La Corsica e i miei viaggi in quell’Isola
L’irredentismo córso non è una ragione di parte

Giuseppe Garibaldi, che era nizzardo, scrisse il 19 maggio 1882 da Caprera, guardando alle coste della Corsica, che la Corsica e Nizza non dovevano appartenere alla Francia. E che sarebbe venuto un giorno in cui l’Italia, conscia del suo valore, avrebbe reclamato a Ponente e a Levante le sue province, che vergognosamente languivano sotto dominazione straniera. Garibaldi fu cattivo profeta in Patria.

Inutile qui ricordare le motivazioni storiche e culturali oltre che etniche e linguistiche di tale affermazione. Non è complicato andare in rete e verificare le ragioni del celebre Nizzardo.

Quello che invece è più complicato è scoprire sempre in rete o tra le pubblicazioni sin qui prodotte, anche cartacee, le motivazioni più recondite delle vicende che caratterizzano questi luoghi.

La storiografia vuole che la Corsica sia rimasta prevalentemente estranea alle vicende risorgimentali italiane. I documenti che ho rintracciato e pubblicato dicono l’esatto contrario. Non solo, Luciano Bonaparte sostenne con molti altri napoleonidi un florido partito bonapartista córso sull’Isola, che si proponeva di inserire nell’orbita italiana. La si volle a pieno titolo pensare in un contesto federale, dove il Pontefice avrebbe rappresentato la figura cardine dell’intera compagine politica. Naturalmente ridimensionando il suo potere temporale e dando ai molti Sovrani della Penisola l’opportunità di coabitare in questo contesto federale. Una coabitazione poco sostenibile? Forse, ma anche no. Visto che fino al 1848 la volontà di mantenersi ancorati ai principi guida giansenisti e marcatamente illuministi fu ragguardevole, anche in molte frange cattoliche. I rapporti con l’intera compagine europea prima della Rivoluzione ma anche durante e immediatamente dopo il periodo napoleonico si presentavano fluidi, volti al nuovo, a una reale modernità. Qualcosa andò storto, nel contesto inglese come in quello romano. Ma anche tedesco. Insomma, alcuni tratti di queste vicende li ho ampiamente descritti in rete perché il personaggio della mia tesi, Padre Gioacchino Prosperi, il predicatore della Corsica, colui il cui libro dà il titolo al presente articolo, suggerisce, con le sue vicende di vita, ciò che sostengo a piene mani. Rimando perciò in questo caso alla lettura di quanto propongo. Ma mi concentrerei adesso su quanto sin qui non è stato scritto. Sempre la storiografia ufficiale sostiene che in Corsica, dopo l’avvento di Napoleone III e successivamente, con la Repubblica in Francia, l’irredentismo sia diventato un movimento marginale. Che solo il fascismo ha rimesso in moto, con atteggiamenti e valori che erano caduti in precedenza in desuetudine. Ciò è inesatto, e qui cercherò di chiarire quanto sostengo.

In questo articolo voglio ricordare le parole di Luigi Venturini, il biografo di Padre Gioacchino Prosperi, un pubblicista córso vissuto nella prima metà del XX secolo.

Credevo che fosse Livornese perché le sue pubblicazioni rimandavano sia alla città labronica che a Milano. Invece da un documento in rete ho potuto afferrare l’origine dello studioso.

Nella sua pubblicazione del 1926 per l’editrice Tyrrenia di Milano dal titolo Di Gioacchino Prosperi e del suo libro sulla Corsica ricorda che i ciottoli di Bastia conoscevano anche loro vita, morte e miracoli del Pino. Sebastiano Pino era il Vicario di Corsica che fu tartassato da Napoleone al punto da relegarlo a Fenestrelle e che evidentemente aveva cambiato bandiera nel Primo Risorgimento perché Padre Prosperi lo cita ed elogia, non facendo alcun accenno alle sue vicissitudini d’età napoleonica; e anzi, lo accosta alle Memorie del Cardinale Bartolomeo Pacca nel 1843, anno del decesso del Pino. A breve, anche del decesso dello stesso Bartolomeo Pacca, avvenuto nel 1844. Bartolomeo Pacca era intimo di Luciano Bonaparte che aveva ricostruito e sostenuto, anche finanziariamente, il partito bonapartista córso. E Sebastiano Pino indubitabilmente, viste le citazioni, era un accolito di Bartolomeo Pacca. Altrimenti Padre Prosperi, come opportunamente sottolinea Luigi Venturini, mai avrebbe scritto e pubblicato il suo elogio funebre. Per l’editore Fabiani poi, che in Bastia era il sostenitore del bonapartismo isolano.

Le cose non cambiarono nella seconda metà del XIX secolo. Ma gli storici per opportunità politica hanno continuato a tacerlo, salvo poi sostenere che in epoca fascista le cose sono cambiate e che fu il fascismo a rivisitare certe posizioni politiche.

