come docente nei vari collegi gesuiti e non, sabaudi. «In Lui non c’è proprio nulla di reazionario ma nel complesso dei suoi scritti un suo lato moderato appare quando descrive nella cattedrale di Lucca nel 1849 i fatti politici sui campi di Lombardia nel 1848. Qui i concetti di libertà e d’indipendenza patria sono molto chiari».

Venturini mente e sa di mentire. Nelle descrizioni di Padre Prosperi che egli rilascia tende sempre a presentarlo come «intelligente e bizzarro, strano e battagliero».

Prosperi era tutto fuorché bizzarro e strano. Fu anzi costretto nei suoi ultimi anni di vita, perché ricattato, a pubblicare un libricino (un anno prima della sua morte avvenuta nel 1873) dal titolo emblematico: Son matto io o son matti tutti dove è chiaro l’intento della collettività lucchese, città dove da anziano si era rifugiato, di snobbarlo e marginalizzarlo presentandolo come un vecchio, mi sia consentito, arteriosclerotico e sufficientemente dispotico. Nulla di tutto questo.

Prosperi dichiarava pubblicamente di doversi difendere da aggressioni fisiche che riceveva, da evidenti minacce che lo ponevano, a suo dire, in pericolo di vita, e visti i suoi trascorsi, documenti alla mano, possiamo non stupirci di questo, anche se Venturini, ancora nel 1926, ne parla come di un individuo marginale.

Ma Padre Prosperi nelle carte fa nomi e cognomi. Non solo, denunciò persino dopo l’Unità Nazionale, in Prefettura, l’allora Vescovo di Lucca, con cui non era in buoni rapporti.

Del resto non nasconde, sempre nelle lettere, di avere documenti che sconfesserebbero chiunque, e dunque lui stesso è in grado di ricattare i suoi avversari. Per tale motivo, ritengo, lo tennero al suo posto, senza sconfessarlo ufficialmente. E ribadisco, non solo gli ecclesiastici, ma anche quei laici che non avevano interesse a raccontare verità scomode, come i loro trascorsi a fianco di coloro che ora da vincitori descrivevano come nemici di sempre, e con cui viceversa avevano a lungo collaborato. I documenti ci sono ma gli storici non li hanno letti. Così uno studente diligente come sono stata io, e senza particolari ambizioni, deve fare i conti solo con le proprie forze per descrivere un personaggio come Padre Prosperi. Questo non è corretto, mi si consenta, anche per i cittadini di domani.

Nella breve biografia che Padre Paolo Calliari scrisse a corredo della lettera inviata da Padre Prosperi al Venerabile Pio Brunone Lante, si accenna a una espulsione del nostro dal Piemonte nel 1834, per una fase incriminata, contenuta nell’Elogio Funebre di Lanzo, non precisando di quale frase si tratta. Per tali motivi ritengo interessante una breve disamina del discorso in memoria di Carlo Felice, «fratello amatissimo» dell’ex compagno di viaggio di Padre Prosperi, il Re Carlo Emanuele IV di Savoia.

Dall’intestazione della busta presente nella Biblioteca Statale di Lucca, dal titolo Elogio funebre detto in Lanzo il 13 giugno 1831 ne’ solenni funerali di S. S. R. M. il Re Carlo Felice dal sacerdote Gioacchino Prosperi, Prof. E Rettore del Collegio-Convitto di Rivarolo Torinese, Torino dalla stamperia di Giacinto Marietti librajo in Via di Po, ricaviamo qualche notizia dei rapporti di Prosperi con la comunità di Lanzo e dintorni e con Rivarolo Canavese, dove egli già era Rettore, non più da Padre Gesuita (fu espulso dall’Ordine nel 1826).

Al lettore Prosperi chiarisce di non voler apparire audace in quanto «forestiere al Piemonte abbia impreso a tessere elogio funebre sopra un Rampollo de’ Reali di Savoia», perché poco informato delle storie di questi Augusti Sovrani.

«Non fu mia scelta [vuol precisare] fu condiscendenza a ripetuto cortese invito dell’Ill.mo Avvocato Arrò, R. Giudice in Lanzo».

Informa inoltre che «abondevoli di compatimento [il riferimento potrebbe essere rivolto alle sue complicate e particolari vicende politiche] dalla gentilezza di quelle Primarie persone di quel Paese [ottimi dunque i rapporti con Lanzo] accettai l’incarico, né mi pentii: perché o fosse pregio dell’opera che non credo, o bontà d’animi ben fatti, mi furono liberali di tanta riconoscenza che indarno la spererei là dove avessi diritto d’esigerla».

