Curiosità storiche
Bixio, il patriota che si avventurò a Sant’Elena, sulle tracce del Bonaparte

Lettera di Nino Bixio

Lerttera di Nino Bixio ai Signori di Pratolongo, 1857

Quella che vediamo è una rarità storica che recentemente è stato messa all’asta, appartenuta a Nino Bixio, avventuratosi nel 1857 sull’isola di Sant’Elena, nei luoghi che videro l’ex Imperatore Francese Napoleone Bonaparte trascorrere gli ultimi suoi anni di vita in prigionia e quivi morire nel 1821. Nelle carte relative al documento, considerato una rarità perché l’unico ad essere stato spedito in uno stato d’Antico Regime, dall’isola di Sant’Elena in Italia, trovo vi siano alcuni aspetti da mettere in evidenza, che a mio avviso poco collimano anche con la descrizione che ne viene fatta nei documenti d’asta, o quanto meno ci sono coincidenze che dovrebbero far riflettere.

Non tutti conoscono le vicende della cittadina toscana di Barga, oggi in provincia di Lucca, ma che appartenne a lungo alla città di Firenze, luogo natio di Antonio Mordini, il patriota che con Garibaldi in Sicilia durante la spedizione dei Mille fu investito del titolo di Prodittatore dell’Isola, ma che già nel Primo Risorgimento lottò per la cacciata austriaca dalla Penisola sia con Giuseppe Mazzini che con i fratelli Fabrizi, persino in Spagna ed a Cefalonia.

Mordini fu un noto massone che ebbe rapporti stringenti con Nino Bixio e con Goffredo Mameli. Il riferimento del timbro sulla lettera, in verde, è Barca-Goffredo Mameli. Confesso, la grafia poteva lasciar intendere anche Barga. Peraltro Goffredo Mameli nel celebre Inno fa proprio riferimento ad un episodio che vide al centro dell’interesse anche la città toscana. Ma andiamo per gradi. C’è una particolare piazza in Barga, Piazza Galletto.

I numerosi turisti barghigiani speso si soffermano in questa piazza e si danno spiegazioni fantasiose sul perché del suo nome.

In realtà il significato politico della piazza investe l’intero Stivale, ma ciò mai i turisti potrebbero immaginarlo. Negli anni 1527-1529 Barga, sotto la dominazione fiorentina, vide la contrapposizione tra i Francesi di Francesco I e gli Imperiali di Carlo V. Un capitano d’armi di parte francese volle farla da padrone: il Galletto, così veniva chiamato. Nel pollaio della Barga fiorentina e repubblicana, fu costretto a fuggire. Dopo il Sacco di Roma del 1527, a Firenze tornarono i Medici.

Chi combatté per la causa repubblicana dovette soccombere. Restaurati i Medici, ci furono moltissimi indulti per coloro che avevano combattuto per la Repubblica di Firenze, ma non per capitan Galletto, alias Matteo di Pietruccia Bartoli, che con i figli Simone e Pieruccio, già fuggiti dalla ritorsione, fu poi bandito per sempre dalla sua terra e da Barga, con le sue case abbattute, con i beni confiscati e posti all’asta. Il 6 luglio 1530 dal Podestà di Barga Cosimo Bartoli, che non era parente di Galletto, furono inviati agli Otto di Firenze i nomi dei ribelli. La fede repubblicana del Galletto da Barga è rilevabile nei documenti, in particolare da una lista che stilò il Podestà di Barga Rondinelli nel 1528, dove sono elencate le famiglie appartenenti alle due fazioni politiche: italiana, quella facente capo a Papa Clemente VII, cioè Giulio de’ Medici, ed alla sua famiglia; Francese o Franciosa, quella facente capo all’idea repubblicana appoggiata dalla Francia di Francesco I. Nel 1530 i soldati ormai solcavano ogni lembo della Toscana e le ultime speranze di Firenze assediata e ridotta allo stremo, erano affidate nelle mani di Francesco Ferrucci, Commissario generale delle Milizie Fiorentine, con cui Galletto a lungo collaborò. Celebri le ultime parole del valoroso condottiero Ferruccio: «Vile, tu uccidi un uomo morto!». Parole che al tempo del nostro Risorgimento suonarono come l’ultimo scatto d’orgoglio dell’Italia prima di soggiacere allo straniero e che ispirarono a Goffredo Mameli un passaggio dell’Inno d’Italia, allora chiamato Il Canto degli Italiani: «Dall’Alpe alla Sicilia / dovunque è Legnano / Ogn’uom di Ferruccio / ha il core e la mano…».

