«Capponi mio, il cavaliere è tuo, non è mio»
Un pittore amico di Gino Capponi nel 1860 così scrive all’amico. Allucinazioni o verità storiche nascoste?

Si chiamava Giuseppe Pierotti, di mestiere faceva l’artista: pittore e scultore per la precisione. L’ufficialità lo vuole nato a Castelnuovo Garfagnana nel 1826 e qui deceduto nel 1884. Il pittore Pierotti studiò a Firenze con Telemaco Signorini e Giovanni Fattori. Aveva residenza intorno a quel 1860 a Firenze, in Via delle Ruote, Fortezza da Basso, luogo deputato al mondo degli artisti. Dove viveva lui c’è una targa che ricorda come sempre in quel luogo abbia vissuto nel XX secolo un noto scrittore fiorentino. Di questo pittore si sa davvero poco. A livello locale a Castelnuovo Garfagnana e nel capoluogo di provincia, Lucca, mai un cenno, mai una mostra. Eppure le sue opere sono dappertutto: un suo autoritratto agli Uffizi, una celebre scultura in Canada. Pare abbia lavorato anche nel Duomo di Milano. Ha sue opere al Museo d’Arte Moderna a Milano. E nel Parmense. Per pubblicare un breve articolo su di lui mi sono avvalsa della rete e di uno studioso locale di Castelnuovo Garfagnana che, svolgendo studi sul periodo storico in cui visse il pittore relativo al Risorgimento in Garfagnana, lo cita in una sua pubblicazione.

Dopo aver scritto questo breve articolo e averlo pubblicato sul sito www.storico.org, un giornale locale ha scritto su di lui tentando di smentire quanto avevo pubblicato. Mi spiegherò meglio.

Io avevo uno stato di famiglia e qui comparivano i miei nonni, tra i quali un Giuseppe Pierotti nato appunto nel 1826 e deceduto anche lui nel 1884. I miei nonni però erano di Lucca capoluogo. E precisamente vivevano a Sant’Alessio, a tre chilometri da Lucca. C’è una stupenda villa a Sant’Alessio che si chiama «La Limonaia» e che recentemente è stata posta in vendita da una celebre agenzia della città di Lucca. Io me ne sono accorta perché cercavo casa in quel periodo e andavo a controllare molte agenzie. Mi ha colpito il fatto che nella villa ci fosse un dipinto identificato come dipinto di un celebre pittore dell’Ottocento, senza specificare altro. Ho osservato il dipinto, non sono io una pittrice né un’esperta d’arte, però ho avuto subito la netta impressione che si trattasse della mano del pittore Giuseppe, di cui avevo visto in rete diversi quadri.

Le vicende della mia famiglia sono indiscutibilmente uniche e non dedicherò un rigo di più di quanto già ho scritto su tali vicende per ragioni personali.

Tuttavia qui mi preme precisare che le coincidenze sono troppe e che il giornale locale lucchese che ha tentato di smentire il mio articolo asserendo che il pittore Giuseppe, sepolto con la figlia Giulia a Castelnuovo Garfagnana, nulla avesse a che fare con Lucca, mi lascia molto dubbiosa. Che genere di vita seguiva questo pittore a Firenze, visto che nel 1858 in una lettera si raccomanda a Telemaco Signorini perché intercedesse per vendere alcuni suoi quadri? Faceva la fame in quel di Firenze? Eppure viaggiava parecchio a quanto pare e ancora oggi i suoi quadri sono venduti in rete. Pare ci sia una galleria d’arte a Roma che tratta i suoi quadri. Questo ho scoperto sempre in rete. La famiglia di mio padre era molto ricca, la povertà non l’aveva mai conosciuta. Questo sicuramente a me risulta.

E anche i parenti Garfagnini del pittore Giuseppe ufficiale, diciamo così, tutto erano fuorché morti di fame. Qualche rapporto di parentela tra gli stessi e gli omonimi Lucchesi? O il nonno Giuseppe cui ho fatto riferimento coincide esattamente col pittore, visto che spesso avevano più famiglie e situazioni familiari a volte un po’ complicate?

Quello che è certo è che il pittore era molto amico non solo di Telemaco Signorini, ma anche di Gino Capponi, di Cosimo Ridolfi, di Raffaello Lambruschini e del marchese Antinori, che dipinse in un suo celebre quadro nella tenuta di Meleto di Cosimo Ridolfi.