In quest’ultimo frangente il riferimento è palesemente all’Ordine Gesuita e a quel Padre Rootham, a capo dei Padri Gesuiti, con cui Padre Prosperi non era mai andato d’accordo e che lo aveva espulso dall’Ordine medesimo, come ricordato, nel 1826.

In effetti lo storico Riccardo Poletto ricorda in uno scritto quanto Padre Prosperi fosse amato in Rivarolo, a conferma delle parole dello stesso Prosperi.

L’Ode a Carlo Felice nasconde enigmi storici ancora inimmaginabili perché la storiografia ufficiale si è ben guardata dal descrivere la storia piemontese e italiana nella giusta luce, sino a oggi, purtroppo.

In apparenza semplice e lineare, l’Elogio tende a descrivere il Monarca defunto per i suoi meriti di fratello encomiabile, di uomo di fede ma anche prodigo nel migliorare le condizioni del proprio Paese. Prosperi non dimentica l’arricchimento che il Monarca operò nella città di Torino e nei restanti territori attraverso la costruzione di case, palazzi, del Regio Museo d’Antichità Egizie, di acquedotti, fontane. Emerge il riferimento all’ampliamento della capitale sabauda, ma anche la costruzione di una flotta navale, una volta acquisito il possesso della Liguria. Tutte frasi apparentemente improntate a moderazione, se si vuole escludere quest’ultima osservazione sulla flotta che, a seguito di moti risorgimentali successivi al 1831, mancati, può aver dato adito a vedervi rimarcata una volontà espansionistica, che per tradizione storiografica ufficiale non appartiene al Sovrano defunto.

A questo punto mi permetto di rivedere tali posizioni. Intanto la storiografia ufficiale vuole Carlo Felice non sempre in sintonia col fratello Carlo Emanuele IV come Padre Prosperi cerca di descrivere, e questo Padre Prosperi lo sa bene. La sua è una gentilezza, date le circostanze, ma soprattutto tende, in questo caso, a mascherare la reale portata politica di Re Carlo Felice che, sotto mentite spoglie, si prodigò a lungo nei suoi rapporti con l’Inghilterra per ottenere lo sbocco al mare e un peso politico diverso nella Penisola per il suo Stato. Si circondò di personaggi di rango come il diplomatico Filiberto Avogrado di Collobiano, che nel 1840 divenne protettore, sotto mentite spoglie, dei principali patrioti risorgimentali del periodo e che a lungo mediò, sempre in Vaticano, intorno al 1828, qui proprio su incarico di Carlo Felice, per rendere il Piemonte più indipendente sul piano delle norme di diritto canonico, cosa che peraltro non andò a buon fine, se non parzialmente.

La volontà di costruire una flotta nel 1831 era ben chiara sia al Sovrano defunto che all’erede Carlo Alberto, il quale espulse Padre Prosperi per il pronunciamento dell’Ode solo tre anni dopo la pubblicazione della stessa in Torino (e pare avesse avuto anche una certa tiratura), permettendo a Padre Prosperi, da cane sciolto, nel frattempo, di intessere situazioni politiche di stampo liberale addirittura in Parigi, vicino agli ambienti bonapartisti, come Padre Prosperi denuncia nelle lettere e nei suoi scritti, tutti regolarmente pubblicati in Piemonte.

Non contento, Carlo Alberto continuerà a far finta di nulla con Padre Prosperi, permettendogli ancora nel 1838 di visitare liberamente il Piemonte e di predicare in Torino la Quaresima.

Padre Prosperi per parte materna è cugino dei fratelli Verri e tiene rapporti con gli ambienti manzoniani. Ma soprattutto è vicino in Piemonte a noti cattolico liberali espressione di quelle frange «estremiste» (un nome su tutti: Gioacchino De Agostini, l’antesignano del giornalismo liberale piemontese) e che fanno capo allo stesso Prevosto di San Fedele in Milano e confessore di Alessandro Manzoni, il Francescano Padre Ratti.

Quest’ultimo a sua volta è cugino del futuro Pontefice Pio IX, all’epoca Cardinale Mastai Ferretti, che Padre Prosperi visiterà in Vaticano ancora nel 1869, quando ormai lo stesso sarà Pontefice, durante i lavori preparatori del Concilio Vaticano I. E Padre Prosperi dalla descrizione che rilascia a un noto religioso senese, suo amico, in una lettera privata, quindi assolutamente attendibile, è in ottimi rapporti col Pontefice.