Un trinomio, quello di Mameli, Bixio, Mordini che, comunque lo si voglia leggere, è del resto indiscutibile. Perché Antonio Mordini da Barga fu, come ho ricordato, il Prodittatore siciliano ai tempi della spedizione garibaldina, negli anni Quaranta del XIX secolo, con i fratelli Fabrizi, mazziniani della prima ora. Egli concorse ad un impegno che lo vide, secondo un documento recentemente rinvenuto, persino a Cefalonia a combattere per la libertà dell’intero Stivale. Con i fratelli Fenzi, banchieri fiorentini, cercò di sostenere le gesta mazziniane e volle trovare finanziatori in Spagna attraverso l’intermediazione di numerosi personaggi, a cominciare verosimilmente da un impresario teatrale lucchese, il Giambastiani, che con i suoi fratelli, due dei quali, Alipio e Francesco, frati agostiniani, si prodigò per le questioni politiche nazionali del periodo in chiave repubblicana.

Bixio inviò la lettera in oggetto ai Signori di Pratolongo, Genovesi che furono durante l’epoca napoleonica vicini alle posizioni bonapartiste; furono intimi del Grillo Cattaneo, un personaggio noto per le sue velleità bonapartiste, poi sconfessate, una volta caduto il Bonaparte. Sempre da documenti rintracciati risulta che detto Grillo Cattaneo fosse vicino a quel Federigo Bernardini di Lucca, quando durante le sue prime nozze inviò sonetti e partecipò con tali opere all’evento. Federico Bernardini sposerà in seconde nozze qualche anno dopo Eleonora de Nobili, che col nome di marchesa Bernardini costruì quelle trame politiche prima bonapartiste e poi risorgimentali che ho descritto in un precedente articolo pubblicato sul sito.

Che cosa poteva mai fare Nino Bixio, nel 1857, nella sperduta isola di Sant’Elena, tanto da coronare il sogno di inviare a Genova in uno stato d’Antico Regime questa lettera che diventa così un documento raro e unico nel suo genere? L’amore, mai sconfessato, per l’eroico Bonaparte, l’Imperatore che aveva segnato nel bene e nel male il passaggio tra antico regime e modernità. Forse Bixio sentiva il bisogno di appropriarsi di tali radici o semplicemente volle toccare con mano quali fossero i luoghi che videro l’epilogo imperiale. Ci furono anche ulteriori motivazioni? Non siamo in grado di dirlo.

Nino Bixio fece parte della Società Geografica Italiana di cui ne è parte anche un Pratolongo. Potremmo così spiegarci il grande interesse, anche sul piano geografico oltre che politico e storico, per la remota isola di Sant’Elena, sperduta nell’Oceano. Dover scrivere «Italia» e «Sardinia» era un frasare ormai desueto, poco accettabile per uomini che come Bixio avevano combattuto e stavano combattendo per uno Stato Sovrano, possibilmente unitario, certamente europeo. Queste riflessioni inducono a comprendere come il Primo Risorgimento abbia preso le mosse da un Paese devastato sul piano politico, nel corso del tempo, che non riuscì se non in modo rocambolesco nella volontà di superare le forti barriere che il tempo aveva seminato lungo il suo cammino.

(aprile 2017)

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