Gino Capponi apparteneva alla famiglia fiorentina celebre sin dal Medioevo, e sua madre era una Frescobaldi.

I Capponi erano sempre stati i Gran Maestri dell’Ordine del Tau, che consideravano un po’ un loro Ordine cavalleresco. Quando intorno al Trecento questi Ordini entrarono in decadenza, non solo i Templari dunque, furono i Capponi a salvare il Tau dall’estinzione e lottarono fino al Cinquecento, quando i Medici, ormai al potere a Firenze, dopo un tira e molla di grandi dimensioni con i potenti Capponi, li costrinsero a rinunciare definitivamente all’Ordine cavalleresco.

La frase pronunciata dal pittore Giuseppe a Capponi nella lettera si riferisce a scavi archeologici, peraltro nella lettera ben definiti, che si svolsero intorno al 1860 a Castelnuovo Garfagnana. Qui trovarono lo scheletro di un cavaliere e Giuseppe Pierotti spiegò all’amico che il cavaliere era suo (ossia del Tau) non della famiglia del pittore (con riferimento dunque ad altro cavalierato).

Dove sono andati a finire questi scavi? Nessuno ha saputo dirmelo. Ma soprattutto, quando mi sono rivolta a chi di dovere per parlare di questa lettera, c’è stato il silenzio più assoluto.

Ora spiegherò perché ho trovato queste lettere. Nelle mie ricerche storiche sui personaggi lucchesi vissuti nel XIX secolo, c’erano naturalmente questi miei nonni, decisamente coinvolti nelle vicende rivoluzionarie e politiche del tempo. Non potevo far altro che leggere i documenti, che sono visibili a tutti, peraltro.

Il personaggio della mia tesi era cugino dei miei nonni, sicuramente coinvolto nelle loro vicende, anche se all’attivo in questo senso ho trovato poco riferimenti. Non così su questi miei nonni. In rete digitando il nome dei miei nonni a scalare sono comparsi i riferimenti precisi a lettere presenti alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Lorenzo, Cesare, Giuseppe, e poi Assunta, loro cugina. Sono andata a leggere questi documenti e sono rintracciabili pressoché nelle stesse falde. Dovrei chiedere una perizia grafica? So leggere e poi ho seguito per lavoro corsi di grafologia.

Il linguaggio confidenziale che qui traspare, perché si tratta di lettere private con personaggi celebri che i nonni evidentemente frequentavano in privato, è lo stesso che ho sentito da piccola in famiglia, le stesse frasi, anche gli stessi modi di dire. Francamente ho avuto pochi dubbi sull’autenticità della mia ricerca. Anche perché puntualmente alla Biblioteca Nazionale Centrale ho trovato tutti e tre i nomi che corrispondevano ai loro nomi, e li ho potuti trovare proprio perché conoscevo quei nomi.

Dovrei aggiungere qualcosa di più sulla storia del nostro Paese? Credo di no. Mi sento di dire che gli studi su questi cavalierati, su qualsiasi cavalierato medievale, soppresso o non soppresso, nel 1860 dovevano essere nutriti dal momento che il pittore Giuseppe Pierotti cita questi scavi archeologici, ripeto, nel dettaglio all’interno della lettera (se li leggesse un archeologo avrebbe di che lavorare, io non sono un archeologo). Ricerche che quantomeno si sono perse per strada o che si sono puntualmente interrotte, visto che nessuno a oggi è a conoscenza di questi scavi e di riferimenti così precisi.

Incuria? Voglia di metterci una pezza? I nonni erano e sono personaggi scomodi, voglio precisarlo.

Io personalmente ho condotto solo ricerche volte a conoscere meglio il personaggio della mia tesi, anche lui francamente dimenticato «dal tempo giustiziere e come tale a volte spietato».

Questo l’unico intento che avevo e che mi ha portato a «conoscere» sia i nonni che i cavalieri.

Fortuita coincidenza? A volte succede.

Metto i riferimenti alle lettere che sono presenti alla Biblioteca Nazionale Centrale in modo che qualche studioso possa magari un giorno leggerli e servirsene per i suoi studi. Se poi in rete qualcuno ne sa più di me, gli sarò grata se me lo comunicherà.

(dicembre 2019)

Tag: Elena Pierotti, Gino Capponi, cavalieri del Tau, Lucca, Castelnuovo Garfagnana, 1860, Firenze, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Giuseppe Pierotti, La Limonaia, Ordine del Tau.