Dove sta l’inghippo? Padre Prosperi (e i suoi accoliti, tra cui Monsignor Losana, un Piemontese liberale caro a Carlo Felice medesimo) viene accusato ripetutamente di Giansenismo perché vicino a quegli ambienti d’oltralpe che faranno poi l’Unità Nazionale, che Manzoni ben descrive nelle sue opere e che anche lui frequenta.

C’è in tutta la vita e l’operato del religioso Prosperi un filo conduttore comune a molti che mai verrà tradito e naturalmente egli mai perderà l’abito talare, nonostante i suoi trascorsi. Si trattò, come Prosperi riferisce nelle lettere, di ricatti politici, ma anche di una precisa volontà ufficiosa di non scomunicare mai i dettami di questa antica politica liberale che prende le sue mosse addirittura nel Settecento e che vide gli stessi Bonaparte parte attiva a cavallo tra XVIII e XIX secolo.

Se tutto ciò è denunciato dal religioso attraverso questo Elogio e tutte le sue successive pubblicazioni, mi vien fatto di dire che il mentire della storiografia si stato e sia tutt’ora addirittura plateale. PADRE PROSPERI PALESEMENTE NON È UN PERSONAGGIO MINORE, COME SOLITAMENTE SI SOSTIENE. MA SOLO UN PERSONAGGIO RILEVANTE MOLTO SCOMODO.

E non mi riferisco naturalmente solo alla storiografia cattolica, cosa che potrebbe apparire scontata, ma soprattutto alla storiografia laica, quella dei padri del Risorgimento, per capire, che nulla raccontano di buono, se leggiamo le carte del religioso e sempre patriota Padre Prosperi. Ancora un invito alla riflessione e alla lettura perché, come diceva l’«amico» di Padre Prosperi, Carlo Lorenzini, più conosciuto come Collodi, le bugie hanno le gambe corte e il naso lungo.

Quali dunque le «verità» storiche taciute?

Tutti i Sovrani della Penisola, soprattutto quelli che di casata non facevano Asburgo, Pontefice compreso, tesero sempre, a partire dal 1815, a scavalcare la politica intessuta da Metternich. Da alcuni documenti risulta la loro collaborazione, almeno di alcuni di loro (Savoia, Borbone Parma, Pontefice, probabilmente anche i Borbone di Napoli), con le forze inglesi «liberal» in campo. Forze che a loro volta dovevano in patria scontrarsi con situazioni politiche difficili. E soprattutto che dovettero fare i conti con la situazione mediorientale, tale da bloccare intorno al 1840 il loro operato nel Mediterraneo Occidentale. Di ciò risentirono le dinastie italiane coinvolte e tutto poi ricadrà sui Savoia e sui Bonaparte per costruire uno Stato in versione laica. A quel punto, il Pontefice fu realmente fuori dai giochi, ma non il suo clero «liberal» che continuò spesso indisturbato ad agire nell’ombra. Così si comportarono Padre Prosperi e i suoi amici coinvolti.

I Bonaparte restarono sempre al centro, anche perché Luigi Filippo d’Orleans si trovò a essere retroguardia e non guida politica e spirituale in Europa delle forze liberali.

Gli oltranzisti alla Prosperi continuarono a tifare Italia, attraverso i Savoia medesimi che avevano preso il comando, ma sempre contando anche su frange cattoliche che volevano fortemente una laicità statuale futura.

Chi sapeva troppo, come Padre Prosperi, continuò sotto la stessa lunghezza d’onda ad agire indisturbato, qualche volta minacciato, secondo i giochi previsti a monte per tale condizione. L’Inghilterra dimenticò in un certo qual modo il suo ruolo guida nella costruzione nazionale e dunque subentrarono a lei i Bonaparte. Coincidenze d’interessi, questo possiamo dire tranquillamente. Non è fantapolitica. Prossimamente dimostrerò come gli ambienti di Prosperi siano di fatto gli stessi che poi apparterranno ai fratelli Rosselli e a Gobetti nel corso della prima metà del XX secolo.

«Non sono un prete di Montanelli», gridava Gioacchino Prosperi ai suoi detrattori dell’epoca in una sua pubblicazione. Ma se leggiamo le sue carte, e avrò modo di descriverlo in un articolo prossimamente, alcune sue frasi non sono minimamente distanti dal pragmatismo e realismo di Giuseppe Montanelli. Fede e ragione si abbracciano per poi perdersi e riaversi di nuovo. Un connubio inscindibile.

(giugno 2019)

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