La storiografia ufficiale ci ricorda che il periodo del Secondo Impero coincise con un progressivo avvicinamento della Corsica alla Francia, con molti Córsi che si integrarono sul territorio francese. Nel 1889 furono fatte rientrare in Corsica, da Londra, dopo un esilio di 82 anni, le spoglie mortali di Pasquale Paoli. Nella cappella molto sobria che fu ricavata nella sua casa natale, la lapide porta una iscrizione scritta, significativamente, in italiano. Nel 1896 apparve il primo giornale in lingua córsa. Si tratta della «A Tramuntana» («La Tramontana») fondato da Santu Casanova che resterà in vita fino al 1914, facendosi portavoce dell’identità córsa. Si trattava di una rivista satirica che trattava soggetti economici, sociali, scientifici, letterari e politici. La lingua italiana divenne qui emblema di riconoscimento culturale, ma anche politico. Tutti i futuri autori in lingua córsa qui pubblicarono. Tra questi Petru Rocca. Egli era ritornato dal fronte dopo la Prima Guerra Mondiale, ferito e insignito della Legione d’Onore, fondò nel 1920 la rivista «A Muvra», che divenne l’organo del Partitu Córsu d’Azione, ispiratosi al Partito Sardo d’Azione, entrambi collegati col partito autonomista bretone e alsaziano, con cui collaborò.

Del resto già nel 1914 la Corsica era in condizioni miserevoli, sovrappopolata rispetto alle sue risorse e, a causa della necessità di soldati per la Prima Guerra Mondiale appena scoppiata, con una legge speciale che inviò al fronte i padri di famiglia córsi con anche più di tre figli, cosa alla quale «tutti gli altri Francesi» erano esentati. Furono mobilitati 40.000 uomini di cui ne morirono dai 12.000 ai 15.000: la guerra in Corsica fu un bagno di sangue. La reazione fu dunque la creazione del PCA (Partitu Córsu d’Azione) che sarebbe diventato nel 1926 Partitu Córsu Autonimista che si avvicinò all’Italia di Mussolini. Tale partito nel 1934 si propose la stesura di una Costituzione e la proclamazione di una «resistenza córsa» verso la Francia. Questo partito fu bandito nel 1939 perché accusato di collaborazionismo con Benito Mussolini, in quanto negli anni Trenta Rocca aveva aderito all’irredentismo italiano in Corsica, propagandando la possibile unione della Corsica all’Italia con la sua rivista «A Muvra». Fu poi condannato nel 1945 a 15 anni di carcere con l’accusa di collaborazionismo. Continuò negli anni Cinquanta a sostenere l’autonomia córsa. Fu lui sempre negli anni Cinquanta a chiedere alla Francia la ricostituzione dell’Università che nel Settecento Pasquale Paoli aveva fondato. Rocca, liberato, morirà nel 1966 in modo oscuro nel suo villaggio, Vico, in Corsica.

Si scrive in un saggio dal titolo Il mito del Risorgimento mediterraneo[1] che l’Italia fascista vide in Malta e nella Corsica motivo di inserimento nella politica europea del periodo per il suo isolamento politico. Nessuno nega l’isolamento ma Churchill dette spazio alla politica mussoliniana, almeno fino al 1934, quando Mussolini intraprese la Guerra d’Etiopia. Come non fare un parallelismo con Lord Holland, di cui Churchill era un erede politico?

Lord Holland, uno dei fondatori a Londra del partito whig, sostenne nel corso del Primo Risorgimento l’ingresso della Corsica nell’orbita italiana, fattivamente, sostenendo i Napoleonidi tutti e quei Sovrani come il Duca Lucchese Carlo Ludovico di Borbone-Parma, che si erano fatti garanti di una politica votata a un rinnovamento in chiave federale. Ciò appare nettamente dai documenti rintracciati ma probabilmente ancora dopo due secoli per gli storici ci sono i rapporti internazionali. Dunque Churchill che, ripeto, storicamente e politicamente di Lord Holland era erede, vide in Mussolini un possibile alleato della Gran Bretagna in previsione di una politica mediterranea in terre considerate irredente, sicuramente in Corsica: un alleato, non un antagonista. Malta era cosa diversa, perché apparteneva di fatto all’orbita inglese. Ma la Corsica Francese poteva in qualche modo venir incorporata in quelle che erano state, dopo la Prima Guerra Mondiale, le richieste revansciste italiane. E per tradizione, la Corsica era filo inglese. I patrioti córsi dunque sperarono, e non senza motivo. Avrò modo in prossimi articoli di approfondire ulteriormente e in maniera più dettagliata questi importanti temi, poco trattati e in modo diverso dalla storiografia ufficiale. «A rebour», per dirla con la Francia, partendo proprio dall’approfondire l’epoca fascista.


Nota

1 Seminario nazionale dottorandi per la Sissco, Catania, 26-28 maggio 2011.

(luglio 2021)

Tag: Elena Pierotti, Giuseppe Garibaldi, Gioacchino Prosperi, Bartolomeo Pacca, Luigi Venturini, Petru Rocca, Santu Casanova, Lord Holland, Wiston Churchill, irredentismo córso, Il mito del Risorgimento mediterraneo, A Tramuntana, A Muvra, Partitu Córsu d’Azione, Partitu Córsu Autonimista.